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Autore: meiousetsuna    11/09/2016    2 recensioni
Questa storia è scritta per il contest: It’s too cliché – Seconda edizione — di rhys89 (pacchetto Kid!Fiction)
Per un incantesimo, Emma torna ad avere otto anni, perdendo tutti i suoi ricordi della sua vita di adulta. Sarà Regina a prendersi cura di lei – fino a quando Emma non tornerà normale riacquistando tutti i suoi ricordi.
Dal testo:
“Se deve proprio disturbare tutti fissandoli le facilito il compito, sono io il sindaco Mills”.
Chi aveva parlato era una donna seduta da sola nel miglior tavolo, elegante ed estremamente attraente con i suoi tratti latini e capelli scuri. Il tono di voce però era decisamente sprezzante, cosa che infastidì molto la detective.
“Magari le va di dividere? Le offro una birra e facciamo la torta a metà, è l’unica che mi piace”.
Se le avesse chiesto di spartire il denaro nel suo portafogli, l’amante, o magari dividere le acque del Mar Rosso, la donna l’avrebbe considerata meno folle di come era evidente che stesse facendo.
“Con lei? In cambio di una birra? Perché non una pinta di gin, un barile di aringhe salate e un po’ di bumba, compañeros?"

Have fun!
vostra,
Setsuna
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è scritta per il contest: It’s too cliché – Seconda edizione — di rhys89

Coppia: Regina/Emma
Generi: Azione, commedia
Avvertimenti: Womance
Localizzazione: KarateKid!Movieverse La parte di ambientazione canonica è genericamente riferibile alla prima stagione, con la differenza principale dell’assenza del personaggio di Henry
Note: Intendo il film originale del 1984; il rating è giallo
Per dare risalto ai personaggi della coppia, le battute di Regina sono tutte mie, varie di quelle di Rumple sono citazioni del telefilm, manipolate per adattarle alla trama

Un vero guerriero combatte con il cuore

Come New York c’è solo New York. Emma Swan si soffermò per qualche secondo nel tentativo di ricordare se quella fosse una frase fatta, o un pensiero che la assaliva ogni volta che era costretta a un’assenza prolungata dalla città che non dorme mai.
‘Oggi riesco solo a ragionare per luoghi comuni, deve essere la banalità che si respira qui che mi sta contagiando’.
Storybrooke era l’antitesi di un posto nel quale vivere volentieri, secondo lei. La cittadina — o meglio il paese — aveva un’atmosfera fuori dal tempo, come in certi telefilm fiabeschi le cui ambientazioni sono confusamente databili tra gli anni cinquanta e il presente.
Le villette singole avevano bei giardini curati, le strade erano pulite, la microcriminalità assente.
‘Per quello potrei provvedere io’ sogghignò la ragazza ‘se avessi ancora diciotto anni non ci sarebbe più un’autoradio, o direttamente tutte queste macchine senza le portiere chiuse’.
Aveva fatto anche altre cose, come rubare nei supermercati; ma allora era solo un’adolescente spaventata in un mondo più grande di lei, che non aveva pietà per le sue creature più emarginate.
Ora si sentiva una persona nuova, e a ventotto anni poteva dire di avere una carriera ben avviata e di suo gusto; in fondo aveva solo cambiato schieramento, ma il gioco era sempre ‘guardie e ladri’.
Una sola ombra si proiettava fastidiosamente su quel quadro non veramente negativo, e rispondeva al pretenzioso nome di Regina Mills.

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Il giorno prima, appena arrivata a Storybrooke, era entrata in una tavola calda dall’aspetto molto invitante, dalla quale provenivano celestiali aromi di pollo fritto, uova e bacon e torta di frutta con zucchero vanigliato.
Emma non aveva esattamente dolci ricordi d’infanzia da legare ai profumi — niente madeleine* a evocare struggenti reminiscenze — però un buon pasto americano sapeva distinguerlo senza dubbio.
La cameriera era una bella ragazza alta con lunghi capelli castano scuro, una camicia scozzese e dei pantaloni di pelle nera che sembravano disegnati sul suo fisico snello.
“Sono Ruby, cosa posso portarti?”
Emma diede una rapida scorsa al menù e scelse senza esitazione.
“Vorrei la torta di mele e una birra, grazie”.
“Mi dispiace, l’ultima fetta l’ha presa adesso il sindaco, ma abbiamo quella al cioccolato e la crostata di mirtilli”.
Emma si guardò intorno incuriosita: di solito il suo istinto le faceva identificare facilmente i personaggi più peculiari del luogo nel quale si trovava, ma nessun signore sovrappeso con la cravatta allacciata per miracolo occupava un posto nella tavola calda.
“Se deve proprio disturbare tutti fissandoli le facilito il compito, sono io il sindaco Mills”.
Chi aveva parlato era una donna seduta da sola nel miglior tavolo, elegante ed estremamente attraente con i suoi tratti latini e capelli scuri. Il tono di voce però era decisamente sprezzante, cosa che infastidì molto la detective.
“Magari le va di dividere? Le offro una birra e facciamo la torta a metà, è l’unica che mi piace”.
Se le avesse chiesto di spartire il denaro nel suo portafogli, l’amante, o magari dividere le acque del Mar Rosso, la donna l’avrebbe considerata meno folle di come era evidente che stesse facendo.
“Con lei? In cambio di una birra? Perché non una pinta di gin, un barile di aringhe salate e un po’ di bumba, compañeros?** Mi sembra più un tipo da razioni di una nave pirata che da buona cucina”.
Senza attendere risposta, il sindaco sollevò in perfetta sincronia un sopracciglio ad ala di gabbiano e un angolo delle labbra, richiamando Ruby con un gesto regale della mano.
“Vorrei anche della crema e una spolverata di cannella, è così che va gustata questa delizia”.
“Non ci faccia caso, in fondo non è la persona orribile che sembra. Mi scusi, non mi sono presentato, sono lo sceriffo Humbert, ma può chiamarmi Graham”. L’uomo che si era avvicinato al tavolo di Emma salutandola portando la mano al cappello, abbassò improvvisamente la voce.
“Sono io che l’ho ingaggiata, miss Swan. Ho letto di alcuni casi particolari che ha risolto, e ho deciso che era la persona adatta. Succedono cose strane qui a Storybrooke…”
“Cosa, avete scoperto dei bambini che saltavano la scuola?”
L’espressione crucciata dello sceriffo non fece altro che aumentare il desiderio di Emma di ridere, ma riuscì a sembrare persino dispiaciuta della battuta.
“Non sto scherzando, purtroppo. Lei è l’unica persona che è entrata dai nostri confini senza difficoltà; all’inizio ero confuso, anche se qui la sera scende sempre una nebbia fittissima non basta a giustificare tutti i piccoli incidenti o la lettura sbagliata dei cartelli che portano le auto in altre direzioni. I miei concittadini sembrano inconsapevoli, tranne alcuni che sospetto siano a conoscenza di qualcosa. Per cominciare, abbiamo un problema pratico. Si tratta del permesso di mettere delle transenne sia dal lato della foresta che da quello che porta a una vecchia miniera abbandonata, e c’è una sola persona che può concederglielo”.
Emma non volle neppure ascoltare la fine del discorso.
“Per favore, Ruby, altre due birre. La mia molto grande!”

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La casa in stile coloniale si addiceva molto alla sua proprietaria, pensò Emma: forse sul retro avrebbe trovato anche degli schiavi, o un sospetto cimitero di famiglia. Invece, una volta passato il cancello, la ragazza attraversò due ordinate file di alberi di melo con i loro bei frutti rosso carico, che conducevano a un ampio patio sormontato da un terrazzo a semicerchio.
Le luci dell’abitazione erano accese, ma nessun altro segnale di vita si palesò mentre Emma avanzava all’interno con passo felpato, fino a raggiungere la sala da pranzo, guidata dal leggerissimo rumore che risuonava in casa.
“Invece di strisciare lungo le pareti entri, miss Swan, non ci sono trappole per topi della sua taglia. Se avessi saputo che si sarebbe fatta viva stasera, avrei fatto scavare un fossato con gli alligatori, le sarebbe piaciuto”.
Masticando qualche risposta stizzita a fior di labbra Emma entrò, ma prima che potesse recitare una poco credibile frase di scuse, lo spettacolo che si trovò di fronte le tolse la parola.
Regina era seduta su una specie di trono realizzato in bambù giapponese e teneva in mano delle bacchette per il riso: di fronte a lei, però, non era poggiato nessun piatto.
“Questa sì che è una dieta estrema!”
Il sindaco non si prese il disturbo di girarsi in direzione della sua ospite.
“Non sia stupida, è chiaro che non sto cenando, credevo che perfino lei l’avrebbe capito… devo catturare un grillo”.
“Cosa?”
Regina finalmente si voltò, facendo ondeggiare il collo di pizzo della vestaglia da camera nera.
“Non amo gli intrusi; e non c’è niente di meglio delle bacchette di ciliegio, anche se immagino che lei comprerà solo posate usa e getta”.
Emma era talmente irritata da scordarsi perché era lì. “Scommetto che ci riuscirei al primo tentativo”.
“Se fosse così le darei una ricompensa, come a un bravo cagnolino”.
Emma impugnò le bacchette vincendo la tentazione di conficcarle nelle orecchie della sua interlocutrice; era la sua occasione.
Si concentrò chiudendo gli occhi e quando sentì frinire leggermente vicino al viso, allargò le bacchette a forbice e le richiuse con un movimento deciso.
Quando guardò di nuovo, l’incredibile era successo: l’insetto era suo prigioniero e la cosa più impagabile era l’espressione di rabbia di Regina, che sembrava sul punto di mandare a chiamare un boia per esigere la sua testa.
“Questo animaletto lo libererò in giardino — il grillo le rivolse uno sguardo di gratitudine quasi umano — e le ricordo la promessa. Esaudirà una mia richiesta”.
“Bene, togliamoci il pensiero, cos’è che vuole? Parcheggiare nel mio giardino un pick-up con delle corna di bufalo sul paraurti?”
“Vengo da New York, non da una fattoria del Texas… e no, voglio il permesso di chiudere le strade di accesso alla città per delle indagini, per un mese”.
“Due settimane, e si ritenga fortunata. Domani sera ci sarà una festa nel Granny’s Diner per raccogliere fondi per la scuola; in ogni caso avrei voluto avere la situazione sotto controllo”.
“Benissimo, mi occuperò della faccenda domani, insieme allo sceriffo”.
Regina la esaminò da capo a piedi in un secondo. “Mi fa piacere sapere che non se occuperà stanotte, perché provvederò io; a meno che si stesse autoinvitando a unirsi a noi”.
Emma aprì bocca senza emettere suono, poi girò sui tacchi e si diresse fieramente verso l’uscita, non potendo evitare di arrossire pensando che mentre parlavano, in effetti il suo sguardo aveva indugiato sul generoso scollo della bruna.
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Indubbiamente la popolazione di Storybrooke era molto più sorprendente di quanto quell’atmosfera provinciale lasciasse intuire. C’era qualcosa di peculiare in quel gruppo di persone che metteva a dura prova le doti di percezione dell’investigatrice. I sette uomini piuttosto bassi che salutavano con affetto la maestra che aveva organizzato la raccolta fondi, le richiamavano alla mente qualcosa sepolto nei più profondi strati della memoria. Il falegname, lo stesso sceriffo, sembravano muoversi e parlare in un modo antico.
Emma stava gustando la seconda birra ghiacciata, quando la porta del locale si spalancò come per incanto: le voci si affievolirono, le coppie che stavano ballando si fermarono e subito dopo la musica si spense. Al centro del locale c’era un uomo di mezza età, non imponente fisicamente né bello, eppure la sua aurea catturava l’attenzione in modo naturale.
‘È qualcuno che non desidero avere come nemico’ pensò Emma, mentre il suo carattere attaccabrighe la stava portando subito in quella direzione.
“Mister Gold, non la aspettavamo”. Solo Regina avrebbe avuto il coraggio — anzi, forse il piacere — di andargli incontro.
L’uomo si chinò a baciarle la mano, reggendosi con la sinistra a un elegante bastone da passeggio di legno e argento.
“Mia cara… vedo che avete dato una festa e non mi avete invitato”.
“Quindi adesso lancerà una maledizione sul sindaco Mills e lei morirà pungendosi col fuso di un arcolaio?” Emma non riusciva a stare zitta nei momenti peggiori.
“Non ho il piacere di conoscerla, miss…”
“Swan”.
“Molto onorato.” Gold si esibì in una parodia di inchino “Vedo che mi ha scambiato per la fata Malefica, eppure direi che non ci somigliamo molto”.
Gli occhi dell’uomo la trapassarono da parte a parte, facendola sentire una povera farfalla infilzata da uno spillone; per un attimo le parve addirittura che le iridi del suo opponente emanassero un bagliore giallo, come quelle di un rettile.
“Di solito sono molto stimato dai miei concittadini, posso dire di aver formato io la nostra cara Regina”.
Emma non sapeva se sentirsi più minacciata dall’atteggiamento palesemente ostile di Gold, o dall’inquietante premura con la quale Regina si stava frapponendo tra loro. Forse poi le avrebbe chiesto una fiala di sangue in cambio, o una libbra della sua carne.***
“Non le dia considerazione, altrimenti la troveremo nella piazza dell’orologio a piantare una bandiera a stelle e strisce con la sua fotografia sopra”.
Quello che è troppo è troppo!
“So parlare da sola, non sono una mocciosa di otto anni! Siete proprio una bella coppia, voi due presuntuosi”.
“Molto bene… ho l’impressione che mi stia sfidando, tesoro. E dire certe cose comporta un prezzo, ma non ho ancora deciso quanto sarà alto. Non vorrei sciupare il suo bel faccino”.
“Il suo invece sarà difficile da rovinare, brutto…” Emma cercò rapidamente una replica appropriata “coccodrillo!”
Doveva aver detto qualcosa di davvero sbagliato. L’ultima cosa che riuscì a percepire fu il silenzio tombale, le persone presenti restare come congelate, mentre un fumo oscuro la avvolgeva impedendole di respirare, finché cadde a terra priva di sensi.

Doveva aver picchiato la testa piuttosto forte, pensò Emma passando le dita in mezzo alla treccia bionda, cercando di valutare il volume del bernoccolo.
Qualcosa non era a posto, proprio no… forse era il pigiama rosa con il gattino, il pelouche a forma di tirannosauro che stava abbracciando, o il fatto di trovarsi in una stanza sconosciuta senza ricordare come ci era arrivata?
Si alzò alla chetichella, ma nel momento in cui stava per aprire la porta, una bella signora bruna entrò portando in mano un vassoio con del cibo.
“Dimmi che non è successo il peggio”.
“E tu chi sei, mi ha rapita dall’orfanotrofio?”
Regina alzò gli occhi al cielo, teatralmente disperata. “I bambini li caccio, non li porto certo a casa! Sei svenuta, mentre… eri con l’assistente sociale che doveva valutare di inserirti in una famiglia. Non l’ha trovata adatta e quando sei stata male mi ha chiesto ti tenerti qui per un po’ ”.
“Questi? Li hai comprati per me? Sono strani, insieme”.
“Dammi del lei, hai otto anni, ricordi? Il dinosauro è per rammentarti che non temere i rettili è stupido, e il pigiama l’ho scelto per farti sentire ancora più stupida! Ora mangia, più tardi dobbiamo fare un discorsetto, tu ed io”.
Emma si avventò sui toast, le uova strapazzate e la spremuta d’arancia, pensando che quel pigiama l’aveva invidiato alle sue amichette più fortunate, ma non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura. La gattina con un fiocco sull’orecchio, malgrado non avesse la bocca, sembrò sorriderle di cuore.
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Quando Regina terminò di raccontare a Emma la versione leggermente manipolata dell’accaduto — non era necessario darle altre informazioni oltre a quelle che riguardavano “mister Gold”— la bambina rimase con la bocca spalancata.
“Vuoi farmi credere che ho litigato con un mago? E che non ho davvero otto anni? E che tu sei una strega, zia?”
“Cosa hai detto”. Forse fu la mancanza dell’inflessione interrogativa a suggerire alla bambina di averla fatta grossa.
“Intendevo una strega simpatica!”
“Quello va bene, piccola maleducata! Chi ti ha permesso di chiamarmi come se avessi la sfortuna di essere una tua parente?”
Se Emma si era offesa, lo nascose abilmente. “Quindi che devo fare adesso?”
Regina si lasciò sfuggire quello che poteva apparire come un sospiro di preoccupazione.
“Ho dovuto fare un patto con mister Gold, Emma. Normalmente non sarei così sciocca, ma non ho avuto scelta. Se vuoi tornare adulta e riacquistare i tuoi ricordi dovrai fare una sfida con lui: un duello di magia, capisci? Mi ha concesso i quattordici giorni nei quali la città sarà blindata, poi vi incontrerete davanti al “Game of Thorns”****. Il primo problema è che nelle parole di quell’uomo si nasconde sempre un tranello; ma il peggiore è che anche se ti insegnerò io…”
Evviva! È fantastico, sarò una maghetta! Com’è questo Gold? Brutto oltre che cattivo, vero? Non mi ricordo!”
“Emma è bello che tu sia entusiasta, ma non è un gioco, prima lo capirai meglio sarà! In ogni caso, ti mostro una fotografia”. Regina prese un album di ritagli e foto con la copertina nera, aprendolo sul ritratto poco lusinghiero del loro rivale. La fotografia aveva catturato la vera essenza di Rumpelstiltskin: la pelle, le iridi e le lunghe unghie verdi lo rendevano davvero spaventoso, specie per una piccola di otto anni.
Emma rimase alcuni secondi in silenzio, poi un bel sorriso si allargò sul suo visetto.
“Wow! È davvero come un serpente… sai che vuol dire? Che lui è come Voldemort, e quindi vincerò io! Lo sai chi è vero, non sei troppo vecchia?”
“Io sono giovane, ma tu potresti restare giovanissima, se morissi oggi. Per altro non comprendo perché questo ti dia sicurezza”.
Emma la fissò come dicendo ‘ormai ti ho smascherata’.
“Funziona così, Regina. Lui è potente, ma io sarò l’Eroe”.
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Incredibile… forse avrebbe dovuto telefonare all’ONU, ma non potendo spiegare chi era non sarebbe stata un’ottima idea.
Emma sbuffò sonoramente mentre la sua sfruttatrice la osservava dalla finestra. Apparentemente la donna stava lavorando al computer, ma la bambina sapeva che quella stregaccia aveva gli occhi anche dietro la testa, come le mosche.
Per la prima mattina di allenamenti si era presentata in giardino, pronta a far volare una scopa, o a indossare un cappello a cono; invece Regina le aveva messo in mano delle spazzole rotonde e una scatola di latta. Le aveva indicato una macchina lussuosa, e senza battere ciglio le aveva dato due semplici istruzioni: “Dai la cera, togli la cera”.
Qualcosa nel suo tono aveva suggerito a Emma di obbedire, ma si sarebbe vendicata più tardi, ecco! Cercando di rendere evidente il suo disappunto, la piccola prese un pochino di prodotto e lo strofinò di malavoglia lasciando delle strisce lucenti. Un attimo dopo, Regina l’aveva raggiunta.
“Credevo che voi popolani foste tutti esperti nei lavori manuali. Non così, guarda attentamente. Prendi una nuvola di cera e spalmala con dei cerchi antiorari con la mano sinistra; poi con la destra, la togli, ma in senso orario. Intanto il respiro lo prendi con il naso e lo emetti dalla bocca. È troppo difficile per te?”
“Non ne ho voglia!”
“Meglio,” Regina era una vera aguzzina “sarai più arrabbiata. Dai la cera, togli la cera, dai la cera…”
Il sole stava ormai tramontando, — orlando di arancione lo skyline della città — una berlina argentata e una spider rosso sangue brillavano come nuove e una stravolta Emma era stesa sul prato a rilassare le braccia stanche e indolenzite.
Durante la cena ci fu un silenzio gelido, finché Emma cedette. In fondo aveva otto anni e anche se si definiva una ‘tosta’, non riusciva ad andare avanti così.
“Sei davvero capace di fare magie?”
Regina era preparata a quella domanda. “Certo. Da dove vengo io, non si sbandierano i propri poteri se non si è più che sicuri che siano di altissimo livello; attireresti l’attenzione di individui pericolosi senza alcun vantaggio”.
“Come le arti marziali? Conosco un ragazzo nel mio quartiere che diceva sempre di avere la cintura nera di karate, è quello il tuo livello alto?”
“Ragazzina, la cintura nera io la uso solo se è fatta di cristalli e di opali, per segnare il punto vita su un abito di velluto! Non è quello che indica un vero combattente”.
“E come lo riconosci?”
Ormai Regina si era rassegnata al ‘tu’; anzi la testardaggine di Emma la divertiva, in fondo.
“Dalla passione. Un vero guerriero combatte per qualcosa di cui gli importa davvero, credo che tu voglia tornare adulta e visto il tuo caratterino dare una lezione a mister Gold. Non sarà facile”.
“Se mi insegni qualche trucco invece di fare il meccanico, magari ce la faccio”.
“Il meccanico non pulisce le macchine, le ripara, intanto impara un po’ di inglese! E corri a letto, domani sarà una giornata piena”.
“Mi rimbocchi le coperte e mi racconti una favola?”
La faccia di Regina era impagabile, pensò Emma mentre cacciava la lingua e faceva un gesto come per dire ‘sto scherzando’. Forse se avesse aspettato, almeno sulla seconda richiesta avrebbe potuto avere una sorpresa.

Finalmente! Ecco, Regina si avvicinava con un sottile oggetto di legno in mano… la bacchetta, non poteva essere altro. Emma prese un bel respiro, chiuse gli occhi e quando li riaprì quello che si trovò a stringere era un piccolo pennello da imbianchino.
“Oggi vernicerai lo steccato, non è difficile. Pennellate lunghe, dall’alto verso il basso, poi il contrario. Il polso deve restare flessibile”.
“Mi prendi in giro, vero?”
“La comicità la lascio ai giullari… voglio dire, i pagliacci. Coraggio, comincia”.
Emma però era di tutt’altro avviso e gettato l’utensile ai piedi della donna corsa via infuriata; girò l’angolo, attraversò la strada, finendo per sbattere addosso a qualcuno.
“Vedo che stai scappando, carina. Ma dal destino non si sfugge, e il tuo sarà molto spiacevole, tra poco. La nostra cara Regina ti sta tormentando, mi pare di intuire”.
Di tutte le persone che potevano passare, Emma aveva incontrato proprio Gold; e purtroppo non era dell’umore giusto per usare la sua furbizia.
“È tutta colpa tua, ti odio! Ti farò vedere chi sono, mostro!”
“Davvero?” l’uomo in quel momento cambiò voce, lasciando che un gorgoglio malefico fuoriuscisse dalla sua bocca “Forse vorresti un assaggio del nostro duello, per sapere a cosa stai andando incontro… non sono privo di umorismo, mi diverte di più saperti viva fino ad allora”.
Con un gesto troppo rapido per pensare di opporglisi in qualche modo, Gold torse le dita della mano destra tenendola all’altezza del petto, e quelle della sinistra sollevate verso il viso.
Quello di cui Emma si rese conto, fu che l’asfalto bruciava terribilmente contro la pelle scoperta delle gambe mentre veniva gettata a terra da un’onda di potere, finendo vari metri più in là, che era piena di sangue ed escoriazioni, e che l’uomo si stava lentamente avvicinando a lei.
Ad ogni passo la gola della bambina si stringeva sempre di più, lasciando passare solo un filo d’aria, facendola annaspare alla disperata ricerca di ossigeno, fin quando la terribile sensazione di soffocamento terminò di colpo.
Regina li aveva raggiunti e stava lanciando delle fiamme dalle mani protese, che bloccarono l’energia scura del mago.
“Sapevo che l’avresti fatto, hai cercato di sorprendere Emma prima che la possa addestrare!”
“Sono felice che pensi sempre a me, tesoro. Che differenza vuoi che faccia se riscuoto adesso? Non crederai che la tua allieva abbia qualche possibilità… o c’è altro? Ho risvegliato il tuo inesistente istinto materno? È bello suscitare un’impressione in un cuore buio come il tuo”.
“Abbiamo ancora dodici giorni, ricordi? Stai lontano da Emma!”
“Dove sono finite le mie buone maniere? Non vi darò fastidio fino a quel giorno, mie care. A presto, spero di comparire nei vostri sogni”.
Gold era come svanito quando Regina si decise a guardare la bambina negli occhi.
“Puoi camminare fino a casa?”
Lei rispose di sì con la testa, senza dire niente. La mattina successiva, Regina si svegliò presto per preparare la colazione, ma con grande sorpresa trovò del caffè e dei muffin sul tavolo; Emma era in giardino, poteva scorgerla dalla finestra, e stava pitturando lo steccato di buona lena.
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La prima settimana era volata tra liti e riappacificazioni, successi e fallimenti. Emma aveva addosso un’intera scatola di cerotti, un bendaggio elastico alla caviglia sinistra e un taglio sulla fronte con alcuni punti, ma se c’era una bambina poco incline a piagnucolare era lei.
Adesso sapeva reggere un attacco come quello subito, e anche portare alcuni colpi. C’era qualcosa di speciale in lei che Regina aveva subodorato dal loro primo incontro, oppure non avrebbe commesso quella pazzia, la ragazza non era capitata lì per coincidenza.
“Sono diventata abbastanza brava, vero?”
“Peggio”. Emma stava per dare una risposta in un linguaggio poco consono alla sua età, ma la bruna la azzittì solo con lo sguardo.
“Non conoscere la magia, va bene. Padroneggiare la magia va bene. Destreggiarsi abbastanza nella magia ti farà rimanere schiacciata dal primo avversario che cercherai di sfidare. Ci restano solo cinque giorni, dobbiamo concentrarci sui tuoi punti di forza, la tua unica possibilità è sorprendere Gold; non sarà concentrato, puoi contare solo su quello. La magia è equilibrio tra il proprio potere mentale e quello delle energie che ci circondano. Prova a sollevarti su un piede solo, con le braccia aperte: vedi, sembra faticoso, ma stai sfruttando la forza dell’Aria”.
“Ma quando quel coccodrillo attaccherà, che posso fare?”
“Dai la cera, togli la cera. Vernicia verso l’alto e verso il basso”.
“Cosa…” Regina lanciò un leggero flusso energetico contro Emma, che automaticamente ruotò la mano sinistra parandolo senza difficoltà, poi ne bloccò un altro portando il polso verso il basso.
“Oh!”
“Continua, sto usando solo un decimo della mia forza. Smetteremo quando sarai una poltiglia inservibile, capito?” ‘Meglio oggi che venerdì’ fu una riflessione che tenne per sé.
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La luna piena era l’unica luce che brillasse nella strada di fronte al negozio di fiori: un’opportuna pioggia improvvisa aveva messo in fuga tutti gli abitanti di Storybrooke, lasciando campo libero ai duellanti. Rumpelstiltskin mostrava il suo vero aspetto, sicuramente per intimorire la piccola, come se ce ne fosse stato bisogno! Emma non aveva intenzione di fuggire, ma tremava di paura, stringendo le labbra fino a ferirsi con i denti.
“Nessun testimone, Gold, molto bene” Regina aveva una vera faccia da schiaffi in quel momento “anche perché non credo lei abbia un amico”.
Il mago le guardò come due appetitosi tramezzini umani che si offrissero a lui; non forme di vita intelligente tali da destare interesse nel confronto, ma appetibili da masticare e inghiottire in un boccone. Tutte e due, certo diversamente Forse avrebbe potuto ricattare Regina in cambio dell’annullamento della maledizione, ma certo non era così legata alla bambina da sacrificarsi al suo posto, peccato…
Fu quell’idea morbosa a costargli cara: mentre lo stregone accarezzava pensieri lascivi, Emma aveva scagliato un raggio di magia bianca che lo raggiunse nel centro dello stomaco, mandandolo a terra.
“Uno a zero per me!” Emma sprizzava gioia da tutti i pori, ma invece di cadere preda dell’euforia approfittò anche dell’attimo in cui Rumpelstiltskin stava decidendo come ucciderla per assumere la posizione di difesa con le mani in cerchio, respingendo un nastro di nera oscurità diretto a suo cuore.
“Tre attacchi riusciti o completamente respinti, mister Gold. Questa è la scommessa, ed Emma ha già due punti”.
L’Oscuro ghignò, e senza pronunciare parole udibili fissò una gamba della piccola. Uno spaventoso rumore di ossa che scricchiolavano fu seguito dal tonfo della caduta della bambina, che non ebbe il tempo di riprendersi dallo shock che un secondo incantesimo raggiunse lo stesso ginocchio che si era già lesionato.
“Stai barando, hai usato una formula troppo avanzata!”
“Lo so, tesoruccio. La magia è potere, non pietà”.
“Emma, lascia perdere… resterai una bambina, non è la fine del mondo, crescerai di nuovo, andrai a scuola con Mary Marg…” Improvvisamente la strega si rese conto di cosa stava dicendo.
“NO! Alzati, devi farcela!”
Emma si sollevò mani e piedi, mentre calde lacrime di dolore rotolavano sulle guance, e prendendo un bel respiro si mise su un piede, senza scaricare peso sul ginocchio offeso; poi portò semplicemente le mani avanti, senza opporre resistenza. Non poteva deludere la sua maestra, un guerriero combatte col cuore.
Quando il vortice nero che doveva garantire la vittoria di Rumpelstiltskin gli rimbalzò contro, questi svanì in una nuvola di polvere, ed Emma cadde svenuta, mentre il maleficio fuggiva dal suo corpo.



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Emma poteva premere la borsa del ghiaccio su tutti i punti che voleva, tanto ce n’era sempre uno che le faceva più male; ma le ferite dell’orgoglio erano più brucianti, vista l’espressione da gatta sorniona con la quale Regina la scherniva porgendole il vassoio con la cena a letto.
Dietro la cortese frase: “mi sembra giusto, devi riposare” si leggeva benissimo il sotto testo “rammollita, la tua versione di otto anni ha più fegato di te”.
“E così ho passato due settimane a lavorare come tuttofare non retribuita, non credere che non abbia ricordato ogni dettaglio… ouch! Non sbattermi niente sulle ginocchia, forse sono da operare!”
“Che esagerazione! Sono io piuttosto che ho fatto la babysitter, ti ho insegnato a scoprire le tue capacità… non male per altro; e vedo che il dinosauro lo tieni ancora sul comodino”.
L’investigatrice avvampò senza avere la possibilità di nasconderlo.
“Ti sei anche divertita a scegliermi dei pigiami di Hello Kitty per umiliarmi, potrei farti causa per maltrattamento di animali e minori. Però devo ammettere che cucini molto bene, su quel versante non posso lamentarmi. Che c’è di buono, stasera?”
Regina si sedette sul letto, le labbra impreziosite da un rossetto magenta arricciate con diabolica malizia.
“Questa”. Sotto il coperchio d’argento di un piatto da portata, c’era una torta di mele dallo squisito profumo di cannella, crema ancora tiepida e zucchero a velo vanigliato.
“Non ti avrei preparato un dolce speciale finché non fossi tornata adulta, l’avevo promesso a me stessa; adesso apri la bocca”.
In un perfetto silenzio Emma si lasciò imboccare un pezzo di torta con un’elegante forchettina inglese, socchiudendo gli occhi per assaporare ogni sfumatura di gusto.
“Grazie, Regina. Mi hai fatta aspettare…”
“Anche tu”. Il sapore di zucchero e burro passò dalla bocca di Emma a quella di Regina, dolce e morbido, mentre le dita della bruna passavano tra i capelli chiari dell’altra.
“Guarisci presto, ci sono altre magie che vorrei provare”.


Guarda, ci sono le ♪♫note♫♪ !
* Marcel Proust “Dalla parte di Swann” : la madeleine è diventata un tale simbolo di “memoria involontaria” da essere citata anche in trattati di psicologia (e quasi il cognome di Emma)
** So che così sto parlando a plurale, ma è una precisa citazione dal film: “Qualcosa è cambiato”
*** “Il mercante di Venezia”
**** Il negozio di fiori del padre di Belle, quindi legato a Rumple e dichiarato omaggio degli sceneggiatori a Game of Thrones, ovvio! ^^



  
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