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Autore: Chiaroscura69    15/09/2016    1 recensioni
Mistero, segreti, passione, coraggio... questo mix è racchiuso nella giovane dolce e insicura protagonista di questa storia che forse alla fine troverà la forza di comprendere quale oscuro intrigo si nasconde nel suo passato e in che modo poter salvare il proprio futuro. Ma la domanda più importante è: di chi ci si può fidare?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una gelida giornata nella scuola di Outfeet nel Nevrasca a causa del continuo maltempo , ma gli studenti non si facevano trovare impreparati. Tutti erano imbacuccati in grossi giubbotti di lana,berretti, guanti, sciarpe, e ognuno di loro era immerso in una conversazione diversa, che li distraeva da quel tempo avverso. Per questo motivo l'arrivo di Jack fu notato subito. Non aveva un giubbotto di lana, o un berretto, o dei guanti, e nemmeno una minuscola sciarpa, ma anzi, il suo abbigliamento consisteva in una camicia a maniche corte a motivi quadrati e dei semplici pantaloni che gli arrivavano al ginocchio. Era evidente a tutti che quel ragazzo fosse un ribelle, anche solo dal suo abbigliamento. Probabilmente anche il preside dovette pensarla così, visto che dalla prima volta che lo vide entrare, lo tenne sott'occhio per tutta la sua permanenza ad Outfeet. Tutti noi immaginammo che il preside l'avesse presa come un'offesa personale, quella sua balzana idea di ribellarsi al freddo infatti ad Outfeet chiunque cercasse di ribellarsi o semplicemente di distinguersi, era malvisto. Più sei nella norma,più sei rispettabile; questo era il motto comune. Così, bastava ben poco per farsi additare come 'diverso'; bastava esprimere la propria opinione e che essa fosse differente da quella comune,oppure bastava mettere la sciarpa del colore sbagliato, quella che non usava nessuno, o quella che non piaceva a nessuno. Odiavo questa mentalità. Odiavo dovermi uniformare. D'altronde chi non nasce da avvocati o da dentisti non può sempre permettersi le cose che hanno tutti. Forse fu per questo che appena vidi Jack iniziò subito a starmi simpatico,e quando scoprii che era in classe con me, non so perché ma mi sentii più libera di essere me stessa. Avevo grandi aspettative per quel ragazzo che sembrava uscito da un altro pianeta! Per svariati mesi tutta la cittadina non riuscì a levargli gli occhi di dosso, e le lingue non smisero un attimo di spettegolare sulla sua vita. E quelle persone che prima erano incuriosite dallo strano ragazzo e non si curavano di essere discrete nei suoi confronti con i propri commenti, notando che quest'ultimo non accennava minimamente ad adeguarsi alla norma comune, ogni volta che passava, andavano bisbigliandosi cattiverie di ogni genere sul suo conto. Tuttavia io continuavo a considerarlo un ragazzo speciale nella sua diversità, e bramavo segretamente di poterlo conoscere. Nella mia classe tutte le ragazze erano rimaste colpite da Jack, e inizialmente si erano dimostrate apertamente ammirate nei suoi confronti, ma anch'esse accorgendosi che la situazione non si evolveva e notando che lui non rispondeva a nessuna delle loro avance, ignorandole deliberatamente o rispondendo a grugniti, iniziarono a far circolare voci ancor più perfide sul suo conto e presto la sua fama di ''cattivo ragazzo'' si diffuse in tutta la cittadina. Eppure nessuno aveva il coraggio di affrontarlo, tutti preferivano parlargli alle spalle da perfetti codardi quali erano sempre stati. Da parte mia io continuai per giorni a crogiolarmi nel pensiero di parlargli con una qualsiasi scusa, ma anche il mio coraggio non si decideva a farsi avanti. Per fortuna proprio in quei giorni l'aiuto mi giunse proprio dai professori che, estenuati dalle continue proteste per l'assegnazione dei posti, decisero di metterci in banco insieme. In classe eravamo infatti divisi in due movimenti contrapposti: quello dei termosifoni e quello delle finestre. A me non importava particolarmente né dell'uno né dell'altro ma se avessi dovuto scegliere, avrei scelto mille volte la postazione vicina alla finestra, perché mi avrebbe dato un trampolino di lancio molto più ampio verso la galassia delle fantasie che mi affollavano senza pietà la testa ogni qualvolta cercassi di concentrarmi. Eppure,poiché non mi sarei messa mai contro la classe per esprimere il mio parere su una cosa così stupida, tacqui, così io e Jack fummo posizionati nel primo banco della fila centrale; il posto più sconveniente. Forse non avevo la mia finestra, ma avevo finalmente accanto a me la persona che in quel periodo aveva monopolizzato i miei pensieri incessantemente. Trascorsi tutta la giornata ansiosamente nell'attesa di un suo possibile approccio, ma non arrivò. Non subito almeno. Sapevo che quando suonava la campana ad indicarci l'uscita, lui era il primo ad andarsene, così quel giorno tentai di preparare tutto molto velocemente per far si che uscissimo nello stesso momento, ma appena suonò mi caddero dalle mani tutti i i libri che non avevo infilato in borsa per far più in fretta. Jack non scattò verso la porta come sempre e mi accorsi solo in quel momento che era indaffarato a far qualcosa nel banco. Mentre raccoglievo i libri provai a gettare un'occhiata discreta nella sua direzione, ma lui era imponente e con la sua stazza mi impediva di scorger i movimenti. Dopo qualche istante si alzò e si dileguò dall'aula, senza rivolgermi uno sguardo. Ero rimasta sola in classe, così azzardai un rapido controllo del banco per vedere se avesse lasciato i segni del suo misterioso operato di poco prima o comunque qualcosa che mi avrebbe potuto far capire di cosa si trattasse. Con cautela mi sedetti al suo posto e notai una scritta piuttosto piccola e dalla calligrafia bizzarra che sembrava voler fuggire. Con la terrificante consapevolezza che il messaggio fosse riferito a me,lessi mentalmente: ''Avresti dovuto dire di voler stare vicino alla finestra.''
   
 
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