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Autore: PandorasBox    17/09/2016    1 recensioni
[Blue/Gansey, Post TRK]
Ogni giorno si trovano a pochi passi dalla scuola di Blue, guidano verso il luogo convenuto, si siedono intorno ad un tavolo e, mentre lei mangia il suo yogurt, lui tenta di concentrarsi su qualsiasi cosa abbia davanti e non sulle sue labbra aspettando la frutta in fondo al vasetto che gli spetta di diritto.[...] E cinque minuti diventano dieci poi quindici ed infine venti ed il suo vasetto di yogurt ancora non compare all’orizzonte, anzi, giace abbandonato a pochi centimetri da lui totalmente vuoto, Blue troppo presa dall’apparato digerente delle orche marine per farci davvero caso.
Ed è un po’ come una botta in testa, una secchiata d’acqua gelida e un pugno sullo stomaco tutto in una volta, un campanello d’allarme che suona nella testa e lui abbassa lo sguardo solo perché Blue lo sta fissando perplessa e lui ha bisogno di un attimo per pensare.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le cose abitudinarie, ripetitive, lo aiutano a rilassarsi e questo ormai lo ha capito.
È un po’ come quel potere che ha Herietta di calmarlo, quello che ha Blue di regalargli lunghe e tranquille nottate di sonno. Gansey non è così ingenuo da credere che la sua ricerca (infruttuosa, inutile, e quant’altro) di Glendower l’abbia portato ad Henrietta per fargli incontrare lei però, a volte, gli piace pensare che sia così. 
Appollaiata su una delle sedie della cucina con un libro di biologia davanti ed un vasetto di yogurt in mano Blue è la cosa più strana ed affascinante che abbia avuto modo di vedere e conoscere nel corso dei suoi vagabondaggi in giro per il mondo: meglio di quel che ha visto Nazca, con più energia di una linea di prateria, una piccola stella personale e al diavolo il fatto che si imbarazzi a pensare certe cose. Dopotutto è la verità e deve imparare anche lui ad essere un po’ più bravo in quel campo. 
La strada per diventare una persona schietta, però, è lunga e faticosa e Blue gli ha di nuovo sfilato gli occhiali per inforcarli ed arricciare il naso di fronte alla sua vista tanto debole quindi, in realtà, la suddetta strada non la vede neanche bene. 
Ma ci si sta abituando.
È un po’ più facile dell’idea di essere ancora vivo e cercare di far piani per quei prossimi cinquant’anni che non credeva avrebbe avuto, dopotutto. Tutto è sfocato ma non sarà sfocato a lungo, prima o poi la vita gli darà un paio di occhiali anche per quello.
«Insomma, Ronan ha detto che non torna a scuola?» chiede Blue, restituendogli gli occhiali e giocando con il cucchiaino che tiene in mano.
«Così sembra. Ha detto che in quel posto non rimette piede neanche se ce lo spediscono a calci in culo e Declan si è proposto per provare a vedere se è vero. Si è offerto anche Matthew ed oh, Jane, avresti dovuto vedere la faccia tradita di Ronan.»
La risata di Blue arriva mentre lui cerca di capire se è riuscita, di nuovo, a storcere le stecche degli occhiali e quello che lei gli lancia è uno sguardo che va oltre il divertito, pieno di qualcosa che non sa interpretare ma che gli riempie il petto.
Poi l’attenzione di entrambi torna sui libri ed in cucina è di nuovo silenzio ─ per quanto possa essere silenziosa una casa piena di donne che vanno avanti ed indietro, di clienti che entrano ed escono e di Orla che parla al telefono. Sono lì da ore e non ha ancora smesso un solo secondo, davvero, come fa ad avere ancora voce a fine giornata?
Quella dei pomeriggi di studio, in ogni caso, è una loro tradizione. Che sia a Monmouth o al 300 di Fox Way, che sia prima o dopo i turni di Blue al Nino’s, quella è la routine ed è così rilassante che a Gansey sembra di poterci quasi nuotare dentro. Ogni giorno si trovano a pochi passi dalla scuola di Blue, guidano verso il luogo convenuto, si siedono intorno ad un tavolo e, mentre lei mangia il suo yogurt, lui tenta di concentrarsi su qualsiasi cosa abbia davanti e non sulle sue labbra aspettando la frutta in fondo al vasetto che gli spetta di diritto. Le uniche variazioni sul tema possono essere Blue che guida la Camaro o lui che le ruba un bacio prima di rubarle il vasetto di yogurt ma, per il resto, non si sgarra, perché entrambi hanno bisogno di sentirsi vicini e vivi e nessuno gliene fa una colpa ─ o meglio, succede che gli altri li prendano in giro ma quello, si dicono, lo hanno già incluso nel pacchetto. 
Occhi inchiodati sul suo libro di francese, in ogni caso, troppo preso a cercare di capire il corretto ed impeccabile utilizzo del periodo ipotetico così da non fare la solita figura dell’anglofono ignorante quando porterà Jane a Parigi (perché ce la porterà, sì, deve solo decidere quando) non si accorge del tempo che passa.
E cinque minuti diventano dieci poi quindici ed infine venti ed il suo vasetto di yogurt ancora non compare all’orizzonte, anzi, giace abbandonato a pochi centimetri da lui totalmente vuoto, Blue troppo presa dall’apparato digerente delle orche marine per farci davvero caso.
Ed è un po’ come una botta in testa, una secchiata d’acqua gelida e un pugno sullo stomaco tutto in una volta, un campanello d’allarme che suona nella testa e lui abbassa lo sguardo solo perché Blue lo sta fissando perplessa e lui ha bisogno di un attimo per pensare.
Che poi, oh, fosse facile farlo.
L’unico pensiero coerente che il suo cervello riesce a formulare è “Blue mi vuole lasciare” seguito immediatamente da “Non sono morto due volte per questo.”
Blue lo guarda con più insistenza e lui monta su la faccia da Mr. Cellulare ─ quella che ammazza qualsiasi fantasia un po’ a chiunque- e lei torna a studiare con aria perplessa.
Le ore che seguono sono pesanti come macigni e, no, non gli importa se, parafrasando il messaggio che sicuramente ha scritto Adam, si sta facendo un film per una cavolata successa per caso.
Perché il caso non esiste e, anche nel caso in cui esistesse, lui non ci crede.
Cena a casa delle veggenti, come al solito, ma questa volte è immerso fino al collo nei suoi tragici pensieri. Saluta Blue frettolosamente e si sbriga a tornare a Monmouth dove ha radunato i tre ragazzi con meno esperienza in campo amoroso di tutta l’America: non l’idea migliore ma, dopotutto, quello è ciò che passa il convento.

 

«Jane mi vuole lasciare! Non sono morto due volte per questo, capite?» aveva chiesto, buttandosi sul divano in modo più drammatico di quanto volesse, Adam aveva alzato un sopracciglio (quello ragionevole del “mi stai prendendo in giro, vero?”), Ronan aveva tirato fuori il verso più infastidito a cui potesse pensare ed Henry si era solo grattato una tempia.
«In realtà l’ultima volta sei un po’ morto per colpa sua, nel senso: c’era lei ma la cosa principale era che Adam aveva deciso di svegliare il Fantabosco e qualsiasi cosa ci fosse dentro. Però cioè, alla fine è stata anche lei, quindi...»
«No, Cheng.» Adam lo aveva bloccato prima che questo potesse andare avanti, Henry lo aveva guardato perplesso.
«Cosa c’è? È la verità” Tu hai fatto il casino e lei lo ha baciato e lui--»
«Cheng, cazzo, non mi pesa tirarti fuori dalla finestra.» aveva ringhiato Ronan, ma tutti quegli scambi sono ovattati alle sue orecchie, quasi non stessero succedendo accanto a lui. Preso com’è da quel compatirsi non si accorgerebbe nemmeno accorto se Cheng fosse davvero finito fuori dalla finestra a fungere da esempio pratico alla legge fisica della caduta del grave.
«Sei il lepricauno più antipatico che io abbia mai conosciuto.» sente Henry borbottare e poi è solo silenzio e rumore di gente che si accomoda come può.
Dopo aver rubato il divano non rimane molto altro su cui sedersi che non sia il pavimento, deve ricordarsi di scusarsi.
«Si può sapere che cazzo ha fatto lo hobbit?» è la domanda che lo scuote, che lo costringe a sedersi composto cercando di veicolare il dramma di un uomo («Uomo un cazzo, neanche ancora ti cresce la barba!») distrutto in ogni fibra del suo essere.
«Non le importa più di me.» era stata la risposta chiara e concisa perché tant’è: a Blue non importa più di lui. E si comincia sempre così: prima non ti lascia la frutta in fondo al vasetto di yogurt, poi non ti chiama più ad orari improbabili per parlarti delle salvaguardia della foresta ammazzonica, il passo successivo è non invitarti a cena e poi, dal nulla, ti restituisce tutti i libri sulle lotte femministe in America che le hai regalato e ti fa ciao ciao con la mano.
Non se lo merita, dopotutto, e questo lo sa lui, lo sa lei e lo sanno tutti.
«Fidati, Gansey, se non le importasse niente di te su quel versante lo capiresti.» è la risposta che sente arrivare da Adam e, per solo una frazione di secondo, si sente un po’ in colpa a parlare di certe cose davanti a lui. Frazione di secondo che si risolve quando realizza che l’altro ora è felice e contento con qualcun altro (con cui sfiderebbe chiunque ad essere felice e contento, oltretutto) e quindi sta solo parlando per esperienza. Esperienza di cui non si fa troppo, sinceramente, ma apprezza lo sforzo.
«Ma...non mi ha lasciato la frutta in fondo al vasetto....!» trova appena la forza di lamentarsi, esasperato, cercando di fare capire agli altri quale sia il suo stato d’animo. 
È un sospiro l’ultima cosa che esce dalle sue labbra prima che tutti e tre i suoi amici lo mandino dritto a quel paese dove batte sempre il sole ed Henry aggiunga anche qualcosa in coreano che, immagina da come suona, deve essere molto offensivo.
La serata, neanche a dirlo, finisce lì.
La nottata invece è lunga e la passa totalmente in bianco.

 

Uno, due, tre squilli, il telefono che vibra seguendo la melodia preimpostata. 
Si è accorto della vibrazione già al secondo squillo ma non è che al quinto che riesce a trovare il suo telefono in mezzo a quel marasma di coperte acciaffate dall'insonnia. È così abbattuto da aver addirittura rinunciato ad aggiungere una casa alla sua Henrietta in miniatura regalandosi qualche ora a studiare il soffitto troppo alto sopra la sua testa, steso in un letto che deve imparare a rifare come si deve. 
«Jane?» chiede, sottovoce, rispondendo finalmente alla chiamata. 
L’orologio segna le 4:49, fuori è ancora buio, non si aspettava quella chiamata. 
«Parlo con il capo della CIA?» la voce di Blue è un sussurro quasi quanto la sua, la immagina seduta sul davanzale della finestra o raggomitolata nella sua coperta fatta di tante vecchie coperte cucite insieme. 
«Forse ha sbagliato numero, signorina.» replica, stando al gioco, può immaginare Blue sorridere dall’altra parte del telefono e sente qualcosa annodarsi in gola.
«Pazienza, un giorno imparerò quello giusto.» dice e a quelle parole segue il rumore di qualcuno che fruga in un cassetto, poi di nuovo silenzio. «Posso comunque denunciare mia madre che ha comprato una marca diversa di yogurt togliendomi il divertimento di evitare i pezzettini di frutta? Dicono un ragazzo sia caduto in depressione per questa cosa.»
Il rumore di qualcosa che cade, ma questa volta viene dalla stanza accanto, forse Ronan ha sognato qualcosa di pesante. Gli manca poter pensare che sia Noah che gioca a fare il poltergeist.
«Spero quel ragazzo stia bene, ora.»
«I suoi amici hanno detto che lo hanno visto distrutto ma abbiamo appuntamento per fare colazione insieme, quindi forse domani mattina saprò dire qualcosa di più.»
Silenzio. 
«Mi stai dicendo che sono scemo, vero?» e lo sente distintamente, Gansey, lo sente quando tutta quella tensione sparisce dalle sue spalle e dal suo stomaco. 
Una risatina, leggera, e la sente muoversi nel letto. 
«Quello lo penso solo, sono educata. Però domani mattina ci vediamo, vero?»
Gansey di sbriga ad annuire, farfuglia un sì quando si rende conto che, ovviamente, l’altra non può vederlo, un’altra risata.
«Buonanotte, Richard.» mormora lei, facendo seguire un sono sbadiglio alle sue parole.
«Buonanotte, Jane, spero tu riesca a chiamare la CIA.»
«Domani mattina mi aiuti a cercare il numero, no?»

   
 
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