Libri > Il meraviglioso mago di Oz
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Autore: artemisia la fee    16/09/2016    1 recensioni
Vi siete mai chiesti come sarebbe il meraviglioso mondo del Mago di Oz, se Dorothy non fosse una tenera bambina che un ciclone ha portato lontano, ma una giovane donna scappata di casa e in cerca di un luogo che possa chiamare casa. Se il Leone Codardo, Lo Spaventapasseri e il Boscaiolo di Stagno, non fossero i ridenti personaggi di cui siete abituati a leggere. Perché questa Oz non è quella di cui siete abituati a leggere. Nessuna fiaba e nessuna magia, solo la cruda realtà di una città governata da bande e streghe, tra decadimento e lusso sfrenato, in cui nessuno è quello che sembra.
Pronti a seguire i mattoni gialli nei bassifondi di Oz?
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Boscaiolo di Latta, Dorothy Gale, Leone Codardo, Spaventapasseri, Strega dell'Est
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, sono artemisia e sono elettrizzata da questo mio nuovo progetto a cui sto pensando da un bel po.

Il Mago di Oz è una storia che ho amato tanto fin da piccola, ma dopo averlo riletto da adulta ho iniziato a vederlo sotto una luce diversa e da quei pensieri è nato questo.

Spero vi piaccia XD

 

 

 

Capitolo I

La tempesta”

 

Dorothy aveva visto questa scena così tante volte, che ormai non le faceva più lo stesso effetto di un tempo.

Il cartellino di plastica col suo nome giaceva ai suoi piedi dove l'ennesimo capo, dell'ennesimo squallido pub in cui lavorava, la licenziava.

Senza il minimo risentimento, prese l'ultima busta paga che le era dovuta e se ne andò sbattendo la porta.

Da quando aveva lasciato l'università tre anni prima non era mai riuscita a tenere lo stesso lavoro per più di un anno.

Spesso si domandava di chi fosse la colpa. Sua o di tutti gli altri. Lei non si vedeva come tutti, in quel posto dimenticato da Dio nel bel mezzo del Kansas, la descrivevano.

“Dorothy Gale non farà nulla di buono nella sua vita” dicevano. “Cosa penserebbero i suoi poveri genitori se fossero ancora in vita”,“I suoi zii sono troppo buoni, a tenerla ancora in casa”

I suoi genitori erano morti quando aveva solo undici anni, da allora viveva con i suoi zii Emma ed Henry.

Una volta aveva trovato il coraggio di andarsene dalla casa degli zii. Aveva appena lasciato l'università, che si era pagata con i soldi che i suoi avevano messo da parte in vita, ma loro non l'avevano riaccolta con loro.

Così aveva cercato di lavorare per pagarsi una casa, e per un po di tempo ci era anche riuscita, solo che poi era stata licenziata ed era stata costretta a tornare dagli zii tra le suppliche e loro l'aveva riaccolta a malincuore.

I motivi per cui veniva licenziata erano sempre più o meno gli stessi. Aveva un temperamento troppo irascibile e non sapeva stare al suo posto.

La realtà era un'altra secondo Dorothy, questa era solo la storiella che si raccontavano tutti quei bigotti di paese. Perché se un cliente la molestava, faceva apprezzamenti inappropriati o le urlava volgari insulti, lei non restava al suo posto chinando la testa, ma rispondeva a tono, cosa che non era mai andata giù a tutti i suoi datori di lavoro.

Dicevano che era sbagliata, troppo diversa per integrarsi nella loro società. Che la pensassero pure come gli pareva, che la licenziassero da ogni posto in cui andava, lei non sarebbe mai cambiata per loro.

Fuori dal pub l'aria era fredda e tirava un forte vento, il cielo si stava lentamente tingendo di blu. Salì in macchina e si diresse decisa verso casa, guardando le immense praterie grigie e secche bruciate dal sole.

La casetta, che un tempo era stata una grande fattoria, ora era vecchia con la vernice tutta scrostata e non faceva altro che rendere deprimente tutto il resto del paesaggio.

C'era solo un'unica cosa che la rallegrava in tutta quella tristezza, una grossa macchia nera che correva incontro e le saltava addosso leccandole tutta la faccia. Era il suo cane Toto, un grosso golden retriever nero.

Gli zii non lo facevano mai entrare in casa, perché sporcava e rovinava i mobili, così Dorothy gli aveva costruito un grossa cuccia da un vecchio capanno.

“Ehi, Toto piano” rise cercando di togliersi il grosso cane di dosso “Ti sono mancata eh?” lui rispose abbaiando felice.

“Dorothy, sei tu?” urlò un voce e un'ombra si stagliò sulla porta d'ingresso, illuminando il giardino ormai buio.

Gli zii, erano quelle classiche persone che esprimono antipatia anche solo a guardarle. Ormai non più giovani, si erano lasciati andare come qualsiasi cosa da quelle parti. Erano tristi e scontrosi, come le praterie bruciate dal sole e la vernice che si staccava dalle pareti.

A volte Dorothy si domandava se le avessero mai voluto bene e se fossero mai stati felici. Forse un tempo, quando era piccola e cercavano di crescere quella bambina in lutto, comprandole giocattoli e vestitini colorati. Solo che la bambina non voleva giocattoli o vestitini, voleva la sua mamma e il suo papà, ma loro non erano o non volevano esserlo, così avevano lasciato la bambina a se stessa, lasciando che si chiudesse nel suo mondo, per dedicare tutto il loro tempo alla carriera lavorativa che li aveva resi così grigi.

La gioia che le aveva procurato Toto, svanì come un raggio di sole tra le nuvole. Iniziò a salire le scale del portico e superò la zia Emma che la guardò con aria truce.

“Come mai già di ritorno?” la rimproverò. Dorothy non la ascoltò e salì le scale verso la sua stanza.

“Ti hanno licenziato di nuovo, vero?” le urlò con sdegno dal fondo delle scale.

Dorothy si chiuse la porta alle spalle, isolandosi dalle urla degli zii. Prese uno zaino e lo riempì con qualche vestito, uno spazzolino e un pacchetto di sigarette. Indossò un maglione nero, una giacca di pelle e gli stivali, poi uscì di nuovo in corridoio.

Doveva andarsene, almeno per qualche giorno. Aveva un'amica a qualche città di distanza che l'avrebbe ospitata.

“Cosa stai facendo?” le chiese lo zio Henry “Te ne vai?”

Dorothy li superò e uscì' sul portico. Una folata di vento freddo e qualche goccia di pioggia le sferzarono il viso.

“Sappi che questa volta non ti riaccoglieremo”

“Questa non sarà più casa tua” aggiunse la zia.

Lei si fermò e si girò a guardarli. “Questa non è mai stata casa mia” urlò gelida.

“Andiamo Toto” disse al cane, che la seguì trotterellando. Salirono in macchina e partirono senza guardarsi indietro.

La notte era ormai completamente scesa e a parte qualche luce tremolante di un lampione non si vedeva nulla. Il cielo era coperto da uno spesso strato di nuvole nere che non lasciavano filtrare la luce di una stella o della luna.

Ben presto sul parabrezza iniziarono a cadere grosse gocce di pioggia e la strada sterrata di campagna si trasformò in un lago fangoso.

Un lampo rischiarò per un attimo il paesaggio e Toto gli abbaiò contro con il muso schiacciato contro il finestrino.

“Tranquillo Toto, era solo un lampo” cercò di calmarlo, affondando le dita nella pelliccia.

Un altro lampo e poi un tuono la fecero sobbalzare e per poco non rischiò di uscire di strada.

“Va tutto bene” continuò a ripetere a se stessa come un mantra.

Il vento fischiava forte, la pioggia era sempre più insistente e la notte sempre più buia.

Dorothy si chiese cosa le fosse saltato in mente di mettersi in viaggio con un tempo come quello, ma solo l'idea di tornare dagli zii, la spronò a continuare.

Di fronte a lei non vedeva nulla, eppure sarebbe già dovuta arrivare in paese, ormai erano ore che viaggiava. Ma di luci o cartelli neppure l'ombra.

“Cazzo” imprecò sottovoce, stringendo convulsamente il volante.

Poi fu attratta da qualcosa a qualche metro davanti a se. Le sembrò di vedere delle luci e forse il profilo di una casa.

Mentre cercava di capire dove si trovasse qualcosa colpì violentemente il parabrezza frantumandolo e impedendole la visuale già minima. Presa dal panico cercò di frenare, ma il suolo bagnato fecero slittare l'auto che andò a schiantarsi contro qualcosa.

L'ultima cosa che Dorothy vide fu il volante che sia avvicinava sempre di più alla sua testa.

 

 

  
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