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Autore: KomadoriZ71    15/09/2016    11 recensioni
Mia moglie.
Non avevo mai considerato la sua importanza prima di allora, mi ero reso conto dei miei sentimenti soltanto davanti a quella stupida lapide. Il destino mi aveva riservato un oscuro tiro mancino.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mia Moglie

Mia moglie.
Non avevo mai considerato la sua importanza prima di allora, mi ero reso conto dei miei sentimenti soltanto davanti a quella stupida lapide.
Il destino mi aveva riservato un oscuro tiro mancino.
Era una giornata di fine autunno quando mia moglie è venuta a mancare, era impegnata a portare nostro figlio all'asilo al momento dell'incidente. Pioveva a dirotto e la foschia del primo mattino faceva da padrona in un contesto già deprimente di suo, era una donna prudente e guidava con calma perché aveva il timore di mettere in pericolo il nostro bambino, ma la nebbia non l'aveva aiutata a intravedere il pirata della strada che proveniva in contromano dall'altro senso di marcia. 

Il rumore assordante del clacson. 
Il frastuono agghiacciante dei copertoni che stridono sull'asfalto bagnato. 

E la morte, lenta e silenziosa, se la portò via risparmiando la vita di mio figlio. 
La sua scomparsa non portò niente di buono nella nostra famiglia, la depressione si impossessò di me. Non ero in grado di assistere alla crescita del piccolo Lukas, che con il tempo si trasformò in un uomo in miniatura impegnato con le prime esperienze da adolescente, ero troppo occupato a imbottirmi di alcoolici per mandare avanti il mio ruolo da genitore. Ero un vigliacco senza spina dorsale che tentava inutilmente il suicidio, ero talmente egoista da non considerare le persone che mi stavano a cuore.
Non ero capace di rimpiazzare il lavoro che avevo lasciato con un altro e, se non fosse stato per il cuore gentile di mia madre, a quest'ora mio figlio sarebbe cresciuto insieme a una famiglia diversa. Gli assistenti sociali...Me l'avrebbero portato via.
Ma non ci potevo, non ci posso fare niente.

La situazione cambiò il decimo anniversario della sua morte.
Non capisco come mai avevo il vizio di dare così tanta importanza a un giorno simile, non c'era niente da festeggiare.
Percorrevo quella strada maledetta ad alta velocità sotto l'effetto dell'alcool, pioveva a dirotto e la nebbia non mi permetteva di vedere più in là del mio naso. La strana concidenza non destò il mio interesse, ero lì per porre fine alla mia vita da miserabile e niente aveva il permesso di distrarmi. Tuttavia non riuscivo a capire il motivo che impediva alla mia macchina di sbandare, la controllavo con perfezione e imboccavo le curve con una destrezza da pilota professionista. Però... 
Nessuno che mi potesse controllare...
Nessuno che mi potesse fermare...
Tutto questo mi portò alla mente una strana sensazione di deja-vu, come se avessi già assistito a quella scena in un momento passato della mia vita.
Al primo tratto pericolante la luce dei fari colpì una sagoma, una figura nera che se ne stava immobile al c'entro della strada. Pensavo che si trattasse di un animale selvatico che aveva perso l'orientamento, così inchiodai e la macchina sbandò come desideravo, roteò su se stessa con uno stridio grottesco ma familiare. Andò a sbattere contro un albero e con un frastuono pazzesco, ma l'incidente non si rilevò fatale. 
Ero riuscito a salvarmi ancora una volta, avevo fatto del mio meglio solo per procurarmi un taglio sulla fronte.
Stordito dall'impatto abbandonai la mia vettura e cominciai a camminare in mezzo alla nebbia, girovagai in preda alla confusione, per una mezz'ora buona ero rimasto lì a cercare quella sagoma che aveva provocato l'incidente. La pioggia che mi bagnava creava uno scenario mistico e glaciale, il soffiare del vento sembrava più un sussurro che un agente atmosferico.
Un brivido, un brivido cominciò a salirmi lungo la spina dorsale.
Una mano... mi toccò, passò in mezzo ai capelli.
Sobbalzai sul posto, girandomi di scatto per osservare ciò che mi circondava.
Ma niente, attorno a me non c'era niente.
Se non...
Il suo viso.
Il suo sguardo docile.
La sua bocca con quelle labbra rosee pronte ad essere baciate.
Quel meraviglioso corpo che un tempo baciavo e accarezzavo, ricoperto di sangue.
Mi scrutava con...
Un ghigno malefico.
Alzò le braccia verso di me e si avvicinò.

La morte.
Non credevo che fosse un'esperienza così dolce e veloce, non dopo ciò che avevo trascorso. Ma alla fine ero riuscito a capire che la mia non era depressione, ma un profondo e agonizzante senso di colpa.
Ero io il pazzo ubriaco che quel lontano giorno d'autunno girava contromano per strada.




   
 
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