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Autore: bluemary    03/05/2009    2 recensioni
Nel continente di Erhedyas esiste un’Accademia in cui si formano i difensori della giustizia, guerrieri illuminati che lottano contro i Notturni per difendere la razza umana; ma quale Luce può squarciare le Tenebre di un cuore bruciato dal rancore e dal desiderio di vendetta?
Storia scritta per la IV Disfida di Criticoni.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiedo scusa per l’enorme ritardo con cui ho aggiornato, il punto è che, malgrado la storia sia già conclusa, non mi soddisfa affatto, in quanto soffre degli stessi difetti che mi sono stati segnalati nei giudizi del concorso a cui ho partecipato; avendola scritta di fretta per rispettare la scadenza, non sono riuscita ad approfondirla come avrei voluto, così mi sono ripromessa di rielaborarla non appena avessi avuto il tempo e l’ispirazione. Purtroppo, malgrado i mesi di attesa, lo studio e i vari impegni finora non me ne hanno dato la possibilità, quindi, piuttosto di farvi aspettare ad interim, preferisco postare la storia così com’è, posticipandone la riscrittura a un futuro più libero. Spero che nonostante i suoi difetti possa essere una lettura piacevole^^
Bgirl: Grazie del commento, spero mi perdonerai per la lunga attesa.
Lotiel: Troppo buona, cara, mi auguro che non ti deluda troppo la seconda parte di questa storia, perché purtroppo mi rendo conto che andrebbe migliorata di molto. TS tornerà presto, grazie dell’interessamento, devo solo rimettere online il sito e decidermi a terminare il nuovo capitolo, che al momento è un po’ sospeso perché sto riscrivendo la prima parte (comunque se vuoi ne possiamo parlare via mail^^). Grazie del commento!
Peonia_and_Orchidea: Ti ringrazio del commento, mi dispiace solo del ritardo con cui ho aggiornato.
BLU REI: Visto che alla fine, con immenso ritardo, ho aggiornato anche questa storia? XD Grazie del commento, a presto! Baci.
Ringrazio inoltre tutti i giudici per i loro preziosi commenti, non posso che concordare con le loro critiche, purtroppo il poco tempo che ho avuto per scrivere la storia (aspettando l’ispirazione mi sono quasi presa all’ultimo) mi ha impedito di delineare bene la vicenda e soffermarmi sui personaggi quanto avrei voluto, con la conseguenza di rendere la storia troppo intricata; e grazie anche a solarial, per essersi presa il disturbo di riportare qui i loro giudizi.




Capitolo 3: Schiavitù

- Non così, devi tenere la lama più in alto, in modo che ti difenda il volto. – ripeté per l’ennesima volta Zaech, dando prova di grande pazienza.
Nonostante i suoi propositi, alla fine aveva scelto di aiutare la ragazza, anche se, dopo quasi due settimane di allenamento intensivo sulle basi della scherma, doveva ammettere di essersi sobbarcato un compito più arduo del previsto: a dispetto di tutti i suoi sforzi in veste di improvvisato insegnante e dell’evidente impegno con cui lei seguiva le sue direttive, Elyn sembrava incapace di compiere anche il più semplice esercizio, maneggiando la sua spada a due mani con una goffaggine tipica dei più giovani allievi dell’Accademia.
- Si può sapere cosa c’è che non va, in te? – le chiese, quando la vide perdere l’equilibrio durante un tentativo di affondo e poi sedersi sull’erba con un sospiro scoraggiato.
- È troppo pesante, non riesco a coordinarmi.
Zaech scosse la testa, incredulo. Gli aspiranti Condottieri venivano addestrati duramente fin da piccoli, senza distinzioni di sesso, con lo scopo di sviluppare in loro una forza e una resistenza di gran lunga superiori a quelle delle persone normali; in questo modo, non solo sarebbero riusciti a maneggiare con estrema facilità la grande arma che li caratterizzava, ma avrebbero avuto anche le capacità per far fronte al proprio compito di protettori. Il fatto che una ragazza con alle spalle già diversi anni di allenamento non fosse ancora in grado di utilizzare adeguatamente una spada, di cui perfino i novizi sapevano servirsi senza problemi, lo sconcertava, spingendolo a chiedersi per quale motivo i maestri non l’avessero ancora espulsa.
- Non capisco. – commentò, prima di bloccarsi all’improvviso, imbarazzato per la domanda indelicata che era stato in procinto di pronunciare, ma Elyn parve intuire i suoi pensieri.
- Non capisci perché continuino a tenermi nell’Accademia? – chiese, inarcando un sopracciglio in uno sguardo ironico, senza alcuna traccia di offesa.
Per qualche istante, il giovane guerriero tenne gli occhi fissi sulle proprie mani, tuttavia la sua natura franca prevalse ancora una volta e si ritrovò a fissare in volto la sua interlocutrice, con un leggero rossore sulle guance.
- A dire il vero, sì. Ho visto ragazzi molto più promettenti di te che sono stati cacciati solo dopo pochi giorni. – aggiunse, in tono di scusa.
- Se vuoi posso mostrarti cosa so fare. – gli propose lei, prima di alzarsi di scatto.
- Che intenzioni hai?
- Attaccami! – lo sfidò, con le mani sui fianchi e le labbra atteggiate a un sorriso provocatorio.
Zaech lanciò uno sguardo alla sua spada, abbandonata al suolo, per poi riportarlo sulla compagna, di gran lunga troppo esile per poter sperare di uscire vittoriosa da uno scontro senza armi.
- Stai scherzando?!
- No. Avanti, prendi la spada e attaccami!
- Io non combatto contro chi è disarmato. – replicò il ragazzo con sdegno.
Lei gli sorrise maliziosamente.
- Ma io non sono disarmata.
Prima di dargli il tempo di muoversi, trasse dall’interno della sua tunica due sottili stiletti e in due passi gli fu alle spalle, con un braccio attorno al suo collo, un pugnale premuto contro il fianco e l’altro contro la gola. In quella posizione, mentre era ancora sconvolto per la rapidità con cui si era trovato battuto da lei senza nemmeno aver potuto accennare a una reazione, Zaech venne attraversato dalla consapevolezza fin troppo nitida della sua presenza. Era come se ogni fibra del suo essere potesse percepire il suo respiro sul collo, una ciocca di capelli castani che gli sfiorava la guancia e specialmente il suo corpo di donna premuto contro il proprio.
- Se io fossi un nemico, a quest’ora saresti morto. – la sentì mormorare a pochi millimetri dal suo orecchio.
- Così non è leale, non ero pronto. – protestò, profondamente turbato per le sensazioni che si erano risvegliate in lui.
Con un risolino, la ragazza mollò la presa e si ritrasse di un passo.
- Io ti avevo avvertito. Allora, questa volta hai intenzione di fare sul serio?
- D’accordo.
Dopo aver raccolto la spada, grato di potersi allontanare un po’ da lei e di avere qualcos’altro su cui concentrarsi, si mise in guardia.
- Ti aspetto!
Non appena la distanza tra loro si ridusse a un metro, si esibì in una serie di fendenti improvvisi, nel tentativo di sorprenderla con la guardia scoperta o disarmarla; tuttavia, malgrado si stesse impegnando nel duello come se si trovasse di fronte a un nemico, i suoi violenti colpi sembravano scivolarle addosso un istante prima di intaccarle i vestiti, come se una forza sconosciuta li deviasse di pochi centimetri. Senza nessuna fatica apparente, Elyn anticipava ogni sua mossa, non avrebbe saputo dire se per istinto o incredibile agilità, e quando l’affondo era troppo diretto per schivarlo completamente, riusciva a cambiarne in maniera quasi impercettibile la direzione con i pugnali, senza mai provare a bloccarlo, per non dargli l’opportunità di un confronto diretto da cui sarebbe certamente uscita perdente.
Provò ancora a colpirla, sconvolto di vedere la goffa ragazza, a stento capace di maneggiare una spada, trasformarsi in una letale guerriera, capace di tenergli testa con una grazia quasi surreale, ma una parte della sua mente aveva già cominciato a distrarsi, incantato per il modo in cui lei sembrava danzare tra i suoi colpi.
Respirò a fondo, il cuore in tumulto e una strana sensazione all’imboccatura dello stomaco.
Non aveva mai provato particolare interesse per una ragazza, prima di allora, solo una blanda curiosità; eppure in quel momento si sentiva invaso dal desiderio di stringerla a sé e immergere il volto nei suoi capelli per scoprirne il profumo.
Arrossì al solo pensiero, perdendo la concentrazione per un istante.
L’attimo successivo Elyn era quasi tra le sue braccia, come se le sue fantasie si fossero concretizzate, ma una lama premuta contro la sua gola infranse ogni illusione, riportandolo in una realtà in cui era appena stato sconfitto per la seconda volta consecutiva.
- Come vedi, se Mirta non mi ha ancora cacciato definitivamente, un motivo c’è. – commentò lei, ignara di aver scatenato un simile turbamento nell’animo del compagno.
Zaech le scostò bruscamente la mano e fece un passo indietro.
- Se sei già così brava, per quale motivo hai bisogno del mio aiuto? – le chiese, diviso tra il risentimento per essere stato sconfitto in maniera così umiliante e la sottile ammirazione che, malgrado tutti i suoi sforzi, aveva cominciato a insinuarsi nei suoi pensieri.
- Non mi piacciono le spade, ma se voglio diventare un Condottiero devo imparare a usarle, in un modo o nell’altro.
- Ma non ne hai bisogno, potresti comunque proteggere il nostro popolo anche senza essere un Condottiero. – ribatté, riferendosi ai numerosi allievi dell’Accademia che, pur non raggiungendo i requisiti minimi per quel rango, scendevano in campo ugualmente come generici difensori della Luce, supportando i loro compagni di grado superiore.
Elyn sbuffò.
- Perché, tu ti accontenteresti al mio posto? – domandò retoricamente, prima di rivelare un sorriso orgoglioso – E poi Thori ha detto che, una volta completato il mio addestramento con le armi, mi prenderà come apprendista.
Allibito dalle sue parole, Zaech ci mise qualche secondo per riprendere l’uso della parola.
- Intendi
quel Thori?!
La compagna annuì, raggiante per aver catturato l’attenzione del più schivo e misterioso tra i maestri dell’Accademia. Stranamente esile per essere un guerriero e tuttavia rispettato indistintamente da novizi e veterani, questo insegnante era l’unico che avesse dato prova di conoscere la magia e di cui si sapesse con certezza quasi assoluta il suo rango di Guardiano; al contrario dei suoi colleghi, si occupava raramente di più di un allievo e mai per periodi superiori a una settimana, limitando il suo ruolo agli studi e alla meditazione, in attesa di trovare un ragazzo con le sue stesse doti, a cui poter tramandare le proprie conoscenze.
- Ma tu non hai strani poteri! Perché dovrebbe interessarsi a te? – esclamò il giovane, senza potersi esimere dal provare un’inattesa gelosia per questo onore – Non li hai, vero? – aggiunse poi, con un velo di apprensione.
Cogliendo la sua espressione intimorita, la ragazza scoppiò a ridere.
- Non che io sappia. Ma dice che ho una grande potenzialità latente. – rispose, prima di lasciarsi sfuggire un sospiro esasperato – Ma fino a quando non imparerò a usare bene la spada, non potrò diventare sua allieva e mi toccherà sopportare ancora Mirta.
Zaech si costrinse a mordersi le labbra per non scoppiare a ridere.
Da una parte avrebbe dovuto disapprovare il modo in cui lei si prendeva gioco degli stimati insegnanti dell’Accademia, ma l’espressione corrucciata che portava stampata sul volto e la voce con cui aveva pronunciato quelle parole gli erano risultate troppo buffe.
Nonostante i propri pregiudizi nei confronti di una ragazza tanto ribelle e sfrontata, giorno dopo giorno si era accorto che la sua compagnia aveva cominciato a piacergli. Si scoprì ad ammirarla di sottecchi mentre lei fissava l’orizzonte, soffermandosi sui lineamenti delicati, ancora infantili, per poi indugiare sulle labbra non troppo carnose, sempre in movimento o piegate in quel sorriso impertinente a cui aveva imparato a non risentirsi.
- Tu come mai vuoi diventare un Condottiero? – gli chiese all’improvviso l’oggetto del suo interesse, rigirandogli la domanda a cui aveva risposto pochi minuti prima.
- Per la giustizia. – rispose lui, senza esitazioni – Combattere per la Luce per me è la cosa più importante, lo scopo della mia vita.
- E come fai a sapere se quando scendi in campo sei dalla parte dei giusti?
- Che domande! Mi basta seguire il volere dei Guardiani, mi sembra ovvio!
Lei gli lanciò un’occhiata di sottecchi.
- Ti sembra giusto imprigionare per sempre un popolo intero? – domandò, con insolita cautela.
L’espressione basita con cui il compagno accolse le sue parole la spinse ad abbassare lo sguardo con un lieve sospiro.
- Elyn, quel popolo aveva cercato di sterminarci. Non ti sembra una pura questione di legittima difesa tenerlo segregato dove non può farci del male?
- E se magari non tutti i Notturni fossero cattivi? O non si meritassero questo castigo? Essere confinati in un limbo, schiavi della volontà dei Guardiani, è peggio che morire. Io non riuscirei mai a infliggere una punizione tanto spietata e crudele.
- Che assurdità stai dicendo?! È grazie ai Guardiani se i Notturni non ci hanno sopraffatti e trasformati in servi, o peggio ancora uccisi, lo sanno tutti. Loro proteggono la libertà!
- Adesso, forse. Ma in fondo sono solo esseri umani. Potrebbero sbagliare anche loro, prima o poi, non credi?
Zaech s’irrigidì.
- Perché hai voluto frequentare l’Accademia, se pensi questo? – sbottò bruscamente.
Nonostante la simpatia e l’attrazione che quel pomeriggio aveva scoperto di provare nei suoi confronti, non gli piaceva il modo in cui lei metteva in dubbio i principi su cui aveva fondato la sua stessa esistenza.
- Perché solo così potrò diventare abbastanza forte da difendere ciò che di più importante esiste al mondo.
- E sarebbe?
Lei rivelò un sorriso, che per qualche strano motivo non si estese agli occhi.
- La libertà.

Quando riprese coscienza, con un doloroso pulsare al petto e alla testa, Elyn era immersa nel buio.
Provò a guardarsi attorno, nel tentativo di comprendere in quale luogo si trovasse, ma sentiva solo la gelida roccia su cui era adagiata e le catene pesanti che le costringevano i polsi sopra la sua testa, senza riuscire a penetrare l’oscurità quasi palpabile da cui era avvolta.
Soffocò a fatica un grido, incapace di controllare l’ondata di panico che s’insinuò in lei assieme alle tenebre della prigionia, non appena si rese conto che la sua più grande paura era diventata reale. In un lampo ricordò l’addestramento ricevuto prima nell’Accademia e poi nel monastero, da Thori in persona, cercando di recuperare quella lucidità di cui aveva bisogno per trovare una via di fuga.
Malgrado la sofferenza da cui era pervasa e il cieco terrore che quella situazione aveva generato nel suo animo, si costrinse a controllare il proprio respiro e concentrarsi, per condensare il potere sufficiente a infrangere le catene; stava per liberarlo quando una voce severa la fermò.
- Fossi in te non lo farei. Non ti conviene contrariarmi ulteriormente.
- Zaech. – sussurrò, comprendendo che chi aveva parlato era a pochi passi di distanza e aveva assistito al suo risveglio senza emettere un suono.
Una candela si accese all’improvviso alla sua destra, lasciandole intravedere la sagoma del suo vecchio compagno, ancora vestito con l’armatura, ma privo di elmo.
- All’inizio credevo di ucciderti. Ne ero davvero convinto, mi sembrava giusto dopo quello che ho passato a causa tua. Ma non sarebbe stato abbastanza, capisci? – le disse, abbassandosi su di lei per incrociare il suo sguardo.
Elyn sussultò: i limpidi occhi azzurri che ricordava erano ridotti a due fessure gelide, animate unicamente da un odio quasi esasperato, e i suoi lineamenti erano contratti come se dovessero fronteggiare un incessante dolore.
- Perché mi stai facendo questo?
Lui sorrise, una piega crudele delle labbra che le diede i brividi.
- Per vendetta. Un giorno mi hai detto che la libertà per te è la cosa più importante di tutta la tua vita. Vediamo se riesci a sopravvivere senza di essa.
- Perché, Zaech? – chiese ancora la ragazza, quasi istericamente, con gli occhi lucidi di paura – Tu non sei così. Io ti conosco, non sei malvagio.
- No, Elyn, lo Zaech che conoscevi è morto.
Prima di darle l’opportunità di replicare, uscì dalla stanza, chiudendo la pesante porta di pietra dietro di sé. E attorno a lei ci fu solo il buio.

   
 
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