Fumetti/Cartoni europei > Paperinik
Segui la storia  |       
Autore: Smeralda Elesar    16/09/2016    0 recensioni
Paperinik è un eroe del presente, ben noto nel futuro per aver sventato l'invasione Evroniana.
L'agente della tempolizia Lyla Lay lo recluta nel suo tempo per una missione molto delicata: catturare un androide ribelle fuggito nello spazio e riportarlo sulla terra.
Ma mischiare presente e passato può portare a conseguenze molto strane e Paperinik non si aspettava certo di incontrare una parte del suo passato proprio nel futuro.
Cosa succede quando un eroe incontra una leggenda?
Genere: Azione, Science-fiction, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lyla Lay, Nuovo personaggio, Paperino aka Paperinik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2

---

 

A Paperinik era capitato di sventare rapine, di affrontare rapinatori, persino di doversi difendere dall’accusa di essere lui il rapinatore… ma mai gli era capitato di essere l’oggetto rapinato.

Perché era propri così: lui si trovava in una cassa con un respiratore che riciclava l’anidride carbonica del suo respiro per ricavarne ossigeno, e la sua cassa, con impresso sopra un grade simbolo a forma di “D” iscritta in un diamante, era in mezzo ad altre casse simili a bordo di un’astronave da carico del governo che viaggiava con i motori al minimo per fare da esca; era in attesa di essere rapinata dal pirata dello spazio, l’androide primo ed unico della serie SSX.

Paperinik era entrato nella cassa destinata a lui non appena il capitano della nave su cui viaggiava aveva avvistato sul monitor un’altra astronave che batteva bandiera pirata.

Per un attimo, quando aveva visto la bandiera con il teschio e le ossa incrociate che sventolava mossa dalla forza del movimento dell’astronave, qualcosa si era smosso in fondo alla sua memoria ma lui non aveva avuto nemmeno il tempo di rendesi conto di cosa fosse.

Tempo per pensarci ne avrebbe avuto a volontà finché fosse rimasto là dentro.

L’ordine era di non muoversi assolutamente a meno di non essere certo di essere stato portato a bordo dell’astronave nemica.

I suoi contatti con la Terra erano stati azzerati fino alla riuscita della missione.

Paperinik ancora si chiedeva se avesse fatto bene ad accettare.

La soluzione di salire a bordo con l’inganno come un novello Ulisse, arrivare alle spalle di un essere vivente (perché lui lo considerava tale nonostante fosse un androide) ed immobilizzarlo per riportarlo dove gli avrebbero fatto un lavaggio del cervello, gli sembrava ancora un’idea meschina, ma d’altra parte, se si fosse trattato di un criminale umano che avrebbe fatto? Non avrebbe dovuto usare ugualmente ogni mezzo per fermarlo?

Si aggrappava alla parola di Odin Eidolon che non avrebbe resettato completamente la personalità dell’androide pirata e che sarebbe stato davvero come curare una persona che ha strane idee in testa.

Aveva un orologio con data che gli indicava lo scorrere del tempo, ma nella sua sistemazione a forma di scatola di scarpe lo scorrere del tempo aveva un significato molto relativo.

Gli serviva solo per non perdere completamente l’orientamento.

Quando sentì che la cassa veniva spostata seppe che l’arrembaggio era andato a buon fine e che lui era appena stato ufficialmente rapinato, e per un attimo l’idea di andare alla polizia a denunciare il furto di sé stesso lo fece sorridere.

Rimase immobile nella sua posizione con una mano pronta sulla tasca nella cintura dove si trovava il telecomando.

Il suo piano era semplice: non appena l’androide avesse appena sollevato il coperchio, lui avrebbe premuto il bottone che generava le interferenze ed avrebbe subito richiamato l’astronave di appoggio terrestre perché finissero quello scomodo lavoro.

Sarebbe anche stato un buon piano se non fosse stato per il fattore tempo, infatti Paperinik non aveva calcolato che avrebbe dovuto dormire prima o poi.

La mano pronta sul telecomando si stava anchilosando e tutto il suo corpo non avrebbe retto a lungo quello stato di allerta continuo.

E poi l’aria. Gli avevano garantito che il respiratore funzionava con un sistema simile a quello della fotosintesi delle piante per cui da una molecola di anidride carbonica ricavava l’ossigeno molecolare ed un atomo di carbonio che era una scoria, e questo sistema gli garantiva un’autonomia teoricamente illimitata; il limite concreto era rappresentato dalla sua resistenza mentale.

Se si fosse trattato di non fare nulla mentre era stravaccato sul suo divano Paperino ci sarebbe rimasto davvero per giorni e giorni, ma Paperinik era costretto all’immobilità dentro una scatola d’acciaio con un rivestimento al piombo, e la cosa era molto diversa.

Lasciò trascorrere altre due ore senza che dall’esterno provenisse alcun cambiamento.

In fondo non era neanche certo di essere stato imbarcato sulla nave pirata.

Forse lo avevano solo spostato e la nave del governo stava ancora facendo da esca.

“Basta! Non ne posso più di stare qui dentro!”

Fortuna che gli avevano dato anche un congegno che apriva la serratura magnetica dall’interno.

Non appena digitò la sequenza corretta un sottile fruscio di metallo contro metallo lo avvisò che le barre che chiudevano la cerniera stavano scorrendo per lasciarlo libero.

Già il pensiero di non essere completamente sotto chiave lo faceva stare molto meglio.

Resistette un’altra ora, poi davvero non ce la fece più: sollevò il coperchio pianissimo, un millimetro per volta, e si azzardò a sbirciare fuori.

Non vedeva niente di particolarmente degno di nota, primo perché c’era poca luce e secondo perché la sua cronica sfortuna gli aveva fatto aprire la metà di sportello che gli permetteva di affacciarsi solo su un muro.

Comunque fosse, non era più a bordo della stessa nave su cui era partito.

Provò a girarsi ed aprì l’altra metà del coperchio sperando in una visuale migliore, e trovò esattamente quello che cercava.

Il mantello nero non poteva ingannarlo: a pochi metri da lui, girato di spalle, stava il ricercato numero S 00 999.

Paperinik non aveva modo di vederlo in faccia ma ancora una volta ebbe l’impressione che gli ricordasse qualcuno di terribilmente familiare.

Ora avrebbe dovuto avvicinarsi di più per essere sicuro che il telecomando funzionasse al meglio, ma se fosse uscito dalla cassa avrebbe rovinato l’effetto sorpresa.

Decise di richiudersi lì dentro ed aspettare pazientemente che l’androide passasse vicino al suo nascondiglio.

Non poteva azionare il telecomando mentre era all’interno perché le pareti erano schermate, ma balzando fuori all’improvviso come un clown da una scatola delle sorprese aveva buone possibilità di farcela.

Tanto il pirata non immaginava di aver caricato a bordo un nemico, giusto?

-Credevo che volessi uscire finalmente-

No, sbagliato.

“Bè, tanti cari saluti all’effetto sorpresa!”

Pensò sconsolato PK.

-No… è che si sta così comodi qui. Sul serio, dovresti proprio provare-

Borbottò mentre tirava via il coperchio e finalmente poteva stiracchiarsi.

Il suo presunto nemico ancora non lo guardava, era girato di spalle e Paperinik ne intravide il viso solo quando si chinò a prendere qualcosa da una cassa simile a quella che aveva ospitato lui.

Anche la benda era inconfondibile. E l’espressione accigliata dell’occhio visibile gli fece correre un brivido lungo la schiena.

Il pirata era in piedi davanti ad un portellone aperto e il suo mantello ondeggiava leggermente, risucchiato verso il vuoto dello spazio infinito.

PK non capiva cosa stesse facendo, per cui decise di uscire dal nascondiglio che ormai non gli serviva più.

Si avvicinò di lato e vide che con una mano il pirata aveva raccolto una manciata di diamanti, e dopo averli gettati fuori dal portello verso lo spazio aperto li intercettava a metà del volo con un raggio laser della sua spada.

-Ma che fai?! Sono diamanti!-

Non poté fare a meno di protestare scandalizzato.

-Sono solo atomi di carbonio cristallizzati in un sistema cubico che conferisce loro straordinaria durezza e un colore trasparente. Non sono niente di speciale-

-Niente di speciale, eh?! Mah, non so… sai quanti gioiellieri non sarebbero d’accordo con te?-

-Le cose hanno il valore che noi gli attribuiamo-

Finalmente il pirata si girò a guardarlo direttamente e Paperinik rimase sconcertato dal trovarlo così incredibilmente simile a sé.

Solo l’espressione era molto più dura.

Era affascinante a modo suo, e adesso che si trovava faccia a faccia con lui Paperinik ne aveva la certezza: accettare la missione di riportarlo sulla Terra era stato un errore.

A quel punto lui avrebbe dovuto premere il bottone. Non sarebbe stato difficile, bastava una pressione al di sopra della tasca, ma per quanto il suo cervello gli dicesse che doveva farlo il suo istinto si ribellava in un modo troppo forte per essere ignorato.

-Perché distruggi i diamanti?-

Gli chiese tanto per prendere tempo.

-Per restituire all’universo quello che l’avidità dell’uomo gli ha tolto-

-Quindi non li rubi per rivenderli o cose simili?-

-Certo che no! Per chi mi hai preso?-

Sembrava che si fosse offeso quando gli aveva dato implicitamente del ladro.

-Accidenti quanto sei permaloso!-

-Vogliamo parlare di te invece? Chi sei? E perché ti sei imbarcato clandestinamente sulla mia nave? Dovrei trattarti come un topo di cambusa!-

-Hei, ehi, piano! Io sono Paperinik e non sono un topo di cambusa! Per tua informazione io sono un eroe: ai miei tempi ho sventato un’invasione extraterrestre!-

“Ho sventato un’invasione extraterrestre”

Non appena ebbe pronunciato le ultime parole successe qualcosa di terribilmente strano: ognuno dei due vedeva il proprio riflesso negli occhi dell’altro e per un attimo entrambi ebbero la certezza di “Io so che tu sai che io so” ma nessuno dei due riusciva a focalizzare cosa fosse questo qualcosa.

-Ora te lo chiedo di nuovo: cosa ci fai qui?-

Bella domanda.

-Io… ecco, è difficile da spiegare. Sono qui per convincerti con le buone a smettere-

Il pirata scoppiò a ridere.

-Hai fatto tanta strada ed attraversato le epoche per dirmi una cosa inutile?-

-Potrei passare alle cattive maniere e non ti piacerebbe-

-Invece mi piacerebbe molto-

Il pirata non finì neanche di parlare che sguainò la spada e gli sparò contro un fascio di energia.

Paperinik saltò di lato per scansarlo ma gli lasciò ugualmente come ricordo un buco nel mantello.

-Uack! E questo?! Sai che l’abbigliamento da supereroe costa?-

Accecato dalla rabbia sganciò il crasher e colpì in pieno l’androide.

Il pugno l’aveva praticamente spazzato via e Paperinik stava giusto pensando che era stato troppo facile.

Questo finché non si accorse che il pirata era raccolto attorno al pugno metallico e che per quanto lui ci provasse non riusciva a richiamare il crasher; se aumentava la trazione sul cavo d’acciaio il suo nemico non si spostava di un millimetro, anzi era lui ad essere trascinato nonostante puntasse gli stivali con tutta la sua forza.

Non aveva messo in conto la forza degli androidi.

-Nghh! Maledizione…-

Il pirata lo guardava con un sorriso divertito. Non era esattamente scherno ma ugualmente gli dette sui nervi.

Paperinik diede uno strattone più forte… e il pirata fece lo stesso.

Nel momento in cui le forze si sbilanciarono lui era l’elemento debole, quello che opponeva meno resistenza, per cui fu letteralmente sollevato da terra e trascinato via.

Non riusciva a frenare la sua corsa in nessun modo, se non quando la forza centrifuga si esaurì e lui si fermò proprio con le spalle al portellone ancora aperto.

E stavolta era il suo mantello ad essere risucchiato dalla corrente verso l’esterno.

Di solito gli eroi non hanno paura, ma in quel momento Paperinik avvertì un brivido lungo la schiena quando si accorse che all’androide sarebbe bastato lasciare la presa sul pugno dell’extrasformer per farlo precipitare fuori.

Lo guardò in faccia e sì, anche lui ne era perfettamente consapevole.

Invece quello diede un altro strattone e lo fece sbattere contro la parete opposta, dove rimase ammaccato ma fuori pericolo.

-Grazie per la delicatezza, eh!-

Si lamentò mentre si rialzava con una mano sulla schiena.

Non sapeva bene se attaccarlo di nuovo o no, perché dopotutto l’androide gli aveva salvato la vita.

-Adesso ti ripeto la domanda, eroe del passato. Che cosa vuoi da me?-

-Ed io ti ripeto la risposta: voglio che tu la smetta di fare arrabbiare i terrestri con queste tue scorrerie da pirata dilettante. Rubi i diamanti e poi li distruggi, che cosa vuoi dimostrare? Ti sembra di essere chissà quale eroe?-

Lo sguardo del pirata si fece ancora più duro.

-Sei un insolente. Forse avrei fatto meglio a sganciarti fuori dalla mia nave-

-Ormai è troppo tardi per ripensarci-

-E chi ti ha mandato?-

-Un intero consiglio di guerra-

-Solo per me? Ne sono lusingato-

-Ed Odin Eidolon. Credo che tu lo conosca-

L’accenno di sorriso che c’era sul suo volto sparì immediatamente.

-Eidolon. Sì. Sì, io e lui abbiamo una certa familiarità-

-Ho l’impressione che la cosa non ti piaccia, ho ragione, Capitan Ovvio?-

-Sei più perspicace di quello che sembri-

-Era un velato insulto alla mia intelligenza?-

-Assolutamente no-

Poi successe un’altra cosa che nessuno dei due si sarebbe mai aspettato: dissero esattamente la stessa cosa nello stesso momento e con lo stesso tono.

-Era un insulto chiarissimo-

Paperinik era così sorpreso che dimenticò di offendersi.

“Com’è possibile che abbiamo pensato la stessa cosa?”

Forse avevano un modo di pensare che era molto simile. E se fosse stato così, forse Odin Eidolon aveva chiamato lui proprio per questo.

Ma come faceva un androide costruito centinaia di anni dopo di lui a pensare in una maniera così simile?

Il pirata intanto lo studiava con attenzione, come se cercasse di capire qualcosa che gli sfuggiva.

Alla fine parlò lentamente.

-Perdona le mie maniere. Temo di non essere abituato a stare in società. Non ci siamo presentati-

-È necessario? Sappiamo quasi tutto uno dell’altro. Non vorrai dirmi che nel frattempo non hai fatto un giro su internet e scaricato un mucchio di file su di me?-

Lyla lo faceva.

Paperinik sapeva per certo che la sua amica androide, quando aveva un’aria particolarmente assorta, probabilmente stava guardando qualche serie TV direttamente in streaming dietro le palpebre socchiuse.

E sembrava sapere sempre tutto perché, tempo che qualcuno le facesse una domanda, lei aveva già scaricato tutto lo scaricabile sull’argomento da Quackpedia.

Ed era assolutamente certo che il suo nuovo nemico avesse fatto lo stesso già dalla prima volta che lo aveva visto.

Il pirata si mise a ridere di una risata sincera.

-Sei un tipo veramente interessante, lo sai? Ma l’educazione resta educazione, per cui…- rinfoderò la spada e gli tese la mano -Io sono Capitan Quacklock, onorato di fare la tua conoscenza-

Era troppo strano per essere vero. Un androide del futuro gli si presentava con modi d’altri tempi e con un nome che, accidenti, se solo si fosse ricordato perché gli era così familiare!

-Io sono Paperinik. I miei nemici mi danno altri nomi, me nessuno di essi è particolarmente lusinghiero, temo-

-Allora abbiamo un’altra cosa in comune-

E si strinsero la mano come se in realtà fossero vecchi amici.

-Sei qui veramente per chiedermi di smettere?-

Allora Paperinik sentì che era giusto giocare carte scoperte. Non sapeva perché, ma gli sembrava giusto essere onesto fino in fondo.

-No, in realtà no. Il piano originale era completamente diverso, ma a me piace cambiare programma all’ultimo minuto e improvvisare-

-E posso sapere qual era il piano originale?-

Paperinik estrasse dalla tasca il telecomando.

-Questo era il piano originale-

Dallo sguardo dell’androide ebbe il sospetto che sapesse perfettamente di cosa si trattava, per cui fece in fretta la sua mossa.

-Mi pare che tu abbia una buona mira, Capitano, ti consiglio di farne uso adesso-

E lo lanciò in aria più in alto che poteva. L’astronave aveva un soffitto alto e l’oggetto descrisse un’ampia parabola… prima di essere disintegrato a mezz’aria mentre cadeva.

-E adesso?- chiese il pirata.

-Adesso parliamo da persone civili-

-Io non sono una persona-

-Ed io potrei non essere tanto civile-

-Di sicuro non sai eseguire gli ordini. Mr Zone non sarà contento di sapere ce mi hai permesso di distruggere mesi delle sue ricerche e l’unica cosa in grado di fermarmi-

-Non devo dare conto a Mr Zone né a nessun altro di come mi comporto-

-Ah, no? Eppure sei qui perché ti hanno mandato loro. Se non esegui i loro ordini, che senso ha tutto questo?-

-Ha un senso. Lo so che è assurdo ma lo faccio per Odin Eidolon-

-Cosa vuole ancora da me? Io lo disprezzo e lui lo sa bene, e se ancora non l’ha capito vuol dire che non è intelligente come sembra-

-Forse lo stai considerando male. Lo sai che è stato Odin a battersi perché ti fosse concessa la possibilità di essere riportato sulla terra per provare a curarti? Il resto del consiglio sarebbe felice di usare direttamente i cannoni per polverizzare te e la tua astronave-

Il pirata gli rivolse un’occhiata colma di scetticismo.

-Questo dovrebbe impressionarmi? So cosa farebbero di me se tornassi, e credimi, preferisco i cannoni-

Paperinik non poté fare a meno di pensare che sì, aveva ragione, e probabilmente lui stesso avrebbe preferito finire in brandelli piuttosto che essere resettato.

Eppure doveva esserci un modo per fare cambiare idea a quella testaccia dura!

-Non puoi continuare così!-

-E a te che importa? Non ci siamo mai visti prima e non ci vedremo mai più, anzi mi viene voglia di riaprire quel portello e di defenestrarti a suon di calci nel portapiume-

-Provaci!-

Ognuno dei due dimenticò le rispettive armi perché quello era diventato un conto personale da regolare alla pari, per cui, come se avessero sentito suonare il gong d’inizio di un incontro di boxe, cominciarono ad azzuffarsi, dimentichi all’improvviso delle buone maniere e del contegno da super eroe.

L’androide era decisamente molto più forte ma Paperinik non aveva nessuna intenzione di mollare.

Era la proverbiale testardaggine di Paperino a tenerlo in piedi.

Peccato che la testardaggine da sola non bastasse a fargli anche da scudo, per cui dopo un paio di minuti era tutto ammaccato mentre il suo avversario stava benissimo e anzi non si era minimamente scomposto.

-Allora, finiamo qui o vuoi prenderne ancora, eroe del passato?-

-Perché, tu sei stanco?-

-La mia ultima offerta: prendi una scialuppa, tornatene sulla Terra e al tuo tempo e lasciami in pace-

-Se lasciarti in pace vuol dire che tu continui a giocare a fare il Robin Hood dello spazio no, non me ne vado-

Allora il pirata lo afferrò dal collo e lo tirò su di peso.

-Non hai ancora capito? Non voglio la tua pietà, né quella di Eidolon né di qualunque altro moralista che creda di riportarmi sulla retta via-

A quel punto Paperinik era nella posizione perfetta per urlargli praticamente sul becco, e fu esattamente quello che fece perché non apprezzava minimamente essere acchiappato in quel modo.

-Io non sono un moralista da strapazzo, razza di pirata della domenica, altrimenti perché ti avrei fatto distruggere il telecomando? Forse qualche infiltrazione di umidità ti ha danneggiato i circuiti, ma, in caso non lo avessi notato, io lo faccio anche per te! Dimmi se strozzarmi ti sembra un buon ringraziamento!-

Il pirata aprì la mano molto lentamente e finalmente Paperinik poté respirare.

Anche se forse più che la stretta era stato il suo sbraitare a privarlo dell’ossigeno.

L’androide lo guardava con una strana espressione.

-Perché dici che lo fai per me?-

Allora Paperinik perse completamente la pazienza, che già normalmente non era la sua dote caratteristica.

-Mi chiedi perché? Non ci arrivi da solo? Lo faccio perché tu sei speciale e non devi sprecare la tua vita a fare i dispetti a gente che ti considera una macchina difettosa. Tu puoi fare molto di meglio che questo. Hai un intero universo a disposizione, non puoi restare ad arrugginirti ronzando in un angolo attorno alla Terra. Lo capisci oppure no?-

Credette di vederlo sorridere e per un attimo credette di averlo convinto.

-Apprezzo il tuo interessamento, ma ti ho già spiegato che non mi rimetterò mai nelle loro mani-

E detto questo gli voltò le spalle. Il modo in cui il mantello nero con l’interno rosso si era mosso dietro di lui aveva fatto scattare qualcosa nella memoria di Paperinik, come se finalmente di fosse mosso l’ingranaggio giusto, ma non aveva il tempo di capire cos’era.

Gli corse dietro e praticamente lo placcò alle spalle facendolo rotolare a terra.

Riuscì a bloccarlo sul pavimento solo perché lui non se lo aspettava e sapeva di non avere molto tempo per costringerlo ad ascoltare.

-Allora non hai capito proprio niente! Ti sto dicendo che devi andartene perché loro ti daranno la caccia anche quando io non ci sarò più. E sarà peggio fidati: ti faranno a pezzi. Ed io…io non voglio!-

Il pirata se lo scrollò di dosso e si rialzò senza il minimo sforzo, Paperinik invece cadde a terra di portapiume.

-Mi suggerisci di scappare? Io non sono un vigliacco-

-Lo so che non lo sei, anche per questo ti suggerisco di impiegare meglio la tua vita-

Il suo nemico, che forse ormai non era più un nemico, rimase a guardarlo per un po', ed il suo era uno sguardo che racchiudeva un milione di cose.

Erano segreti, ricordi e tutte le cose straordinarie che doveva avere visto da quando era scappato nello spazio.

-Non credevo che qualcuno potesse interessarsi tanto a me-

-Finalmente ci sei arrivato. Se si usano ancora i premi Nobel in questo secolo ricordami di candidarti-

Per un attimo gli sembrò che avesse sorriso, ma sicuramente era stata solo un’impressione.

-Tu credi di avermi capito? Credi di sapere tutto quello che faccio e perché? Ebbene, voglio mostrarti una cosa-

Paperinik lo osservò incuriosito mentre si toglieva la bandana dalla testa e poi slacciava la benda che aveva sopra l’occhio destro.

Lui, da essere biologico, aveva supposto che sotto la benda ci fosse qualche cicatrice oppure un’orbita vuota.

Non era così.

Sotto la benda c’era un occhio artificiale.

La differenza era che il rivestimento superficiale era strappato e quindi si vedeva perfettamente tutto il movimento delle parti meccaniche al disotto, ad esempio quando la lente veniva spostata avanti e indietro per la messa a fuoco.

Era comunque impressionante, ma non era una menomazione come aveva creduto Paperinik.

-Purtroppo la funzione di autoriparazione di noi androidi non comprende il rivestimento esterno, quello che ci rende esteriormente simili alle creature biologiche. Questo è un ricordo di quando sono fuggito dal laboratorio, e per farlo aggiustare dovrei rimettermi nelle loro mani. Preferisco portare una benda piuttosto che dipendere da loro, anche se per una riparazione superficiale, e poi questo mi ricorda sempre quanto si più pagare cara la libertà e quanto sia preziosa-

Era un discorso molto toccante, ma il problema di Paperinik era un altro.

-Aspetta… ma tu sei cieco da quell’occhio oppure no?-

-No, non lo sono. Anche se lo copro posso usare la termocamera, i raggi infrarossi e gli ultravioletti, più ovviamente la visione notturna-

-Ah… capisco… dunque…- e stavolta fu Paperino ad esplodere in tutta la sua proverbiale irascibilità.

-Tu, razza di imbroglione! Ed io che mi sentivo in colpa perché credevo che tu non ci vedessi! Ma lo sai che hai una gran faccia tosta?-

E continuò su questo tono per un bel pezzo, mentre provava inutilmente a colpirlo ed il pirata rideva sinceramente divertito dal suo sfogo.

-Ah, ti diverte avermi preso per fesso? Guarda che ti faccio nero anche l’altro occhio-

Ma aveva un bel sbraitare, perché al capitano bastava un solo braccio per tenerlo a distanza e lui non aveva neanche lo scudo extrasformer.

Erano incredibilmente simili eppure opposti.

Il pirata lo lasciò andare solo quando lui fu completamente esausto.

-Ahahah! Sei incredibile, Paperinik! Non credevo che mi sarei mai divertito tanto! Adesso mi sembra giusto ringraziarti. Ce la fai a seguirmi?-

-Mi sai dando del pappamolla?-

-Non ho aperto becco, giuro-

-Seee… come no!-

Eppure lo seguì lungo il corridoio dell’astronave. Si fidava di lui, ed il fatto che il pirata lo avesse fatto arrabbiare per la storia l’occhio non c’entrava nulla con la stima che aveva di lui.

-Vedi, Paperinik, io rubo i diamanti e li distruggo perché non mi servono a nulla. Che bisogno ho di oro, argento o minerali colorati quando possiedo già…- Il corridoio si aprì all’improvviso in una grande sala in cui la parete era un'unica grande bolla trasparente ed il pirata indicò lo spazio che si vedeva perfettamente -… già tutto questo-

Era davvero uno spettacolo mozzafiato.

Si vedevano stelle, galassie lontane, nebulose, asteroidi, scie di comete. Ed in un angolo la Terra con la luna che le orbitava attorno, e più lontano ancora il sole.

Paperinik non fece la domanda stupida “Come puoi essere il padrone dello spazio?” perché aveva capito a istinto cosa volesse dire.

Il capitano voleva la libertà di vagare nell’immensità del cosmo senza dover rendere conto a nessuno.

Sì, Paperinik lo capiva e forse un po' lo invidiava.

-Tutto questo è bellissimo. Grazie per avermelo mostrato-

Disse alla fine.

-Credevo fossi la persona giusta per apprezzarlo. Ormai i terrestri guardano allo spazio solo come una via che li porta a nuove ricchezze, tu invece sei diverso-

Paperinik lo prese come un complimento.

-Ma se mi lasci andare, non hai paura che il consiglio che ti ha mandato possa arrabbiarsi con te?- gli chiese ancora il capitano.

-Sarà il nostro piccolo segreto. Dirò che eri troppo forte per me-

-Ti considereranno un debole-

-Non mi importa di loro. Figurati, io tornerò in un posto dove loro non sono neanche nati!-

Non riusciva a vedere l’androide al suo fianco ma era certo che stesse sorridendo.

Lui era ancora immerso nello spettacolo dell’universo con tutti i suoi corpi celesti che sembravano a portata di mano quando si sentì afferrare per la spalla e il pirata lo fece girare per guardarlo negli occhi.

-Perché non resti qui? Anche tu desideri la libertà e troppo spesso devi scendere a compromessi che non ti piacciono, non è vero? Resta sulla mia nave-

Per un attimo Paperinik fu tentato di accettare.

Sicuramente nello spazio non c’erano creditori che lo inseguivano, o kiwi ottusi che parlavano male di lui più per sport che per convinzione, oppure zii schiavisti…

-Io… mi dispiace. Io ho delle responsabilità-

-Verso la Terra?-

-Verso il mio tempo. E verso questo futuro-

Il pirata lasciò cadere la mano. Sembrava sinceramente dispiaciuto, e questo rendeva ancora più difficile a Paperinik restare fermo nella sua decisione.

-Capisco. Allora non ti tratterrò. Quando vorrai andare scegli un’unità singola e lei ti riporterà sulla Terra-

-Ti ringrazio, capitano-

-Anche io ti ringrazio, eroe del passato-

 

*

 

Passarono ancora del tempo a parlare del più e del meno.

Capitan Q gli faceva tante domande sul passato e sembrava che in realtà provasse nostalgia di qualcosa che aveva vissuto tanto e tanto tempo fa.

A Paperinik piaceva la sua compagnia.

Si sentiva come se avesse ritrovato un vecchio amico mentre parlava con lui ed era molto piacevole.

Aveva rinunciato a capire cosa fosse il ricordo che tentava di riaffiorare, e si limitava ad accettare la sensazione che eprovava; era un senso di appartenenza, come se fosse finalmente tornato a casa dopo un lungo viaggio.

Solo quando era già seduto nella navicella singola e lo stava salutando con un’ultima stretta di mano gli venne in mente che non gli aveva fatto una domanda importantissima.

-Aspetta! Questa nave! Come si chiama la tua astronave?-

-Non te l’avevo detto? Questa è l’Arcadia-

Quel nome mise tutto a posto.

Il mantello nero, un pirata dello spazio, la benda sull’occhio, il senso di familiarità…

-Capitano!-

Urlò Paperinik da dietro il vetro. Fu come se lo vedesse per la prima volta.

All’improvviso aveva un’immagine della memoria da sovrapporre a quella davanti agli occhi ed era lui, non potevano esserci altre spiegazioni: quell’androide del futuro era Capitan Quacklock, l’eroe del suo passato.

Ora che aveva capito c’erano tante altre cose che avrebbe voluto dirgli, ma ormai la navicella era partita ed il capitano diventava una figura sempre più piccola lontano nello spazio.

 

____________________________________________________________________________________________________

 

Cantuccio dell’Autore

 

Salve a tutti amici pirati o pikapperi.

Questo avrebbe dovuto essere l’ultimo capitolo ma siccome mi sono dilungata troppo su certe cose adesso sono costretta a fare un epilogo corto a parte.

Ringrazio tutte le persone che hanno letto il primo capitolo e spero di non deludere con questo.

Alla prossima!

 

                           Makoto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Paperinik / Vai alla pagina dell'autore: Smeralda Elesar