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Autore: evelyn80    12/09/2016    7 recensioni
Luca è un giovane uomo di trentun'anni, chitarrista di una cover band. Nell'attesa che arrivi la sera per salire sul palco e suonare, si concede una passeggiata durante la quale incontra Micaela, giovane donna di cinque anni più vecchia di lui, lettrice volontaria per bambini, piena di complessi riguardo il suo aspetto e la sua vita affettiva. Luca si innamora subito della sua voce e decide di tentare un approccio. Le cose, però, saranno più complicate del previsto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luca'
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Spazio autrice: L'ispirazione per scrivere questa breve storia, formata da due capitoli, mi è giunta ascoltando una bravissima Tribute Band di Luciano Ligabue. Di solito non ascolto le canzoni del Liga, ma loro quattro (ed in particolare il chitarrista :-P) mi hanno fatto innamorare di "Bambolina e barracuda". E' proprio da questa canzone, infatti, che ho ripreso il titolo. Spero che questo racconto possa piacervi e che vogliate farmi sapere cosa ne pensate.
Evelyn 







BAMBOLINA E BARRACUDA
 
Capitolo 1 
Bambolina


 
Era la prima volta che scendevano così a sud per fare un concerto. Di solito non si allontanavano mai dalle loro amate montagne o, tutt’al più, potevano arrivare fino alla pianura, ma sempre in direzione nord.
L’odore penetrante dei pini resinosi e quello salmastro del mare pungeva le narici di Luca, che non erano abituate a tutti quei nuovi aromi. Con un sospiro il giovane uomo si tolse la tracolla della chitarra dalla spalla, posando con delicatezza la sua amata Stratocaster Sambora color madreperla accanto ad una delle casse, per poi stirarsi e sbadigliare rumorosamente. Lui ed i suoi amici avevano appena finito il soundcheck per lo spettacolo di quella sera quindi, fino all’ora di cena, sarebbe stato libero di fare ciò che voleva. Accese una sigaretta, aspirò una profonda boccata e, prima di scendere dal piccolo palco, fece un cenno con la mano ai suoi compagni come a dire “ci vediamo più tardi”.
Prese a camminare per la pineta che li ospitava, con la sinistra sprofondata nella tasca dei jeans e la destra a reggere la sigaretta che pian piano si consumava, al ritmo delle sue lente boccate. Il rumore del mare, poco lontano alla sua destra, accompagnava la sua passeggiata.
Una volta finito di fumare si ravviò all’indietro i lisci capelli biondo scuro che subito, però, gli ricaddero sulla fronte. 
Ho proprio bisogno di tagliarli di nuovo” pensò, grattandosi la guancia ruvida per la barba di una settimana e guardandosi distrattamente intorno. Quella piccola cittadina in riva al mare non era proprio niente male e quella pineta, dagli aromi così resinosi, gli rammentava gli amati boschi di abeti che circondavano la casa dei suoi nonni. 
Il ricordo lo riportò indietro nel tempo e fu quasi con occhi di bambino che osservò con interesse il chiosco dei gelati, piazzato proprio nel centro del boschetto. Gli venne l’acquolina in bocca, perciò decise di comprarsi un bel cono che consumò durante la sua lenta passeggiata. 
Ormai era quasi giunto in fondo alla stretta striscia alberata. Stava già per tornare sui suoi passi quando, alla sua sinistra, intravide un gruppetto di persone sedute a gambe incrociate sotto ad un pino particolarmente grande. Guardò meglio e si rese conto che si trattava di una giovane donna davanti alla quale, seduti a semicerchio, stavano una decina di bambini di età prescolare, intenti ad ascoltarla leggere una fiaba. Non riuscì a distinguere le parole ma, grazie al suo orecchio assoluto, poté percepire con chiarezza che la sua voce era molto musicale, anche se non propriamente soave come quella di un usignolo. Si avvicinò lentamente, cominciando ad identificare tutte le varie sfumature di cui si componeva quella voce, in cui predominava un tono basso e leggermente roco che gli piacque subito.
Si fermò a pochi passi di distanza, alle spalle della donna ancora ignara della sua presenza; si appoggiò al tronco del grosso pino marittimo e chiuse gli occhi, lasciando che la voce gli fluisse dalle orecchie nel resto del corpo. Un lieve sorriso gli comparve sulle labbra e così rimase per alcuni minuti, fin quando non si rese conto che la giovane donna aveva smesso di leggere.
Aprì gli occhi di scatto, rendendosi conto che era stato proprio lui la causa dell’interruzione. I bambini avevano alzato il capo, fissandolo con curioso interesse e la lettrice, nel notare il calo di attenzione del suo piccolo pubblico, aveva sospeso la lettura, voltandosi nella direzione dello sguardo dei piccoli ed accorgendosi, finalmente, della presenza del giovane uomo biondo che la ascoltava ad occhi chiusi e con un sorriso ebete in faccia.
Luca si sentì arrossire, imbarazzato.
«Scusa, non volevo disturbare» borbottò, passandosi una mano tra i capelli.
«Nessun disturbo» rispose lei, «ero solo curiosa di sapere cosa stessero guardando i bambini di così interessante.»
Cadde un silenzio impacciato, durante il quale la giovane donna ed i bambini rimasero a fissare il giovane uomo che pareva volesse strapparsi il cuoio capelluto a furia di grattarsi la testa per l’imbarazzo.
«Puoi sederti con noi, se vuoi» disse infine la lettrice, «anche se non credo che le nostre letture possano essere di tuo gradimento.»
«E chi può dirlo?» rispose Luca, smettendo finalmente di tormentarsi lo scalpo ed accomodandosi a gambe incrociate al fianco della giovane donna che, dopo essersi schiarita la voce, riprese a leggere la favoletta. 
I bambini parevano pendere dalle sue labbra e, ben presto, anche il chitarrista rimase vittima della stessa malia, incantato non tanto dalle parole bensì dal tono e dal timbro della sua voce.
Al termine dell’ora i genitori tornarono a prendere i bambini che, schiamazzando allegramente, salutarono la lettrice.
«Ciao Micaela!» gridò una bambina, protendendosi per darle un bacio sulla guancia.
«Ciao Aurora» rispose la giovane donna, per poi alzare la voce e rivolgersi al resto del gruppo. «Ci vediamo la settimana prossima, stesso posto e stessa ora!»
Una volta disperso il piccolo gruppetto, Micaela si rese conto che il giovane uomo era ancora seduto accanto a lei, gli occhi chiusi e le labbra leggermente dischiuse. La zazzera bionda, separata al centro dalla scriminatura, gli ricadeva sulla fronte incorniciando il volto dall’ovale perfetto. 
«Tutto bene?» gli chiese, cominciando a preoccuparsi per quella prolungata immobilità. Al suono della sua voce lui aprì gli occhi, di un azzurro talmente chiaro da sembrare di ghiaccio.
«Sì. Scusa, mi ero incantato ad ascoltare la tua voce.» Micaela inarcò un sopracciglio, esprimendo il suo profondo dubbio, e lui continuò. «È vero, non ti sto prendendo in giro. Mi piace molto il timbro della tua voce.»
La giovane donna si alzò, spolverandosi il fondo dei pantaloni per togliere gli aghi di pino rimasti attaccati alla stoffa ed il chitarrista la imitò, protendendo la mano per presentarsi.
«Mi chiamo Luca, piacere di conoscerti.»
«Piacere mio. Io sono Micaela» rispose la lettrice, afferrandogliela e stringendogliela con decisione. Poi si chinò a raccogliere una borsa di stoffa piena di libri di favole, mettendosi la spessa cinghia sulla spalla e respingendo l’aiuto che il giovane uomo prontamente le offrì.
«Grazie, ma non importa» disse, con un tono forse più duro di quanto avrebbe voluto in realtà. Si incamminò a passo spedito verso l’uscita della pineta tallonata dal giovanotto, evidentemente deciso ad attaccare bottone a tutti i costi.
«Fai la lettrice, di lavoro?»
«No, questo è solo un passatempo. Sono iscritta ad un programma didattico che è volto a stimolare la lettura anche nei bambini di età prescolare. Sono una lettrice volontaria.»
«Bello!» commentò Luca, allungando le falcate per mantenersi al passo. «Io invece sono un insegnante di chitarra, pratico musicoterapia e, nel tempo libero, suono con i miei amici. Formiamo una cover band che suona i più grandi successi rock dagli anni settanta ad oggi. Stasera ci esibiremo qui, nella pineta. Ti va di venire a sentirci?»
Aveva pronunciato quelle frasi parlando in fretta, nella speranza di concludere il suo invito prima che la giovane donna imboccasse il cancello di uscita che si avvicinava sempre più velocemente.
«Non lo so» rispose Micaela, il tono ancora più duro e secco di prima. «Forse ho già un altro impegno.»
«Ah…» esalò il chitarrista, rallentando il passo fino a fermarsi, «è un vero peccato…» Il suo tono si smorzò fino a spegnersi mentre fissava la schiena della giovane donna che si allontanava quasi di corsa. Poi, abbassando le spalle, tirò fuori un’altra sigaretta dal pacchetto spiegazzato e si rimise a fumare, anche se non con la stessa calma di poco prima.
 
* * *


Micaela raggiunse la sua auto quasi correndo. Lasciò cadere la borsa piena di libri sul sedile del passeggero poi si mise a sedere al posto di guida, ansimando per la corsa e per il turbinio di sensazioni che quel giovane uomo le aveva appena scatenato dentro.
Esalò un profondo sospiro, nel tentativo di calmare il battito tumultuoso del suo cuore. Aveva trattato Luca piuttosto freddamente, snobbando il suo evidente tentativo di approccio, ma aveva avuto le sue buone ragioni per farlo. Si guardò nello specchietto retrovisore, sospirando ancora, ed il volto scialbo che le apparve riflesso non le piacque affatto. In realtà lei non si era mai piaciuta. Aveva le sopracciglia troppo folte e gli occhi di un ordinario marrone scuro; il suo mento era troppo pronunciato e la sua bocca non aveva niente di sensuale. Solo il naso le piaceva, ma era davvero troppo poco per risollevare le sorti di tutto il resto. Per non parlare poi dei suoi capelli, inesorabilmente lisci come spaghetti e di uno sciatto color castano, e del resto del suo corpo: il seno troppo grande, la vita troppo morbida, i fianchi troppo larghi. Nessun ragazzo si era mai dimostrato attratto da lei o, meglio, quei pochi che ci avevano provato l’avevano fatto solo per divertirsi per un po’, approfittando della sua ingenuità. In seguito, visto che “l’esperienza insegna”, altri erano stati da lei rudemente respinti, proprio come aveva fatto con Luca quello stesso pomeriggio. Aveva così poca autostima che non riusciva proprio a credere che potesse esserci qualcuno veramente interessato alla sua persona. Figuriamoci, poi, un ragazzo come quel chitarrista che pareva quasi lo stereotipo del principe delle favole: alto, biondo e con gli occhi azzurri!
Oramai, a trentasei anni suonati, non aveva più nessuna velleità di riuscita.
Trasse l’ennesimo profondo respiro e mise finalmente in moto, immettendosi nel traffico crescente del sabato pomeriggio. Aveva mentito. Non aveva nessun altro appuntamento per quella sera, ma perché andare a veder suonare quel giovanotto, magari facendosi delle illusioni che poi di sicuro sarebbero state disattese?
Era talmente distratta che, per poco, non investì un anziano signore che attraversava la strada con passo malfermo appoggiandosi al suo bastone, ma che ebbe comunque la prontezza di spirito di mandarla a quel paese quando lei frenò all’ultimo istante, facendo stridere le gomme e rischiando di causare un tamponamento a catena.
Una volta a casa, comunque, non riuscì a trovare pace. L’idea di andare ad assistere al concerto un po’ la allettava, anche perché lei era una patita del rock anni ottanta e le avrebbe fatto veramente piacere ascoltare della buona musica. 
Ma sì, decise infine, non doveva mica per forza piazzarsi sotto al palco a prendere in faccia gli schizzi di saliva che – di sicuro – il cantante avrebbe sparato su tutta la folla! Avrebbe potuto sedersi sotto al suo amato pino, quello dove leggeva ogni sabato pomeriggio ai bambini e da lì, a distanza di sicurezza, ascoltare il concerto.
Sollevata dalla brillante idea che aveva avuto si cambiò per uscire, indossando un paio di jeans ed una maglietta puliti.
 
* * *


Alle dieci di sera Luca ed i suoi compagni – Flavio il cantante, Marco il bassista e Tony il batterista – salirono sul palco, pronti a cominciare il loro spettacolo. Si era radunata una bella quantità di gente, grazie anche alla buona stagione, ed i quattro erano sinceramente soddisfatti di avere un così buon pubblico. 
Il chitarrista imbracciò la sua amata Stratocaster guardandosi intorno, scrutando i volti tra la folla. Nonostante il rifiuto piuttosto netto della lettrice aveva lo stesso nutrito la speranza che Micaela avesse potuto cambiare idea, ed ora era alla sua frenetica ricerca. Benché non avesse nemmeno avuto modo di osservarla bene, visto che aveva trascorso la maggior parte del tempo ad ascoltarla ad occhi chiusi, sentiva di essersi già innamorato della sua voce, dalle sfumature così calde e variate, ricca di tonalità e, di certo, dalle notevoli potenzialità. Avrebbe tanto voluto chiederle se le piaceva cantare: chissà di cosa sarebbe stata capace, con una voce così…
Sospirò nel rendersi conto che non riusciva a vederla da nessuna parte. Concentrandosi su ciò che doveva fare, poggiò le dita sulle corde e, quando Tony batté con le bacchette “l’un, due, tre, quattro” attaccò a suonare, lasciando che la musica lo pervadesse.
 
* * *


Seduta ai piedi del pino marittimo, Micaela si godette i primi minuti dello spettacolo. La distanza era ideale, perfetta per ascoltare la musica senza i consueti stridii del volume troppo alto. Era sola, visto che il resto delle persone si era accalcato ai piedi del palco rispondendo all’invito del cantante che, prima di cominciare, li aveva chiamati a raccolta; ma di ciò non si dispiaceva affatto. Almeno, nessuno l’avrebbe sentita se avesse stonato mentre cantava.
A mano a mano, però, che il concerto entrava nel vivo, cominciò a desiderare di avvicinarsi pure lei, specialmente quando il gruppo eseguiva una delle sue canzoni preferite.
Lentamente si alzò in piedi ed altrettanto lentamente prese ad accostarsi, arrivando fin quasi ai piedi del palco, attirata dalla musica. Allora si trovò davanti Luca e si sorprese nel vederlo trasfigurato. 
Mentre suonava, per la maggior parte del tempo teneva gli occhi chiusi, come per isolarsi dal resto del gruppo ed anche del mondo. La musica pareva fluire non soltanto dalle corde della sua chitarra ma dalle fibre stesse del suo corpo, come se fosse diventato un tutt’uno con il suo strumento. Gli scorreva nelle vene, gli permeava i muscoli, gli inondava il cervello. Con la fronte appena aggrottata, le labbra socchiuse, la testa leggermente rivolta all’indietro ad esporre il collo, i nervi delle braccia contratti, le gambe divaricate e le ginocchia appena piegate, pareva in preda ad un’estasi mistica, quasi come se fosse sul punto di avere un orgasmo. 
Micaela si ritrovò a fissarlo a bocca aperta senza riuscire a staccargli gli occhi da dosso, convinta che, da un momento all’altro, il chitarrista avrebbe cominciato a svanire, trasformato nelle note musicali che lui stesso spandeva nell’aria.
Al termine delle canzoni, uno dei rari momenti in cui Luca apriva gli occhi e pareva riacquistare un minimo di controllo, ogni volta si scatenava un turbinio di grida isteriche. La giovane donna distolse gli occhi dal palco per rivolgere lo sguardo alla fonte delle urla scomposte. Un gruppetto di ragazze giovani, molto giovani, stava letteralmente sbavando ai piedi dei musicisti, facendo cenni con le braccia nel vano tentativo di attirare l’attenzione del chitarrista. Il cantante lo avvicinò e gli parlottò un po’ all’orecchio accennando, con un cenno del capo, allo schiamazzante stormo di oche, e Luca annuì e sorrise, mettendosi in posa ancora più plastica come se volesse farsi ammirare in tutta la sua bellezza. Le ragazze schiamazzarono ancora più forte prima che il loro grido venisse inghiottito dalla musica della nuova canzone che stavano attaccando. Allora il giovane uomo si trasfigurò di nuovo e tornò a vivere di musica. 
Micaela decise di allontanarsi e tornare al suo posto, sotto all’amato pino marittimo. Come poteva aver pensato che quel ragazzo potesse essere anche solo vagamente interessato a lei? In fondo, aveva a disposizione decine di pollastrelle che cadevano ai suoi piedi ogni volta che strimpellava sulle corde. Meglio per lei non farsi nemmeno vedere, così non avrebbe dovuto assistere alla sua fuga d’amore con una delle ochette. Chissà quale avrebbe scelto, poi, si chiese amaramente.
 
* * *


Dopo due ore e mezza di concerto la piccola band salutò infine il pubblico, prendendo congedo. I quattro amici posarono i loro strumenti, lasciandoli alla custodia del tecnico del suono, per concedersi l’ultimo meritato bicchiere di birra. In realtà ne avevano già trangugiati diversi durante l’esibizione e cominciavano a sentirsi piuttosto alticci. Una delle ragazze che fino ad allora aveva schiamazzato ai piedi del palco, forse la più coraggiosa, si fece largo tra la folla che si andava diradando raggiungendo l’oggetto dei suoi desideri.
«Ciao Luca, io sono Elisa!» proruppe, afferrando il chitarrista per un braccio e quasi strappandolo ai suoi compagni.
«Ciao Elisa. Scusami, ma io ed i miei amici abbiamo proprio bisogno di una birra» la liquidò, liberando il braccio con garbata decisione.
«Ok! Io ti aspetto qui, se non ti dispiace!» insisté la ragazza, piazzandosi in bella vista sotto ad uno dei lampioni che illuminavano la pineta. Luca fece un cenno distratto con la testa e si incamminò, raggiungendo gli altri che si erano allontanati di qualche passo.
«Ma come?!» lo apostrofò Flavio, che era molto più vecchio di lui e non aveva mai rifiutato un’avventura facile. «Hai avuto il coraggio di dirle di no? Beata gioventù…»
«Non sono così affamato da dovermi sbattere qualsiasi ragazza che me la sbandieri sotto al naso» replicò il chitarrista con un ghigno, facendo scoppiare a ridere Marco e Tony.
«Vorresti dire che io sono ridotto a quel punto?!» scherzò allora il cantante, unendosi alla risata.
Dopo la bevuta i quattro non tornarono subito verso il palco ma si incamminarono verso il fondo della pineta, per smaltire l’alcool in eccesso. Fu allora che Luca vide Micaela seduta tra le radici contorte del grosso pino, con la schiena appoggiata contro il tronco dalla corteccia ruvida e gli occhi chiusi. Salutò velocemente gli amici e si diresse nella sua direzione, mentre Flavio commentava ad alta voce: «Ecco perché ha detto di no alla pollastrella! Si era già trovato un’altra gallina! Eh… Bravo Luca! Gallina vecchia fa buon brodo!»
Il chitarrista lo fulminò con lo sguardo prima di allungare il passo verso la giovane donna, nella speranza che le parole sguaiate del cantante non l’avessero raggiunta.
«Allora sei venuta a sentirci!» esclamò senza riuscire a trattenersi, ancor prima di lasciarsi cadere seduto accanto a lei. 
Micaela sollevò le palpebre e lo fissò, sorpresa. «Cosa ci fai qui?! Credevo tu avessi un impegno» lo apostrofò, più duramente di quanto avrebbe voluto e, quando lui la guardò confuso, lei indicò con la testa la ragazza ancora ferma sotto al lampione. «Ho visto che una delle ochette si è fatta avanti e credevo tu avessi voglia di passare un po’ di tempo con lei. Di sicuro è molto meglio di me…» aggiunse a mezza voce, distogliendo lo sguardo dagli occhi color ghiaccio di Luca che, alla luce aranciata dei lampioni, avevano assunto lievi sfumature nocciola.
«Perché dici così?» chiese lui, il tono di voce basso, fissandola con tanta intensità da farle scendere i brividi lungo la schiena.
«Perché è la verità!» ribatté Micaela, stringendosi nelle spalle.
«Non sono d’accordo» rispose il chitarrista, alzandosi in piedi e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi. «Ti va di fare una passeggiata? Ti offro un gelato!»
Non credendo alle proprie orecchie, Micaela accettò il suo aiuto. Aveva sentito bene? Per un attimo pensò di essersi addormentata e di stare sognando. Probabilmente era ancora appoggiata al tronco dell’albero con gli occhi chiusi. “Oh, al diavolo!” pensò, “almeno godiamocelo, questo sogno!
Senza pensarci Luca la condusse verso il chiosco, dimenticando che Elisa lo stava ancora aspettando lì davanti.
Non appena lo vide arrivare in compagnia di un’altra, la ragazza incrociò le braccia sul petto e lo apostrofò: «Almeno potevi dirmelo che ti piacciono le tardone, così almeno non avrei perso tempo ad aspettarti!»
Per Micaela fu come ricevere uno schiaffo in piena faccia. A parte il fatto che a trentasei anni non si considerava ancora una tardona, quel commento le diede la conferma di ciò che aveva già cominciato a sospettare: temeva che Luca fosse più giovane di lei. Forse non di molti anni, ma comunque più giovane. “Se cominciano a piacermi i ragazzi più giovani di me significa che sto davvero invecchiando!” pensò con orrore, voltando le spalle al chitarrista ed allontanandosi più in fretta possibile. Non riuscì comunque ad andare molto lontano, perché Luca la afferrò per un braccio e la trattenne. 
«Aspetta, non andartene! Non dare ascolto a quella là!»
«Credo che abbia ragione, invece…» balbettò lei in risposta, «tu sei di sicuro più giovane di me! Lasciami perdere!» 
Tentò di divincolarsi, ma il chitarrista non mollò la presa.
«Ho trentun’anni. Non puoi certo essere tanto più vecchia di me.»
«Sì, invece!» ribatté lei. Cinque anni le parevano un abisso vasto come il mondo, ed in quel momento si sentiva tanto vecchia che avrebbe potuto essere sua zia. «Io ne ho trentasei!»
Luca non si scompose alla notizia. Con dolcezza, ma fermamente, prese ad attirarla verso di sé fino a farla aderire al suo corpo magro. «Non mi interessa la tua età» le sussurrò a fior di labbra. «Allora, ci prendiamo questo gelato?»
Senza avere nemmeno la forza di guardarlo in faccia Micaela annuì, lasciandosi trascinare da lui fino al chiosco dei gelati e poi, da lì, sulla spiaggia.
Finalmente soli i due camminarono lentamente sulla sabbia, assaporando il loro cono. Micaela non riusciva a spezzare il silenzio imbarazzato che si era creato, così fu Luca a rompere di nuovo il ghiaccio.
«Volevo chiedertelo già questo pomeriggio, ma poi non ne ho avuto il tempo. Ti piace cantare?»
Lei trovò finalmente il coraggio di guardarlo di nuovo negli occhi. «Sì, molto… Ma ciò non significa che lo faccia bene. Anzi… sono stonata come una campana!»
«Con la voce che hai, ne dubito.» Micaela lo guardò scettica, e lui continuò. «Non stavo scherzando, oggi, quando ti ho detto che hai una bella voce. Io ho l’orecchio assoluto e, per me, non esistono rumori, ma solo note musicali. La tua voce è così sensuale, con quel lieve tono roco, che mentre leggevi la favola ai bambini mi hai fatto venire la pelle d’oca.»
«L’orecchio assoluto? Ecco allora perché, mentre suoni, sembra che tu stesso sia fatto di musica!» si lasciò scappare la giovane donna, arrossendo alle sue stesse parole. «Beh, sì…» riprese imbarazzata, «mi sono avvicinata al palco durante il concerto e tu eri così preso dalla musica che pareva quasi ti scorresse nelle vene. Sembravi in estasi.»
«Già…» sorrise impacciato Luca, passandosi una mano tra i capelli, «molte delle persone che hanno assistito ai nostri concerti mi hanno detto che, mentre suono, pare che stia godendo.»
Micaela annuì. «Se devo essere sincera, anche a me hai dato la stessa impressione… Eri così sexy…» ammise, arrossendo ancor di più.
Cadde di nuovo il silenzio e di nuovo fu Luca a spezzarlo.
«Ti va di farmi sentire come canti?»
«Qui, ora?»
«Sì, perché? Siamo soli, in fondo, chi vuoi che ti senta?» le rispose, guardandosi in giro.
La donna sentì le guance andarle a fuoco. «Temo di vergognarmi troppo… Non ci riesco…»
«Vuoi che mi allontani un pochino?»
«Saprei lo stesso che mi stai ascoltando» replicò lei scuotendo la testa, sconsolata.
«Va bene, allora comincio io. Tu prova a venirmi dietro.»
Senza esitare, Luca iniziò a cantare a cappella, battendo il ritmo con la mano sulla coscia. Micaela lo ascoltò per un attimo, poi scosse la testa.
«Mi dispiace, ma non conosco questa canzone.»
Il chitarrista tacque, allontanandosi da lei fino ad arrivare sul bagnasciuga. Lì si tolse le scarpe, ripiegò i jeans fino alle ginocchia e lasciò che l’acqua del mare gli lambisse i piedi, sospirando di piacere. Gettò la testa all’indietro e socchiuse gli occhi, assumendo di nuovo quella posa così sexy. La luna piena faceva brillare i suoi capelli, rendendoli quasi d’argento e facendolo somigliare ad una creatura ultraterrena.
Micaela sospirò, pensando nuovamente che quello che stava vivendo fosse solamente un sogno e che, di solito, i suoi sogni non si avveravano mai. Le parole le giunsero spontanee alla bocca e cominciarono a fluire senza che lei se ne rendesse nemmeno conto.
«I never had a dream… that… I could follow through… Only tears… left to stain,  dry my eyes… once again…” intonò, cantando una delle sue canzoni preferite, “Picture of my life” dei Jamiroquai. Chiuse gli occhi e si lasciò accompagnare, nel canto, dal suono della risacca, senza pensare a niente, né a Luca che si era avvicinato in silenzio per sentirla meglio, né alla sua vita poco – per non dire per nulla – appagante. Ora c’erano solo le parole della canzone.
Il chitarrista la lasciò cantare per alcuni minuti ascoltandola rapito poi, quando la canzone giunse al termine, esclamò facendola trasalire: «Lo sapevo che non potevi essere stonata! Certo, c’è bisogno di qualche aggiustatina, ma niente che un po’ d’esercizio non possa rimediare.»
Micaela arrossì ancora e, quando Luca la strinse tra le sue braccia, prese a tremare per l’emozione e la paura.
«Hai freddo?» le chiese il giovane uomo e lei riuscì a malapena a scuotere il capo. Il contatto fisico con quel ragazzo che ai suoi occhi pareva così straordinariamente bello e straordinariamente giovane le stava facendo perdere ogni controllo. Luca si avvicinò ancora di più, facendola aderire al suo petto magro ma vigoroso. Abbassò il viso verso quello di Micaela, arrivando a sfiorarle il naso con il suo.
La giovane donna lo vide socchiudere gli occhi mentre, lentamente, le sue labbra si facevano sempre più vicine. Lei tentò di protestare, ma il bacio le impedì di proferire parola.
Fu un bacio casto, dolce e tenero, ma non per questo meno emozionante per Micaela che non era abituata a simili gentilezze. I pochi uomini che aveva conosciuto e con cui si era fidanzata per brevi periodi erano sempre stati meno teneri e più diretti. Luca le carezzò dolcemente la schiena e le braccia, poggiando la fronte contro la sua. Sempre con gli occhi chiusi, per paura di spezzare l’incantesimo e di svegliarsi da quello che – oramai ne era certa – era solo un sogno, Micaela tentò nuovamente di protestare.
«Luca… perché lo hai fatto…»
«Perché lo desideravo da oggi pomeriggio» la interruppe lui. «Non mi piace soltanto la tua voce, sai?»
«Ma… io sono più vecchia di te!» esclamò allora la giovane donna, appellandosi a quello che le pareva un ostacolo insormontabile.
«E allora?» le chiese invece semplicemente il chitarrista. «Per te è un problema? Per me, assolutamente no.»
«Ma…»
«Non hai mica l’età di mia madre! Tra te e me corrono solamente cinque anni.»
«Mi sento comunque decrepita!» esclamò di nuovo Micaela, facendolo scoppiare a ridere.
«Non essere sciocca, bambolina…»mormorò, chiamandola d’istinto con quel tenero appellativo. «O forse non ti piaccio?» chiese poi all’improvviso come colto da un fulmineo dubbio, scostandosi leggermente.
«No, tutt’altro… Sei bellissimo… ma anche giovanissimo
«Smettila di considerarti vecchia! Non lo sei!» esclamò allora Luca, poggiando di nuovo la fronte contro la sua. «Mi piaci così come sei e, se per te va bene, vorrei provare a costruire una storia con te.»
Micaela sentì sciogliersi tra le sue braccia. Si aggrappò allora al suo collo, come se fosse stato una boa in mezzo a quel mare che sciabordava ai loro piedi, e Luca la baciò di nuovo, questa volta mettendoci tutto se stesso.
 
* * *


La mattina successiva Micaela si svegliò con il collo un po’ indolenzito. Sbatté le palpebre e si stiracchiò, urtando qualcosa con il gomito sinistro. Si voltò in quella direzione e sorrise nel vedere Luca ancora placidamente addormentato, il petto ricoperto da minuti peli castano-dorati a malapena celato dal lenzuolo stropicciato ed i capelli biondo scuro sparsi sul cuscino.
Massaggiandosi la parte dolente, la giovane donna capì il perché di quel dolore: si era addormentata con la testa appoggiata su quel petto che ora si alzava ed abbassava lentamente, al ritmo del respiro lieve di Luca. 
Da quel bacio al finire a fare l’amore nel letto singolo di Micaela il passo era stato breve, molto breve, ed i vestiti ancora sparsi a terra per la stanza lo testimoniavano. La giovane donna si alzò silenziosamente ed andò in cucina a preparare il caffè, mentre con la mente tornava a tutto ciò che era accaduto quella notte. Luca era stato un amante meraviglioso, allo stesso tempo rude e tenero, che aveva badato prima di tutto al piacere di lei prima di passare a soddisfare il suo. Si erano amati guardandosi negli occhi e Micaela aveva desiderato che quel momento non finisse mai, che quel sogno bellissimo non scomparisse al sorgere del sole come una bolla di sapone.
Ma quello non era un sogno, non questa volta, no! Quella era la realtà, e le mani di Luca – svegliato dall’aroma del caffè – che si posavano sui suoi fianchi nudi e morbidi glielo confermarono. 
«Buongiorno bambolina…» mormorò il chitarrista, baciando dolcemente il collo di Micaela che, involontariamente, lo espose ancor di più, come ad offrirglielo. Luca non si lasciò sfuggire l’occasione e glielo mordicchiò, facendola gemere di eccitazione. Lentamente la fece voltare verso di lui, continuando a tenere le labbra sul suo collo, fino a che non furono l’uno di fronte all’altra, schiacciati contro il frigorifero. La giovane donna non avrebbe voluto, ma la passione e la tenerezza dell’uomo la infiammarono ancora e così finirono di nuovo a letto, a consumare un amplesso questa volta più irruento, ma non per questo meno appagante.
Una volta sazi rimasero a poltrire nel letto fino a che il cellulare di Luca non squillò. Era Flavio, che lo stava cercando disperatamente.
«Dove diavolo ti sei cacciato? E’ da ieri sera che ti cerchiamo inutilmente!»
«Sto bene. Sono in dolce compagnia» rispose il chitarrista laconico, passandosi una mano tra i capelli.
«Ah, bene! Tu te la spassi e non pensi neanche minimamente a noi! Ti ricordo che saremmo dovuti partire due ore fa!»
«Va bene, va bene, ho capito. Arrivo subito. Datemi almeno il tempo di vestirmi.»
«D’accordo… Ma sbrigati, puttaniere che non sei altro!»
Luca sorrise per quell’ultimo appellativo detto in tono scherzoso, poi si mise a raccogliere i suoi indumenti sparsi per tutta la camera. Micaela rimase ad osservarlo in silenzio, nell’attesa di una spiegazione per quella specie di fuga improvvisa.
«Mi dispiace bambolina» disse infine il chitarrista una volta vestito, «ma ora devo proprio andare. I miei compagni mi stanno aspettando per tornare a casa.»
«Tornerai a trovarmi?» chiese lei, con le spalle che già le si incurvavano per la delusione.
«Certo che sì!» la rassicurò lui, mettendosi seduto sul letto al suo fianco e prendendole il mento tra le dita per farla voltare dalla sua parte. «Anche se vivo piuttosto lontano da qui, ti prometto che tornerò il prossimo fine settimana!» 
Dopo essersi scambiati i numeri di cellulare e dopo un ultimo bacio Luca uscì dall’appartamento, lasciando Micaela da sola con i suoi sogni e le sue speranze.
  
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