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Autore: superpoltix    12/09/2016    0 recensioni
Andrea Libero sogna di fare la scrittrice. Anche Federico Allegri lo sogna. E cosa c'è di meglio di superare un blocco dello scrittore insieme?
"-Ehi Fede! Guarda qui!- chiamai, tirando il mio amico per un braccio.
Lui scattò su come una molla e guardò il computer. -Uh? Cos'è?- strizzò gli occhi per leggere meglio. Quella testa di carciofo non si era di nuovo messa gli occhiali.
-”Vuoi scrivere un libro ma non hai ispirazione? Clicca qui per scoprire come vincere il blocco dello scrittore!”- lessi. Poi guardai Federico. -Secondo te è un virus?-
Non rispose subito. -Ce l'hai un antivirus?-
-Sì.-
-E allora clicca.-
[...]
-Ora qualcuno mi spiega cosa sta succedendo.-
-Non lo so...- si guardò intorno sconcertato. Poi mi si avvicinò e mi sfiorò il braccio con la mano. -Dì, sei sicura che non fosse un virus?-"
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Federico fissò l’esorbitante quantità di cibo in scatola ordinatamente impilato di fianco ai muri del bunker. Era come se ci fosse un doppio strato di pareti costituito da lattine che arrivavano fino al soffitto, ciascuna delle quali era così ben impilata e incastrata tra le altre da non riuscire nemmeno a far capire come fosse possibile estrarne una senza far crollare tutto. Il pavimento era in legno vecchio e ammuffito; ovunque alleggiava un pungente odore di chiuso. L’unica luce presente era data da due lampade a neon attaccate al soffitto, inspiegabilmente accese nonostante i due ragazzi non avessero premuto alcun interruttore. Federico superò Danilo, che era fermo a fissare privo di espressione una pila di scatole di sardine. La stanza in cui erano proseguiva in un corridoio intricato e pieno di curve a destra e sinistra, costantemente invaso dalla presenza di barattoli attaccati alle pareti. Mentre continuava nella sua esplorazione, Federico si tolse i guanti inzuppati di neve e se li ficcò in tasca, per poi soffiare sulle sue dita congelate per riscaldarle. La temperatura all’interno del bunker era umida, ma sul tiepido-caldo, una vera manna dopo essere stati al freddo e in mezzo alla neve per tutto quel tempo.
Girò di nuovo all’angolo, guardandosi intorno e vide una porta chiusa. In punto imprecisato alle sue spalle sentì un grido soffocato di Danilo e mille lattine che cadevano per terra. Con un sorriso sulle labbra e  spinto dalla sua solita insana curiosità, aprì la porta ed entrò. Al centro si trovava una scrivania con sopra un computer, precisamente uno di modello Commodore 64, ma nessuna sedia. Accanto alla tastiera c’era lo “scheletro” di una penna, priva di tappo e di cartuccia interna e perciò inutile per scrivere.
-Trovato qualcosa?- domandò Danilo, sbucando all’improvviso sull’ingresso.
Federico impugnò la penna vuota e si voltò. -Soltanto un’inutile scatola… E questa.-
-Una penna?- azzardò a domandare l’altro.
-Sì, ma senza l’affare dentro per scrivere- rispose Federico, avvicinandosi in modo molto sospetto all’amico.
-E… Allora a cosa serve?-
Si avvicinò ancora di più, con un sorriso malvagio. –Vogliamo scoprirlo?- gli chiese in tono che suonava maliziosamente preoccupante.
Le orecchie di Danilo andarono a fuoco.  –Simpatico- borbottò tra sé e sé, dandogli uno spintone imbarazzato e dirigendosi verso in computer, badando bene a non guardarlo negli occhi. Una volta arrivato davanti alla scrivania, restò qualche secondo a fissare lo schermo impolverato e privo di vita. Un po’ timoroso, allungò la mano sulla tastiera, cercando il più possibile di ignorare i movimenti loschi di Federico alle sue spalle. Premette un pulsante sulla destra, che tra tutti, era quello che più gli ispirava fiducia come tasto di accensione. Dopo qualche istante, il computer iniziò a ronzare.
-Oh.- mormorò il ragazzo, tirandosi indietro sorpreso. –Non ci avrei mai sperato.-
Federico si sporse oltre la sua spalla, per sbirciare. –Non ci credo!- esclamò, vedendo comparire alcune scritte verdi sullo schermo. –Quest’affare funziona!- con un repentino movimento contorto, passò sotto il braccio di Danilo e prese possesso del C 64. –Ti immagini se riuscissimo ad entrare dentro anche a questo computer? Saremmo in un computer... dentro un altro computer!- fissò il vuoto, intento a contemplare la sua idea. –Sarebbe tipo Inception, ma tecnologico.-
-Cos’è Inception?-
Fede distolse lo sguardo sul suo sogno ad occhi aperti e lo puntò sull’amico. –Seriamente, in che genere di sgabuzzino sei stato rinchiuso per tutto questo tempo?-
L’altro non rispose, ma assunse una buffa espressione offesa e lo guardò male.
-Vabbeh, vediamo di far funzionare questo baracchino…- Federico scrutò attentamente le scritte, poi la tastiera, cercando di capire cosa dovesse fare.
-Credo sia inserito un disco- rifletté Danilo –anche se di solito non si avvia da solo. Prova a premere “RUN”.-
Federico abbassò gli occhi sulla tastiera, cercando il tasto.
-A sinistra, sotto Control.- lo aiutò l’amico.
Il ragazzo lo premette con nonchalance. –Lo sapevo, era solo per vedere se eri attento.-
L’altro non rispose, ma alzò gli occhi al cielo.
Altre scritte in verde erano comparse, ma essendo in inglese e in un carattere diverso rispetto a quello a cui era abituato, Federico non riuscì a capire cosa dicessero. Al contrario, Danilo sembrava cavarsela abbastanza bene. Dopo qualche momento di riflessione, schiacciò diversi tasti, uno dietro l’altro come una piccola cascata e premette di nuovo “RUN”. Lo schermo divenno nero improvvisamente.
-Ecco.- borbottò Federico –l’hai rotto. Bravo.-
-Aspetta- rispose tranquillo l’altro, senza scomporsi. –Questi affari ci mettono sempre un po’ a caricare... visto?-
Sulla schermata erano comparse diverse linee, a formare un complesso disegno geometrico. In alto a destra, un quadratino verde lampeggiava.
Fede strizzò gli occhi, cercando di aguzzare la vista il più possibile. –Che roba è?-
-Una mappa.- gli occhi del ragazzo brillavano. -È una mappa di questo posto!- indicò il punitno luminoso. –Vedi? Noi siamo qui. Questa  la botola da cui siamo entrati e questo tutto il bunker.- fece un cerchio intorno alla zona descritta.
Federico lo seguiva con estrema attenzione. –Quindi se quelle linee delimitano il bunker... tutte quelle altre... sono altri nascondigli come questo?-
Danilo annuì e  fece scorrere la mappa in varie direzioni, rivelando molte più costruzioni di quanto avessro mai potuto immaginare.
-C’ è un intero mondo qui...- mormorò sbalordito Danilo.
Federico si fece più vicino allo schermo. –Se ci sono delle costruzioni, vuol dire che qualcuno le ha fatte. E quindi, che ci sono altre persone.-
I due ragazzi si scambiarono un lungo sguardo, in silenzio.
-Dobbiamo andare lì. Dobbiamo trovarle.- sentenziò infine Danilo. Il suo tono di voce sembrava stranamente sicuro.
Federico ci rifletté un po’. –Non ne sono sicuro. E se invece queste città fosse frutto della mostra immaginazione? E se fossero piene di mostri o roba simile?-
-Forse... ma se non ci andiamo non lo sapremo mai, giusto?- ribatté gentilmente, con un leggero sorriso.
L’amico corrugò le sopracciglia e fece un mezzo sorriso sarcastico. –Da quando tu sei quello coraggioso e intraprendente e io quello fifone e prudente?-
L’altro abbassò lo sguardo e le guance gli si colorarono appena. –Scusa...-
Fede gli batté una pacca sulla schiena. –Eccolo qui il caro e vecchio Danilo che conosco! Allora, sei davvero sicuro di quello che stai proponendo? Voglio dire... non è che per caso puoi cercare il posto l’Autogrill in cui ci siamo incontrati e capire come tornare nel deserto?-
Danilo lo fissò dritto negli occhi. –Lo so che vuoi cercare la tua amica. Ma... una volta che sei entrato in uno di quei cosi, non c’ è modo di tornare indietro.- La frase gli si incrinò nella gola. –Fidati. Ci ho già provato.-
Federico restò qualche secondo in silenzio, aspettando un chiarimento sull’ultima frase che però non arrivò. L’amico cambiò discorso, premendo di nuovo l’indice contro lo schermo del computer. –Questa sembra essere la città più vicina a noi. Dobbiamo solamente andare verso nord.-
-Bene. Fantastico. Meraviglioso.- commentò Fede –ma come cavolo facciamo a sapere dov’ è il nord? Non so te, ma io non sono messo molto bene come senso dell’orientamento.- borbottò ancora. In effetti era vero. Probabilmente l’unico che lo potrebbe battere in quanto a “non so dove mi trovo anche se ho google maps davanti al naso” è Ryoga, dell’anime Ranma ½. Ma non ne sono neanche fin troppo sicura.
-Nemmeno io sono messo troppo bene- ammise lui. Ma dovremmo farcene una ragione. Magari con il sole riusciamo a capire da che parte è...- azzardò. -È solo a due giorni di cammino. Due giorni...- il suo tono di voce suonava così speranzoso che Fede non ebbe cuorer di scoraggiarlo ancora.
-Massì dai... in qualche modo ci riusciremo, no? Due giorni di cammino... che vuoi che siano!- esclamò, cercando di sembrare il più fiducioso possibile e accidentalmente scontrando con una mano la scrivania e facendo cadere la penna a terra.
-Upsi- ridacchiò, raccogliendola –e magari vediamo di trovare un cestino in cui buttare quest’affare- aggiunse poggiando rumorosamente la penna di fianco alla scrivania.
-Chissà perché l’hanno lasciata lì..- rifletté Danilo ad alta voce.
-E io che ne...- Federico tolse la mano da essa, che con molta nonchalance, ruotò su se stessa. Ci fu un lungo attimo di silenzio. Fede riportò la penna nella posizione in cui l’aveva posata, ma lei ruotò ancora.
-Dimmi che l’hai legata a un filo e la stai spostando di nascosto.-
-Stavo per dirti la stessa cosa.-
I due ragazzi si fissarono, senza capire cosa stesse succedendo. Poi Fede prese la penna e la lanciò in aria per poi vederla cadere sul pavimento e assumere la stessa posizione delle volte precedenti.
-Mh.- commentò Fede.
-“Mh” davvero- ribadì Danilo, interdetto quanto l’altro ragazzo. Alzò lo sguardo sullo schermo, poi lo riportò sulla penna. Qualcosa sembrò illuminarsi nei suoi occhi. Con un piede, diede un leggero calcetto alla biro, in modo da farle cambiare posizione, ma quella si rimise ostinatamente al suo posto.
-Federico- chiamò, con un sorriso sempre più grande sulle labbra.
-È così che mi chiamo.- rispose lui, monotono.
-credo di aver capito a cosa serve la penna.-
-Anch’io ho qualche idea in effetti…- commentò, riprendendo il tono malizioso di poco prima.
-È una bussola! Guarda, punta sempre verso nord!- esclamò indicando la posizione dei punti cardinali presente sullo schermo.
-Oh.- Fede sbatté le palpebre. –La mia idea era un po’ diversa ma… anche questa va bene.- 
Danilo gli diede una gomitata. Poi si alzò dalla sedia, raccolse la penna  e spense il computer.
-Abbiamo finito qui. Andiamo.- e si avviò verso la porta della stanza.
Federico lo fissò senza capire. –Ehi, ehi, frena amico. Come sarebbe a dire “abbiamo finito”?-
Il biondo restò a fissarlo per un paio di secondi, poi con una leggera spinta lo spostò di lato e lo superò, avviandosi verso l’uscita.
-Danilo!- lo chiamò Fede, esterrefatto dal suo comportamento così insolito. L’altro esitò sull’uscio, ma poi continuò ad avanzare. –Ehi, amico! Che ti prende?- Federico accennò una corsa e lo afferrò per una spalla e lo spinse contro una parete ricolma di sottaceti, costringendolo a fermarsi. Gli occhi scuri del mio amico incontrarono quelli chiari e sfuggenti del suo nuovo compare. –Che stai facendo?- gli chiese di nuovo.
Lui abbassò lo sguardo. –Sono stato in questo posto da solo per… un po’.- la sua voce era come un filo di ragnatela che ondeggiava nel vento. –Poi sei arrivato tu. E ora scopriamo di altre persone. Non voglio più essere da solo.- Nonostante fosse più alto di Federico, mentre parlava Danilo si era rannicchiato così tanto da doverlo guardare dal basso verso l’alto. –Lo so che vuoi trovare la tua amica- riprese, ormai sull’orlo di scoppiare in lacrime –ma… non sei… non sei l’unico a… voler trovare… qualcuno.- singhiozzò.
Federico ascoltava attentamente, in silenzio. Un’ipotesi iniziava a formarsi nel suo cervellino mononeuronale. –Hai perso qualcuno?- gli chiese, un po’ troppo più duramente di quanto avesse voluto. L’altro non rispose. Una lacrima gli zampillò da un occhio, creando un solco luccicante sulla sua guancia.
-Chi stai cercando?- domandò ancora Fede, più gentilmente.
Danilo alzò lo sguardo da terra e lo guardò negli occhi. Improvvisamente si accorse di star piangendo e si passò una mano sulla guancia. Con un colpo di spalla di liberò della presa dell’altro ragazzo e di nuovo si avviò verso l’uscita del bunker senza rispondere. Il castano, stranamente, lo lasciò senza insistere. Per lo meno ora aveva un indizio in più sul passato del suo nuovo compagno di avventure: come lui aveva perso qualcuno e dopo chissà quanto tempo di solitudine, paura e disperazione, aveva di nuovo una piccola scintilla di speranza nel poterlo (o poterla) ritrovare. Inoltre, era terribilmente difficile cercare di estorcergli qualcosa se decideva di non voler parlare, perciò il modo migliore di indagare sarebbe stato quello di fare finta di niente e solo ogni tanto fare qualche domandina al momento giusto.
Federico raggiunse Danilo all’ingresso del bunker, e lo trovò mentre armeggiava con le chiusure di uno zaino da trekking grigio e viola nuovo di zecca, stracolmo di roba. Di fianco ad esso, uno zaino simile ma dalle sfumature verdastre sembrava attenderlo.
-E quelli?- fece Fede, accennando agli zaini.
-Li ho trovati prima, mentre tu eri già più avanti. Li ho riempiti con cibo in scatola, alcuni vestiti puliti e acqua. Oh, spero ti piacciano le acciughe.-
Federico detestava le acciughe. –Ehm... certo.- rispose, anche se non molto convinto.
-Ho trovato anche delle barrette energetiche e un po’ di cioccolata. Tieni.-
Federico afferrò al volo una pezzo di cioccolato che l’altro gli aveva appena lanciato. –Ehi, grazie- disse, addentandolo e gustandosi il dolce sapore.
-Figurati.- Danilo si mise sulle spalle lo zaino e l’amico lo imitò. –Adesso,- incominciò –sei pronto ad uscire? Probabilmente non saremo più tra la neve, quindi dobbiamo aspettarci di tutto. Dimmi tu quando.- e tirò giù dal soffitto una scaletta pieghevole che portava fino alla botola.
Federico gli lanciò uno sguardo spavaldo e con un saltello si inerpicò su per la scala e con molta fatica, aprì la botola. Subito una piacevole brezza gli scompigliò i capelli e una luce aranciata gli riempì gli occhi, costringendolo a socchiuderli. Come mise le mani sul terreno per tirarsi su, si accorse di stare toccando qualcosa di molle e bagnato. Sbatté più volte le palpebre e osservò la magnifica spiaggia in cui erano sbucati. Un’onda gli sfiorò le dita, ricordandogli cosa stava facendo. Dopo che fu uscito completamente, si volto verso il bunker, dando una mano a Danilo per salire.
-Spero che tu non abbia anche paura del mare- scherzò.
Il biondo si guardò intorno, meravigliato.
Il sole stava lentamente tramontando al di là del mare, colorando il cielo e l’acqua di mille sfumature sgargianti. Le narici dei ragazzi erano piene dell’odore di sale e di sole e i loro occhi erano abbagliati da quel magnifico spettacolo.
-È bellissimo- mormorò Danilo.
-Spero solo che non spunti un mostro orribile assetato di sangue a rovinare tutto.- commentò sarcastico Federico.
 
  
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