Capitolo 10: Ami e Yumi
- Non saresti dovuta venire. Hai visto la reazione di tua figlia, sarà
difficile parlarle ora. – adottò un tono autoritario, Azami, guardando sua
moglie che era distrutta dall’incontro con Erina - Sei stata lontana da lei per
anni, è ovvio che lei non voglia vederti né sentirti nominare. – disse senza un
minimo di empatia o commozione.
- Parli come se la colpa fosse solo mia, Azami. Sei stato tu a
spingermi verso questa strada. Non sarei mai andata via, se solo tu non fossi
cambiato tanto. Cosa ti è successo? Anche adesso parli come se il nostro
matrimonio fosse stata solo una farsa. Dov’è l’uomo che ho sposato? – lo scrutò
nei suoi occhi neri, ma la donna pareva vedere solo un grande buio. L’oscurità
della notte, affascinante, che trasmettevano quegli occhi si era trasformata in
una folle ricerca di potere e conquista.
Azami non la guardò nemmeno. Il suo sguardo era posato sull’agenda dei
suoi impegni lavorativi – L’uomo che vorresti vedere è cambiato. Diversamente
da allora sono riuscito a costruirmi un obiettivo e lo porterò a termine. Puoi
andare se non hai altro da dirmi, Yumi. –
Yumi era ancora in piedi nella sua stanza, non si sedette nemmeno per
sbaglio. Era certa che la sua visita non fosse gradita, ma lei ci sperava
davvero che Azami cambiasse. Un altro buco nell’acqua, ma non sarebbe rimasta
senza fare nulla – Non chiamarmi per nome e smettila di usare il mio cognome
come se ti appartenesse dalla nascita. Mi riprenderò la mia dignità come erede
dei Nakiri e ti spodesterò come preside della Tootsuki. – disse crudelmente.
Azami la vide uscire e sbattere violentemente la porta. Lui non sapeva
perché lo disturbasse tanto, ma odiò il silenzio che lasciò, in quella stanza,
sua moglie Yumi.
Yukihira seguì con lo sguardo preoccupato Erina che saliva sull’aereo
insieme ad Alice e Hisako per tenerle compagnia.
Erina era appoggiata al finestrino e guardava fuori con aria assente. Il
suo cuore si sentiva ferito dall’altra sera, ma poteva ricordare ancora bene le
ferite che si portava dal passato. La sua famiglia non era mai stata molto
unita e lei ne soffriva perché la compagnia Nakiri aveva molte filiali in quasi
tutto il mondo e la persona più importante di tutte era andata via per questo
motivo, o forse no. Non ne era convinta. Sua madre, la donna che aveva visto la
sera prima nello studio di suo padre, era la ragione per la sua partenza
improvvisa. Aveva incominciato il viaggio in modo pessimo, ma stava tornando in
Giappone con un ricordo peggiore.
Non voleva assolutamente rivedere sua madre dopo averla lasciata per
anni a subire l’addestramento di Azami e di aver perduto il rapporto madre
figlia che si aspettava, che i libri raccontavano, ma che lei non aveva mai
realmente provato. Un po’ invidiava i genitori di Alice, erano sicuramente la
famiglia che avrebbe voluto in cambio dei suoi.
Non ne aveva mai parlato nemmeno con Hisako, le aveva nascosto i suoi
genitori perché non ne andava fiera e perché credeva allo stesso tempo di non
rivedere. Eppure, la sua amica, era lì al suo fianco che si prendeva cura di
lei.
- Hai bisogno di un cuscino per la schiena, o quello per la testa così
puoi riposarti meglio. Ah, magari vuoi un tè, te lo preparo subito. – si alzò
Hisako.
- No, non te la prendere ma vorrei solo dormire. Non ho ne fame, ne
sete. Scusa. – disse in tempo Erina.
- Allora ti prendo solo un cuscino comodo. – andò via Hisako e Erina
non riuscì a combattere contro la forte volontà dell’amica. Involontariamente le
si accese un sorriso che fu spento dall’intervento di Alice, seduta di fronte a
lei.
- Non so come ti senti adesso, ma se hai bisogno di parlarne… - iniziò
la cugina. Alice non aveva mai visto piangere così Erina; il suo cuore si
spezzava ogni volta che ci pensava.
- Non voglio prendere il discorso, scusa. – fu evasiva Erina.
- So che tua madre ti ha ferita, ma dovrai parlare con lei prima o poi.
–
- Si è presentata a New York come se fosse la cosa più naturale del
mondo. Sapeva che potevo esserci anch’io, allora per cosa era venuta? Per
riavvicinarsi a me? – le parole uscirono come punte affilate di una spada.
Odiava parlare di qualcuno che non c’era mai stato per lei.
- Non è solo colpa sua, penso che c’entri lo zio in tutto questo. –
Erina si rabbuiò ancora pensando a suo padre che aveva manipolato sia
lei che sua madre per i suoi scopi.
- Non potrai evitare i tuoi genitori. Sei ancora dipendente da loro e
poi non vuoi scoprire la ragione per la quale tua madre ti ha lasciata per mesi
e poi comparire a New York proprio durante il tuo soggiorno lì. Pensaci. –
continuò Alice con una vena di tristezza per sua cugina. Si alzò da dove era e
si posizionò al posto di Hisako per starle più vicina. Non poteva fare altro.
Hisako vide le due ragazze condividere un momento tra cugine e per non
rovinarlo tornò indietro cercando un posto libero, ma si scontrò con Soma.
- Hisako, come sta Nakiri? –
- Male, però credo che Alice si stia prendendo cura di lei. –
- Che ci fai con del tè in mano? –
- Ah, già. Era per Erina, ma non voglio disturbarla. –
I due si sedettero in due posti vuoti, l’uno di fronte all’altra.
- Vedrai che prima o poi si sfogherà anche con te. – percepì subito la
gelosia di Hisako nei confronti di Alice.
- Già, lo spero anch’io. Forse ci siamo allontanate un po’ a causa di
quel viaggio a New York. Io non ero a conoscenza di sua madre. Pensavo fosse
morta e che non sarebbe stato opportuno da chiedere a Erina. –
- Così c’era qualcosa che ancora non sapevi su di lei, eh? – rifletté
Soma sovrappensiero.
- Si, mio padre mi aveva chiesto di non chiedere nulla dei genitori di
Erina. Volevo che me ne parlasse lei, però, non lo ha mai fatto. –
- La famiglia Nakiri è davvero complicata, ma so che Erina ti vuole
bene. Sicuramente si confiderà con te. – la confortò Yukihira poi involontariamente
prese la tazza di tè per assaggiarla, ma Hisako lo fermò subito come se fosse
di sua proprietà – Questa non è per te! Vai lì al bancone e prenditi la bevanda
che vuoi. –
Soma accettò il consiglio e la ragazza lo vide parlare col cameriere
con una confidenza assurda, in una manciata di secondi.
Hayama seguì con lo sguardo tutti i movimenti di Hisako perché il sonno
ancora non lo raggiungeva. La vide sedersi accanto a Megumi che dormiva
beatamente. Il rapporto difficile che Erina aveva con la sua famiglia gli fece
ricordare il suo passato. A lui erano capitati forse i genitori peggiori perché
lo avevano abbandonato al suo destino, tuttavia, decise di non scoraggiarsi e
vagare per una meta, finché non fu adottato dalla professoressa Jun.
La stanchezza era tanta, il fuso orario cominciava a sentirlo, ma
Hayama non trovava pace per quei ricordi che gli sembravano tanto lontani
quanto dolorosamente vicini al suo cuore. Poteva dare la colpa a suo padre o a
sua madre per essere rimasto solo, ma in fondo non sarebbe servito. Lui ora
conduceva una nuova vita e buttava il passato alle spalle.
Hisako teneva ancora tra le mani la tazza fumante di tè. Era indecisa
se portarla a Erina o rimanere seduta accanto all’addormentata Megumi. Fu la
sua mano accaldata dal bollente contenuto che la invitò a bere quella bevanda.
La ragazza si precipitò al bancone del mini bar per chiedere un altro tè per la
sua amica, che lei aveva purtroppo già terminato. Il nervosismo l’aveva
sopraffatta; presentarsi dalle due cuginette non le piaceva. Non voleva
rovinare il loro momento, però anche Hisako sperava che Erina si confidasse con
lei. Il cameriere le servì il tè che aveva chiesto e poi in un altro bicchiere
versò un succo di frutta alla mela.
- Mi scusi, ma non ho chiesto anche il succo. -
- Lo so, è stato quel ragazzo a chiedermelo. – indicò un ragazzo alto
dai capelli argento.
- Hayama, perché? – si avvicinò
a lui – Non avresti dovuto. Sono già abbastanza nervosa e tu non mi aiuti con
la tua presenza. –
- Scusa, ultimamente mi sto scusando spesso con te. Continuo a
sbagliare e mi dispiace. – il ragazzo spostò i suoi occhi smeraldo dalla sua
aranciata per rivolgerli a Hisako. Lei lo fissò aspettando che fosse lui il
primo a distogliere il suo sguardo. Quegli occhi verdi erano affascinanti tanto
quanto lui, ma non poteva dirglielo. Combatteva persino con la sua coscienza di
ignorare ciò che sentiva. Doveva accettare quella bibita senza coinvolgimenti
emotivi, eppure gli sembrava triste come lei per Erina. In qualche modo si
sentiva connessa a lui. Akira rimase al suo posto e ordinò degli stucchini.
Hisako notava il silenzio imbarazzante che si era creato tra loro e,
anche se gli sembrava stupido, lo sentiva confortante.
- Sono molto preoccupata… -
- Per la tua signora. L’ho notato, sarebbe strano il contrario. –
Hisako non sapeva perché si stava confidando con lui e nemmeno cosa ci
facesse ancora vicino ad Akira. Era irrazionale anche il modo in cui si
guardavano i due.
- Perché sei qui? – chiese non avendo altro da dire.
- Mi annoiavo e non avevo sonno. Ti do fastidio? –
- No, anzi! Credo che mi farò una bella dormita. – Hisako si alzò dal
bancone e portò via il succo di mela – A più tardi. – terminò lei.
Hayama non si mosse, accennò solo un breve cenno col capo. Con la coda
dell’occhio guardò il posto vuoto accanto al suo, dove prima c’era la ragazza.
Hisako gli aveva cancellato dalla testa tutti i suoi pensieri.
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La città dove aveva sempre abitato Soma era un piccolo paesino dove
tutti si conoscevano. Non vi erano grandi palazzi o negozi super costosi, tutto
era nella norma. Quasi una noiosa e pacifica cittadina dove ognuno poteva
dedicarsi ai suoi sogni. Soma, quando descriveva la sua città appariva
orgoglioso e cominciava a raccontare tutte le sue, sebbene piccole, avventure.
Era cresciuto in un paesino dove aveva fatto amicizia con svariate
persone, della sua età e persino adulti che gli volevano bene. Soma amava la
città natia, il suo sogno era di poter gestire il ristorante Yukihira tutto da
solo.
La sua personalità energica attirava chiunque infatti era impossibile
non accorgersi della sua presenza e i cittadini salutavano il rosso con
allegria, gridando il suo nome. Soma sembrava una celebrità lì, notò Erina.
Gli amici del rosso si guardavano attorno curiosi, ma soprattutto
credevano di essere piuttosto osservati dalla gente che iniziava a fare
commenti in segreto o li guardavano come fossero superstar.
Tutti quegli occhi addosso mettevano in soggezione Erina, nonostante
fosse sempre circondata da un pubblico notevole che faceva pettegolezzi su di
lei. In quel posto però non c’era mai stata e si sentiva imbarazzata, aveva
solo un paio di occhiali da sole e sperava di non essere stata riconosciuta.
Voleva evitare i fan scatenati. Avrebbe solo apprezzato un bel bagno e un letto
dove sdraiarsi in pace, ma tutto ciò faceva a pugni con il desiderio di
scoprire qualcosa di più su Yukihira.
Soma aveva tutta la strada per lui e i suoi compagni di Accademia lo
vedevano sfilare, come se fosse su una passerella, al centro dell’attenzione di
tutti, mentre sorrideva e salutava i conoscenti.
Di certo il rosso non lo faceva per mettersi in mostra, semplicemente
quello era il suo modo di comportarsi. Essere sempre sorridente, scherzare con
tutti e tornare a casa sua per una sorpresa inaspettata.
Hisako vide con piacere che Erina si stava concentrando sulla nuova
città piuttosto che sulla serata finita in lacrime.
Gli odori che si mescolavano, tra i ristoranti all’aperto e il mare non
molto lontano, facevano scordare totalmente quella brutta serata che Alice
aveva passato a confortare Erina. Alice aveva in mente di portare per qualche settimana
sua cugina a casa sua, in Danimarca, però voleva che prima si divertisse
qualche giorno di più con tutti gli altri.
Ryou era vicino alla sua lady e le dava tutto il supporto morale che
necessitava.
New York era difficile da scordare, passare da una città frenetica e
ricca di svago per finire in un paesino tranquillo sembrava di essere arrivata
nel paradiso terrestre. Per Erina quella pausa le serviva anche se non era su
uno yacht costoso a sorseggiare una bibita ghiacciata sotto il sole, cullata
dal mare, quel posticino era l’ideale.
Dei ragazzi, che Soma riconobbe al volo, passeggiavano incuranti
dell’arrivo del loro vecchio amico e Yukihira molto contento li chiamò per
attirare l’attenzione. Tra i suoi amici vi erano anche Mayumi la ragazza che
aveva una cotta per il rosso e la sua migliore amica Aki che cercava sempre di
convincerla a dichiararsi.
Mayumi sentì una voce familiare e quel tono vivace le ricordò il suo
primo amore che non vedeva da mesi. Rimase pietrificata, come sempre quando
vedeva Soma, e le si fermarono le parole di bocca. Diventò taciturna e
imbarazzata che anche guardarlo risultava uno sforzo sovrumano. Mayumi era
così, timidissima con tutti e in particolare verso Yukihira. Alzò di poco lo
sguardo per vedere che Aki era già corsa incontro al rosso seguita dagli altri
amici di comitiva.
- Soma! Ti trovo bene. – disse spavalda Aki.
- Già amico, ci sei mancato! – dissero gli altri ragazzi in compagnia
di altre ragazze che avevano fatto amicizia durante l’anno scolastico.
- Sono stato molto impegnato in Accademia, lo sapete no? – poi si
rivolse a Mayumi – Ehi, Mayumi come te la passi? –
In quel momento la ragazza preferiva sparire da qualche parte, ma Aki
non le lasciava alcuna via di fuga e le sussurrava di rispondergli.
- T-tutto b-bene. – balbettò. Aspettava di trovare un argomento più
esaustivo – Sei migliorato nella cucina? –
- Si, sto facendo molti progressi che non vedo l’ora di mostrarli a
tutti voi. Infatti sto andando proprio ora al ristorante. Venite con noi? – era
solare Soma e parlava al plurale, cosa che non passò assolutamente inosservata.
- Con noi? Non sei venuto da solo? – domandò Aki che non si faceva
sfuggire niente.
- Ah, giusto! – ricordò di non aver fatto le dovute presentazioni –
Questi sono alcuni miei amici della Tootsuki! –
Mayumi seguì il dito di Yukihira che puntava dietro di lui. Otto
ragazzi che emanavano una luce bellissima e di successo. Sembravano usciti da
un film hollywoodiano. La ragazza aveva già conosciuto Ikumi Mito un’altra
amica che aveva conosciuto Soma in Accademia, ma trovarsi di fronte altri
fantastici cuochi di quella scuola un po’ la intimidiva, si sentiva fuori posto
nonostante quella fosse la sua città. Lei e i suoi amici delle superiori al
confronto erano dei piccoli chicchi di riso bianchi senza aromi né spezie a
impreziosirli e insaporirli. Le ragazze della comitiva di Mayumi avevano
gettato l’occhio sui ragazzi in particolare Akira, alto e affascinante, Takumi
e persino Ryou era apprezzato. Invece i ragazzi ovviamente si soffermavano ad
ammirare le ragazze che erano una più bella dell’altra.
Tutti gli amici di Soma si lasciarono guidare da lui che li stava
portando dritti al ristorante Yukihira.
Il primo obiettivo di Soma era quello di aprire il locale di suo padre
che immaginava, dopo tanto tempo, avesse bisogno di essere spolverato anche se
Mimasaka c’era stato qualche volta. Con sua enorme sorpresa però c’era
un’evidente folla attorno al ristorante. Casa sua era appena stata invasa da
tantissime persone, ma non capiva come fosse possibile. Nessuno sapeva del suo
arrivo, con un pizzico di intuito alla fine arrivò all’unica conclusione.
Iniziò a correre e farsi largo tra la folla euforica che impediva l’accesso e
scorse la persona che stava effettivamente cercando.
- Mamma! – gridò per farsi sentire da lei.
Una figura snella e giovanile guardò il figlio raggiante come tutte le
volte che si rivedevano e gli andò incontro. Tutti i clienti che aspettavano di
mangiare e allo stesso tempo di ascoltare le storie della donna si voltarono
verso Soma, increduli che lui fosse tornato presto.
- Soma! Che gioia vederti! Ci speravo davvero tanto, tesoro. – lo
abbracciò all’istante. Gli altri tutti intorno a loro si commossero.
- Manca solo Joichirou e ci sarebbe stata tutta la famiglia. – disse
uno accomodato ad uno dei tavoli.
Intanto entrarono anche gli amici di Accademia di Yukihira e i compagni
delle medie del ragazzo che si meravigliarono di quella scena madre – figlio.
- Ragazzi, vi presento la donna più importante della mia vita! Mia
madre! – era contentissimo il rosso mentre la presentava, poi si voltò verso
sua madre – Mamma, questi sono i miei amici della nuova Accademia che sto
frequentando. – indicò.
- E’ un piacere conoscerla, signora. – dissero in coro i ragazzi.
- Potete chiamarmi Ami. Non siate così formali. – disse la donna.
- Loro sono Tadokoro Megumi, Takumi Aldini, Hayama Akira, Arato Hisako,
Kurokiba Ryou, Mimasaka che ogni tanto è venuto al ristorante e infine le due
cugine Nakiri. – presentò uno ad uno il rosso.
Al sentire il cognome Nakiri s’incuriosirono tutti. Conoscevano di fama
quel nome e persino Ami, la mamma di Soma, rimase incredula che suo figlio
avesse fatto amicizia addirittura con la famiglia Nakiri.
- Dai, Soma, non scherzare! Non può essere che tu abbia portato, in
questa piccola città senza valore, dei Nakiri. Per giunta poi le due cugine, una di loro
dovrebbe essere la ragazza dal “palato divino”. – non credeva a quello che
aveva sentito, Yuya Tomita.
- A dire il vero siamo proprio noi, Nakiri Alice e mia cugina Erina. –
si tolse gli occhiali e anche Erina fece lo stesso, tanto le avevano già
scoperte.
Yuya svenne di colpo mentre si levava un sonoro – Coooosaaaaa!!! – urlò
all’improvviso la gente che si era riversata lì.
Per la confusione che si era creata Ami cercò di ripristinare l’ordine
- Soma perché tu e i tuoi amici non preparate qualcosa di buono ai clienti
mentre io accompagno le ragazze a fare shopping? Immagino che nessuna delle tue
nuove amiche conosca la città, vero? –
- Va bene. Io e i miei amici non vediamo l’ora di farvi vedere come
cuciniamo alla Tootsuki! – rispose euforico Yukihira.
- Ti do volentieri una mano, Soma. – lo incoraggiò Mimasaka indossando
il grembiule simile a quello del rosso.
- Veramente io non ne ho voglia. – disse Akira, ma fu costretto a
cambiare idea quando Mimasaka lo prese di peso per avvicinarlo ai fornelli.
- Fantastico! Ehi, Yukihira, perché non facciamo una sfida per vedere chi
di noi è il migliore? – chiese Takumi pronto per combattere contro il rosso.
- Perché no? Facciamolo! – Soma brandì in alto il suo coltello affilato
e puntandolo in alto come fosse una spada.
Ryou indossò il suo fedele fazzoletto rosso - Sfida? Nessuno mi
batterà! – esclamò con ferocia spaventando i presenti.
La madre di Soma era una stilista e perciò aveva occhio per la moda e
tutte le cose che facevano tendenza. Si teneva sempre aggiornata sui cambi di
stagione e della moda che cambiava spesso. Alice, interessata ai suoi discorsi,
sperava tanto di chiederle un abito su misura per lei. Erina guardava assente
tutto ciò che gli passava sotto gli occhi, ma non smetteva di ascoltare Ami.
C’era qualcosa che la attirava e poi il suo tono colloquiale e dolce la metteva
di buon umore.
- Quindi se non ho capito male, vivi a Parigi. – voleva una conferma
Megumi.
- Si, torno raramente qui, ma cerco sempre di trovare del tempo per
andare a trovare mio marito e Soma. Purtroppo i miei parenti e il mio lavoro sono
in Francia e per seguire il mio sogno ho dovuto lasciare le persone più
importanti. –
- Beh, la cosa importante è di vedersi, ogni tanto. – sorrise Mayumi
alla donna che era diventata malinconica per la sua situazione.
Hisako guardò Erina accanto a lei, sapeva che l’amica odiava l’argomento
della distanza famigliare. Le ricordava certamente sua madre. Aveva coraggio a
rimanere impassibile a quelle parole, pensò Hisako.
Ami si accorse che Erina non aveva una bella cera, avrebbe voluto
prenderla in disparte e parlarle, ma non le sembrava opportuno. Così decise di
portare le ragazze vicino a un chiosco di gelato per rinfrescarsi.
Megumi sedette vicino a Mayumi.
- Così conosci molto bene Soma kun. – cominciò Megumi.
- Si, da quando frequentavamo le elementari. È sempre stato
ossessionato dalla cucina, come si trova in Accademia? – chiese l’altra
curiosa.
- Va abbastanza bene. Soma kun è sempre tenace, riesce in tutto e mi
aiuta sempre quando ne ho bisogno. – ricordò la prima volta che lei aveva fatto
squadra con Yukihira.
- Si, è davvero unico. – sognava a occhi aperti Mayumi. Quest’ultima si
sentiva a suo agio con Megumi, era l’unica che considerava più o meno come lei
rispetto alle altre ragazze della Tootsuki che sembravano tutte modelle.
Aki vide le due ragazze, con lo stesso gelato al cioccolato e panna, parlavano di Soma e non poté fare a
meno di pensare che pure Megumi era interessata al rosso tanto quanto Mayumi.
Aki era capitata accanto ad Hisako che cercava di ordinare due frullati
per lei ed Erina.
- Hisako giusto? Per caso sai se la tua amica Megumi si è presa una
cotta per Soma? – domandò Aki perché doveva mettere in allerta Mayumi di
eventuali altre pretendenti di Yukihira.
- Che? Non lo so, ma perché me lo chiedi? – si meravigliò la ragazza
che pensava a tutt’altro.
- No, niente solo un presentimento. Dimentica ciò che ho detto. – fu
sbrigativa.
Hisako prese in fretta i suoi frullati e si allontanò da quelle,
secondo lei, inutili chiacchiere.
I pensieri di Erina erano fermi a sua madre che si era ripresentata
nella sua vita e lei era scappata perché non sapeva cosa fare. Doveva sfogarsi
con lei e magari mandarla a quel paese, solo che il coraggio non era bastato.
Ami era davvero una persona gentile, aveva gli occhi dorati con la stessa luce
di Yukihira e un sorriso radioso e tenero. Si comportava proprio come la madre
che avrebbe tanto voluto. Continuava a guardarla e si domandava con quale stato
d’animo rivedeva suo figlio dopo mesi. Forse la stessa risposta sarebbe stata
simile a quella di sua madre o forse no. Aveva timore di chiedere. L’unica certezza
era la sua amica che le corse incontro tenendo in mano due frullati uno ai
frutti di bosco e un altro alla fragola.
- Volevi quello ai frutti di bosco, giusto? –
- Grazie mille Hisako, ma non dovevi andare tu. –
- Na, tu ti devi rilassare e poi lo faccio per te quindi non mi pesa. –
- Qualcosa non va? – chiese Erina a una triste Hisako.
- Veramente volevo sapere come stessi tu. –
Erina si accorse di aver fatto soffrire ancora la sua amica – A questo
punto le scuse sono troppo ridotte, vero? Volevo raccontarti di mia madre, ma
non c’è l’ho fatta. Sono passati anni e l’unica cosa che sono riuscita a fare è
nascondere la verità. Non mi sono mai abituata al fatto che mia madre fosse
andata via perché credevo che sarebbe tornata presto, magari perché le mancavo.
Alla fine la porta rimaneva chiusa e nessuno mi diceva che era ritornata.
Volevo scordarla e ci ero quasi riuscita. Poi… - si fermò, fissò il suo
frullato ancora freddo, ma non era stato bevuto nemmeno di un sorso. Nel
contenuto poteva vedere il volto di sua madre.
Hisako taceva, aspettava di sentire il resto per non interromperla.
- Quando l’ho rivista ho sentito l’impulso di abbracciarla, ma avevo
troppa rabbia dentro verso di lei e ho preferito non buttarla fuori così sono corsa
il più lontano possibile. Più correvo, più piangevo, non mi era mai successo. Questa
cosa mi spaventa. – aveva gli occhi lucidi, però si controllava.
Hisako sapeva quello che doveva fare. La abbracciò per farle capire che
le sarebbe stata vicina in qualsiasi circostanza.
Alice che parlava di abbigliamento con la madre di Soma e in mano un
gelato alla vaniglia, che aveva divorato in parte, vide le due ragazze
stringersi e sorrise. In quel momento Erina aveva bisogno di tutto il conforto
possibile.
- Secondo te a Megumi piace Yukihira? – chiese di punto in bianco
l’amica.
- Cosa? – rise Erina per il brusco cambio di argomento.
- Si, mi ha parlato Aki, un’amica di Yukihira, e diceva che
probabilmente Megumi si era presa una cotta per lui. – sorrise anche lei.
- Ahah, ma no. Sono solo amici. – rideva ancora la biondina che non
credeva possibile a quello che diceva Hisako.
Erano state fuori a passeggiare e fare acquisti per tutto il
pomeriggio, ma le aspettava ancora la
super cena realizzata dai ragazzi che si erano offerti di cucinare per loro.
La comitiva di Mayumi e Aki, invece, non rimase a mangiare con gli altri perché
avevano anche loro delle famiglie da cui tornare.
Soma, sua madre e gli amici della Tootsuki cenarono sotto le stelle;
sistemarono fuori, al fresco della sera, un grande e lungo tavolo di legno per
sorreggere tutte le portate che i ragazzi avevano cucinato e mangiarono a
sazietà. Erina non risparmiò le sue critiche culinarie specialmente sui piatti
di Soma e Takumi che erano sempre in competizione. Il palato di Erina non poteva
fare a meno di sgradire qualcosa che era stata preparata in modo imperfetto.
Takumi e Yukihira vennero totalmente sconfitti dalle parole della
ragazza, ma quella freddezza era sintomo che lei aveva ripreso il suo solito
atteggiamento da principessina e Soma ne fu contento.
- Ragazzi, vorrei proporvi una cosa. Prima, io e Takumi abbiamo parlato
di preparare una pizza. – accennò Soma.
- Si, che bella idea! – si alzò felicissima Alice – Voglio darvi una
mano. –
- Ma certo! Avevo pensato che potevamo partecipare tutti, perché
sarebbe stato geniale creare una pizza gigante! –
- Cioè? Vorreste realizzare la pizza più grane del mondo? – chiese
Hisako inesperta, ma aveva sentito parlare di una enorme pizza.
- Esattamente. –
- Beh, io non credo che riusciremo a farla così grande, ma ci possiamo
provare. Che ne pensate? – domandò Takumi che era disponibile a condividere le
sue conoscenze, dato che si trattava di una pietanza esclusivamente italiana.
- D’accordo, vi darò una mano anch’io. – disse Erina suscitando sgomento
nei volti di tutti quanti.
- Sono curiosa di vedere cosa ne uscirà fuori! – era contenta Ami.
- Non vedo l’ora di sapere come sarà! – commentò Megumi.
Soma informò anche gli amici del dormitorio Stella Polare e Ikumi di
raggiungerlo nella sua città per passare qualche giorno tutti insieme. In
questo modo avrebbero avuto delle mani in più per lavorare e creare una pizza
fenomenale.
Takumi invece chiamò suo fratello perché gli mancava, così gli propose di
trascorrere alcuni giorni da Yukihira dove lui era stato invitato.
Isami sarebbe arrivato il giorno della pizza e Takumi sprizzò di
felicità; potevano dimostrare quanto fosse fantastica la cucina italiana.
Erina portò alcuni piatti da lavare dentro il ristorante Yukihira;
voleva dare un aiuto. Dentro non c’era nessuno, un luogo tranquillo, lo cercava
da quando aveva rivisto sua madre. Quel locale sembrava davvero carino, non
aveva nulla di lussuoso o prezioso, però le trasmetteva un senso di serenità e
accoglienza. Si guardò attorno per cercare di catturare quel posto e fissarselo
nella testa come una fotografia. Un ambiente rustico e caldo che attrae anche i
più freddi di cuore. Lesse il menu e tra i nomi presenti scorse il nome del
Furikake trasformato, a base di uova, che Soma le aveva preparato il primo
giorno di esami alla Tootsuki. Quel piatto era stato l’inizio di tutto. Aveva
quasi nostalgia di quel momento; un ricordo che non le dava più fastidio.
Sulla mensola più alta lo sguardo di Erina si focalizzò su una foto
incorniciata, non l’aveva notata prima. Si avvicinò di più per afferrarla. La
foto ritraeva Joichirou, Ami e un piccolo Soma.
Sorrise brevemente, Soma era molto carino e allegro in quello scatto.
Aveva certamente immortalato una famiglia felice, ma Erina non sembrava molto
divertita. Quella foto le diceva chiaramente che lei non possedeva nulla di
simile con i suoi genitori. Erano mai stati una vera famiglia? Lei ormai
l’aveva dimenticato, sempre che ci fosse stato almeno un giorno così in passato
e trattenne a stento delle lacrime amare; possedeva solo un ritratto di
famiglia rotto e scomposto in tanti piccoli frammenti, un puzzle i cui pezzi
non combaciavano.
Ami distrusse i suoi pensieri entrando nel locale – Lì, Soma aveva su
per giù quattro anni. Era proprio tenero, vero? – si riferiva alla foto che teneva
ancora tra le mani, Erina.
- Si, è così. –
- E’ stato poco dopo quello scatto che mi sono dovuta trasferire con la
mia famiglia in Francia. Da allora vedo raramente entrambi e me lo ricorda ogni
volta questa foto. Ne possiedo una identica nel mio portafoglio. Purtroppo
viaggio spesso e anche Joichirou ha ripreso questo tipo di vita, lasciando Soma
all’Accademia. –
Ami fece segno a Erina di sedersi, parlare era la sua specialità oltre
allo stile di abiti da indossare.
- Sai, ero partita per inseguire il mio sogno di stilista
professionista e ci sono riuscita, ma per sentirmi soddisfatta vorrei poter
tornare a vivere con la mia famiglia, di nuovo tutti e tre insieme. –
- Ti è mancato tuo figlio? – fece una domanda scontata, ma Erina voleva
comunque sentire quella risposta.
- Si, non sai quanto! -
Ami vide la ragazza farsi triste e siccome non capiva il perché, la
portò a sfogarsi.
- Qualcosa ti turba, giusto? Se non mi vuoi dire il motivo, allora
provo ad indovinare. –
Erina voleva tenersi quel dolore per sé, si era sfogata già con Hisako
e Alice. Non aveva bisogno di altra commiserazione, però Ami le trasmetteva
fiducia e sicurezza. In quel luogo si sentiva parte di una famiglia che non
risparmiava mai l’affetto.
- Per caso si tratta di Soma? Hai qualche problema con lui? –
- N-no, lui non c’entra. Stavo pensando a mia madre. L’ho rivista dopo molti
anni. – faticò a raccontare.
Ami comprese il problema, conosceva Yumi. Una donna determinata, forte
e molto impegnata per fare un salto nella sua vecchia casa a trovare sua
figlia. Sapeva, inoltre, che Yumi amava Erina più di se stessa. In ogni caso, se
non era stata presente durante l’infanzia di sua figlia, in parte la colpa era proprio
sua.
- Tempo fa ho conosciuto tua madre. Non
posso prendere totalmente le sue difese, però un cosa posso dirtela. Lei
ti ama molto. –
- Se mi avesse amato tanto, allora non sarebbe andata via. Non mi
avrebbe lasciata sola. –
- Sai l’amore a volte può essere difficile. Ti porta a fare scelte
sbagliate, in fondo l’amore stesso è irrazionale e credo sia una delle
principali cause che hanno spinto tua madre ad allontanarsi dalla famiglia. –
- Avrei voluto una famiglia come la vostra. Nonostante la distanza non
sembra essere cambiato il legame che si vede in quella foto. – Erina diede
ancora una rapida occhiata alla cornice d’argento che imprigionava la
fotografia.
- Già, per me non è cambiato nulla. La felicità che provavo in quel
momento non è mai sbiadita. –
Quell’affetto spontaneo e vero ingelosiva Erina che sperava a tutti i costi
di avere una famiglia che si prendeva cura di lei, invece di essere usata come
fosse un oggetto prezioso da sfruttare a loro vantaggio. Lei lavorava
volentieri per la sua famiglia, era un onore, ma desiderava anche fare viaggi
di piacere in compagnia dei suoi genitori e passare dei momenti insieme, uniti.
Tutto ciò non poteva accadere, lo sapeva, ma non smetteva di pensarci perché
togliendole quella speranza poteva distruggerle l’anima.
- Forse non sono la persona più indicata per dirlo, ma una madre dovrebbe
essere vicino ai propri figli nei momenti più importanti. Sia io che tua madre
abbiamo fallito in questo, però non è detto che in futuro possa cambiare tutto.
–
- Si. Vorrei poterci credere, ma lei non è come mia madre. Io
probabilmente non la conosco nemmeno. Come faccio a fidarmi ancora di lei? –
- Non ti dirò di fidarti, ma solo…dalle una seconda chance. Una
possibilità in più per dimostrarti che ti vuole bene. Che per te potrebbe
tornare a casa vostra e riunire la famiglia, ma in questo caso devi essere
forte e perdonarla. –
Erina fissò il volto dolce di Ami che le rivolgeva mentre conversavano
come fossero due amiche che si incontravano regolarmente ogni giorno. La
semplicità delle parole della mamma di Soma riusciva a calmare le insicurezze
di Erina. Tuttavia rivedere Yumi e concederle un’altra possibilità di conoscere
sua figlia non sembrava facile per Erina che preferiva scappare, piuttosto che
affrontare la realtà dei fatti. Perdonare una madre che non vedeva da quando
aveva si e no cinque anni risultava tutt’altro che una passeggiata. Nonostante
le parole rassicuranti e adulatorie di Ami la sua mente continuava a mandarle
messaggi negativi su sua madre che le impedivano di trovare qualcosa di buono
in lei. Eppure un abbraccio, nell’istante in cui l’aveva rivista, sperava tanto
di averlo; di sentirsi al sicuro tra le braccia della sua mamma dopo tanto
tempo.
- Secondo me tornerete ad essere una famiglia felice. – cercò ancora di
darle speranza.
- Non ricordo di aver mai visto la mia famiglia felice. Insomma non so
neanche se mia madre fosse innamorata di papà. –
- Conoscendo Yumi, amava tuo padre, forse la delusione di quell’amore
l’ha resa invulnerabile e alla fine ha preso la decisione sbagliata senza
tenere conto della famiglia. – ipotizzò Ami.
- A New York ho lavorato per una festa di matrimonio e ho pensato molto
a come fosse stata la cerimonia dei miei genitori. Erano felici come quei due
sposi? Probabilmente non lo saprò mai. –
- Questa domanda dovresti farla ai tuoi. Ricordo perfettamente il
giorno delle mie nozze. Era una festa per pochi, ma molto carina. – Ami viaggiò
con la mente anni indietro nel passato, uno dei momenti più piacevoli della sua
vita.
- Come vi siete conosciuti, lei e Saiba Joichirou? – era curiosa di
sapere, la ragazza.
Proprio allora entrò nel ristorante Soma che volle unirsi alla
conversazione.
- Di cosa stavate parlando? –
- Pochi minuti fa, Erina mi ha fatto una domanda. Come ho conosciuto
tuo padre. – sorrise a quella richiesta.
Soma si accomodò vicino a sua madre – Voglio ascoltare anch’io. Sembra divertente!
Ora che ci penso, non mi hai mai parlato del vostro primo incontro. –
- Ora vi racconto. –
Ami era in vacanza con sua madre, una
grandissima stilista, insieme erano state ingaggiate dalla famiglia Nakiri per
creare degli abiti di sera in occasione di una festa. Il sedicesimo compleanno
di Yumi. Fu proprio allora che Ami incontrò la mamma di Erina, entrambe ancora
giovani, ma talentuose. Yumi era un asso negli affari, ma non solo, era molto
abile anche in cucina; Ami, invece, aveva un dono creativo, innato, che le
permetteva di disegnare abiti e accessori fuori dal comune. Ami restò in
Accademia per qualche settimana a lavorare per i Nakiri e fare amicizia con
Yumi, ma c’era un ragazzo che le faceva visita spesso. Joichirou Saiba era
curioso di conoscere la ragazza nuova, sarebbe rimasta per poco tempo, ma in
ogni caso la affascinava. Il modo in cui Ami si impegnava tanto e perfezionava
i suoi lavori, intrigava il ragazzo. Joichirou la guardava lavorare molto e pensò
quindi di prepararle un buon piatto per ricaricarsi di energie. Il ragazzo
infatti si presentò a Ami con una pentola, un piatto e delle posate.
- Scusami, tu chi saresti? – domandò
accigliata la ragazza che si sentiva infastidita.
- Sono un cuoco di questa scuola, mi
chiamo Joichirou. – disse allegramente – Ti ho portato qualcosa da mangiare, è
un piatto di ramen speciale. –
Ami osservò con attenzione il ragazzo
sorridente davanti a lei, ma non aveva nessuna intenzione di mangiare in quel
momento né tanto meno assaggiare un piatto tipico giapponese.
- Mi dispiace, ma non mangio cibi
giapponesi. Anche se sono giapponese ho viaggiato spesso in Europa e quindi ho
gusti completamente differenti. Ti chiedo per favore di lasciarmi lavorare,
ora. –
Joichirou sembrò turbato da quelle che
parevano dure e taglienti parole, ma non voleva mollare.
- Dovresti provare, prima di dire che
non ti piace la mia cucina. Ti chiedo di assaggiare solo un boccone e se non ti
piacerà, andrò via. – insistette.
Per Ami, quella sembrava una sfida
piuttosto che una richiesta e poi doveva terminare un vestito entro il
tramonto, perciò accettò la proposta e ricaricarsi di energie.
Appena il ragazzo sollevò il coperchio
con la pietanza ancora calda e fumante, un buon profumino arrivò a stuzzicare
il naso di Ami che non lo credeva possibile, eppure cominciò a desiderare di
assaggiare quel ramen. Era buono, ma trovava il sapore molto forte. Non la
convinse affatto, così il giorno seguente Saiba tornò da lei con un ramen
diverso e anche il giorno dopo e quello ancora dopo. Passò una settimana e
Joichirou era alla ricerca di un ramen che Ami poteva gradire. Qualche giorno
prima della partenza di lei, il ragazzo le fece provare l’ennesimo tentativo di
quel piatto.
Ami spiegò tutto nei minimi particolari infatti Erina e Soma
ascoltavano in silenzio aspettando che lei continuasse la sua storia.
- Alla fine ho mandato giù il primo boccone, come facevo sempre. –
- E poi? Cosa è successo? – domandò appassionato Soma.
- Poi…ho divorato tutto quello che c’era nel piatto. Era il ramen più
buono che avessi mai mangiato. Mi aveva davvero stupita! – rise Ami mentre
ricordava quel giorno; Joichirou la guardò divertito mentre lei gli chiedeva il
bis con il volto completamente rosso.
Da quella
esperienza, Joichirou si era promesso di preparare ancora dei piatti per lei;
tutti i giorni, finché Ami non andò via. La ragazza tornò in Francia, a casa,
ma sperava che prima o poi l’avrebbe rivisto. Qualche anno dopo Joichirou,
vagabondo com’era, la incontrò a Parigi e i due si innamorarono perdutamente.
Ami era stata colei che aveva cambiato lo stile di Joichirou, rendendolo un
grandissimo chef.
- Erina sama! – la chiamò Hisako, vide Soma, Ami e la sua amica seduti
intorno ad un tavolo come fossero una famiglia – Andiamo a fare una
passeggiata? – propose lo stesso, la ragazza, che sperava di smaltire tutto
quello che aveva mangiato.
- Certo, arrivo subito Hisako. – poi si rivolse alla mamma di Soma – E’
stata una bella storia e grazie per la chiacchierata di prima. –
- Figurati, se ti servono altri consigli puoi sempre chiedere. – Ami
era contenta di aver tirato su di morale la ragazza.
Quando Erina e Hisako furono sparite dal locale, Ami iniziò a
punzecchiare suo figlio – Insomma, è andato bene il viaggio a New York? Con
tutte quelle belle ragazze là fuori, per caso c’è né una che ti piace? –
- Mamma, di cosa stai parlando? Papà ti ha detto qualcosa? –
- Mi ha telefonato dopo che ha assaggiato un piatto che avevi preparato
al suo ristorante. Mi ha raccontato anche di un certo incidente con Nakiri
Erina e guarda caso la ritrovo qui. –
- Anche tu credi che mi piaccia Nakiri, non è così? Beh, ti assicuro
che vi state sbagliando in molti. –
- Ok, quindi non ti piace nessuna? –
- No, mamma – disse divertito – E poi Nakiri non mi ha ancora detto che
gli piace la mia cucina. –
- Capisco, ma non puoi pretendere qualcosa del genere. In fondo è lei
ad avere un palato sopraffino, no? Dalle tempo e l’unica cosa che puoi fare e
continuare ad affinare le tue capacità. Sono sicura che un giorno la stupirai!
–
- Si, questo lo so! – s’incoraggiò il rosso, poi tirò dalla tasca un
braccialetto – Ho comprato un regalo per te, l’ho trovato in una bancarella a
New York. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto. –
- Tesoro, grazie. È davvero stupendo! Proprio come piace a me e poi
sembra quasi che mi rappresenti. – indossò il braccialetto; aveva alcuni
ciondoli in miniatura: un vestitino elegante, una borsetta di prima classe, una
scarpa col tacco rossa, un quadrifoglio e una coccinella portafortuna.
Ami abbracciò Soma non soltanto per il regalo, ma per il fatto che si
ricordava sempre di farla sorridere. Aveva anche lei dei regali per lui, ma
l’unica vera sorpresa per entrambi era di passare un po’ di tempo insieme.
- Siccome rimango un mese intero, abbiamo tutto il tempo per passare
qualche giornata madre-figlio. Sei d’accordo anche tu? –
- Certo che si! Non vedo l’ora, mamma! –
Ami rovistò nella sua valigia dei regali – Guarda! Mi avevi chiesto
delle altre magliette e io te ne ho portate almeno una decina! – aveva tra le
mani delle t-shirt blu scuro con il logo del ristorante Yukihira. Le stesse
magliette che Joichirou aveva espressamente chiesto a sua moglie di creare per farne
una divisa personalizzata e poi quando nacque il piccolo Soma, anche lui pretese
lo stesso abbigliamento. Soma fu felicissimo di quel regalo, era il logo della
famiglia e ogni volta gli ricordava casa. Per questo ovunque andava indossava
sempre una maglietta blu scuro; proprio quella che sua madre realizzava per lui
e suo padre.
- Quindi ti sei innamorata di papà perché lui ti preparava sempre dei
piatti squisiti? – domandò Soma ancora incantato dalla storia dei suoi
genitori.
- Non proprio, mi sono innamorata di quello che metteva nei suoi
piatti. La sua vera essenza. –
Il ragazzo pensò all’espressione che l’ex direttore Senzaemon aveva
pronunciato durante la finale delle elezioni autunnali, “il volto del cuoco”.
- Poi la perseveranza con cui cucinava per me, mi aveva fatto capire
quanto ci tenesse a conquistarmi. Inoltre era un ragazzo affascinante e sapeva
farmi ridere, credo che l’insieme di tutto questo mi ha fatto innamorare di
lui. –
Soma carpì tutto quello che gli aveva detto sua madre. I suoi genitori
si amavano tanto e il loro legame era
ben saldo; pensare che Erina non aveva avuto una cosa simile, lo rattristava. Lui
invece poteva considerarsi fortunato da quel punto di vista.
La mattina seguente, Soma si era svegliato presto per i preparativi
della festa a base di pizza gigante. Ami preparava la colazione nel frattempo
che arrivassero gli amici di suo figlio, sistemati nell’albergo più vicino del
ristorante Yukihira.
Erina e Hisako si erano già messe in cammino.
- Alice mi ha detto che posso passare qualche settimana a casa sua, in
Danimarca. – annunciò Erina.
- Sul serio? Quando, se posso saperlo? – chiese l’amica.
- Non lo so, ma credo a breve. Perché non vieni con me? Se non ti è di
peso, ovviamente. – aveva timore di chiederle troppo, Hisako era stata già
presente per lei in molte occasioni e forse stava esagerando, pensava la
biondina.
- Ma certo! Io starò sempre al tuo fianco, se hai bisogno di me, ci
sarò anche questa volta. In Danimarca o dovunque tu voglia. Andremo insieme e
poi non sarei così tranquilla sapendoti con quella stramba di Alice. –
Erina sapeva che avrebbe potuto contare ancora su di lei e questo la
rendeva felice – Grazie, davvero, Hisako. Grazie per tutto. –
Takumi, Megumi e Mimasaka si erano fermati a comprare dei cornetti
caldi per fare colazione con tutti.
Alice invece aveva buttato giù dal letto Ryou e il povero Akira per
farle da scorta e arrivare prima degli altri al ristorante di Soma.
- Perché avete trascinato anche me? – sbuffava Hayama.
- Non lamentarti, dobbiamo sbrigarci con i preparativi. Sai quanto ci
vorrà per ottenere gli ingredienti importanti per la pizza? Prima iniziamo,
meglio sarà. Forza, in marcia! –
Ryou rimase zitto mentre Hayama lo guardava in cagnesco.
- Yukihira! Siamo arrivati! –
Soma era dietro la cucina ad aiutare sua madre – Ciao, ragazzi. Siete
stati velocissimi, non sono neanche le otto di mattina. Sedetevi che ora arriva
la colazione! –
- Benissimo, se vi servono altre sei mani… – si propose l’albina.
- No, abbiamo tutto sotto controllo. Inoltre Joichirou mi ha insegnato
qualche trucchetto. State tranquilli vi preparerò qualcosa di eccezionale. -
disse Ami.
Alice e i due ragazzi aspettarono pazientemente. Quando fossero
arrivati tutti avrebbero iniziato la riunione per la festa da organizzare.
Insomma essere arrivati primi non era servito a nulla e Akira riversò il suo
odio facendo una serie di occhiatacce ai due seduti davanti a lui. Ogni volta
veniva coinvolto nell’euforia di Alice e purtroppo non aveva nessuna voce in
capitolo per tirarsi indietro.
Fortuna che di lì a poco il ristorante si riempì con gli altri amici.
Mimasaka aiutava Ami a servire i clienti abituali, ai tavoli. Megumi e Takumi
invece offrirono i cornetti con vari gusti, ancora ben riscaldati.
Erina e Hisako si aggregarono al tavolo di Alice che aveva già
riservato altri due posti in più, senza la loro approvazione.
- Non era necessario e poi speravo di dare una mano alla madre di Soma.
– Erina stava ancora in piedi.
- Ma no, c’è Yukihira che l’aiuta. Non ha voluto neanche il nostro
aiuto e noi eravamo in tre. –
La biondina si arrese, i suoi occhi erano volti a cercare Yukihira che
intanto andava qua e là per i tavoli. Ogni tanto si fermava a parlare con
qualcuno che non o vedeva da tanto e poi riprendeva a cucinare velocemente per
non far aspettare le altre persone in attesa. Era davvero ammirevole, pensò
Erina che non si perdeva neanche un singolo movimento del rosso. Il ristorante era
super animato, tra le voci dei clienti e le risate, ma anche i racconti che si
percepivano da parte di Soma. Era un vero tornado di allegria.
Mimasaka però non scherzava, era quello che si faceva notare di più per
la sua stazza corpulenta. Le sue mani ampie e robuste maneggiavano con cura i
piatti che Ami gli passava; le persone rimanevano stupite ogni volta.
Erina e Hisako, però, la sera prima non erano state con le mani in
mano. Erina aveva ideato dei volantini per far partecipare più persone alla lavorazione
della pizza e Hisako le aveva dato una grossa mano a realizzarli con cura.
Quando Soma si avvicinò al loro tavolo, le due ragazze gli mostrarono
il loro lavoro.
- Siete state grandi! Adesso proverò a girare alcuni di questi fogli così
avremo più aiuto possibile! – era super eccitato il ragazzo.
Le due amiche si sorrisero a vicenda e non fecero in tempo a fare una
qualsiasi ordinazione che sentirono la voce di Yuki far tremare tutto il
locale.
- Megumi!!! Erinacchi!!! Siamo qui! – una voce squillante risuonò nelle
teste di chiunque fosse lì.
Tutti gli occhi erano puntati verso Yuki che invece molto sorridente
inquadrò Megumi per abbracciarla.
- Quanto tempo! Ci sono anche Marui, Isami, Daigo e Shoji! –
- Ciao a tutti! – dissero Daigo e Shoji.
- Gli altri dovrebbero arrivare più tardi, nel pomeriggio. Forse ci
sarà anche Isshiki senpai. – disse Marui che provava a valutare in numeri il
posto dove lavorava Soma.
- Esatto, ma quindi come sarà la festa? Voglio tutti i dettagli. –
chiese Yuki esagitata.
- Veramente non ne abbiamo ancora parlato. – le rispose Erina.
- Si, per adesso pensiamo a cercare più gente possibile per aiutarci
con la cucina e poi quando arriveranno anche gli altri, parleremo di come
organizzare tutto. – intervenne Soma mentre aveva tre piatti tra le mani. Yuki
gli diede subito una mano perché voleva rendersi utile, si avvicinò ad Ami e
ipotizzò all’istante la parentela tra lei e Soma; incominciò a farle mille
domande.
Isami si riunì a Takumi che era contento di riabbracciare suo fratello.
- Come stanno mamma e papà? –
- Tutto apposto. Invece tu ti sei divertito a New York, giusto? Volevo
tanto esserci anch’io. –
- Si, mi sei mancato. Comunque possiamo sempre fare qualcosa di
divertente anche qui. Organizzeremo una festa fenomenale, dobbiamo creare la
pizza più buona di sempre. Ci stai? –
- Puoi contarci, sarà stupenda fratellone, però evita di sfidare ancora
Yukihira. Intesi? –
Takumi percepì la frecciatina del suo gemello, ma non ci badò. Infatti era
già pronto ad entrare nuovamente in competizione con il rosso.
Soma e i suoi amici girarono per la città, bussando a chiunque avesse
esperienza di cuoco per dare una mano a realizzare una bella e grande pizza.
Ami e Mimasaka intanto gestivano il ristorante e accoglievano i clienti
con piatti prelibati. Tutto era ben calcolato e Soma non stava più nella pelle
di incominciare quell’enorme creazione culinaria.
Durante le prime ore di pomeriggio Ikumi scese da un’elegante
limousine. Si guardava attorno come in cerca di qualcuno, ma dopo alcuni minuti
s’incamminò per le strade di quella città che conosceva bene.
Ryouko era arrivata col bus, ma non sapendo la strada da percorrere per
raggiungere il locale Yukihira fece una telefonata a Ikumi che l’avrebbe
certamente aiutata. Nello stesso momento la ragazza notò Ibusaki che vagava
pure lui in cerca della giusta destinazione, perciò si avvicinarono. Ryouko
attendeva in linea Ikumi che rispose di lì a poco e insieme accordarono il
punto d’incontro, ovvero alla fermata dell’autobus.
- Ikumi sta arrivando per farci strada. – disse Ryouko e il ragazzo
accanto a lei si limitò a dire: “Perfetto.” C’era un po’ di tensione tra i due.
Entrambi erano curiosi di sapere come mai Yukihira li avesse invitati ad una
festa di punto in bianco, per giunta dopo essere tornato da New York. Forse la
grande città aveva reso il rosso ancora più pimpante e festaiolo del solito.
Ibusaki ipotizzava che ci fosse una ragione più seria dietro quell’invito,
magari era per tirare su di morale Nakiri Erina per tutti quei problemi con suo
padre. Ryouko la pensava alla stessa maniera, c’era sotto qualcosa.
Isshiki tirava la sua valigia con aria spensierata, era felicissimo di
essere stato invitato alla festa; amava divertirsi in compagnia dei suoi amici.
Adocchiò immediatamente Ibusaki e Ryouko, li assalì alle spalle con gesto
affettuoso, sorprendendoli – Come va, ragazzi! -
- Isshiki, ti pare il modo di salutare! – esclamò irritato Ibusaki.
- Ahahah, scusate, ma sbaglio o siete venuti insieme? Che sia una
specie di appuntamento? – li provocò.
- N-niente del genere. – rispose in fretta Ryouko, arrossita di colpo.
- Infatti, ci siamo incontrati qualche minuto fa. – confermò,
impassibile, il ragazzo.
Isshiki sorrise, per lui era normale prendere in giro i suoi compagni
di dormitorio, in particolare Ibusaki. Poi Ikumi li trovò e insieme trovarono
il posto.
Ami si presentò anche al resto della compagnia di suo figlio e parlò a
lungo della sua carriera lavorativa, poiché risultava completamente diversa
dalla ristorazione. In seguito, di fronte all’ennesima richiesta di
incominciare la riunione, Isshiki annunciò che mancava ancora un altro elemento
al gruppo.
Un rumore assordante di elicottero mise in allarme i ragazzi che
assistettero alla caduta, col paracadute, di una decina di uomini pelati che
scortavano il loro signorino. Kuga si presentò fiero e determinato come suo
solito. Soma era sorpreso di vederlo, ma ne fu contento.
- Sono qui perché Isshiki mi ha parlato che avreste intenzione di
cucinare una pizza. Beh, chi meglio di me sa fare una pizza piccante? Ovviamente
nessuno. Per questo mi sono precipitato con i miei assistenti. Yukihira, ti
sfido con uno shokugeki al piccante! –
Takumi sembrò nervoso e irritato da quella proposta di sfida. Anche lui
desiderava scontrarsi nuovamente con Soma e vincere.
Yukihira, però, non accettò la sfida perché la sola e unica intenzione
era di creare tutti insieme qualcosa di fantastico. Una pizza unica, originale
e soprattutto gustosamente celestiale.
Una pizza normale, per gli studenti della Tootsuki non era ammessa,
ognuno doveva dare il meglio che sapeva fare. Decisero di sperimentare una
ricetta della pizza gigante tutti i gusti. Avrebbe avuto trentasei spigoli
enormi di cui ognuno rappresentava un gusto differente. Trentasei tipi di pizze
italiane in una sola; come la capricciosa, la quattro formaggi, la margherita,
la quattro stagioni, la diavola, la caprese e quella alle verdure. Insomma, la
regina delle pizze.
Takumi aiutava con la preparazione della base e insieme a Erina guidava
i cuochi nella gestione degli ingredienti da aggiungere all’impasto.
Kuga suggeriva di persona come insaporire con il piccante, mentre nel
campo dei frutti di mare e del pesce si occupavano Ryou e Megumi aiutata da
Isshiki. Akira aiutava con la scelta delle migliori spezie e Hisako cercava di
bilanciare i gusti e la scelta delle spezie in modo tale da non rendere troppo
pesante la varietà di gusti della pizza. Soma e gli altri si divertivano a
realizzare quella gigantesca creazione culinaria; c’era bisogno di una quantità
di cibo non indifferente, tuttavia le industrie Nakiri finanziarono tutto
quello che era necessario. I fratelli Aldini ebbero molti complimenti per aver
sfornato una pizza degna del loro paese; la cucina italiana che faceva gola a
molti, finalmente era messa in rilievo come meritava.
Il lavoro di squadra aveva funzionato e per un po’ Erina si sentì
felice di essere lì, di aver cambiato aria. Quella festa la aiutava a
distrarsi, infatti era proprio questo il vero obiettivo di Soma. Lui la
guardava sorridere e mangiare di gusto con Hisako e le altre amiche.
- Finalmente la vedo allegra! – spuntò Ami da dietro le spalle del
figlio – Sono davvero orgogliosa di te. Hai organizzato una festa spettacolare,
quando lo saprà Joichirou diventerà geloso per non aver potuto partecipare. –
Isshiki notò che Soma non toglieva gli occhi di dosso a Erina. Sorrise,
perché sapeva il motivo profondo che i due sentivano l’uno per l’altra, ma gli
piaceva scherzare – Se continui a guardarla, penserò che tu sia attratto da
lei. –
- Ancora con questa storia, sei davvero incorreggibile. –
- Ahahah, hai ragione dovrei tenere per me certe considerazioni. –
disse; poi si rivolse alla madre di Soma e prese il discorso del ballo. Anche
Ami avrebbe dovuto presenziare al ballo in Accademia, ma per il lavoro distante
non aveva fatto in tempo a partecipare. Ami era davvero dispiaciuta di non
esserci stata e promise, specialmente a suo figlio, che non sarebbe mancata
ancora.
Quella festa realizzata in poco tempo era stata la migliore alla quale
era stata Erina. La pizza, la musica, ma soprattutto i suoi nuovi amici
rendevano speciale quella serata. I fuochi d’artificio con i loro colori e
scoppiettii completavano bene la giornata, ma non era ancora finita.
Hisako si trovò a sedersi vicino ad Hayama perché lo vedeva un po’ in
disparte e pensieroso. Non era dovuta a stargli accanto, ma una voglia
incontrollabile la lasciò decidere così.
- Tutto bene? – domandò lei, cercando di non risultare troppo
invadente.
- Mentre noi stiamo festeggiando, Jun si trova da sola. Lei non è brava
a sbrigare le faccende di casa. – ammise Hayama.
- Stai parlando della professoressa Shiomi? Come sarebbe? Lei è un
adulta, non preoccuparti. –
Seguirono alcuni minuti imbarazzanti che sembravano un’eternità.
- Azami vi ha minacciato? – chiese Hisako che voleva prendere da tempo
quella conversazione.
- No, ma prima o poi capiterà di certo. – rispose con preoccupazione
verso Jun.
La pizza enorme stava poco a poco terminando grazie a tutte le persone
che avevano deciso di far parte della festa, come pure gli alcolici.
- La tua pizza non è male. – continuò Hayama.
Hisako arrossì per quel piccolo e insignificante complimento che
significò davvero tanto. La ragazza era migliorata dopo quello che Akira le
aveva sbattuto in faccia con crudeli parole.
- G-grazie, la tua è fenomenale, ma c’era da aspettarselo. –
- Quella volta, alle selezioni autunnali io avrei voluto scontrarmi con
il tuo vero potenziale. Avevo un’alta considerazione delle tue capacità, ma
credo di aver alzato troppo le aspettative. – disse scontento.
La ragazza era dispiaciuta per non essere stata all’altezza del loro
confronto, Akira aveva ragione, poteva cucinare qualcosa di meglio e batterlo
alla pari.
- Se dovessi scontrarti con qualcuno della centrale, non farti
sconfiggere. Chiaro? –
Hayama fu sorpreso da quella precisazione, ma la lasciò finire.
- Perché non voglio che vai via dalla Tootsuki, prima di ricevere la
mia rivincita contro di te. – terminò Hisako, con gli occhi pieni di
determinazione.
Akira rise spontaneamente, era una reazione inconscia e poteva anche
ferire la ragazza che con molta serietà si era rivolta a lui. Infatti tornò
serio in pochi secondi e rispose sinceramente - Scusami, ma mi hai colto alla
sprovvista. –
Hisako era stata già ferita e stava per andarsene perché odiava quel
comportamento indifferente nei suoi confronti come se non valesse nulla, per la
seconda volta, ma Hayama la fermò con una semplice frase – Non perderò contro
nessuno, è una garanzia. Non andrò via dalla Tootsuki, se vorrai sfidarmi, ci
sarò. –
La ragazza non si voltò indietro, ma fu contenta di aver ricevuto le
parole che voleva sentire; la sua attenzione ricadde su Erina che stava
cercando nella marea di gente.
Yukihira aveva attaccato bottone con Kuga che piangeva di essere stato
espulso dai migliori dieci, cercava di consolarlo e di cambiare discorso. Non
voleva ricordare il motivo per il quale era corso in America a causa del nuovo
direttore dell’Accademia che aveva privato Erina della sua libertà. Più ci
pensava, peggio si sentiva.
- Comunque Yukihira, ho sentito che hai battuto Nakiri ad uno
shokugeki. Almeno l’hai sfidata chiedendole il nono seggio con la vittoria? –
- No, sinceramente non ci ho pensato, però, ora che me lo fai notare… -
- Insomma, ti appare una situazione favorevole per entrare nei migliori
dieci e tu non cogli l’occasione! È proprio un peccato, volevo che tu entrassi
perché in quel caso avrei potuto strapparti in un attimo il seggio. Uffa! –
sbuffò.
Erina era vicino a loro e recepiva ogni parola. Kuga e Soma stavano
discutendo su quanto fosse stato facile batterla perciò la ragazza si avvicinò
a Soma per dirgliene quattro, trattenendo un bicchiere pieno di vino rosso. Si
sentiva sminuita dai loro commenti – Yukihira non ti permetto di beffarti di
me, capito? Quella volta hai avuto fortuna, ma puoi stare certo che la mia
abilità culinaria è al di sopra della tua! –
Alice era dietro di lei e rideva per la rabbia incontrollata di sua
cugina; le aveva dato da bere molti bicchieri di vino e Erina appariva brilla.
Nonostante il suo controllo mentale, la biondina era sopraffatta dalla bevanda
che teneva in mano e ogni tanto sorseggiava per darsi più coraggio e dire
quello che sentiva. Il risentimento per quello che Soma diceva del loro
shokugeki la spinse a dire cose che non avrebbe mai pronunciato da sobria. In
realtà era il vino a distorcere le parole del rosso che a lei risultavano senza
senso.
Hisako era sul punto di raggiungere l’amica, ma si congelò nel momento
in cui Erina continuò la sua scenata.
- Yukihira, ti propongo uno shokugeki. Non puoi rifiutare in nessun
caso, perché lo dico io! – annunciò tutto d’un fiato, col bicchiere ormai vuoto
e la voce più alta e strana del normale. L’avevano sentito tutti. Uno shokugeki
richiesto da Nakiri Erina in persona, era una portata su un piatto d’argento.
Persino Soma che era vicinissimo alla biondina sembrava stordito da
quella dichiarazione. Hisako quasi inciampava e gli amici del dormitorio Stella
Polare non credevano a quelle parole.
Hisako diede la colpa ad Alice che ci aveva messo lo zampino, ma
l’albina era un po’ delusa – Volevo immortalare il momento con una ripresa video.
Erina, non è che potresti dirlo un’altra volta? – chiese con una faccia
divertita e il cellulare già pronto con la fotocamera in funzione.
Hisako la schernì con uno sguardo glaciale, ma nulla impedì ad Alice di
catturare le parole della cuginetta.
- Yukihira, ti sfido ad uno shokugeki! – decretò una seconda volta, ma
sempre incosciente di quello che stava facendo.
Dopo un po’ di esitazione il ragazzo accettò - D’accordo, non ci sono
problemi. –
Hisako iniziò a guardare male pure Soma, il quale non si rendeva ancora
conto della proposta di Nakiri, ma che lo rendeva fortunato.
Nessuno si sarebbe perso quella battaglia.
- Domani decideremo le condizioni e il piatto da preparare, ok? –
continuò Erina, ma non riuscì a terminare perché Hisako la trascinò via, aveva
paura che l’amica iniziasse a dire qualche altra cosa di cui si poteva pentire.
Infatti era già piuttosto preoccupata della reazione di quando Erina avrebbe
ripreso coscienza dello shokugeki che lei stessa aveva chiesto a Soma.
Al mattino, la stanza d’albergo di Erina si presentava ai suoi occhi
stanchi e semiaperti molto più strana e diversa dal normale.
Non aveva mal di testa poiché si trattava solo di aver ingerito un
leggero quantitativo di alcool rispetto alle solite degustazioni di vini che la
ragazza assaggiava, ma sentiva la sua testa più vuota e pesante. Accanto al
letto Hisako le domandò se stesse bene. Erina si sforzava di ricordare la notte
precedente, tuttavia alcuni pezzi della sua memoria sembravano cancellati.
- Perché sei qui? È successo qualcosa? – chiese Erina controllando
l’orario.
- Bhe, vedi, ieri sera…durante la festa hai detto una cosa a Yukihira.
Te la ricordi? –
La biondina frugò nella sua testa, ma era tutto confuso e nebuloso, tuttavia
l’argomento era Yukihira e lei voleva capire cosa fosse successo e per quale
motivo non lo ricordava.
- Credo di avere un vuoto di memoria, mi puoi spiegare cosa è successo
con Yuihira? –
Alice entrò sul più bello e Erina maledisse la sua presenza in quel
momento.
- Vorresti sapere cosa è accaduto alla festa? – si sedette comodamente
– Hai sfidato Yukihira a uno shokugeki. –
- Cooooosaaaa? No, non è possibile. – si agitò Erina che desiderava in
ogni caso i dettagli.
- Avevi bevuto qualche litro di vino in più, non è stata colpa tua. –
disse Hisako per calmarla, ma non ci riuscì perché Erina stava andando nel
panico.
- Come è potuto succedere? Perché nessuno mi ha fermato? E Yukihira ha
accettato? –
- Si, cuginetta. –
- No, aspetta. Deve essere uno scherzo. Hisako dimmi che si tratta solo
di uno scherzo. – cercò di mantenere la sua lucidità.
- Per tua fortuna, ho registrato tutto in un video. Se non ci credi,
guarda qui. –
Erina si appropriò velocemente del telefonino di Alice, con disappunto
di sua cugina, poi visionò tutto il filmato girato. La ragazza tornò a rivivere
quella penosa sceneggiata che la fece vergognare tantissimo, però non poteva
farci nulla. Lo shokugeki era già stato deciso e anche se quella sera non ne
aveva avuto il controllo mentale Erina doveva accettare la realtà di aver
chiesto espressamente uno scontro culinario con Soma. In altre parole, non
poteva rifiutarsi perché la gente poteva pensare che la ragazza avesse paura di
perdere.
Il luogo della sfida era stato deciso che si sarebbe tenuto fuori di un
locale del centro commerciale poiché gli spettatori erano tanti e quel posto
era abbastanza grande per contenerli e avere maggiore visibilità, così anche le
ultime speranze di sfidarsi in segreto, per Erina, furono sfumate all’istante.
Per la scelta del piatto da cucinare, Takumi aveva pensato alla
lasagna. Un cibo italiano così che nessuno dei due avesse avuto un vantaggio
sull’altro. Sia Yukihira che Erina non patteggiarono alcunché, quella era solo
una sfida per decretare il migliore tra di loro.
Erina aveva indossato la sua uniforme da cuoca, bianca, guardò Soma che
era già pronto a dare il tutto e per tutto, molto tranquillo nonostante stesse
gareggiando contro di lei. In realtà Yukihira sentiva la tensione alle stelle, non
era sicuro di vincere dal singolo momento in cui Nakiri aveva preparato gli
ingredienti. La sua bravura lo colpiva sempre molto forte, aveva paura di
fallire, anzi, sapeva che avrebbe perso clamorosamente, però quel non mollare
mai lo spinse a continuare lo shokugeki.
Erina era super concentrata quando cucinava, era il momento che
preferiva per rinchiudersi nel mondo di cui conosceva il meglio. Il mondo
culinario che la portava a scoprire sempre dei sapori e profumi nuovi, per lei
era come respirare. Nella lasagna che voleva preparare ci aggiunse del sapere
smisurato e ciò che provava; ci aveva messo anche qualcos’altro. La storia
della sua vita, spezzata. La versione che vinse su tutta la linea.
Yukihira fu sconfitto, ma come ogni volta che perdeva la sua autostima
scendeva e si demoralizzava. Aveva perso; questo ascoltava nella sua testa che
non pensava ad altro e Erina si sentiva un po’ in colpa per aver chiesto quella
stupida sfida. Assaggiò il piatto di Soma e pur essendo davvero delizioso, non
era abbastanza per superare la sua ricetta infatti elencò tutti gli errori che
il ragazzo aveva commesso durante la cottura.
Soma si rintanò in un angolino buio mentre le persone che erano lì
pendevano dalle labbra di Erina che spiegava come aveva cucinato la sua
lasagna, nei minimi dettagli.
Soma era molto amareggiato per aver fallito con la sua magica lasagna,
ma soprattutto di aver perso contro Nakiri Erina. Non si era ancora reso conto
che la strada da percorrere aveva ancora molte difficoltà e prove da superare
prima di diventare il numero uno; aveva collezionato diverse vittorie, però le
sconfitte, pur essendo poche, si mostravano taglienti e sovrastavano quelle
vittoriose. Non era soddisfatto della sua cucina e arrivò addirittura a dubitare
delle sue reali capacità, ma la voglia di confrontarsi ancora con Erina non era
del tutto sparita.
Per conoscere il vero talento della ragazza si servì da solo un piatto
con, ancora calda, una fetta di lasagna di Nakiri; la forchetta ne tagliò senza
difficoltà un morbido pezzo e l’assaggiò. Un puro concentrato di sapori si
sciolse in bocca lasciando un gusto che lasciava desiderare di volerne ancora e
ancora. Al secondo boccone Yukihira si bloccò per un istante e la posata che
teneva in mano gli sfuggì per cadere sul tavolo. Il ragazzo fu immerso nel
mondo di Erina: i suoi pensieri e ciò che provava nel momento in cui creava la
sua pietanza vincitrice. Nello stesso tempo che gustava la paradisiaca lasagna,
Soma percepiva lo stato di tristezza che affliggeva la ragazza. I suoi occhi
riuscivano a vedere chiaramente la solitudine famigliare che Erina si portava
dietro e la rabbia che riservava verso i suoi genitori. Lo scenario che Soma
aveva vissuto con quel piatto gli fece capire non solo l’immensa bravura di
Nakiri che sarebbe stata complicata da raggiungere e superare, ma anche la
condizione in cui viveva Erina e quello che doveva affrontare con le sue forze.
Una pressione non indifferente dalla sua famiglia per essere nata con un palato
divino e la triste infanzia che le aveva sottratto un padre amorevole al posto
di uno crudele e sopraffatto dal potere, più l’assenza di sua madre che la
faceva soffrire maggiormente.
Quell’insieme di emozioni e sensazioni che provò Yukihira furono
accompagnate dalle lacrime che uscivano solitarie e senza controllo. Assaporò ogni
attimo di quel cibo che lo emozionava più di qualsiasi altro che avesse mai
mangiato fino a quel momento, perché gli rimanesse impresso nella sua memoria. Soma
cominciò a sentire nuovamente il sapore del suo primo bacio, quello che
accidentalmente aveva dato a Erina e notò una certa somiglianza con quel cibo
che, veloce, scendeva nel suo stomaco. Quando terminò l’ultima fetta pensò
addirittura di provare un sentimento a lui quasi estraneo, ma di cui aveva già
sentito nominare. Si era innamorato di quella lasagna, ma prima di capire
qualcosa di ancora più importante Erina era già andata via. Partì prima del
solito con Alice, Ryou e Hisako per trascorrere le ultime settimane di estate
in Danimarca. Soma riuscì a salutare tutti e con Erina aveva solo agitato una
mano in segno di arrivederci mentre lei saliva in fretta sull’auto che li
portava via. Yukihira si accorse successivamente che, dopo tutto il tempo
passato con Nakiri, le sarebbe mancata per il resto delle vacanze. Sì, con lei
in particolare, che lo aveva salutato frettolosamente con un sorriso sulle
labbra da lontano.
Akira tornò alla Tootsuki, contento dal suo faticoso e stranamente
particolare viaggio che aveva intrapreso con i suoi amici.
La persona che voleva rivedere era Jun per darle subito il suo regalo,
ma lei non era sola. Azami era già comodamente seduto e si versava
tranquillamente un buon liquore, che Shiomi conservava per le occasioni
speciali. Hayama poteva solo immaginare il perché il nuovo direttore fosse lì.
- Hayama Akira, vero? Posso sapere come sta mia figlia? –
- Non faccia domande inutili e spiegatemi cosa volete. –
- Arrivo subito al punto. Se tu passassi dalla mia parte e lavorassi
con me avresti ricchezza, potere, prestigio e lo stesso sarebbe per Shiomi. Avreste
la possibilità di lavorare in un posto più confortevole e prendere possesso di
tutte le spezie più ricercate del mondo. Al contrario perdereste tutto ciò che
si trova in questo laboratorio e Shiomi verrebbe licenziata all’istante, senza
contare che non lavorerebbe più per nessuno perché la mia influenza non lo
permetterebbe. Inoltre tu, Hayama Akira, non potresti più studiare in questa
Accademia. La scelta spetta a te, ma pensaci molto bene perché è un’offerta
irripetibile. –
Akira si era trovato spiazzato a quella richiesta che lo incatenava
senza alcuna possibilità di uscita. Doveva prendere una decisione e alla
svelta, ma cosa avrebbe dovuto fare? Pugnalare alle spalle i suoi amici per
salvare lui e Jun? La decisione più importante era nelle sue mani.
ANGOLO AUTRICE: In questo enorme capitolo, rispetto ai precedenti, ho
inventato che la mamma di Erina e anche quella di Soma sono ancora in vita. Nel
manga non è stato rivelato nulla su di loro, infatti non si sa se le due madri
sono vive o decedute, però, nel mio immaginario, ho ipotizzato che fossero
entrambe in vita. Così ho inventato un po’ del passato di Ami, la presunta
madre di Soma per la quale ho dato pure un nome a caso. Stessa cosa vale per il
personaggio di Yumi, che ho immaginato madre di Erina, ma su di lei non ho scritto
molto in questo capitolo perché comparirà maggiormente nei prossimi capitoli. Spero
di non aver annoiato nessuno e soprattutto di non avervi deluso con questo
capitolo. Ciao a tutti! Alla prossima! :).