Chapter one
“Rest of memories”
Afferrò
il telecomando della TV,
senza un particolare interesse. Ormai il suo programma preferito era
già finito
da un pezzo, considerato che erano già le dieci e mezzo di
sera. Una volta
stabilito che in quella scatoletta metallica con schermo piatto non
c’era
proprio nulla che valesse la pena guardare, schiacciò il
tasto rosso per
spegnerla.
Sdraiata
sul suo letto, cominciò a fissare il soffitto, passando poi
alla scrivania,
dove stavano in bella mostra una serie di foto incorniciate. I soggetti
immortalati nell’immagine erano principalmente lei e sua
sorella gemella Kate,
anche se qua e là comparivano tanti altri volti a lei ben
noti: Rick, Andy,
Mischa, Mag, Janet
e…si, pure lui. Michael.
Nella foto
che ritraeva il ragazzo compariva anche lei. I stupì, nel
rivedersi tutta
allegra e sorridente, accanto a quello che un tempo era il suo ragazzo.
Sapeva
bene che tenere quella foto a portata di sguardo era un vero e proprio
suicidio, ma insisteva col credere che prima o poi si sarebbe arresa al
fatto
che tra loro due non c’era più nulla. Insomma,
pure lui era andato avanti: ne
era una prova il fatto che in quel periodo stesse proprio con la sua
amica
Janet.
Vederli
tutti giorni insieme era decisamente frustrante, considerato che lei
provava
ancora qualcosa per lui, ma, ancora una volta, pensava che
l’unica soluzione
possibile sarebbe stata abituarsi all’idea.
Kate, che
non perdeva occasione di farsi i fatti suoi, le aveva più
volte ripetuto che
era inutile illudersi: lei non ci avrebbe mai fatto
l’abitudine. Sentendosi in
dovere di aiutarla, a sua gemella le aveva vivamente consigliato di
evitare di
frequentare ancora sia Michael che Janet, assicurandole che la avrebbe
sicuramente trovato amicizie più “sane”,
ma lei aveva rifiutato, dicendo che un
comportamento del genere era semplicemente infantile.
Pensando a
ciò che Kate le ripeteva in continuazione, si
guardò intorno: dove diavolo era
finita sua sorella?!
Sospirò,
pensando che probabilmente era rimasta in giro con Andy, il suo attuale
ragazzo, e che si era accidentalmente
scordata di avvisarla del non-rientro.
Si alzò
dal letto, con l’intento di dirigersi in cucina per fare uno
spuntino, quando
il cellulare squillò facendola sobbalzare.
Allungò una mano per raggiungere
l’aggeggio – che tra l’altro detestava
– e premette il tastino
verde.
<<
Pronto? >> disse portando il telefonino
all’orecchio.
Dall’altra
parte, un sottofondo chiassoso riempì per un attimo il
silenzio del suo
interlocutore.
<<
Parlo con Grace Barcley? >> fece una voce scura
dall’altra parte.
<<
Si. >> disse titubante, sorpresa della
formalità con cui le era stata
posta la domanda. << Perché? >>
<< Sono
della polizia. Potrebbe gentilmente recarsi al commissariato? Ora,
intendo.
>>
Deglutì a
fatica, mentre una strana morsa le stringeva lo stomaco.
<< Che cosa è
successo? Che cosa ho fatto? >>
<<
C’è…un problema. È una cosa
un po’ delicata. >>
<<
Delicata quanto?! Gentilmente, mi può dire qual è
il problema?! >>
Vi fu una
breve pausa di silenzio, che a Grace sembrò durare anni.
L’uomo
fece un gran respiro. << Sua
sorella…è stata trovata. Morta. >>
Cadde di
peso sul letto.
Ecco la
risposta alla sua domanda.
<<
Mandiamo una pattuglia a prenderla, se vuole. Tra dieci minuti saranno
da lei.
>>
<< …Okay.
>>
Era in quella
stanza da almeno
mezz’ora. Continuava a fissare quel corpo bianco - a tratti
coperti di rosso – che
stava immobile davanti a
lei, steso sul lettino di metallo, freddo almeno quanto il cadavere. Lo
fissava
in silenzio, come se stesse aspettando che fosse quello a fare la prima
mossa,
il primo passo verso qualcosa.
<<
Perdoni la domanda, mi rendo conto che non è il momento, ma
non possiamo
attendere oltre. È sicura che…>>
<<
Si. È lei. >> lo interruppe Grace, senza
nemmeno spostare un poco lo
sguardo.
Certo che
era lei. Certo che era sua sorella. Non poteva essere altrimenti. Quel
neo sul
collo nel lato sinistro, la piccola cicatrice quasi invisibile sul
gomito
destro…
<<
Ehm…Okay, grazie. Siamo davvero dispiaciuti, signorina.
Faremo il possibile per
scoprire cosa è successo. Appena se la sente il commissario
la vorrebbe
incontrare nel suo ufficio. >>
<<
Bene. >> rispose vacua.
Mentre il
poliziotto usciva dalla stanza, Andy fece il suo ingresso sbattendo
rumorosamente i pedi sul pavimento e singhiozzando come un disperato.
Grace non
si voltò. Capì dai lamenti che si trattava di
lui, del ragazzo della defunta
Kate. Solo lui poteva piangere ed essere triste in un modo
così rumoroso.
Il ragazzo
si avvicinò a lei, cercando di ricomporsi asciugandosi le
lacrime. Rimase in
piedi davanti al lettino, osservando il corpo di Kate insieme alla
sorella e
sfregandosi le mani con fare nervoso. Continuò a fissare,
poi allungò una mano
nel tentativo di sfiorarle il viso con la punta delle dita.
<<
Non. La. Toccare. >> lo aggredì la ragazza,
lanciando uno sguardo bieco
verso di lui.
Andy
sussultò spaventato e ritrasse subito la mano. Si
voltò per guardarla, ma lei,
ancora una volta, non aveva mosso lo sguardo dalla gemella.
<<
Scusa. >> sussurrò, facendo un passo indietro
per vederla meglio.
Notò solo
in quel momento che sul volto non aveva alcuna espressione: gli occhi,
solitamente vispi e brillanti come quelli di Kate, erano in quel
momento vuoti,
spenti e immobili, mentre le labbra, pallide quasi quanto le guance,
disegnavano una perfetta linea retta. Seduta su uno sgabello dondolava
il busto
avanti e indietro, facendo ondeggiare ritmicamente i capelli biondo
cenere che
ricadevano scomposti sul viso sottile e sulle spalle minute.
<<
Grace, io…>>
<<
Dispiace anche a me. >> lo precedette lei, senza batter
ciglio.
<<
Si. Stai…voglio dire, tutto bene?! Lo so che è
una domanda stupida,
però…>>
<<
Però è stupida lo stesso. >> lo
zittì secca.
Andy
abbassò lo sguardo, pensando che forse non era il momento
buono.
Poi tornò
a guardarla, notando poi le mani appoggiate sulle ginocchia. Qualcosa
non
andava, le osservò meglio: le dita erano incrociate, come in
segno
di…speranza?!
<<
Grace…>>
<<
Andy, chiudi quella bocca. >>
<<
Grace, Kate è morta, morta per sempre. >>
disse tutto d’un fiato, trattenendo
un’altra crisi di pianto.
Lei si
fermò per un istante, smettendo di dondolare e sbattendo le
palpebre più volte.
Portò lo sguardo verso le mani, osservando attentamente come
i nodi delle dita
si scioglievano davanti a lei.
<<
Kate… >> sussurrò.
<< Mi
dispiace. >>
Sembrava la
giornata perfetta per
far sapere al mondo che Kate Barcley era morta. Bèh, non
semplicemente morta,
più che altro era stata brutalmente uccisa con due colpi di
pistola,
rispettivamente alla tempia e al cuore. Due colpi precisi, quasi
fossero stati
accuratamente calcolati. Comunque fosse restava il fatto che ora Kate
non c’era
più, e che già alle prime luci
dell’alba aveva cominciato a scendere giù una
pioggerellina primaverile, che presto sarebbe diventata un acquazzone.
<<
Grace, io voglio aiutarti. >> disse il commissario di
polizia, facendo
avanti e indietro davanti alla scrivania.
Dall’alto
della sua statura, fissava la ragazza con piccoli occhi nocciola,
oscurati
dalle sopracciglia corrucciate. Probabilmente quello era il suo primo
caso
“serio”, visto il modo in cui faticava a
mantenere la calma.
<<
Tu hai detto che dalle otto e mezzo di sera fino alla nostra chiamata
sei stata
a casa tua, giusto?! >> disse piantando un palmo della
mano sulla
scrivania e riavviandosi, con l’altra mano, i capelli castano
chiaro.
Grace
annuì con la testa.
<<
Bene, e hai detto che l’ultima volta l’hai vista
alle sei e venti, quando ti ha
detto che stava uscendo con Andy, il suo ragazzo. Da allora non
l’hai più vista
o sentita, dico bene? >>
<< Si.
>> fece lei laconica.
Il
commissario sospirò frustrato, portandosi una mano sulla
fronte.
<<
Senta, signor…>>
<<
Chiamami James, avrò si e no otto anni in più di
te.>>
<<
Okay…James. Io non so chi l’abbia…chi
le possa aver fatto questo. Davvero, non
ne ho idea. Non riesco a pensare a nessuno, davvero! >>
disse sull’orlo
di una crisi d nervi.
<<
Okay Grace, okay. Calma. Allora, ora ti faccio l’elenco degli
oggetti che
aveva. Se ti accorgi che qualcosa non va, me lo dici subito. Okay?
>>
Lei annuì,
mentre massaggiava le tempie con le dita.
L’uomo
afferrò un foglio e si schiarì la voce.
<< Allora: una collana con un
ciondolo a forma di cuore; un paio di orecchini viola; un lettore mp3;
un
portafogli con dentro qualche moneta, una carta bancomat, un documento
di
riconoscimento e una foto; un foglietto con un numero di telefono e un
pacchetto di chewing gum. >>
Grace
rimase un attimo a fissare il vuoto, ripetendo mentalmente
l’elenco. Il
ciondolo era decisamente apposto: era una regalo di Andy, non se ne
sarebbe mai
separata. Anche gli orecchini erano okay: erano quelli che avevano
comprato
insieme un mesetto prima, una viola e l’altra celesti. Il
lettore mp3 non
poteva certo mancarle, in qualsiasi circostanza. Il portafogli quasi
vuoto era
decisamente nella norma: per Kate usare soldi in contanti non era
comodo,
preferiva il bancomat, e la foto doveva sicuramente essere quella che
si erano
fatte insieme l’estate scorsa al mare. E anche i chewing gum
le erano
indispensabili, come il lettore mp3. Rimaneva un punto interrogativo
sul numero
di telefono, ma per il resto sembrava tutto apposto, si trattava di
oggetti
assolutamente essenziali, come il cellulare. Già, il
cellulare, che stranamente
mancava all’appello.
<<
Il cellulare. Manca il cellulare! Non può non esserci, non
poteva farne a meno!
>> disse illuminandosi.
Il
commissario parve rilassarsi, avendo finalmente trovato un qualcosa di
rilevante.
<<
Sei certa che non l’abbia lasciato a casa? >>
<<
Certo. Per lei è…era…>>
si corresse subito, perdendo anche quel briciolo
di allegria di poco prima << Era come uscire di casa
senza scarpe, lo
diceva sempre. Non se lo sarebbe mai dimenticato. E poi stava
aspettando la
chiamata di Andy mentre usciva di casa. >>
<< E
l’ha chiamata? >>
<<
Non so. Se ne è andata prima che la
chiamasse…>> disse triste.
Abbassò lo
sguardo abbattuta, pensando a quella che era stata la loro ultima
conversazione. “ Io vado con Andy, tornerò per
cena credo ” aveva urlato dalla
cucina del loro appartamento. Grace si era catapultata nel corridoio
per
vederla varcare la soglia e salutarla con una frase ironica.
“ Non avevate
litigato?! Ah, immagino che ora stia andando a fare pace con
lui…”. Lei era
sbucata fuori dal bagno e aveva afferrato al volo la giacca. Si erano
fermate
entrambe tre secondi, l’una di fronte all’altra, a
fissarsi. “Abbiamo già fatto
pace, io e lui. E comunque ora vado. Ha detto che mi avrebbe chiamato
appena
arrivava davanti al bar. Per ora non si è fatto vivo,
perciò vado lì con calma
”. Aveva sorriso, nonostante Grace avesse il muso lungo come
al solito i quegli
ultimi tempi. “ Grace, non fare quella faccia. Se ti mostri
così nessun ragazzo
ti chiederà di uscire! ” aveva aggiunto poi
scherzosa. L’altra aveva
ridacchiato, un po’ più allegra. “
Vedrò di tornare di buon umore. Dopo esco
con Mag e Mischa ”. “ Brava ragazza! Vai a
rimorchiare…”. Grace era scoppiata a
ridere, mentre Kate si chiudeva la porta alle spalle, dopo averle
strizzato
l’occhio per l’ultima volta.
<<
Ricordi qualche altro dettaglio? >>
<<
No. Non ora almeno. >>
<<
Bene. Credo che per ora dovremo interrogare Andy Jenkins, secondo
questa prima
ricostruzione dovrebbe essere lui l’ultima persona che
può averla vista. Fuori
di qui ci sono un paio di ragazzi che vorrebbero vederti, i tuoi
genitori hanno
preso il primo treno che c’era, arriveranno qui tra un paio
d’ore. >>
<<
Okay. >> disse alzandosi dalla sedia e avviandosi verso
la porta
dell’ufficio.
Uscì a
testa bassa, intravedendo solo con la coda dell’occhio tutti
gli amici. A dire
il vero lei personalmente aveva chiamato solo Andy e Mischa, ma questa
aveva
provveduto a chiamarne altri tre.
Andy stava
seduto in un angolo, con le mani tra i capelli e le guance e gli occhi
in
credibilmente rossi per il pianto. Stava fermo, singhiozzando solo una
volta
ogni tanto.
Seduta dal
lato opposto, stava Mischa. Bella come sempre. Anche se era uscita di
casa in
tutta fretta e con indosso una stupida tuta da ginnastica, sembrava
perfetta
per una sfilata di moda. Fissava il vuoto, con gli occhi color ambra
traboccanti di lacrime silenziose, intanto che un piede batteva
ritmicamente a
terra.
Accanto a
lei, Reed, suo fratello, sembrava fermo come una statua di marmo. Le
occhiaie
ancora più profonde del solito e la pelle ancora
più pallida lo facevano
sembrare uno zombie. Ciononostante anche lui era davvero bello. Bello
come il
sole, e come Mischa.
Sarebbero
stati tutti inghiottiti da un disumano silenzio, se non fosse stato per
le
grida strazianti di una ragazza seduta a una certa distanza da loro
tre. Janet
piangeva disperata, stringendo con tutte le sue forze il lembo della
sua
camicetta griffata, lasciando che il mascara colasse giù
dagli occhi azzurri
insieme alle lacrime. E ad ogni sussulto sollevava le spalle esili,
fortemente
avvolte dalle braccia di Michael, il suo ragazzo.
Lui alternava
sguardi al pavimento a sguardi alla sua ragazza, con la fronte
corrucciata e le
labbra lievemente piegate all’ingiù.
Alzò per primo lo sguardo appena Grace
uscì dall’ufficio del commissario e la
guardò negli occhi per alcuni istanti, senza
dire o fare nulla al di fuori dell’osservarla.
<<
Grace…Oddio, dio! >> disse Mischa scattando in
piedi verso di lei.
La strinse
forte, e Grace la lasciò fare. Quando l’abbraccio
si sciolse, Reed le guardava
incantato e mormorava confusamente e ripetutamente “Mi
dispiace ”.
Mischa lo
fulminò con lo sguardo. << Reed, calmati,
dannazione! Scusalo, >>
disse poi rivolgendosi a Grace << è
tutto…scosso. Teneva…teneva molto a lei.
>>
Lei annuì
vaga, ricordando che spesso Kate le aveva parlato dello strano
comportamento che
Reed aveva con lei, e ricordava anche il messaggio di un anno prima
dove le
aveva scritto “ Vorrei proprio essere Andy, certe volte
”. Grazie al cielo lei
non aveva detto nulla ad Andy, diversamente Reed sarebbe probabilmente
finito
in ospedale.
<<
Kate! >> strillò Janet, ormai senza controllo.
Grace si
voltò subito nella sua direzione e la guardò
torva, senza dire nulla.
<<
Ehm…Grace, dovresti riposare,
credo…>> disse Mischa amorevole, mettendole
una mano sulla spalla.
<<
No. Non ne ho voglia adesso. >>
<<
Okay, ma comunque dovresti sederti un po’. >>
<<
Che hanno detto? >> intervenne Andy.
Grace si
sedette, mentre tutti i presenti aspettavano che dalle sue labbra
venisse fuori
la risposta. Sospirò pesantemente e tornò a
guardare Andy. << Hanno detto
che ti vogliono parlare. Dovresti essere l’ultimo che
l’ha vista, a quanto
pare. >>
Lui
sbiancò e sballottò gli occhi da una parte
all’altra, come impazzito. <<
Ma io ero con lei fino alle otto e mezzo, dovevo vedere una partita!
Credevo
l’avessi vista tu, per ultima! >>
sbottò alzandosi di scatto.
Tutti
rimasero alcuni secondi in silenzio, fissando imbarazzati il pavimento.
Grace aprì
la bocca stupita, mentre lo stomaco si capovolgeva. Qualcosa non andava.