Anime & Manga > Inuyasha
Ricorda la storia  |      
Autore: Stardust87    12/09/2016    14 recensioni
Fanfiction scritta per il contest "Quel semaforo rosso…" indetto dal gruppo di Facebook "Takahashi Fanfiction Italia".
*******
Un incontro può segnare in modo indelebile la nostra vita..
"I suoi vivaci occhi verdi sembravano guardarmi come se, in quel momento, io fossi l'unica persona al mondo, come se io fossi il suo mondo."
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaede, Kagome, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fanfiction scritta per il contest "Quel semaforo rosso…" indetto dal gruppo di Facebook "Takahashi Fanfiction Italia".
 



Il vecchio Rossone
 
 
Chi di noi, scavando nella propria vita, non troverebbe una storia da raccontare, un episodio, un particolare anche piccolo, che ad una prima impressione può sembrare insignificante, ma che ci ha segnato in qualche modo nel profondo?

Sono convinta che ogni persona possa scrivere un romanzo o anche un breve racconto sulle vicende accadute durante il corso della propria esistenza.

Ora, io non voglio avere la presunzione di voler attirare l'attenzione di molti di voi, ma arrivati alla veneranda età di 75 anni voglio togliermi qualche piccola soddisfazione e rubarvi qualche minuto del vostro tempo, se me lo consentite.
Molti penseranno che "veneranda" sia un termine azzardato o addirittura improprio per la suddetta età, ma io sono più che certa dell'uso che ne faccio date le troppe persone che lasciano questo mondo terreno troppo presto.

Lasciate che mi presenti: il mio nome è Kagome Higurashi, sono una simpatica vecchietta (lascio a voi il giudizio) che vive e trascorre le sue intere giornate nel piccolo appartamento che si trova in Via dei Ciliegi proprio all’incrocio con Via dei Gabbiani. La mia casetta è situata al primo piano di un vecchio palazzo bianco costruito dopo la guerra, da cui si gode una discreta vista sul mondo esterno. Passo qui la maggior parte del tempo, sprofondata sulla mia ormai usurata sedia a dondolo collocata vicino alla finestra della mia camera da letto.
I miei lunghi capelli, completamente bianchi, sono raccolti in una treccia che scende morbidamente fino a posarsi nell’incavo della mia spalla destra; il mio viso, un tempo abbastanza grazioso, è solcato da rughe profonde che testimoniano ogni emozione vissuta nel corso di questi lunghi anni.

Vivo sola in questo posto, con l'unica compagnia della mia gatta bianca Kirara. Non che io voglia lagnarmi in alcun modo, è stata una mia scelta ne sono più che consapevole, ma delle volte la mia stanca mente viaggia a ritroso, vagliando le varie opportunità che mi sembra di aver inutilmente sprecato.

L'artrite, che mi tormenta ormai da quasi dieci anni, mi impedisce di compiere quei gesti che alla maggior parte di voi sembreranno semplici o scontati, ma vi assicuro che le mie vecchie gambe non la pensano affatto in questo modo. Il dolore sordo e a volte addirittura lancinante, mi blocca dalle ginocchia in giù, costringendomi per quasi tutta la giornata su questa vecchia sedia con la fedele Kirara in grembo.

Ma non mi lamento più di tanto, in fondo da qui sopra posso osservare la gente che passeggia, che attraversa la strada, che si ferma anche solo per un saluto o qualche sbrigativa chiacchiera, proprio lì dove è posto il “vecchio rossone”.

Un sorriso mi increspa le labbra pensando a quel semaforo che, nonostante i tanti anni alle spalle, si trova ancora là, davanti al negozio di fiori del vecchio Myoga.

Il nomignolo bonario di "vecchio rossone" gli fu affibbiato dagli abitanti del quartiere a causa del suo malfunzionamento. Il rosso, infatti, dura un'eternità rispetto al verde e il giallo scatta in maniera talmente veloce da essere quasi inesistente.
Chissà se i ragazzini di oggi lo chiamano ancora così..

Un dolce ricordo mi lega a quel semaforo e il mio cuore ha un sussulto ogni volta che la mia mente vaga in quella direzione. In fondo ho comprato questo appartamento proprio perché non volevo in alcun modo separarmene. Sono passati quasi cinquant’anni da quel giorno, ma delle volte mi sembra come se fosse successo solo ieri.
 
Era una mattina di metà marzo il giorno in cui la mia vita di giovane ragazza spensierata fu segnata per sempre.
La primavera era ormai alle porte ma la temperatura al mattino presto era ancora abbastanza pungente. Rabbrividii nel mio giubbino in pelle nera stringendomi meglio il foulard verde intorno al collo, mentre mi recavo in ufficio a piedi come ogni giorno.
Avevo ventisette anni all'epoca e posso benissimo affermare di essere stata una ragazza molto piacente, socievole in varie occasioni, ma allo stesso tempo a cui piaceva anche stare per i fatti propri. Insomma non ero una suora se capite cosa voglio dire.

Quel giorno arrivai come al solito davanti all'ingresso del parco cittadino. Mi bastava attraversarlo per trovarmi davanti al portone dello studio tecnico dove lavoravo da quasi un anno. Era quello il tragitto più breve, ci avrei impiegato non più di una decina di minuti.

Sbuffai sonoramente, richiamando l'attenzione stupita dei passanti, quando mi accorsi che l’accesso al parco era chiuso per lavori di manutenzione fino a data da destinarsi. Imprecando fra me e me mi guardai intorno, in cerca di un'altra via da percorrere. Avrei fatto tardi e già mi immaginavo la pesante lavata di testa che avrei ricevuto a causa di quel dannato imprevisto.

Imboccai una via traversa all'angolo tra il parco e Via dei Desideri, affondando svogliatamente le mani nelle tasche dei jeans. Svoltai subito su Via dei Ciliegi sentendo crescere l'ansia dentro di me. Il mio capo sarebbe andato su tutte le furie.
Inaspettatamente quello che vidi mi lasciò senza fiato.
Rimasi affascinata da quel piccolo borgo in cui avevo transitato pochissime volte e per lo più quando ero solo una bambina. Gli alberi di ciliegio in fiore si stagliavano lungo tutto il viale rendendo quasi fatato quel luogo con i suoi rosei petali che aleggiavano vorticosamente nell’aria trasportati dal vento.
Il profumo del pane e dei fragranti cornetti appena sfornati riempivano pienamente le mie narici procurandomi un leggero brontolio alla bocca dello stomaco.
Dall’altro lato della strada il giornalaio era intento a sistemare i quotidiani e le varie riviste sul piccolo bancone del suo negozio. Una bancarella con vecchi libri era addossata in un angolo a ridosso del bar e i miei occhi fanciulleschi si illuminarono di gioia alla loro vista.
Accelerai il passo scorgendo in lontananza un semaforo posto all'incrocio con Via dei Gabbiani, la strada limitrofa alla mia meta. Dovevo attraversarla e continuare il giro, calcolando che avrei impiegato ancora una ventina di minuti.
Proprio a ridosso del semaforo intravidi colui a cui mi riferisco quando vi parlo di piccolo particolare che però può cambiarvi per sempre.

Un bambino era fermo sul marciapiede con in mano un mazzo di rose rosse sistemate in un cestino di paglia.
Si guardava intorno innervosito, come se cercasse o aspettasse qualcuno.
Incuriosita mi avvicinai a lui scrutandolo per bene, senza però farmi notare.

Aveva i capelli di un bel castano rossiccio e gli occhi di un verde intenso con delicate sfumature di azzurro.
Il suo abbigliamento era molto semplice: indossava una tuta di felpa color grigio piombo e delle consunte scarpe da ginnastica.

A prima vista sembrava non avere più di otto anni e mi inteneriva il pensiero che un bambino così piccolo avesse avuto la premura di fare un regalo alla sua mamma, magari per la festa di compleanno.
Mi avvicinai entusiasta, regalandogli un largo sorriso a cui lui rispose con un'occhiata alquanto sospettosa.

Ma poi la sua espressione mutò e mi fissò allegro, con gli occhi che brillavano.

<< Buongiorno signorina, le interessa comprare delle rose? Sono freschissime e molto profumate >> mi disse senza mezzi termini porgendomi il cestino contenente i bellissimi fiori.
 
Lo guardai a bocca spalancata non riuscendo a credere a ciò che avevo appena udito.
 
Quel bambino vendeva fiori? Ma sua madre era pazza? Ero talmente scandalizzata da non riuscire a trattenermi.
 
<< Lo sai che è illegale per un bambino vendere fiori in mezzo alla strada? E poi tu a quest’ora dovresti essere a scuola! Dov’è tua madre? Dovrei andare alla polizia e riferire tutto! >> affermai di getto presa da un inspiegabile nervosismo.
 
Il bambino mi guardò con gli occhi spalancati, potevo leggere il terrore nei suoi limpidi occhi chiari. Gli tremava leggermente il labbro inferiore.
Lo vidi incupirsi e guardarsi intorno allarmato, fino a spostare lo sguardo dalla parte opposta della strada.
Mi girai anch’io, e scorsi una vecchina dall'altra parte della strada, intenta a spazzare il marciapiede con una grossa ramazza di vimini. L'anziana donna mi studiava con occhi assottigliati e la bocca piegata in una smorfia.
Mi fece cenno con la mano di raggiungerla ed io mi sentii stranamente inquieta.

Cosa voleva da me? Non mi sembrava di conoscerla.
Inoltre il mio ritardo al lavoro si stava ulteriormente prolungando.

Guardai l’orologio accorgendomi che effettivamente era diventato colossale.

Mi strinsi nelle spalle acconsentendo di andare a parlare con lei. Tanto ormai minuto più, minuto meno..
 
Attesi impaziente che il semaforo diventasse verde per attraversare velocemente la strada. Dopo quella che a me sembrò un’infinità di tempo il rosso si spense e raggiunsi la bizzarra vecchina. Indossava un kimono bianco e rosso e portava i capelli grigi raccolti in un severo chignon.

La fissai senza dire una parola e lei non smise di muovere la ramazza avanti e indietro, mentre continuava a scrutarmi con una certa insolenza.
 
<< Tu non sei di queste parti >> mi disse semplicemente con voce piatta.

Non era una domanda ma una semplice constatazione.

<< No signora, abito a tre isolati da qui >> risposi sulla difensiva.

Ma perché poi avrei dovuto difendermi?

<< Si vede. Apri le orecchie e ascoltami bene: Shippo ha già chi si prende cura di lui, non impicciarti di cose che non ti riguardano >> affermò la donna con voce tagliente.

Mi sentii offesa dalle sue parole. In fondo che avevo fatto? Mi ero solo preoccupata per un bambino che mi sembrava essere sfruttato!
 
<< Signora io non voglio impicciarmi, ma il ragazzino a quest’ora dovrebbe essere a scuola e non a lavorare! Che futuro potrà avere se viene trattato in questo modo? >> esclamai sentendo le gote in fiamme.
 
<< Non è un pezzo di carta che fa l’uomo >> mi rispose con voce piatta.
 
<< Beh no, ma.. >> cercai di replicare.
 
<< Non ti devi preoccupare, Shippo riprenderà la scuola a settembre. Ha solo bisogno di un po’ di tempo per elaborare quello che gli è successo e tornare ad essere un bambino spensierato >> mi spiegò infastidita.
 
<< Perché cosa gli è accaduto? >> chiesi ancora più incuriosita.
 
<< Sua madre è morta da poco e non lui ha ancora superato lo shock. È stato affidato a sua zia ma durante il giorno lei lavora e non può tenerlo, quindi siamo noi del quartiere a vegliare su di lui. La vendita dei fiori è solo un modo per distrarlo e farlo inserire nella vita di tutti i giorni, imparando a stare con persone che non conosce. A noi non importa se vende o meno >>
 
 Annuii come un automa, sentendo le lacrime cercare una via nei miei occhi per sgorgare libere.
 
<< Da quel maledetto giorno Shippo si è chiuso in se stesso, non ha amici e temevamo che non sarebbe riuscito in nessun modo a guarire >> affermò la donna con voce infelice.
 
Mi voltai a guardarlo e lo vidi fissarmi spaventato. Gli sorrisi cercando di scusarmi con lo sguardo per il mio comportamento di poco prima.
 
Salutai e ringraziai la donna e decisi di tornare da Shippo.
 
<< Mi dispiace per prima.. io sono Kagome  >> gli dissi con voce più dolce possibile.
 
<< Non fa niente. Io sono Shippo >> mi disse il bambino porgendomi la mano che io prontamente afferrai << E quella signora con cui hai parlato è Kaede, una specie di nonna per me.. >> mi rivelò distogliendo subito lo sguardo.
 
I suoi occhi erano molto tristi.
 
<< Tieni  >> mi disse improvvisamente tornando a guardarmi e porgendomi una rosa << Questa te la regalo >>
 
Quel dolcissimo gesto mi fece arrossire e rimasi a fissarlo inebetita, pensando che era davvero un bravo bambino e sorprendendo anche me stessa per quei pensieri, devo ammetterlo.
 
<< Ti piacerebbe essere mia amica? >> mi chiese timidamente guardandomi di sottecchi.
 
Gli arruffai i capelli, spinta da emozioni per me sconosciute << Certo, ne sarei lusingata! >>
 
<< Davvero? Allora tornerai a trovarmi? >> esclamò Shippo elettrizzato.
 
<< Anche tutti i giorni. Devo fare questa strada per andare a lavorare e quindi posso passare a salutarti ogni mattina e ogni sera >> gli assicurai con un sorriso.
 
<< Che bello! Allora ti aspetterò ogni giorno proprio qui, sotto il “vecchio rossone” >> mi disse indicando il semaforo.
 
Scoppiai a ridere sentendo quel buffo nome.
 
<< Perfetto. A stasera allora! >> gli dissi allegramente, facendogli  un cenno di saluto con la mano.
 
Mi incamminai veloce verso l’ufficio, ormai con più di un’ora di ritardo, rigirandomi quella rosa tra le mani e ripensando al mio strano comportamento.
 
Da quando mi piacevano i bambini?

Ero sempre stata una persona che se incontrava un bel bambino per strada a malapena gli sorrideva, ma che se incrociava un cane o un gatto gli correva incontro gridando come una pazza:

“Amore come sei bello!”

Quindi ora cosa mi stava succedendo?

Quel bambino sembrava diverso, aveva qualcosa negli occhi e nei gesti che riusciva a scuotermi il cuore.
Non che io mi considerassi una persona insensibile, ma era piuttosto raro che qualcuno riuscisse a colpirmi in qualche modo, agli umani avevo sempre preferito i pelosetti a quattro zampe.

Eppure era proprio così.
Shippo era speciale. Il suo dolce sorriso, nonostante tutte le sofferenze patite, era così vero. I suoi vivaci occhi verdi sembravano guardarmi come se, in quel momento, io fossi l'unica persona al mondo, come se io fossi il suo mondo.

E come promesso mantenne la parola.
Tutti i giorni, al mattino e al pomeriggio, Shippo mi aspettava pazientemente sotto al semaforo anche solo per un saluto. La nostra amicizia nel tempo era cresciuta e io mi ero affezionata tantissimo a lui. 
 
 << Kagome >> mi disse un pomeriggio di ritorno dal mio lavoro, mentre eravamo seduti su una panchina a mangiare un cono gelato.

Io lo guardai stupendomi della sua serietà.

<< Promettimi che mi aspetterai. Io fra dieci anni non sarò più un bambino, ma un vero uomo, troverò un lavoro e ti sposerò! >> affermò con gli occhi brillanti di determinazione.

Mi sfuggì un risolino divertito che non passò inosservato alle sue orecchie.

<< Non ridere, sono serio! >> obiettò infastidito.

<< Certo, lo so, ne sono lusingata ometto >>  dissi trattenendo un sorriso.

<< Non sono un ometto! >> protestò lui vibratamente.

<< Va bene non scaldarti. Mangia il gelato che si scioglie! >> gli dissi prendendo un fazzoletto dalla borsa e pulendogli gli angoli della bocca.

Dopo qualche minuto di silenzio, in cui io finii il mio gelato, si girò verso di e me e mi parlò di nuovo.
 
<< Ti ho fatto un disegno, sai io adoro disegnare.. >> mi disse timidamente << Ma non ho i colori per ultimarlo.. >> ammise guardandosi imbarazzato le scarpe.

Mi faceva una tenerezza incredibile.
 
<< Te li regalo io se vuoi >> gli dissi accarezzandogli una guancia con il dorso della mano.

<< Dici sul serio? Grazie! >> esclamò euforico scattando in piedi.

Annuii, bastava così poco per renderlo felice << Domani te ne porto una confezione >>

Mi sorrise felice, continuando a leccare il suo cono gelato e a girare su se stesso come una trottola, con la sua risata fresca e cristallina.

La mattina dopo passai in cartoleria a comprare una scatola di pastelli e una di colori a cera.
Non stavo nella pelle al pensiero di darglieli e vedere la gioia infiammare il suo bel viso e le sue candide gote.
Ma non riuscii ad andare da Shippo quel giorno, né quello seguente. Il troppo lavoro arretrato e le numerose minacce di licenziamento da parte del mio capo me lo impedirono.
Avevano anche riaperto il parco cittadino e decisi, con molta sofferenza, di percorrere quella strada per andare a lavorare, in modo da impiegare meno tempo possibile.

Dovetti attendere il venerdì mattina per poter di nuovo percorrere Via dei Ciliegi.
Era comunque tardi, ma volevo consegnare quei colori a Shippo a tutti i costi, imponendomi di impiegarci solo qualche minuto.
Mi diressi a passo spedito verso il nostro solito posto, ma mi sorprese non trovarlo ad aspettarmi.
Accelerai un poco l'andatura e quando arrivai sotto al “vecchio rossone” lui stranamente non c'era.

Mille pensieri affollarono d’improvviso la mia mente e mi guardai intorno visibilmente agitata.
Quando però l’occhio mi cadde sui dei piccoli fiori adagiati alla base del semaforo, l’agitazione divenne terrore.
Delle margherite bianche erano sistemate ai piedi del “vecchio rossone”, fiori che non avevo mai visto, che non erano mai stati lì.
 
Cosa significavano?
 
Calde lacrime iniziarono a scendere inspiegabilmente sulle mie guancie e sussultai sentendo una mano posarsi delicatamente sulla mia spalla.
 
Mi girai sconvolta con gli occhi annebbiati dalle lacrime.
 
<< K-kaede.. >> balbettai incrociando il suo sguardo << S-shippo.. >>
 
L’anziana donna annuì. Aveva gli occhi gonfi e la voce tremolante.
 
<< U-una macchina non si è fermata al s-semaforo rosso..Shippo attraversava la strada ed è stato t-travolto.. >>
 
La osservai sconcertata, incapace di comprendere appieno le sue parole.

Spostai lo sguardo inorridito sull’asfalto che si estendeva tra un marciapiede e l’altro, fissando le tracce lasciate dalle gomme dell’auto durante la brusca frenata.
 
Mi lasciai cadere in ginocchio, le gambe vacillarono incapaci di sorreggermi.
 
Mi rialzai dopo un lungo tempo, farfugliando parole incomprensibili.
Kaede mi abbracciò forte, per qualche istante, stupendomi per quella insolita manifestazione di conforto.
 
<< Questo è per te >> mi disse improvvisamente con voce atona porgendomi un foglio.
 
Lo afferrai con la mano tremante, cercando a fatica di metterlo a fuoco.
 
<< Shippo l’ha fatto per te. Avrebbe voluto dartelo lui, ma.. >> sussurrò con voce incrinata,  lasciando la frase in sospeso.  
 
Sul foglio Shippo aveva scritto il mio nome e sotto c’era un disegno che raffigurava noi due fermi sotto al semaforo. La scena che si ripeteva ogni giorno da ormai due mesi.

Il disegno era in bianco e nero, era proprio quello che lui avrebbe voluto regalarmi una volta ultimato.  
Aspettava solo che io gli portassi i colori promessi.
 
Piansi non so per quanto tempo sotto al “vecchio rossone”, piansi tutte le lacrime che avevo stringendomi al cuore quel dolce pensiero che Shippo aveva avuto per me.
 
Ora potrei dare la colpa al guidatore che non si è fermato, al semaforo che non ha funzionato correttamente, a un Dio ingiusto o a un fato crudele.

Ma non credo che servirebbe a nulla.

Shippo se n’è andato troppo presto è questa l’unica verità.
 
Vi starete chiedendo il motivo per cui ho voluto raccontarvi questa storia.

Non so dirvelo con precisione. Forse perché al mondo ci sono tante persone buone e speciali che non tutti hanno l’occasione di conoscere, che sia per sfortuna o mero caso, o perché in realtà non si dà a tutti la possibilità di esprimersi, ma semplicemente si passa oltre e basta.

Io quel giorno ho deciso di fermarmi a quel semaforo e parlare con quel bambino, scoprendo così l’esistenza di una persona speciale.

Mi si è presentata un’opportunità e penso di averla pienamente colta.
È vero, ho avuto poco tempo per conoscerlo ma il suo incontro mi ha segnato profondamente.
 
Delle volte, mentre osservo il mondo dalla finestra, vedo dei bambini che corrono e che scherzano, ridono e si rincorrono intorno al “vecchio rossone” e mi sembra di udire la sua fresca e contagiosa risata come se anche lui fosse lì tra loro.

In quei momenti lascio che i ricordi prendano il sopravvento e mi fermo ad osservare quel disegno che Shippo ha realizzato per me con tanto amore e che da quasi cinquant’anni è appeso accuratamente sopra il mio comodino, in bianco e nero come lui l’ha lasciato.
Allora, spinta da qualcosa che non vi riesco a spiegare con delle semplici parole, apro la finestra e mi lascio travolgere dal vento di primavera e da una dolce ed effimera nostalgia.

 
 
 
 




Angolo Autrice

Vi ringrazio tantissimo per aver letto questa one shot
Se vi va mi farebbe molto piacere conoscere la vostra opinione
Un bacio, Monica
  
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Stardust87