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Autore: tixit    18/09/2016    2 recensioni
E se le cose fossero andate in modo un pochino diverso? Se Thor fosse stato riportato da Midgard ad Asgard e avesse ritenuto Loki un usurpatore del Trono? Se Loki fosse comunque caduto dal Bifrost?
Alcuni elementi tornano, ma pochi - del resto e' un "what if?".
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Le cose sono cambiate

"Mi spiace" Helblindi era sincero, ma Thor non si sentì rinfrancato.

"Quando lo abbiamo trovato, aveva le labbra cucite... posso conoscere le circostanze?" il gigante, che era più alto di lui, ma non poi così più tremendamente alto, comandò con educazione, come se stesse parlando del tempo su uno dei nove pianeti - Musspellheim, per esempio.

Thor sapeva che avrebbe potuto non rispondere, in fondo lui era il Reggente di Asgard, ed Helblindi era solo il Primo Rampollo di Jotunheimr, ma decise di essere sincero.
"Dopo quello che io qui avevo... dopo il mio esilio, lui ebbe una discussione con nostro padre, non so a che proposito, e nostro padre, Odino, cadde nel suo Sonno. Lady Frigga lo designò come Reggente e lui accettò, poi si mosse perché io venissi riportato indietro dal mio esilio, poi cambiò idea. Credo si sentisse in conflitto, troppo coinvolto per essere giusto, così chiese la convocazione della Althing, la nostra Assemblea Generale. Pose come questioni da discutere la mia posizione come esiliato, la mia posizione come erede, in questo particolare frangente, e poi chiese che venissero individuati tre candidati alla Reggenza tra cui scegliere. La Corte non era a suo favore, da quel che ho capito, l'Assemblea, invece, lo era." Thor sospirò, la Corte era sempre stata dalla sua parte, come erede, e lui lo sapeva bene, e non aveva mai creduto che, per il Regno, suo fratello avesse davvero una chance... Ma la Corte e l'Assemblea giudicavano un Re e un Reggente su parametri diversi. Lui era quello popolare ed era una macchina da guerra, ma... l'Altro, l'altro era una macchina da guerra per quanto riguardava la risoluzione di un problema.
"Decise quindi di punire i miei amici, che avevano cercato di riportarmi indietro, come traditori e pure il Guardiano, Heimdall, per averci fatto scendere su Jotunheimr quando non era suo diritto fare questa scelta - Odino aveva dato ordini precisi - e per averlo sfidato, appoggiando i miei amici."

Helblindi inarcò un sopracciglio, ricordandogli incredibilmente Loki. "Irrequieto il ragazzo..." 

A Thor sarebbe venuto da sorridere, in altre circostanze - Loki era diventato di colpo davvero irrequieto, il suo fratellino adorabile, sempre tranquillo, sensibile, amante dei libri, sempre a preoccuparsi di politica, diplomazia, di capire come funzionavano le cose, di ascoltare, risolvere... parlare... ad un certo punto si era scatenato. 

"Stava segnando il suo territorio, ma non aveva torto,"  replicò con voce imbarazzata, "era lui il Reggente, per volere di nostro padre, di Lady Frigga, e pure della Althing, le sue decisioni non avrebbero dovuto essere discusse. Non in quel modo, almeno."

"Eh no..." Helblindi annuì con un sorrisetto ironico.

"Quando tornai presi il suo posto."

"Una decisione di Re Odino, o della Regale Consorte, o della vostra Assemblea? O un colpo di Stato? "
 
Thor si mosse a disagio. Quella sera era entrato nella sala del Trono e aveva lottato con suo fratello, bloccandolo poi al suolo. Le labbra cucite erano state la vendetta di Sif e dei suoi amici, ma lui non aveva mosso un dito, mentre gli altri lo tenevano fermo, pensando che Loki, invidioso, avesse usurpato il posto di Odino, che quel trono non poteva essere suo di diritto - era sempre stato lui il prescelto, il figlio più amato, non era una cosa poi tanto sottile quella preferenza tra loro, lo sapevano fin da quando erano piccoli, solo che, tra di loro, facevano finta di non saperlo, perché, razionalmente, sembrava una cosa ingiusta. Ma Odino si preoccupava se Thor non imparava qualcosa, mentre di ciò che faceva Loki non si interessava realmente.

Allora aveva solo pensato che Loki non aveva nessun diritto di giudicare i suoi amici di sempre, che in fondo, si stavano comportando sempre al solito modo.  Gli sfuggiva che un conto era disprezzare a mezza bocca, tra loro, il fratello minore del futuro Re, un conto contrastare apertamente il Reggente.
A sua discolpa poteva dire che stare sulla Terra, impotente, lo aveva sconvolto. Forse se fosse rimasto più a lungo, avrebbe trovato un suo posto... ma tutto era andato come era andato.

Fu solo quando vide Frigga, libera, seduta accanto a suo padre, che, dopo i baci e gli abbracci, si stupiva delle sue parole - liberarla? da cosa? usurpatore? chi? ma di che stava parlando? - che gli venne il dubbio che le cose non stessero proprio come i suoi amici le avevano percepite.

"Un tragico errore." mormorò, passandosi una mano sulla fronte. Se avesse usato la parola tradimento avrebbe dovuto giustiziare Fandral, Hogun, Volstagg e Sif. E anche Heimdall.
Non l'aveva usata. Suo fratello avrebbe capito, in fondo lo copriva sempre, da quando erano solo due bambini. Le labbra... il dolore doveva già essere passato. Ne avrebbero riso.
Magari non subito, ma tra qualche tempo ne avrebbero riso.

"Come mai è finito da noi?"

Un'idea di Heimdall. Ma non poteva dirlo con certezza - quando tutta la catena di eventi gli era stata chiara, aveva capito che la Althing non lo rivoleva indietro perché governasse Asgard, non con una crisi politica in atto e la possibilità di una guerra. La Althing voleva la pace e quindi voleva Loki perché suo fratello gliela avrebbe portata.
Quando gli era stato chiaro che suo fratello non voleva iniziare una Reggenza contrastando l'ultimo ordine del legittimo Re, a quel punto sua madre gli aveva chiesto, preoccupata, dove era suo fratello.
Lui aveva pensato al sicuro, nella sala del Trono, con le labbra cucite, ma questo dettaglio sua madre non lo avrebbe dovuto sapere per forza - Loki guariva in fretta, sarebbe passato sopra la vicenda, in fondo lo faceva sempre... non c'erano mai cicatrici sul suo corpo - avrebbe dimenticato.
Se solo lui lo avesse lasciato immobilizzato da Mjolnir... nessuno lo avrebbe potuto spostare mentre lui non c'era. Ma Mjolnir era rimasto su Midgard, lui non aveva potuto sollevarlo.
Loki era semplicemente sparito e quei cinque, interrogati, ad un certo punto, avevano capito l'enormità di quanto avevano fatto, che non era più una faccenda tra di loro, uno scherzo mal riuscito al fratello meno... virile... del loro migliore amico, ma una questione di tradimento e ribellione. Non erano mai stati particolarmente svegli, da quel punto di vista.
Allora avevano raccontato che Loki era fuggito, spaventato - nessuno aveva fatto parola delle labbra cucite per sfregio, ma lui lo sapeva, era là, aveva visto, e non aveva detto nulla, nemmeno dopo. La loro versione fu che Loki era scivolato oltre il bordo del Bifrost. Un tragico errore - come dar loro torto? - un incidente. Così si erano tutti concentrati per cercare le tracce di Loki dove non era mai stato risucchiato ed anni preziosi erano andati persi.

Ma questi non erano fatti degli Jotun, loro erano Aesir, erano quelli civili, le bestie erano gli Jotun. Non poteva raccontare che quattro amici dell'erede esiliato avevano tentato di uccidere il Reggente designato, e, cosa più grave, senza nemmeno capire che cazzo stavano facendo.

"Un tragico errore" ripeté - in fondo non sapeva i dettagli. Non li aveva voluti sapere - sospettava non gli sarebbero piaciuti.

"Capisco... era solo curiosità," Helblindi non aggiunse nulla e rimasero in silenzio a guardarsi ai due lati opposti del tavolo.

"Sono venuto in pace," disse Thor, "vorrei solo riportare mio fratello a casa sua."

"E' questa la tua unica richiesta, Thor Odinson? Esattamente questa? Vuoi un prigioniero da torturare ad Asgard o vuoi che chi è caduto cinque anni fa sul nostro mondo stia in pace a casa sua?"

"La seconda."

"Ne sei certo? Non potrai riformulare la tua richiesta."

"La seconda, hai la mia parola."

"Giuralo, con la magia delle Norne."

Thor si irritò: nessuno avrebbe osato su Asgard dubitare della sua parola. Ma questa non era Asgard, decise, e lui era solo un selvaggio, per questo selvaggio dalla pelle azzurrata, un As che si divertiva a sterminarli. Aveva portato una guerra rabbiosa, ma priva di vera convinzione, interrotta solo dalla diplomazia degli altri regni.
Si chiese cosa avesse narrato Loki di lui - lo aveva perdonato? Loki alla fine era sempre restato dalla sua parte - aveva ammesso di essere invidioso, ogni tanto, ma anche di volergli molto bene. Forse aveva davvero avuto timore, sul Bifrost che suo fratello c'entrasse con quella follia? Ma lui non avrebbe mai fatto del male a suo fratello. Mai. Era Loki quello invidioso, tra i due... lui, Thor, non aveva mai avuto motivo.

Giurò anche Helblindi.

Quando riformulò la richiesta, Helblindi sorrise - lo stesso sorriso di suo fratello, di quando era soddisfatto per qualche cosa - "Sei già stato accontentato," rispose, "e credo sia meglio per tutti."

Thor divenne terreo, ma non disse una sola parola.

Poi Helblindi gli narrò che Heimdall doveva aver commesso un tragico errore - a Thor non sfuggì l'ironia - perché il Bifrost non aveva condotto Loki sul terreno, ma lo aveva materializzato a mezz'aria. Una caduta terribile, per fortuna aveva colpito la neve fresca ed era rotolato lungo il fianco di una montagna fino ad un altopiano. Una fortuna che quello fosse il territorio di un clan importante: i loro maghi avevano cercato di contenere la caduta, e lo avevano soccorso rapidamente, portandolo subito nella capitale.
Lì se ne erano occupati, ma non avevano capito cosa fosse successo - molte ferite erano dovute alla caduta, ma altre facevano pensare che fosse stato colpito, brutalmente, prima, e le labbra cucite li avevano lasciati perplessi.
La cosa più sconvolgente era stata scoprire che non era uno degli Aesir.

Thor sobbalzò.

In lui doveva esserci stato un desiderio interiore molto potente di essere un As - Helblindi non riusciva a capire perché, ma così era stato.
Solo che questo desiderio era svanito ed il mutaforma era tornato alla sua forma originale: la pelle lentamente era diventata azzurra, gli occhi color del rubino... forse era perché stava morendo, forse la paura, forse l'incanto consumava troppa energia, forse il desiderio era semplicemente svanito... Helblindi non lo sapeva.

Thor lo guardò con orrore.

"Non dovresti spiacertene: non avremo mai saputo curare un As ferito a quel modo. Per sua fortuna era Jotnar."

"E' vivo?" quando Helbindi gli aveva detto che il suo desiderio era stato accontentato aveva pensato che Loki era morto, che cinque anni fa era morto nel gelo di Jotunheimr, solo, maledicendoli tutti. Che era "tornato a casa" nel senso che aveva trovato pace nella morte.

"E' vivo. Ma..."

"Ma cosa?" maledice il mio nome? ha combattuto dalla vostra parte?

"Lui non ricorda... non ricorda nulla." Helblindi scosse la testa.

"Non ricorda le circostanze della sua venuta qui?" chiese Thor, in fondo speranzoso - gli avrebbe spiegato con calma, anzi, Frigga, la loro madre, lei avrebbe trovato le cose giuste da dire.

"Non ricorda nulla della sua vita su Asgard, la sua vita, per lui, inizia cinque anni fa in un ospedale di Utgard."

"Non importa, a casa gli spiegheremo..."

"Abbiamo cercato nelle nostre banche dati, tra tutti i bambini scomparsi, per fare un confronto. Di moltissimi avevamo il sangue e anche del tessuto per una mappatura... Lui è nato qua. Mi spiace moltissimo."

"Lui è mio fratello." ruggì Thor. La testa gli faceva male - Frigga gli aveva spiegato che c'era quella possibilità, che, se era sopravvissuto, su Jotunheimr, loro avrebbero scoperto... ma cosa importava? Loki era suo fratello, il suo compagno di giochi, la sua palla al piede, la lagna e l'amico, quello strano e quello speciale, tutto questo non era cambiato. Si era fratelli per sangue, ma pure per quello che si era vissuto insieme.

"Lui è mio fratello." disse con voce sicura. Aveva tanti episodi nel suo cuore, che lo testimoniavano.

"In base a cosa? Ai ricordi? Non li ha più." disse Helblindi, asciutto, e Thor impallidì. 

"Qualcuno lo ha reclamato?"

"Si, la sua famiglia," Helblindi lo guardò incerto, poi decise di proseguire, "Lui aveva due fratelli più grandi e il maggiore fu quello che lo prese in braccio appena nato - è una nostra tradizione, prendere in braccio il neonato per accoglierlo in seno alla sua famiglia, i nostri neonati sono molto sensibili al tocco: sono ricettivi, assorbono ricordi, sensazioni... è una cosa importante con chi vengono in contatto da piccoli. Essere scelti per accogliere il nuovo nato è un onore.
Suo fratello giurò di proteggerlo, ma c'era la guerra e dovettero fuggire, poi un attacco a sorpresa, il fratello pensò che la cosa migliore fosse nascondere il piccolo in un tempio, pensando che il nemico avrebbe rispettato ciò che era sacro per il suo nemico..." Helblindi tacque per riprendere fiato.
"Ma non fu così. Suo fratello pensò sempre che il piccolo fosse stato ucciso, o divorato dalle bestie - non si dava pace. Fu un dono per lui, cinque anni fa, scoprire che suo fratello era tornato"

"Ad Asgard può avere una vita migliore." disse Thor in fretta. "Suo fratello potrà vederlo ogni volta che vorrà, se lo desidera, ma sarà felice di sapere che suo fratello appartiene ad una famiglia ricca, molto ricca, e che vivrà in una reggia, riparato e protetto, tra persone che lo amano..."

"A parte il dettaglio delle ossa spezzate e delle labbra cucite." concesse Helblindi con un sorriso, "Che, lo abbiamo appurato, furono solo un tragico errore..."

Thor lo guardò interdetto. "Vorrei vedere Loki." disse asciutto.

"Si chiama Hvedhrungr, è il nome del vento che mormora." Helblindi sorrise, "ma in casa lo chiamano Vindur, è un grande mago e questa è stata una vera sorpresa - gli uomini Aesir non praticano il seidhr, lo sappiamo. Sta dando una mano agli affari di suo padre, rivelandosi abile. E' in gamba. Sua madre lo ha pianto per anni ed ora certe volte lo vizia - vanno d'accordo, hanno lo stesso senso dell'umorismo un po' caustico.
Gli è stato spiegato subito che è il fratello minore e non ha gli stessi diritti del maggiore, per alcuni aspetti ereditari, ma questa è la legge e lo ha accettato... sembra che non gli interessi che sia tutto suo, è molto collaborativo."

"Una reggia..." mormorò Thor allargando le braccia.

"Non ha ripreso completamente l'uso delle gambe, ci vorranno ancora un paio d'anni, per quello." disse Helblindi, con voce tranquilla, "Oggi non sarebbe un guerriero, ma solo un invalido, per voi Aesir... un invalido, uno studioso, un mago e... come dite... quale è il termine esatto? un ergi?" sembrava incuriosito. "Un po' troppo deludente per la reggia di Asgard, temo... Io credo che come sono andate le cose sia la soluzione migliore per tutti."

"E' il Principe Loki di Asgard!"

"E' uno Jotun, nato su Jotunheimr in un brutto momento, che è finalmente tornato a casa, cercando un rifugio, nel momento del bisogno e del pericolo. Non posso strappare un uomo alla sua casa solo perché il Reggente di un reame straniero lo pretende per farne un giocattolo. Il Re non sarebbe un buon protettore del nostro popolo, se lo consentisse. Pensate a lui come ad un ospite che è stato con voi molto a lungo e che, ad un certo punto, è tornato dalla sua famiglia, lasciandovi tanti ricordi."
 
Thor non disse nulla - la promessa gli pesava come un macigno. Non avrebbe potuto infrangerla e nemmeno aggirarla, avrebbe dovuto parlarne con sua madre,  "Posso almeno vederlo?" chiese.

"Lo turbereste e basta."

"Da lontano. So che il mio tempo è quasi scaduto..."

Helblindi lo osservò a lungo, soppesandolo, poi gli fece un cenno con la mano, "E' nella Biblioteca che insegna ai giovani maghi, venite..."

Thor lo guardò da dietro uno scaffale - era una biblioteca più piccola di quella della Reggia di Asgard, del resto questo era un regno molto più povero - lui era lui e sembrava a suo agio. Era Loki, ma di un altro colore, la voce era bassa e parlava in una lingua che non conosceva, a un gruppetto di maghi varie misure, che sembravano tutti interessati. Capì che chiedevano spiegazioni, li sentì anche ridere.
Poi lo vide alzarsi e camminare - zoppicava, con fatica, appoggiato ad un bastone di legno che sembrava una lancia. Quando ne vide il volto alla luce notò che una cicatrice irregolare, color lavanda, gli attraversava le labbra di sbieco.

"E' ora, " disse Helblindi, "il tempo è venuto e non vorrei che ad Asgard pensassero che vi sia successo qualcosa o che vi stiamo trattenendo contro la vostra volontà. Non vorrete scatenare una guerra?"

Thor annuì. Ne avrebbe parlato con Frigga, con Odino che a breve si sarebbe svegliato... una soluzione c'era, ci doveva essere, pensò rattristato.

Il Bifrost toccò il suolo di Jotunheimr e Thor, stancamente, si avviò verso casa. 
   
 
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