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Autore: FloxWeasley    18/09/2016    4 recensioni
Questa raccolta conterrà drabble nate in momenti diversi e per scopi diversi: a partire da prompt assegnati da qualcuno, oppure per partecipare a qualche sfida o anche solo per caso.
Dalla prima drabble:
Nel blu degli occhi di Derek vedeva i loro camici quando operavano insieme, scambiandosi occhiate complici da sopra le mascherine chirurgiche, e vedeva le onde del mare degli Hamptons rincorrere un paio di bimbi che ridevano a crepapelle, scappando sulle loro gambette malferme.
Vedeva i mirtilli insieme ai pancake la domenica mattina, le lenzuola preferite di Derek stropicciate dopo aver fatto l'amore.
Ma lui non la guardava e lei non gli urlava di farlo.
E, forse, tutto quel blu aveva finito per accecarla.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Addison Montgomery Sheperd, Altri, Amelia Shepherd, Derek Sheperd, Mark Sloan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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Qui la prima storia è una drabble (116 parole) scritta per un giochino sul gruppo Facebook “Il giardino di EFP” (https://www.facebook.com/groups/1691335601114703/): dovevo prendere una mia storia, vedere quale fosse l'ultima parola e scrivere una drabble usando quella parola come prompt. L'ultima parola de “Il cimitero sulla collina” era volte.

Le altre due sono una flashfic e una one-shot scritte per il Drabble Event del 14-15-16 Settembre 2016 indetto dal gruppo Facebook “We are out for prompt” (https://www.facebook.com/groups/756312397778464/) a partire da prompt che mi sono stati assegnati da altre partecipanti.

 

 


Prompt: volte
(Addion/Derek, seconda stagione)


A volte vorrebbe stringerla a sé per zittirla, strapparle con un bacio il fiato e le lamentele sulla roulotte troppo piccola e la natura selvaggia e le trote e Meredith e fare l'amore con lei contro la porta del bagno su cui ha sempre qualcosa da ridire, ma finisce per alzare gli occhi al cielo e andarsene senza ribattere.
A volte vorrebbe sorriderle e ridere con lei come un tempo, ma non è in grado di sostenere i suoi occhi vivaci.
A volte vorrebbe riscoprire il sapore delle sue labbra, ma si accontenta di sfiorarle una guancia e nulla più.
A volte sente di amarla, ma la maggior parte delle volte sa che non è abbastanza.

 

*



Addison/Derek, “Devo metterti in una piccola scatola se voglio andare avanti
ma non posso farlo se continui a comportarti da principe azzurro”


Prima c'era stato il caffè.
Derek aveva messo la testa dentro l'ufficio di Addison, l'aveva illuminata con il suo sorriso più smagliante e glielo aveva proposto: così, come se nulla fosse mai accaduto – Mark, Meredith, il divorzio, la vita.
Allora lei aveva accettato perché, in tutta onestà, quella notte era stata di guardia e Karev aveva come sempre fatto del proprio meglio per farle perdere la pazienza, e poi perché l'idea che Derek la guardasse con qualcosa di diverso dall'espressione di disgusto che le riservava dal giorno del divorzio – per non parlare di un sorriso vero – le dava un po' di speranza.

Siamo amici, Addison” le aveva spiegato lui mentre le passava una tazza di caffè particolarmente forte, rispondendo con un sorriso al suo sopracciglio alzato, “Non possiamo essere amici?”

Da amici c'erano quindi stati – nell'ordine – altri tre caffè, una cioccolata dopo un caso difficile, un paio di bicchieri da Joe una sera in cui nessuno dei due aveva avuto voglia di tornare a casa, e due – beh, due e mezzo, visto che durante l'ultimo il cerca-persone di Addison li aveva interrotti quando i contenitori del take-away erano ancora caldi – pranzi a folli orari da chirurghi.

Nel frattempo c'erano state altre cose, cose che ad Addison facevano venire voglia di prendere Derek per quei suoi stupidi capelli perfetti e scuoterlo fino a fargli ammettere che non erano amici nemmeno un po': imbarazzanti sfiorarsi di mani durati troppo a lungo, un quasi-bacio da Joe e molti, molti sguardi inopportuni e sorrisi indiscreti nascosti dietro le cartelle.

Poi... beh, poi c'era stato quel mercoledì pomeriggio nella stanza del medico di guardia.

“Addison? Sei qui?”
“Sì”
Derek mosse qualche passo nella stanza buia, avvicinandosi piano al letto a castello. Addison era rannicchiata sotto le coperte nella cuccetta di sotto e gli rivolse un debole sorriso quando lui le sedette accanto.

“Non mi sembravi molto in forma in sala operatoria” le sorrise l'ex-marito, mostrandole un bicchiere di carta e posandolo sul comodino vicino al letto. “È tè verde”
“Grazie. Sono solo stanca”

Derek le sorrise dolcemente e allungò una mano per sentire la temperatura sulla sua fronte. Le scostò una ciocca ramata dal viso, le carezzò una guancia, poi si fermò nuovamente sulla fronte.

“Sei calda, Ad. Dovresti tornare a casa” mormorò, le dita che le sfioravano piano il volto.
La donna sospirò profondamente e chiuse gli occhi, poi spinse via la mano.

“Non farlo, Derek”
“Cosa?”
“Essere carino e gentile. Devo metterti in una piccola scatola se voglio andare avanti ma non posso farlo se continui a comportarti da principe azzurro”

Derek restò immobile per qualche attimo, senza parlare. Poi un sorriso soffice gli curvò le labbra.
“Non voglio stare in una scatola”
E senza chiedere il permesso si chinò per baciarla.

 

*



Addison/Derek, What if: Derek non scopre mai il tradimento;
introspettiva angst dal punto di vista di Addison


Non avresti mai pensato di essere una di quelle persone. Una di quelle che tradiscono il marito e vanno avanti come se nulla fosse, buttano le lenzuola in lavatrice e si fanno una doccia e fingono che tutto vada bene.
Quando Mark ti ha baciata un'ultima volta ed è scivolato fuori dalla camera ti sei detta che Derek doveva sapere, doveva poter prendere una decisione: lasciarti, se non ti voleva più. Restare, se ti voleva ancora e riconosceva di avere la sua parte di colpa in quello che è successo.

Ma poi Derek quella sera non è tornato a casa e all'ospedale il giorno dopo ti ha salutata di sfuggita mentre correva accanto ad una barella e ti ha detto che no, non potevate pranzare insieme e che no, non sarebbe tornato a casa perché doveva monitorare un paziente importante, poi nel week-end è sparito con la sua canna da pesca e con lui un po' del tuo senso di colpa.

Si è infilato a letto all'una e cinquantaquattro di domenica notte – lo ricordi perché l'hai vista diventare lunedì dalla sveglia luminosa sul tuo comodino – e l'hai sentito stringerti a sé con desiderio, prima di lasciar scivolare una mano sotto la maglietta del tuo pigiama.

“Non mi va, Derek”
La mano è scesa un poco e tu ti sei scostata bruscamente, ripetendo: “Ho detto che non mi va”
Lui ha lasciato la presa e ha sciolto anche l'abbraccio – non che avesse bisogno di fingere che fosse rimasto qualcosa di diverso dal sesso, nel vostro rapporto, ma la cosa ti ha ferita comunque.

“Mark si comporta in modo strano” ha fatto, sbadigliando. “Sai che gli prende?”

Tu sei rimasta immobile a fissare il buio, le labbra sembravano bruciare di nuovo dei baci di Mark. Lui voleva che confessassi: non voleva mentire al suo migliore amico, diceva. Solo rubargli la moglie.
Ma tu non volevi Mark, volevi Derek.
E se Derek non riusciva nemmeno a vedere che qualcosa non andava con te, perché dargli la soddisfazione di essere sempre il migliore di tutti?
La povera vittima, il marito tradito.
No, non saresti stata tu a mettere fine ad un matrimonio a cui tenevi più di lui.

“È Mark, sai com'è fatto. Gli passerà”


E passa anche il senso di colpa.
Passa e poi torna: lo scarichi insieme alla colazione che rigetti ogni mattina nel bagno del tuo ufficio.
Torna e lo nascondi dietro casacche larghe di camici color salmone, insieme alla pancia che cresce sempre di più.
Torna e resta lì, annidato nel tuo corpo, e quando Derek la notte accarezza piano la curva sempre più accentuata del tuo ventre – sembra più partecipe e interessato, più innamorato anche, da quando gli hai detto del bambino – non sai se stia sfiorando il bambino o il tuo senso di colpa o se, in fin dei conti, le due cose non coincidano.
Resta e quando il bambino ti tiene sveglia la notte con i suoi calci e a fine giornata il solito mal di testa si annida tra le tue tempie pensi che sì, forse le due cose coincidono, perché un esserino così piccolo non può provocare tanti fastidi. Il senso di colpa, invece, sì.
Resta per tanto tempo che pensi di averci fatto l'abitudine, come hai fatto l'abitudine a rispondere ai baci di Derek senza più mostrarti impacciata e a ignorare le occhiate assassine che Mark rivolge a te e ai tuoi camici tesi al massimo per la gravidanza ormai avanzata.

Solo quando il tuo corpo è ormai insensibile al dolore e una specializzanda che non ti è mai piaciuta ti mette tra le braccia la neonata che hai passato le ultime trentadue ore a mettere al mondo ti rendi conto che no, le due cose non coincidevano: Rebecca ha guance lisce e ti guarda con i limpidi occhi azzurri di Derek e non assomiglia neanche un po' al senso di colpa.
La stretta allo stomaco che senti quando tuo marito ti bacia sulla fronte madida di sudore con una dolcezza riscoperta solo negli ultimi mesi, invece, ne ha tutte le caratteristiche.
E non lascerà mai il tuo corpo.

  
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