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Autore: Pimpi95    19/09/2016    1 recensioni
- Che fai qui Alice? Non mi farai cambiare idea perciò.. – Erina non finì la frase perché Alice le aveva mollato uno schiaffo sulla guancia.
- Stai sbagliando, sappilo. – disse Alice senza rimorsi di quello che aveva fatto.
Erina aveva la guancia rossa ma non le importava, indossò gli occhiali da sole e disse – Non essere triste per me, me la caverò. –
Erina partirà per New York, cosa succederà ai protagonisti?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arato Hisako, Erina Nakiri, Souma Yukihira, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 10: Ami e Yumi



- Non saresti dovuta venire. Hai visto la reazione di tua figlia, sarà difficile parlarle ora. – adottò un tono autoritario, Azami, guardando sua moglie che era distrutta dall’incontro con Erina - Sei stata lontana da lei per anni, è ovvio che lei non voglia vederti né sentirti nominare. – disse senza un minimo di empatia o commozione.

- Parli come se la colpa fosse solo mia, Azami. Sei stato tu a spingermi verso questa strada. Non sarei mai andata via, se solo tu non fossi cambiato tanto. Cosa ti è successo? Anche adesso parli come se il nostro matrimonio fosse stata solo una farsa. Dov’è l’uomo che ho sposato? – lo scrutò nei suoi occhi neri, ma la donna pareva vedere solo un grande buio. L’oscurità della notte, affascinante, che trasmettevano quegli occhi si era trasformata in una folle ricerca di potere e conquista.

Azami non la guardò nemmeno. Il suo sguardo era posato sull’agenda dei suoi impegni lavorativi – L’uomo che vorresti vedere è cambiato. Diversamente da allora sono riuscito a costruirmi un obiettivo e lo porterò a termine. Puoi andare se non hai altro da dirmi, Yumi. –

Yumi era ancora in piedi nella sua stanza, non si sedette nemmeno per sbaglio. Era certa che la sua visita non fosse gradita, ma lei ci sperava davvero che Azami cambiasse. Un altro buco nell’acqua, ma non sarebbe rimasta senza fare nulla – Non chiamarmi per nome e smettila di usare il mio cognome come se ti appartenesse dalla nascita. Mi riprenderò la mia dignità come erede dei Nakiri e ti spodesterò come preside della Tootsuki. – disse crudelmente.

Azami la vide uscire e sbattere violentemente la porta. Lui non sapeva perché lo disturbasse tanto, ma odiò il silenzio che lasciò, in quella stanza, sua moglie Yumi.

Yukihira seguì con lo sguardo preoccupato Erina che saliva sull’aereo insieme ad Alice e Hisako per tenerle compagnia.

Erina era appoggiata al finestrino e guardava fuori con aria assente. Il suo cuore si sentiva ferito dall’altra sera, ma poteva ricordare ancora bene le ferite che si portava dal passato. La sua famiglia non era mai stata molto unita e lei ne soffriva perché la compagnia Nakiri aveva molte filiali in quasi tutto il mondo e la persona più importante di tutte era andata via per questo motivo, o forse no. Non ne era convinta. Sua madre, la donna che aveva visto la sera prima nello studio di suo padre, era la ragione per la sua partenza improvvisa. Aveva incominciato il viaggio in modo pessimo, ma stava tornando in Giappone con un ricordo peggiore.

Non voleva assolutamente rivedere sua madre dopo averla lasciata per anni a subire l’addestramento di Azami e di aver perduto il rapporto madre figlia che si aspettava, che i libri raccontavano, ma che lei non aveva mai realmente provato. Un po’ invidiava i genitori di Alice, erano sicuramente la famiglia che avrebbe voluto in cambio dei suoi.

Non ne aveva mai parlato nemmeno con Hisako, le aveva nascosto i suoi genitori perché non ne andava fiera e perché credeva allo stesso tempo di non rivedere. Eppure, la sua amica, era lì al suo fianco che si prendeva cura di lei.

- Hai bisogno di un cuscino per la schiena, o quello per la testa così puoi riposarti meglio. Ah, magari vuoi un tè, te lo preparo subito. – si alzò Hisako.

- No, non te la prendere ma vorrei solo dormire. Non ho ne fame, ne sete. Scusa. – disse in tempo Erina.

- Allora ti prendo solo un cuscino comodo. – andò via Hisako e Erina non riuscì a combattere contro la forte volontà dell’amica. Involontariamente le si accese un sorriso che fu spento dall’intervento di Alice, seduta di fronte a lei.

- Non so come ti senti adesso, ma se hai bisogno di parlarne… - iniziò la cugina. Alice non aveva mai visto piangere così Erina; il suo cuore si spezzava ogni volta che ci pensava.

- Non voglio prendere il discorso, scusa. – fu evasiva Erina.

- So che tua madre ti ha ferita, ma dovrai parlare con lei prima o poi. –

- Si è presentata a New York come se fosse la cosa più naturale del mondo. Sapeva che potevo esserci anch’io, allora per cosa era venuta? Per riavvicinarsi a me? – le parole uscirono come punte affilate di una spada. Odiava parlare di qualcuno che non c’era mai stato per lei.

- Non è solo colpa sua, penso che c’entri lo zio in tutto questo. –

Erina si rabbuiò ancora pensando a suo padre che aveva manipolato sia lei che sua madre per i suoi scopi.

- Non potrai evitare i tuoi genitori. Sei ancora dipendente da loro e poi non vuoi scoprire la ragione per la quale tua madre ti ha lasciata per mesi e poi comparire a New York proprio durante il tuo soggiorno lì. Pensaci. – continuò Alice con una vena di tristezza per sua cugina. Si alzò da dove era e si posizionò al posto di Hisako per starle più vicina. Non poteva fare altro.

Hisako vide le due ragazze condividere un momento tra cugine e per non rovinarlo tornò indietro cercando un posto libero, ma si scontrò con Soma.

- Hisako, come sta Nakiri? –

- Male, però credo che Alice si stia prendendo cura di lei. –

- Che ci fai con del tè in mano? –

- Ah, già. Era per Erina, ma non voglio disturbarla. –

I due si sedettero in due posti vuoti, l’uno di fronte all’altra.

- Vedrai che prima o poi si sfogherà anche con te. – percepì subito la gelosia di Hisako nei confronti di Alice.

- Già, lo spero anch’io. Forse ci siamo allontanate un po’ a causa di quel viaggio a New York. Io non ero a conoscenza di sua madre. Pensavo fosse morta e che non sarebbe stato opportuno da chiedere a Erina. –

- Così c’era qualcosa che ancora non sapevi su di lei, eh? – rifletté Soma sovrappensiero.

- Si, mio padre mi aveva chiesto di non chiedere nulla dei genitori di Erina. Volevo che me ne parlasse lei, però, non lo ha mai fatto. –

- La famiglia Nakiri è davvero complicata, ma so che Erina ti vuole bene. Sicuramente si confiderà con te. – la confortò Yukihira poi involontariamente prese la tazza di tè per assaggiarla, ma Hisako lo fermò subito come se fosse di sua proprietà – Questa non è per te! Vai lì al bancone e prenditi la bevanda che vuoi. –

Soma accettò il consiglio e la ragazza lo vide parlare col cameriere con una confidenza assurda, in una manciata di secondi.

Hayama seguì con lo sguardo tutti i movimenti di Hisako perché il sonno ancora non lo raggiungeva. La vide sedersi accanto a Megumi che dormiva beatamente. Il rapporto difficile che Erina aveva con la sua famiglia gli fece ricordare il suo passato. A lui erano capitati forse i genitori peggiori perché lo avevano abbandonato al suo destino, tuttavia, decise di non scoraggiarsi e vagare per una meta, finché non fu adottato dalla professoressa Jun.

La stanchezza era tanta, il fuso orario cominciava a sentirlo, ma Hayama non trovava pace per quei ricordi che gli sembravano tanto lontani quanto dolorosamente vicini al suo cuore. Poteva dare la colpa a suo padre o a sua madre per essere rimasto solo, ma in fondo non sarebbe servito. Lui ora conduceva una nuova vita e buttava il passato alle spalle.

Hisako teneva ancora tra le mani la tazza fumante di tè. Era indecisa se portarla a Erina o rimanere seduta accanto all’addormentata Megumi. Fu la sua mano accaldata dal bollente contenuto che la invitò a bere quella bevanda. La ragazza si precipitò al bancone del mini bar per chiedere un altro tè per la sua amica, che lei aveva purtroppo già terminato. Il nervosismo l’aveva sopraffatta; presentarsi dalle due cuginette non le piaceva. Non voleva rovinare il loro momento, però anche Hisako sperava che Erina si confidasse con lei. Il cameriere le servì il tè che aveva chiesto e poi in un altro bicchiere versò un succo di frutta alla mela.

- Mi scusi, ma non ho chiesto anche il succo. -

- Lo so, è stato quel ragazzo a chiedermelo. – indicò un ragazzo alto dai capelli argento.

- Hayama, perché? – si  avvicinò a lui – Non avresti dovuto. Sono già abbastanza nervosa e tu non mi aiuti con la tua presenza. –

- Scusa, ultimamente mi sto scusando spesso con te. Continuo a sbagliare e mi dispiace. – il ragazzo spostò i suoi occhi smeraldo dalla sua aranciata per rivolgerli a Hisako. Lei lo fissò aspettando che fosse lui il primo a distogliere il suo sguardo. Quegli occhi verdi erano affascinanti tanto quanto lui, ma non poteva dirglielo. Combatteva persino con la sua coscienza di ignorare ciò che sentiva. Doveva accettare quella bibita senza coinvolgimenti emotivi, eppure gli sembrava triste come lei per Erina. In qualche modo si sentiva connessa a lui. Akira rimase al suo posto e ordinò degli stucchini.

Hisako notava il silenzio imbarazzante che si era creato tra loro e, anche se gli sembrava stupido, lo sentiva confortante.

- Sono molto preoccupata… -

- Per la tua signora. L’ho notato, sarebbe strano il contrario. –

Hisako non sapeva perché si stava confidando con lui e nemmeno cosa ci facesse ancora vicino ad Akira. Era irrazionale anche il modo in cui si guardavano i due.

- Perché sei qui? – chiese non avendo altro da dire.

- Mi annoiavo e non avevo sonno. Ti do fastidio? –

- No, anzi! Credo che mi farò una bella dormita. – Hisako si alzò dal bancone e portò via il succo di mela – A più tardi. – terminò lei.

Hayama non si mosse, accennò solo un breve cenno col capo. Con la coda dell’occhio guardò il posto vuoto accanto al suo, dove prima c’era la ragazza. Hisako gli aveva cancellato dalla testa tutti i suoi pensieri.

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La città dove aveva sempre abitato Soma era un piccolo paesino dove tutti si conoscevano. Non vi erano grandi palazzi o negozi super costosi, tutto era nella norma. Quasi una noiosa e pacifica cittadina dove ognuno poteva dedicarsi ai suoi sogni. Soma, quando descriveva la sua città appariva orgoglioso e cominciava a raccontare tutte le sue, sebbene piccole, avventure.

Era cresciuto in un paesino dove aveva fatto amicizia con svariate persone, della sua età e persino adulti che gli volevano bene. Soma amava la città natia, il suo sogno era di poter gestire il ristorante Yukihira tutto da solo.

La sua personalità energica attirava chiunque infatti era impossibile non accorgersi della sua presenza e i cittadini salutavano il rosso con allegria, gridando il suo nome. Soma sembrava una celebrità lì, notò Erina.

Gli amici del rosso si guardavano attorno curiosi, ma soprattutto credevano di essere piuttosto osservati dalla gente che iniziava a fare commenti in segreto o li guardavano come fossero superstar.

Tutti quegli occhi addosso mettevano in soggezione Erina, nonostante fosse sempre circondata da un pubblico notevole che faceva pettegolezzi su di lei. In quel posto però non c’era mai stata e si sentiva imbarazzata, aveva solo un paio di occhiali da sole e sperava di non essere stata riconosciuta. Voleva evitare i fan scatenati. Avrebbe solo apprezzato un bel bagno e un letto dove sdraiarsi in pace, ma tutto ciò faceva a pugni con il desiderio di scoprire qualcosa di più su Yukihira.

Soma aveva tutta la strada per lui e i suoi compagni di Accademia lo vedevano sfilare, come se fosse su una passerella, al centro dell’attenzione di tutti, mentre sorrideva e salutava i conoscenti.

Di certo il rosso non lo faceva per mettersi in mostra, semplicemente quello era il suo modo di comportarsi. Essere sempre sorridente, scherzare con tutti e tornare a casa sua per una sorpresa inaspettata.

Hisako vide con piacere che Erina si stava concentrando sulla nuova città piuttosto che sulla serata finita in lacrime.

Gli odori che si mescolavano, tra i ristoranti all’aperto e il mare non molto lontano, facevano scordare totalmente quella brutta serata che Alice aveva passato a confortare Erina. Alice aveva in mente di portare per qualche settimana sua cugina a casa sua, in Danimarca, però voleva che prima si divertisse qualche giorno di più con tutti gli altri.

Ryou era vicino alla sua lady e le dava tutto il supporto morale che necessitava.

New York era difficile da scordare, passare da una città frenetica e ricca di svago per finire in un paesino tranquillo sembrava di essere arrivata nel paradiso terrestre. Per Erina quella pausa le serviva anche se non era su uno yacht costoso a sorseggiare una bibita ghiacciata sotto il sole, cullata dal mare, quel posticino era l’ideale.

Dei ragazzi, che Soma riconobbe al volo, passeggiavano incuranti dell’arrivo del loro vecchio amico e Yukihira molto contento li chiamò per attirare l’attenzione. Tra i suoi amici vi erano anche Mayumi la ragazza che aveva una cotta per il rosso e la sua migliore amica Aki che cercava sempre di convincerla a dichiararsi.

Mayumi sentì una voce familiare e quel tono vivace le ricordò il suo primo amore che non vedeva da mesi. Rimase pietrificata, come sempre quando vedeva Soma, e le si fermarono le parole di bocca. Diventò taciturna e imbarazzata che anche guardarlo risultava uno sforzo sovrumano. Mayumi era così, timidissima con tutti e in particolare verso Yukihira. Alzò di poco lo sguardo per vedere che Aki era già corsa incontro al rosso seguita dagli altri amici di comitiva.

- Soma! Ti trovo bene. – disse spavalda Aki.

- Già amico, ci sei mancato! – dissero gli altri ragazzi in compagnia di altre ragazze che avevano fatto amicizia durante l’anno scolastico.

- Sono stato molto impegnato in Accademia, lo sapete no? – poi si rivolse a Mayumi – Ehi, Mayumi come te la passi? –

In quel momento la ragazza preferiva sparire da qualche parte, ma Aki non le lasciava alcuna via di fuga e le sussurrava di rispondergli.

- T-tutto b-bene. – balbettò. Aspettava di trovare un argomento più esaustivo – Sei migliorato nella cucina? –

- Si, sto facendo molti progressi che non vedo l’ora di mostrarli a tutti voi. Infatti sto andando proprio ora al ristorante. Venite con noi? – era solare Soma e parlava al plurale, cosa che non passò assolutamente inosservata.

- Con noi? Non sei venuto da solo? – domandò Aki che non si faceva sfuggire niente.

- Ah, giusto! – ricordò di non aver fatto le dovute presentazioni – Questi sono alcuni miei amici della Tootsuki! –

Mayumi seguì il dito di Yukihira che puntava dietro di lui. Otto ragazzi che emanavano una luce bellissima e di successo. Sembravano usciti da un film hollywoodiano. La ragazza aveva già conosciuto Ikumi Mito un’altra amica che aveva conosciuto Soma in Accademia, ma trovarsi di fronte altri fantastici cuochi di quella scuola un po’ la intimidiva, si sentiva fuori posto nonostante quella fosse la sua città. Lei e i suoi amici delle superiori al confronto erano dei piccoli chicchi di riso bianchi senza aromi né spezie a impreziosirli e insaporirli. Le ragazze della comitiva di Mayumi avevano gettato l’occhio sui ragazzi in particolare Akira, alto e affascinante, Takumi e persino Ryou era apprezzato. Invece i ragazzi ovviamente si soffermavano ad ammirare le ragazze che erano una più bella dell’altra.

Tutti gli amici di Soma si lasciarono guidare da lui che li stava portando dritti al ristorante Yukihira.

Il primo obiettivo di Soma era quello di aprire il locale di suo padre che immaginava, dopo tanto tempo, avesse bisogno di essere spolverato anche se Mimasaka c’era stato qualche volta. Con sua enorme sorpresa però c’era un’evidente folla attorno al ristorante. Casa sua era appena stata invasa da tantissime persone, ma non capiva come fosse possibile. Nessuno sapeva del suo arrivo, con un pizzico di intuito alla fine arrivò all’unica conclusione. Iniziò a correre e farsi largo tra la folla euforica che impediva l’accesso e scorse la persona che stava effettivamente cercando.

- Mamma! – gridò per farsi sentire da lei.

Una figura snella e giovanile guardò il figlio raggiante come tutte le volte che si rivedevano e gli andò incontro. Tutti i clienti che aspettavano di mangiare e allo stesso tempo di ascoltare le storie della donna si voltarono verso Soma, increduli che lui fosse tornato presto.

- Soma! Che gioia vederti! Ci speravo davvero tanto, tesoro. – lo abbracciò all’istante. Gli altri tutti intorno a loro si commossero.

- Manca solo Joichirou e ci sarebbe stata tutta la famiglia. – disse uno accomodato ad uno dei tavoli.

Intanto entrarono anche gli amici di Accademia di Yukihira e i compagni delle medie del ragazzo che si meravigliarono di quella scena madre – figlio.

- Ragazzi, vi presento la donna più importante della mia vita! Mia madre! – era contentissimo il rosso mentre la presentava, poi si voltò verso sua madre – Mamma, questi sono i miei amici della nuova Accademia che sto frequentando. – indicò.

- E’ un piacere conoscerla, signora. – dissero in coro i ragazzi.

- Potete chiamarmi Ami. Non siate così formali. – disse la donna.

- Loro sono Tadokoro Megumi, Takumi Aldini, Hayama Akira, Arato Hisako, Kurokiba Ryou, Mimasaka che ogni tanto è venuto al ristorante e infine le due cugine Nakiri. – presentò uno ad uno il rosso.

Al sentire il cognome Nakiri s’incuriosirono tutti. Conoscevano di fama quel nome e persino Ami, la mamma di Soma, rimase incredula che suo figlio avesse fatto amicizia addirittura con la famiglia Nakiri.

- Dai, Soma, non scherzare! Non può essere che tu abbia portato, in questa piccola città senza valore, dei Nakiri.  Per giunta poi le due cugine, una di loro dovrebbe essere la ragazza dal “palato divino”. – non credeva a quello che aveva sentito, Yuya Tomita.

- A dire il vero siamo proprio noi, Nakiri Alice e mia cugina Erina. – si tolse gli occhiali e anche Erina fece lo stesso, tanto le avevano già scoperte.

Yuya svenne di colpo mentre si levava un sonoro – Coooosaaaaa!!! – urlò all’improvviso la gente che si era riversata lì.

Per la confusione che si era creata Ami cercò di ripristinare l’ordine - Soma perché tu e i tuoi amici non preparate qualcosa di buono ai clienti mentre io accompagno le ragazze a fare shopping? Immagino che nessuna delle tue nuove amiche conosca la città, vero? –

- Va bene. Io e i miei amici non vediamo l’ora di farvi vedere come cuciniamo alla Tootsuki! – rispose euforico Yukihira.

- Ti do volentieri una mano, Soma. – lo incoraggiò Mimasaka indossando il grembiule simile a quello del rosso.

- Veramente io non ne ho voglia. – disse Akira, ma fu costretto a cambiare idea quando Mimasaka lo prese di peso per avvicinarlo ai fornelli.

- Fantastico! Ehi, Yukihira, perché non facciamo una sfida per vedere chi di noi è il migliore? – chiese Takumi pronto per combattere contro il rosso.

- Perché no? Facciamolo! – Soma brandì in alto il suo coltello affilato e puntandolo in alto come fosse una spada.

Ryou indossò il suo fedele fazzoletto rosso - Sfida? Nessuno mi batterà! – esclamò con ferocia spaventando i presenti.

La madre di Soma era una stilista e perciò aveva occhio per la moda e tutte le cose che facevano tendenza. Si teneva sempre aggiornata sui cambi di stagione e della moda che cambiava spesso. Alice, interessata ai suoi discorsi, sperava tanto di chiederle un abito su misura per lei. Erina guardava assente tutto ciò che gli passava sotto gli occhi, ma non smetteva di ascoltare Ami. C’era qualcosa che la attirava e poi il suo tono colloquiale e dolce la metteva di buon umore.

- Quindi se non ho capito male, vivi a Parigi. – voleva una conferma Megumi.

- Si, torno raramente qui, ma cerco sempre di trovare del tempo per andare a trovare mio marito e Soma. Purtroppo i miei parenti e il mio lavoro sono in Francia e per seguire il mio sogno ho dovuto lasciare le persone più importanti. –

- Beh, la cosa importante è di vedersi, ogni tanto. – sorrise Mayumi alla donna che era diventata malinconica per la sua situazione.

Hisako guardò Erina accanto a lei, sapeva che l’amica odiava l’argomento della distanza famigliare. Le ricordava certamente sua madre. Aveva coraggio a rimanere impassibile a quelle parole, pensò Hisako.

Ami si accorse che Erina non aveva una bella cera, avrebbe voluto prenderla in disparte e parlarle, ma non le sembrava opportuno. Così decise di portare le ragazze vicino a un chiosco di gelato per rinfrescarsi.

Megumi sedette vicino a Mayumi.

- Così conosci molto bene Soma kun. – cominciò Megumi.

- Si, da quando frequentavamo le elementari. È sempre stato ossessionato dalla cucina, come si trova in Accademia? – chiese l’altra curiosa.

- Va abbastanza bene. Soma kun è sempre tenace, riesce in tutto e mi aiuta sempre quando ne ho bisogno. – ricordò la prima volta che lei aveva fatto squadra con Yukihira.

- Si, è davvero unico. – sognava a occhi aperti Mayumi. Quest’ultima si sentiva a suo agio con Megumi, era l’unica che considerava più o meno come lei rispetto alle altre ragazze della Tootsuki che sembravano tutte modelle.

Aki vide le due ragazze, con lo stesso gelato al cioccolato e  panna, parlavano di Soma e non poté fare a meno di pensare che pure Megumi era interessata al rosso tanto quanto Mayumi.

Aki era capitata accanto ad Hisako che cercava di ordinare due frullati per lei ed Erina.

- Hisako giusto? Per caso sai se la tua amica Megumi si è presa una cotta per Soma? – domandò Aki perché doveva mettere in allerta Mayumi di eventuali altre pretendenti di Yukihira.

- Che? Non lo so, ma perché me lo chiedi? – si meravigliò la ragazza che pensava a tutt’altro.

- No, niente solo un presentimento. Dimentica ciò che ho detto. – fu sbrigativa.

Hisako prese in fretta i suoi frullati e si allontanò da quelle, secondo lei, inutili chiacchiere.

I pensieri di Erina erano fermi a sua madre che si era ripresentata nella sua vita e lei era scappata perché non sapeva cosa fare. Doveva sfogarsi con lei e magari mandarla a quel paese, solo che il coraggio non era bastato. Ami era davvero una persona gentile, aveva gli occhi dorati con la stessa luce di Yukihira e un sorriso radioso e tenero. Si comportava proprio come la madre che avrebbe tanto voluto. Continuava a guardarla e si domandava con quale stato d’animo rivedeva suo figlio dopo mesi. Forse la stessa risposta sarebbe stata simile a quella di sua madre o forse no. Aveva timore di chiedere. L’unica certezza era la sua amica che le corse incontro tenendo in mano due frullati uno ai frutti di bosco e un altro alla fragola.

- Volevi quello ai frutti di bosco, giusto? –

- Grazie mille Hisako, ma non dovevi andare tu. –

- Na, tu ti devi rilassare e poi lo faccio per te quindi non mi pesa. –

- Qualcosa non va? – chiese Erina a una triste Hisako.

- Veramente volevo sapere come stessi tu. –

Erina si accorse di aver fatto soffrire ancora la sua amica – A questo punto le scuse sono troppo ridotte, vero? Volevo raccontarti di mia madre, ma non c’è l’ho fatta. Sono passati anni e l’unica cosa che sono riuscita a fare è nascondere la verità. Non mi sono mai abituata al fatto che mia madre fosse andata via perché credevo che sarebbe tornata presto, magari perché le mancavo. Alla fine la porta rimaneva chiusa e nessuno mi diceva che era ritornata. Volevo scordarla e ci ero quasi riuscita. Poi… - si fermò, fissò il suo frullato ancora freddo, ma non era stato bevuto nemmeno di un sorso. Nel contenuto poteva vedere il volto di sua madre.

Hisako taceva, aspettava di sentire il resto per non interromperla.

- Quando l’ho rivista ho sentito l’impulso di abbracciarla, ma avevo troppa rabbia dentro verso di lei e ho preferito non buttarla fuori così sono corsa il più lontano possibile. Più correvo, più piangevo, non mi era mai successo. Questa cosa mi spaventa. – aveva gli occhi lucidi, però si controllava.

Hisako sapeva quello che doveva fare. La abbracciò per farle capire che le sarebbe stata vicina in qualsiasi circostanza.

Alice che parlava di abbigliamento con la madre di Soma e in mano un gelato alla vaniglia, che aveva divorato in parte, vide le due ragazze stringersi e sorrise. In quel momento Erina aveva bisogno di tutto il conforto possibile.

- Secondo te a Megumi piace Yukihira? – chiese di punto in bianco l’amica.

- Cosa? – rise Erina per il brusco cambio di argomento.

- Si, mi ha parlato Aki, un’amica di Yukihira, e diceva che probabilmente Megumi si era presa una cotta per lui. – sorrise anche lei.

- Ahah, ma no. Sono solo amici. – rideva ancora la biondina che non credeva possibile a quello che diceva Hisako.

Erano state fuori a passeggiare e fare acquisti per tutto il pomeriggio, ma le aspettava ancora la  super cena realizzata dai ragazzi che si erano offerti di cucinare per loro. La comitiva di Mayumi e Aki, invece, non rimase a mangiare con gli altri perché avevano anche loro delle famiglie da cui tornare.

Soma, sua madre e gli amici della Tootsuki cenarono sotto le stelle; sistemarono fuori, al fresco della sera, un grande e lungo tavolo di legno per sorreggere tutte le portate che i ragazzi avevano cucinato e mangiarono a sazietà. Erina non risparmiò le sue critiche culinarie specialmente sui piatti di Soma e Takumi che erano sempre in competizione. Il palato di Erina non poteva fare a meno di sgradire qualcosa che era stata preparata in modo imperfetto.

Takumi e Yukihira vennero totalmente sconfitti dalle parole della ragazza, ma quella freddezza era sintomo che lei aveva ripreso il suo solito atteggiamento da principessina e Soma ne fu contento.

- Ragazzi, vorrei proporvi una cosa. Prima, io e Takumi abbiamo parlato di preparare una pizza. – accennò Soma.

- Si, che bella idea! – si alzò felicissima Alice – Voglio darvi una mano. –

- Ma certo! Avevo pensato che potevamo partecipare tutti, perché sarebbe stato geniale creare una pizza gigante! –

- Cioè? Vorreste realizzare la pizza più grane del mondo? – chiese Hisako inesperta, ma aveva sentito parlare di una enorme pizza.

- Esattamente. –

- Beh, io non credo che riusciremo a farla così grande, ma ci possiamo provare. Che ne pensate? – domandò Takumi che era disponibile a condividere le sue conoscenze, dato che si trattava di una pietanza esclusivamente italiana.

- D’accordo, vi darò una mano anch’io. – disse Erina suscitando sgomento nei volti di tutti quanti.

- Sono curiosa di vedere cosa ne uscirà fuori! – era contenta Ami.

- Non vedo l’ora di sapere come sarà! – commentò Megumi.

Soma informò anche gli amici del dormitorio Stella Polare e Ikumi di raggiungerlo nella sua città per passare qualche giorno tutti insieme. In questo modo avrebbero avuto delle mani in più per lavorare e creare una pizza fenomenale.

Takumi invece chiamò suo fratello perché gli mancava, così gli propose di trascorrere alcuni giorni da Yukihira dove lui era stato invitato.

Isami sarebbe arrivato il giorno della pizza e Takumi sprizzò di felicità; potevano dimostrare quanto fosse fantastica la cucina italiana.

Erina portò alcuni piatti da lavare dentro il ristorante Yukihira; voleva dare un aiuto. Dentro non c’era nessuno, un luogo tranquillo, lo cercava da quando aveva rivisto sua madre. Quel locale sembrava davvero carino, non aveva nulla di lussuoso o prezioso, però le trasmetteva un senso di serenità e accoglienza. Si guardò attorno per cercare di catturare quel posto e fissarselo nella testa come una fotografia. Un ambiente rustico e caldo che attrae anche i più freddi di cuore. Lesse il menu e tra i nomi presenti scorse il nome del Furikake trasformato, a base di uova, che Soma le aveva preparato il primo giorno di esami alla Tootsuki. Quel piatto era stato l’inizio di tutto. Aveva quasi nostalgia di quel momento; un ricordo che non le dava più fastidio.

Sulla mensola più alta lo sguardo di Erina si focalizzò su una foto incorniciata, non l’aveva notata prima. Si avvicinò di più per afferrarla. La foto ritraeva Joichirou, Ami e un piccolo Soma.

Sorrise brevemente, Soma era molto carino e allegro in quello scatto. Aveva certamente immortalato una famiglia felice, ma Erina non sembrava molto divertita. Quella foto le diceva chiaramente che lei non possedeva nulla di simile con i suoi genitori. Erano mai stati una vera famiglia? Lei ormai l’aveva dimenticato, sempre che ci fosse stato almeno un giorno così in passato e trattenne a stento delle lacrime amare; possedeva solo un ritratto di famiglia rotto e scomposto in tanti piccoli frammenti, un puzzle i cui pezzi non combaciavano.

Ami distrusse i suoi pensieri entrando nel locale – Lì, Soma aveva su per giù quattro anni. Era proprio tenero, vero? – si riferiva alla foto che teneva ancora tra le mani, Erina.

- Si, è così. –

- E’ stato poco dopo quello scatto che mi sono dovuta trasferire con la mia famiglia in Francia. Da allora vedo raramente entrambi e me lo ricorda ogni volta questa foto. Ne possiedo una identica nel mio portafoglio. Purtroppo viaggio spesso e anche Joichirou ha ripreso questo tipo di vita, lasciando Soma all’Accademia. –

Ami fece segno a Erina di sedersi, parlare era la sua specialità oltre allo stile di abiti da indossare.

- Sai, ero partita per inseguire il mio sogno di stilista professionista e ci sono riuscita, ma per sentirmi soddisfatta vorrei poter tornare a vivere con la mia famiglia, di nuovo tutti e tre insieme. –

- Ti è mancato tuo figlio? – fece una domanda scontata, ma Erina voleva comunque sentire quella risposta.

- Si, non sai quanto! -

Ami vide la ragazza farsi triste e siccome non capiva il perché, la portò a sfogarsi.

- Qualcosa ti turba, giusto? Se non mi vuoi dire il motivo, allora provo ad indovinare. –

Erina voleva tenersi quel dolore per sé, si era sfogata già con Hisako e Alice. Non aveva bisogno di altra commiserazione, però Ami le trasmetteva fiducia e sicurezza. In quel luogo si sentiva parte di una famiglia che non risparmiava mai l’affetto.

- Per caso si tratta di Soma? Hai qualche problema con lui? –

- N-no, lui non c’entra. Stavo pensando a mia madre. L’ho rivista dopo molti anni. – faticò a raccontare.

Ami comprese il problema, conosceva Yumi. Una donna determinata, forte e molto impegnata per fare un salto nella sua vecchia casa a trovare sua figlia. Sapeva, inoltre, che Yumi amava Erina più di se stessa. In ogni caso, se non era stata presente durante l’infanzia di sua figlia, in parte la colpa era proprio sua.

- Tempo fa ho conosciuto tua madre. Non  posso prendere totalmente le sue difese, però un cosa posso dirtela. Lei ti ama molto. –

- Se mi avesse amato tanto, allora non sarebbe andata via. Non mi avrebbe lasciata sola. –

- Sai l’amore a volte può essere difficile. Ti porta a fare scelte sbagliate, in fondo l’amore stesso è irrazionale e credo sia una delle principali cause che hanno spinto tua madre ad allontanarsi dalla famiglia. –

- Avrei voluto una famiglia come la vostra. Nonostante la distanza non sembra essere cambiato il legame che si vede in quella foto. – Erina diede ancora una rapida occhiata alla cornice d’argento che imprigionava la fotografia.

- Già, per me non è cambiato nulla. La felicità che provavo in quel momento non è mai sbiadita. –

Quell’affetto spontaneo e vero ingelosiva Erina che sperava a tutti i costi di avere una famiglia che si prendeva cura di lei, invece di essere usata come fosse un oggetto prezioso da sfruttare a loro vantaggio. Lei lavorava volentieri per la sua famiglia, era un onore, ma desiderava anche fare viaggi di piacere in compagnia dei suoi genitori e passare dei momenti insieme, uniti. Tutto ciò non poteva accadere, lo sapeva, ma non smetteva di pensarci perché togliendole quella speranza poteva distruggerle l’anima.

- Forse non sono la persona più indicata per dirlo, ma una madre dovrebbe essere vicino ai propri figli nei momenti più importanti. Sia io che tua madre abbiamo fallito in questo, però non è detto che in futuro possa cambiare tutto. –

- Si. Vorrei poterci credere, ma lei non è come mia madre. Io probabilmente non la conosco nemmeno. Come faccio a fidarmi ancora di lei? –

- Non ti dirò di fidarti, ma solo…dalle una seconda chance. Una possibilità in più per dimostrarti che ti vuole bene. Che per te potrebbe tornare a casa vostra e riunire la famiglia, ma in questo caso devi essere forte e perdonarla. –

Erina fissò il volto dolce di Ami che le rivolgeva mentre conversavano come fossero due amiche che si incontravano regolarmente ogni giorno. La semplicità delle parole della mamma di Soma riusciva a calmare le insicurezze di Erina. Tuttavia rivedere Yumi e concederle un’altra possibilità di conoscere sua figlia non sembrava facile per Erina che preferiva scappare, piuttosto che affrontare la realtà dei fatti. Perdonare una madre che non vedeva da quando aveva si e no cinque anni risultava tutt’altro che una passeggiata. Nonostante le parole rassicuranti e adulatorie di Ami la sua mente continuava a mandarle messaggi negativi su sua madre che le impedivano di trovare qualcosa di buono in lei. Eppure un abbraccio, nell’istante in cui l’aveva rivista, sperava tanto di averlo; di sentirsi al sicuro tra le braccia della sua mamma dopo tanto tempo.

- Secondo me tornerete ad essere una famiglia felice. – cercò ancora di darle speranza.

- Non ricordo di aver mai visto la mia famiglia felice. Insomma non so neanche se mia madre fosse innamorata di papà. –

- Conoscendo Yumi, amava tuo padre, forse la delusione di quell’amore l’ha resa invulnerabile e alla fine ha preso la decisione sbagliata senza tenere conto della famiglia. – ipotizzò Ami.

- A New York ho lavorato per una festa di matrimonio e ho pensato molto a come fosse stata la cerimonia dei miei genitori. Erano felici come quei due sposi? Probabilmente non lo saprò mai. –

- Questa domanda dovresti farla ai tuoi. Ricordo perfettamente il giorno delle mie nozze. Era una festa per pochi, ma molto carina. – Ami viaggiò con la mente anni indietro nel passato, uno dei momenti più piacevoli della sua vita.

- Come vi siete conosciuti, lei e Saiba Joichirou? – era curiosa di sapere, la ragazza.

Proprio allora entrò nel ristorante Soma che volle unirsi alla conversazione.

- Di cosa stavate parlando? –

- Pochi minuti fa, Erina mi ha fatto una domanda. Come ho conosciuto tuo padre. – sorrise a quella richiesta.

Soma si accomodò vicino a sua madre – Voglio ascoltare anch’io. Sembra divertente! Ora che ci penso, non mi hai mai parlato del vostro primo incontro. –

- Ora vi racconto. –

Ami era in vacanza con sua madre, una grandissima stilista, insieme erano state ingaggiate dalla famiglia Nakiri per creare degli abiti di sera in occasione di una festa. Il sedicesimo compleanno di Yumi. Fu proprio allora che Ami incontrò la mamma di Erina, entrambe ancora giovani, ma talentuose. Yumi era un asso negli affari, ma non solo, era molto abile anche in cucina; Ami, invece, aveva un dono creativo, innato, che le permetteva di disegnare abiti e accessori fuori dal comune. Ami restò in Accademia per qualche settimana a lavorare per i Nakiri e fare amicizia con Yumi, ma c’era un ragazzo che le faceva visita spesso. Joichirou Saiba era curioso di conoscere la ragazza nuova, sarebbe rimasta per poco tempo, ma in ogni caso la affascinava. Il modo in cui Ami si impegnava tanto e perfezionava i suoi lavori, intrigava il ragazzo. Joichirou la guardava lavorare molto e pensò quindi di prepararle un buon piatto per ricaricarsi di energie. Il ragazzo infatti si presentò a Ami con una pentola, un piatto e delle posate.

- Scusami, tu chi saresti? – domandò accigliata la ragazza che si sentiva infastidita.

- Sono un cuoco di questa scuola, mi chiamo Joichirou. – disse allegramente – Ti ho portato qualcosa da mangiare, è un piatto di ramen speciale. –

Ami osservò con attenzione il ragazzo sorridente davanti a lei, ma non aveva nessuna intenzione di mangiare in quel momento né tanto meno assaggiare un piatto tipico giapponese.

- Mi dispiace, ma non mangio cibi giapponesi. Anche se sono giapponese ho viaggiato spesso in Europa e quindi ho gusti completamente differenti. Ti chiedo per favore di lasciarmi lavorare, ora. –

Joichirou sembrò turbato da quelle che parevano dure e taglienti parole, ma non voleva mollare.

- Dovresti provare, prima di dire che non ti piace la mia cucina. Ti chiedo di assaggiare solo un boccone e se non ti piacerà, andrò via. – insistette.

Per Ami, quella sembrava una sfida piuttosto che una richiesta e poi doveva terminare un vestito entro il tramonto, perciò accettò la proposta e ricaricarsi di energie.

Appena il ragazzo sollevò il coperchio con la pietanza ancora calda e fumante, un buon profumino arrivò a stuzzicare il naso di Ami che non lo credeva possibile, eppure cominciò a desiderare di assaggiare quel ramen. Era buono, ma trovava il sapore molto forte. Non la convinse affatto, così il giorno seguente Saiba tornò da lei con un ramen diverso e anche il giorno dopo e quello ancora dopo. Passò una settimana e Joichirou era alla ricerca di un ramen che Ami poteva gradire. Qualche giorno prima della partenza di lei, il ragazzo le fece provare l’ennesimo tentativo di quel piatto.

Ami spiegò tutto nei minimi particolari infatti Erina e Soma ascoltavano in silenzio aspettando che lei continuasse la sua storia.

- Alla fine ho mandato giù il primo boccone, come facevo sempre. –

- E poi? Cosa è successo? – domandò appassionato Soma.

- Poi…ho divorato tutto quello che c’era nel piatto. Era il ramen più buono che avessi mai mangiato. Mi aveva davvero stupita! – rise Ami mentre ricordava quel giorno; Joichirou la guardò divertito mentre lei gli chiedeva il bis con il volto completamente rosso.

Da quella esperienza, Joichirou si era promesso di preparare ancora dei piatti per lei; tutti i giorni, finché Ami non andò via. La ragazza tornò in Francia, a casa, ma sperava che prima o poi l’avrebbe rivisto. Qualche anno dopo Joichirou, vagabondo com’era, la incontrò a Parigi e i due si innamorarono perdutamente. Ami era stata colei che aveva cambiato lo stile di Joichirou, rendendolo un grandissimo chef.

- Erina sama! – la chiamò Hisako, vide Soma, Ami e la sua amica seduti intorno ad un tavolo come fossero una famiglia – Andiamo a fare una passeggiata? – propose lo stesso, la ragazza, che sperava di smaltire tutto quello che aveva mangiato.

- Certo, arrivo subito Hisako. – poi si rivolse alla mamma di Soma – E’ stata una bella storia e grazie per la chiacchierata di prima. –

- Figurati, se ti servono altri consigli puoi sempre chiedere. – Ami era contenta di aver tirato su di morale la ragazza.

Quando Erina e Hisako furono sparite dal locale, Ami iniziò a punzecchiare suo figlio – Insomma, è andato bene il viaggio a New York? Con tutte quelle belle ragazze là fuori, per caso c’è né una che ti piace? –

- Mamma, di cosa stai parlando? Papà ti ha detto qualcosa? –

- Mi ha telefonato dopo che ha assaggiato un piatto che avevi preparato al suo ristorante. Mi ha raccontato anche di un certo incidente con Nakiri Erina e guarda caso la ritrovo qui. –

- Anche tu credi che mi piaccia Nakiri, non è così? Beh, ti assicuro che vi state sbagliando in molti. –

- Ok, quindi non ti piace nessuna? –

- No, mamma – disse divertito – E poi Nakiri non mi ha ancora detto che gli piace la mia cucina. –

- Capisco, ma non puoi pretendere qualcosa del genere. In fondo è lei ad avere un palato sopraffino, no? Dalle tempo e l’unica cosa che puoi fare e continuare ad affinare le tue capacità. Sono sicura che un giorno la stupirai! –

- Si, questo lo so! – s’incoraggiò il rosso, poi tirò dalla tasca un braccialetto – Ho comprato un regalo per te, l’ho trovato in una bancarella a New York. Ho pensato che ti sarebbe piaciuto. –

- Tesoro, grazie. È davvero stupendo! Proprio come piace a me e poi sembra quasi che mi rappresenti. – indossò il braccialetto; aveva alcuni ciondoli in miniatura: un vestitino elegante, una borsetta di prima classe, una scarpa col tacco rossa, un quadrifoglio e una coccinella portafortuna.

Ami abbracciò Soma non soltanto per il regalo, ma per il fatto che si ricordava sempre di farla sorridere. Aveva anche lei dei regali per lui, ma l’unica vera sorpresa per entrambi era di passare un po’ di tempo insieme.

- Siccome rimango un mese intero, abbiamo tutto il tempo per passare qualche giornata madre-figlio. Sei d’accordo anche tu? –

- Certo che si! Non vedo l’ora, mamma! –

Ami rovistò nella sua valigia dei regali – Guarda! Mi avevi chiesto delle altre magliette e io te ne ho portate almeno una decina! – aveva tra le mani delle t-shirt blu scuro con il logo del ristorante Yukihira. Le stesse magliette che Joichirou aveva espressamente chiesto a sua moglie di creare per farne una divisa personalizzata e poi quando nacque il piccolo Soma, anche lui pretese lo stesso abbigliamento. Soma fu felicissimo di quel regalo, era il logo della famiglia e ogni volta gli ricordava casa. Per questo ovunque andava indossava sempre una maglietta blu scuro; proprio quella che sua madre realizzava per lui e suo padre.

- Quindi ti sei innamorata di papà perché lui ti preparava sempre dei piatti squisiti? – domandò Soma ancora incantato dalla storia dei suoi genitori.

- Non proprio, mi sono innamorata di quello che metteva nei suoi piatti. La sua vera essenza. –

Il ragazzo pensò all’espressione che l’ex direttore Senzaemon aveva pronunciato durante la finale delle elezioni autunnali, “il volto del cuoco”.

- Poi la perseveranza con cui cucinava per me, mi aveva fatto capire quanto ci tenesse a conquistarmi. Inoltre era un ragazzo affascinante e sapeva farmi ridere, credo che l’insieme di tutto questo mi ha fatto innamorare di lui. –

Soma carpì tutto quello che gli aveva detto sua madre. I suoi genitori si amavano tanto e il  loro legame era ben saldo; pensare che Erina non aveva avuto una cosa simile, lo rattristava. Lui invece poteva considerarsi fortunato da quel punto di vista.

La mattina seguente, Soma si era svegliato presto per i preparativi della festa a base di pizza gigante. Ami preparava la colazione nel frattempo che arrivassero gli amici di suo figlio, sistemati nell’albergo più vicino del ristorante Yukihira.

Erina e Hisako si erano già messe in cammino.

- Alice mi ha detto che posso passare qualche settimana a casa sua, in Danimarca. – annunciò Erina.

- Sul serio? Quando, se posso saperlo? – chiese l’amica.

- Non lo so, ma credo a breve. Perché non vieni con me? Se non ti è di peso, ovviamente. – aveva timore di chiederle troppo, Hisako era stata già presente per lei in molte occasioni e forse stava esagerando, pensava la biondina.

- Ma certo! Io starò sempre al tuo fianco, se hai bisogno di me, ci sarò anche questa volta. In Danimarca o dovunque tu voglia. Andremo insieme e poi non sarei così tranquilla sapendoti con quella stramba di Alice. –

Erina sapeva che avrebbe potuto contare ancora su di lei e questo la rendeva felice – Grazie, davvero, Hisako. Grazie per tutto. –

Takumi, Megumi e Mimasaka si erano fermati a comprare dei cornetti caldi per fare colazione con tutti.

Alice invece aveva buttato giù dal letto Ryou e il povero Akira per farle da scorta e arrivare prima degli altri al ristorante di Soma.

- Perché avete trascinato anche me? – sbuffava Hayama.

- Non lamentarti, dobbiamo sbrigarci con i preparativi. Sai quanto ci vorrà per ottenere gli ingredienti importanti per la pizza? Prima iniziamo, meglio sarà. Forza, in marcia! –

Ryou rimase zitto mentre Hayama lo guardava in cagnesco.

- Yukihira! Siamo arrivati! –

Soma era dietro la cucina ad aiutare sua madre – Ciao, ragazzi. Siete stati velocissimi, non sono neanche le otto di mattina. Sedetevi che ora arriva la colazione! –

- Benissimo, se vi servono altre sei mani… – si propose l’albina.

- No, abbiamo tutto sotto controllo. Inoltre Joichirou mi ha insegnato qualche trucchetto. State tranquilli vi preparerò qualcosa di eccezionale. - disse Ami.

Alice e i due ragazzi aspettarono pazientemente. Quando fossero arrivati tutti avrebbero iniziato la riunione per la festa da organizzare. Insomma essere arrivati primi non era servito a nulla e Akira riversò il suo odio facendo una serie di occhiatacce ai due seduti davanti a lui. Ogni volta veniva coinvolto nell’euforia di Alice e purtroppo non aveva nessuna voce in capitolo per tirarsi indietro.

Fortuna che di lì a poco il ristorante si riempì con gli altri amici. Mimasaka aiutava Ami a servire i clienti abituali, ai tavoli. Megumi e Takumi invece offrirono i cornetti con vari gusti, ancora ben riscaldati.

Erina e Hisako si aggregarono al tavolo di Alice che aveva già riservato altri due posti in più, senza la loro approvazione.

- Non era necessario e poi speravo di dare una mano alla madre di Soma. – Erina stava ancora in piedi.

- Ma no, c’è Yukihira che l’aiuta. Non ha voluto neanche il nostro aiuto e noi eravamo in tre. –

La biondina si arrese, i suoi occhi erano volti a cercare Yukihira che intanto andava qua e là per i tavoli. Ogni tanto si fermava a parlare con qualcuno che non o vedeva da tanto e poi riprendeva a cucinare velocemente per non far aspettare le altre persone in attesa. Era davvero ammirevole, pensò Erina che non si perdeva neanche un singolo movimento del rosso. Il ristorante era super animato, tra le voci dei clienti e le risate, ma anche i racconti che si percepivano da parte di Soma. Era un vero tornado di allegria.

Mimasaka però non scherzava, era quello che si faceva notare di più per la sua stazza corpulenta. Le sue mani ampie e robuste maneggiavano con cura i piatti che Ami gli passava; le persone rimanevano stupite ogni volta.

Erina e Hisako, però, la sera prima non erano state con le mani in mano. Erina aveva ideato dei volantini per far partecipare più persone alla lavorazione della pizza e Hisako le aveva dato una grossa mano a realizzarli con cura.

Quando Soma si avvicinò al loro tavolo, le due ragazze gli mostrarono il loro lavoro.

- Siete state grandi! Adesso proverò a girare alcuni di questi fogli così avremo più aiuto possibile! – era super eccitato il ragazzo.

Le due amiche si sorrisero a vicenda e non fecero in tempo a fare una qualsiasi ordinazione che sentirono la voce di Yuki far tremare tutto il locale.

- Megumi!!! Erinacchi!!! Siamo qui! – una voce squillante risuonò nelle teste di chiunque fosse lì.

Tutti gli occhi erano puntati verso Yuki che invece molto sorridente inquadrò Megumi per abbracciarla.

- Quanto tempo! Ci sono anche Marui, Isami, Daigo e Shoji! –

- Ciao a tutti! – dissero Daigo e Shoji.

- Gli altri dovrebbero arrivare più tardi, nel pomeriggio. Forse ci sarà anche Isshiki senpai. – disse Marui che provava a valutare in numeri il posto dove lavorava Soma.

- Esatto, ma quindi come sarà la festa? Voglio tutti i dettagli. – chiese Yuki esagitata.

- Veramente non ne abbiamo ancora parlato. – le rispose Erina.

- Si, per adesso pensiamo a cercare più gente possibile per aiutarci con la cucina e poi quando arriveranno anche gli altri, parleremo di come organizzare tutto. – intervenne Soma mentre aveva tre piatti tra le mani. Yuki gli diede subito una mano perché voleva rendersi utile, si avvicinò ad Ami e ipotizzò all’istante la parentela tra lei e Soma; incominciò a farle mille domande.

Isami si riunì a Takumi che era contento di riabbracciare suo fratello.

- Come stanno mamma e papà? –

- Tutto apposto. Invece tu ti sei divertito a New York, giusto? Volevo tanto esserci anch’io. –

- Si, mi sei mancato. Comunque possiamo sempre fare qualcosa di divertente anche qui. Organizzeremo una festa fenomenale, dobbiamo creare la pizza più buona di sempre. Ci stai? –

- Puoi contarci, sarà stupenda fratellone, però evita di sfidare ancora Yukihira. Intesi? –

Takumi percepì la frecciatina del suo gemello, ma non ci badò. Infatti era già pronto ad entrare nuovamente in competizione con il rosso.

Soma e i suoi amici girarono per la città, bussando a chiunque avesse esperienza di cuoco per dare una mano a realizzare una bella e grande pizza.

Ami e Mimasaka intanto gestivano il ristorante e accoglievano i clienti con piatti prelibati. Tutto era ben calcolato e Soma non stava più nella pelle di incominciare quell’enorme creazione culinaria.

Durante le prime ore di pomeriggio Ikumi scese da un’elegante limousine. Si guardava attorno come in cerca di qualcuno, ma dopo alcuni minuti s’incamminò per le strade di quella città che conosceva bene.

Ryouko era arrivata col bus, ma non sapendo la strada da percorrere per raggiungere il locale Yukihira fece una telefonata a Ikumi che l’avrebbe certamente aiutata. Nello stesso momento la ragazza notò Ibusaki che vagava pure lui in cerca della giusta destinazione, perciò si avvicinarono. Ryouko attendeva in linea Ikumi che rispose di lì a poco e insieme accordarono il punto d’incontro, ovvero alla fermata dell’autobus.

- Ikumi sta arrivando per farci strada. – disse Ryouko e il ragazzo accanto a lei si limitò a dire: “Perfetto.” C’era un po’ di tensione tra i due. Entrambi erano curiosi di sapere come mai Yukihira li avesse invitati ad una festa di punto in bianco, per giunta dopo essere tornato da New York. Forse la grande città aveva reso il rosso ancora più pimpante e festaiolo del solito. Ibusaki ipotizzava che ci fosse una ragione più seria dietro quell’invito, magari era per tirare su di morale Nakiri Erina per tutti quei problemi con suo padre. Ryouko la pensava alla stessa maniera, c’era sotto qualcosa.

Isshiki tirava la sua valigia con aria spensierata, era felicissimo di essere stato invitato alla festa; amava divertirsi in compagnia dei suoi amici. Adocchiò immediatamente Ibusaki e Ryouko, li assalì alle spalle con gesto affettuoso, sorprendendoli – Come va, ragazzi! -

- Isshiki, ti pare il modo di salutare! – esclamò irritato Ibusaki.

- Ahahah, scusate, ma sbaglio o siete venuti insieme? Che sia una specie di appuntamento? – li provocò.

- N-niente del genere. – rispose in fretta Ryouko, arrossita di colpo.

- Infatti, ci siamo incontrati qualche minuto fa. – confermò, impassibile, il ragazzo.

Isshiki sorrise, per lui era normale prendere in giro i suoi compagni di dormitorio, in particolare Ibusaki. Poi Ikumi li trovò e insieme trovarono il posto.

Ami si presentò anche al resto della compagnia di suo figlio e parlò a lungo della sua carriera lavorativa, poiché risultava completamente diversa dalla ristorazione. In seguito, di fronte all’ennesima richiesta di incominciare la riunione, Isshiki annunciò che mancava ancora un altro elemento al gruppo.

Un rumore assordante di elicottero mise in allarme i ragazzi che assistettero alla caduta, col paracadute, di una decina di uomini pelati che scortavano il loro signorino. Kuga si presentò fiero e determinato come suo solito. Soma era sorpreso di vederlo, ma ne fu contento.

- Sono qui perché Isshiki mi ha parlato che avreste intenzione di cucinare una pizza. Beh, chi meglio di me sa fare una pizza piccante? Ovviamente nessuno. Per questo mi sono precipitato con i miei assistenti. Yukihira, ti sfido con uno shokugeki al piccante! –

Takumi sembrò nervoso e irritato da quella proposta di sfida. Anche lui desiderava scontrarsi nuovamente con Soma e vincere.

Yukihira, però, non accettò la sfida perché la sola e unica intenzione era di creare tutti insieme qualcosa di fantastico. Una pizza unica, originale e soprattutto gustosamente celestiale.

Una pizza normale, per gli studenti della Tootsuki non era ammessa, ognuno doveva dare il meglio che sapeva fare. Decisero di sperimentare una ricetta della pizza gigante tutti i gusti. Avrebbe avuto trentasei spigoli enormi di cui ognuno rappresentava un gusto differente. Trentasei tipi di pizze italiane in una sola; come la capricciosa, la quattro formaggi, la margherita, la quattro stagioni, la diavola, la caprese e quella alle verdure. Insomma, la regina delle pizze.

Takumi aiutava con la preparazione della base e insieme a Erina guidava i cuochi nella gestione degli ingredienti da aggiungere all’impasto.

Kuga suggeriva di persona come insaporire con il piccante, mentre nel campo dei frutti di mare e del pesce si occupavano Ryou e Megumi aiutata da Isshiki. Akira aiutava con la scelta delle migliori spezie e Hisako cercava di bilanciare i gusti e la scelta delle spezie in modo tale da non rendere troppo pesante la varietà di gusti della pizza. Soma e gli altri si divertivano a realizzare quella gigantesca creazione culinaria; c’era bisogno di una quantità di cibo non indifferente, tuttavia le industrie Nakiri finanziarono tutto quello che era necessario. I fratelli Aldini ebbero molti complimenti per aver sfornato una pizza degna del loro paese; la cucina italiana che faceva gola a molti, finalmente era messa in rilievo come meritava.

Il lavoro di squadra aveva funzionato e per un po’ Erina si sentì felice di essere lì, di aver cambiato aria. Quella festa la aiutava a distrarsi, infatti era proprio questo il vero obiettivo di Soma. Lui la guardava sorridere e mangiare di gusto con Hisako e le altre amiche.

- Finalmente la vedo allegra! – spuntò Ami da dietro le spalle del figlio – Sono davvero orgogliosa di te. Hai organizzato una festa spettacolare, quando lo saprà Joichirou diventerà geloso per non aver potuto partecipare. –

Isshiki notò che Soma non toglieva gli occhi di dosso a Erina. Sorrise, perché sapeva il motivo profondo che i due sentivano l’uno per l’altra, ma gli piaceva scherzare – Se continui a guardarla, penserò che tu sia attratto da lei. –

- Ancora con questa storia, sei davvero incorreggibile. –

- Ahahah, hai ragione dovrei tenere per me certe considerazioni. – disse; poi si rivolse alla madre di Soma e prese il discorso del ballo. Anche Ami avrebbe dovuto presenziare al ballo in Accademia, ma per il lavoro distante non aveva fatto in tempo a partecipare. Ami era davvero dispiaciuta di non esserci stata e promise, specialmente a suo figlio, che non sarebbe mancata ancora.

Quella festa realizzata in poco tempo era stata la migliore alla quale era stata Erina. La pizza, la musica, ma soprattutto i suoi nuovi amici rendevano speciale quella serata. I fuochi d’artificio con i loro colori e scoppiettii completavano bene la giornata, ma non era ancora finita.

Hisako si trovò a sedersi vicino ad Hayama perché lo vedeva un po’ in disparte e pensieroso. Non era dovuta a stargli accanto, ma una voglia incontrollabile la lasciò decidere così.

- Tutto bene? – domandò lei, cercando di non risultare troppo invadente.

- Mentre noi stiamo festeggiando, Jun si trova da sola. Lei non è brava a sbrigare le faccende di casa. – ammise Hayama.

- Stai parlando della professoressa Shiomi? Come sarebbe? Lei è un adulta, non preoccuparti. –

Seguirono alcuni minuti imbarazzanti che sembravano un’eternità.

- Azami vi ha minacciato? – chiese Hisako che voleva prendere da tempo quella conversazione.

- No, ma prima o poi capiterà di certo. – rispose con preoccupazione verso Jun.

La pizza enorme stava poco a poco terminando grazie a tutte le persone che avevano deciso di far parte della festa, come pure gli alcolici.

- La tua pizza non è male. – continuò Hayama.

Hisako arrossì per quel piccolo e insignificante complimento che significò davvero tanto. La ragazza era migliorata dopo quello che Akira le aveva sbattuto in faccia con crudeli parole.

- G-grazie, la tua è fenomenale, ma c’era da aspettarselo. –

- Quella volta, alle selezioni autunnali io avrei voluto scontrarmi con il tuo vero potenziale. Avevo un’alta considerazione delle tue capacità, ma credo di aver alzato troppo le aspettative. – disse scontento.

La ragazza era dispiaciuta per non essere stata all’altezza del loro confronto, Akira aveva ragione, poteva cucinare qualcosa di meglio e batterlo alla pari.

- Se dovessi scontrarti con qualcuno della centrale, non farti sconfiggere. Chiaro? –

Hayama fu sorpreso da quella precisazione, ma la lasciò finire.

- Perché non voglio che vai via dalla Tootsuki, prima di ricevere la mia rivincita contro di te. – terminò Hisako, con gli occhi pieni di determinazione.

Akira rise spontaneamente, era una reazione inconscia e poteva anche ferire la ragazza che con molta serietà si era rivolta a lui. Infatti tornò serio in pochi secondi e rispose sinceramente - Scusami, ma mi hai colto alla sprovvista. –

Hisako era stata già ferita e stava per andarsene perché odiava quel comportamento indifferente nei suoi confronti come se non valesse nulla, per la seconda volta, ma Hayama la fermò con una semplice frase – Non perderò contro nessuno, è una garanzia. Non andrò via dalla Tootsuki, se vorrai sfidarmi, ci sarò. –

La ragazza non si voltò indietro, ma fu contenta di aver ricevuto le parole che voleva sentire; la sua attenzione ricadde su Erina che stava cercando nella marea di gente.

Yukihira aveva attaccato bottone con Kuga che piangeva di essere stato espulso dai migliori dieci, cercava di consolarlo e di cambiare discorso. Non voleva ricordare il motivo per il quale era corso in America a causa del nuovo direttore dell’Accademia che aveva privato Erina della sua libertà. Più ci pensava, peggio si sentiva.

- Comunque Yukihira, ho sentito che hai battuto Nakiri ad uno shokugeki. Almeno l’hai sfidata chiedendole il nono seggio con la vittoria? –

- No, sinceramente non ci ho pensato, però, ora che me lo fai notare… -

- Insomma, ti appare una situazione favorevole per entrare nei migliori dieci e tu non cogli l’occasione! È proprio un peccato, volevo che tu entrassi perché in quel caso avrei potuto strapparti in un attimo il seggio. Uffa! – sbuffò.

Erina era vicino a loro e recepiva ogni parola. Kuga e Soma stavano discutendo su quanto fosse stato facile batterla perciò la ragazza si avvicinò a Soma per dirgliene quattro, trattenendo un bicchiere pieno di vino rosso. Si sentiva sminuita dai loro commenti – Yukihira non ti permetto di beffarti di me, capito? Quella volta hai avuto fortuna, ma puoi stare certo che la mia abilità culinaria è al di sopra della tua! –

Alice era dietro di lei e rideva per la rabbia incontrollata di sua cugina; le aveva dato da bere molti bicchieri di vino e Erina appariva brilla. Nonostante il suo controllo mentale, la biondina era sopraffatta dalla bevanda che teneva in mano e ogni tanto sorseggiava per darsi più coraggio e dire quello che sentiva. Il risentimento per quello che Soma diceva del loro shokugeki la spinse a dire cose che non avrebbe mai pronunciato da sobria. In realtà era il vino a distorcere le parole del rosso che a lei risultavano senza senso.

Hisako era sul punto di raggiungere l’amica, ma si congelò nel momento in cui Erina continuò la sua scenata.

- Yukihira, ti propongo uno shokugeki. Non puoi rifiutare in nessun caso, perché lo dico io! – annunciò tutto d’un fiato, col bicchiere ormai vuoto e la voce più alta e strana del normale. L’avevano sentito tutti. Uno shokugeki richiesto da Nakiri Erina in persona, era una portata su un piatto d’argento.

Persino Soma che era vicinissimo alla biondina sembrava stordito da quella dichiarazione. Hisako quasi inciampava e gli amici del dormitorio Stella Polare non credevano a quelle parole.

Hisako diede la colpa ad Alice che ci aveva messo lo zampino, ma l’albina era un po’ delusa – Volevo immortalare il momento con una ripresa video. Erina, non è che potresti dirlo un’altra volta? – chiese con una faccia divertita e il cellulare già pronto con la fotocamera in funzione.

Hisako la schernì con uno sguardo glaciale, ma nulla impedì ad Alice di catturare le parole della cuginetta.

- Yukihira, ti sfido ad uno shokugeki! – decretò una seconda volta, ma sempre incosciente di quello che stava facendo.

Dopo un po’ di esitazione il ragazzo accettò - D’accordo, non ci sono problemi. –

Hisako iniziò a guardare male pure Soma, il quale non si rendeva ancora conto della proposta di Nakiri, ma che lo rendeva fortunato.

Nessuno si sarebbe perso quella battaglia.

- Domani decideremo le condizioni e il piatto da preparare, ok? – continuò Erina, ma non riuscì a terminare perché Hisako la trascinò via, aveva paura che l’amica iniziasse a dire qualche altra cosa di cui si poteva pentire. Infatti era già piuttosto preoccupata della reazione di quando Erina avrebbe ripreso coscienza dello shokugeki che lei stessa aveva chiesto a Soma.

Al mattino, la stanza d’albergo di Erina si presentava ai suoi occhi stanchi e semiaperti molto più strana e diversa dal normale.

Non aveva mal di testa poiché si trattava solo di aver ingerito un leggero quantitativo di alcool rispetto alle solite degustazioni di vini che la ragazza assaggiava, ma sentiva la sua testa più vuota e pesante. Accanto al letto Hisako le domandò se stesse bene. Erina si sforzava di ricordare la notte precedente, tuttavia alcuni pezzi della sua memoria sembravano cancellati.

- Perché sei qui? È successo qualcosa? – chiese Erina controllando l’orario.

- Bhe, vedi, ieri sera…durante la festa hai detto una cosa a Yukihira. Te la ricordi? –

La biondina frugò nella sua testa, ma era tutto confuso e nebuloso, tuttavia l’argomento era Yukihira e lei voleva capire cosa fosse successo e per quale motivo non lo ricordava.

- Credo di avere un vuoto di memoria, mi puoi spiegare cosa è successo con Yuihira? –

Alice entrò sul più bello e Erina maledisse la sua presenza in quel momento.

- Vorresti sapere cosa è accaduto alla festa? – si sedette comodamente – Hai sfidato Yukihira a uno shokugeki. –

- Cooooosaaaa? No, non è possibile. – si agitò Erina che desiderava in ogni caso i dettagli.

- Avevi bevuto qualche litro di vino in più, non è stata colpa tua. – disse Hisako per calmarla, ma non ci riuscì perché Erina stava andando nel panico.

- Come è potuto succedere? Perché nessuno mi ha fermato? E Yukihira ha accettato? –

- Si, cuginetta. –

- No, aspetta. Deve essere uno scherzo. Hisako dimmi che si tratta solo di uno scherzo. – cercò di mantenere la sua lucidità.

- Per tua fortuna, ho registrato tutto in un video. Se non ci credi, guarda qui. –

Erina si appropriò velocemente del telefonino di Alice, con disappunto di sua cugina, poi visionò tutto il filmato girato. La ragazza tornò a rivivere quella penosa sceneggiata che la fece vergognare tantissimo, però non poteva farci nulla. Lo shokugeki era già stato deciso e anche se quella sera non ne aveva avuto il controllo mentale Erina doveva accettare la realtà di aver chiesto espressamente uno scontro culinario con Soma. In altre parole, non poteva rifiutarsi perché la gente poteva pensare che la ragazza avesse paura di perdere.

Il luogo della sfida era stato deciso che si sarebbe tenuto fuori di un locale del centro commerciale poiché gli spettatori erano tanti e quel posto era abbastanza grande per contenerli e avere maggiore visibilità, così anche le ultime speranze di sfidarsi in segreto, per Erina, furono sfumate all’istante.

Per la scelta del piatto da cucinare, Takumi aveva pensato alla lasagna. Un cibo italiano così che nessuno dei due avesse avuto un vantaggio sull’altro. Sia Yukihira che Erina non patteggiarono alcunché, quella era solo una sfida per decretare il migliore tra di loro.

Erina aveva indossato la sua uniforme da cuoca, bianca, guardò Soma che era già pronto a dare il tutto e per tutto, molto tranquillo nonostante stesse gareggiando contro di lei. In realtà Yukihira sentiva la tensione alle stelle, non era sicuro di vincere dal singolo momento in cui Nakiri aveva preparato gli ingredienti. La sua bravura lo colpiva sempre molto forte, aveva paura di fallire, anzi, sapeva che avrebbe perso clamorosamente, però quel non mollare mai lo spinse a continuare lo shokugeki.

Erina era super concentrata quando cucinava, era il momento che preferiva per rinchiudersi nel mondo di cui conosceva il meglio. Il mondo culinario che la portava a scoprire sempre dei sapori e profumi nuovi, per lei era come respirare. Nella lasagna che voleva preparare ci aggiunse del sapere smisurato e ciò che provava; ci aveva messo anche qualcos’altro. La storia della sua vita, spezzata. La versione che vinse su tutta la linea.

Yukihira fu sconfitto, ma come ogni volta che perdeva la sua autostima scendeva e si demoralizzava. Aveva perso; questo ascoltava nella sua testa che non pensava ad altro e Erina si sentiva un po’ in colpa per aver chiesto quella stupida sfida. Assaggiò il piatto di Soma e pur essendo davvero delizioso, non era abbastanza per superare la sua ricetta infatti elencò tutti gli errori che il ragazzo aveva commesso durante la cottura.

Soma si rintanò in un angolino buio mentre le persone che erano lì pendevano dalle labbra di Erina che spiegava come aveva cucinato la sua lasagna, nei minimi dettagli.

Soma era molto amareggiato per aver fallito con la sua magica lasagna, ma soprattutto di aver perso contro Nakiri Erina. Non si era ancora reso conto che la strada da percorrere aveva ancora molte difficoltà e prove da superare prima di diventare il numero uno; aveva collezionato diverse vittorie, però le sconfitte, pur essendo poche, si mostravano taglienti e sovrastavano quelle vittoriose. Non era soddisfatto della sua cucina e arrivò addirittura a dubitare delle sue reali capacità, ma la voglia di confrontarsi ancora con Erina non era del tutto sparita.

Per conoscere il vero talento della ragazza si servì da solo un piatto con, ancora calda, una fetta di lasagna di Nakiri; la forchetta ne tagliò senza difficoltà un morbido pezzo e l’assaggiò. Un puro concentrato di sapori si sciolse in bocca lasciando un gusto che lasciava desiderare di volerne ancora e ancora. Al secondo boccone Yukihira si bloccò per un istante e la posata che teneva in mano gli sfuggì per cadere sul tavolo. Il ragazzo fu immerso nel mondo di Erina: i suoi pensieri e ciò che provava nel momento in cui creava la sua pietanza vincitrice. Nello stesso tempo che gustava la paradisiaca lasagna, Soma percepiva lo stato di tristezza che affliggeva la ragazza. I suoi occhi riuscivano a vedere chiaramente la solitudine famigliare che Erina si portava dietro e la rabbia che riservava verso i suoi genitori. Lo scenario che Soma aveva vissuto con quel piatto gli fece capire non solo l’immensa bravura di Nakiri che sarebbe stata complicata da raggiungere e superare, ma anche la condizione in cui viveva Erina e quello che doveva affrontare con le sue forze. Una pressione non indifferente dalla sua famiglia per essere nata con un palato divino e la triste infanzia che le aveva sottratto un padre amorevole al posto di uno crudele e sopraffatto dal potere, più l’assenza di sua madre che la faceva soffrire maggiormente.

Quell’insieme di emozioni e sensazioni che provò Yukihira furono accompagnate dalle lacrime che uscivano solitarie e senza controllo. Assaporò ogni attimo di quel cibo che lo emozionava più di qualsiasi altro che avesse mai mangiato fino a quel momento, perché gli rimanesse impresso nella sua memoria. Soma cominciò a sentire nuovamente il sapore del suo primo bacio, quello che accidentalmente aveva dato a Erina e notò una certa somiglianza con quel cibo che, veloce, scendeva nel suo stomaco. Quando terminò l’ultima fetta pensò addirittura di provare un sentimento a lui quasi estraneo, ma di cui aveva già sentito nominare. Si era innamorato di quella lasagna, ma prima di capire qualcosa di ancora più importante Erina era già andata via. Partì prima del solito con Alice, Ryou e Hisako per trascorrere le ultime settimane di estate in Danimarca. Soma riuscì a salutare tutti e con Erina aveva solo agitato una mano in segno di arrivederci mentre lei saliva in fretta sull’auto che li portava via. Yukihira si accorse successivamente che, dopo tutto il tempo passato con Nakiri, le sarebbe mancata per il resto delle vacanze. Sì, con lei in particolare, che lo aveva salutato frettolosamente con un sorriso sulle labbra da lontano.

Akira tornò alla Tootsuki, contento dal suo faticoso e stranamente particolare viaggio che aveva intrapreso con i suoi amici.

La persona che voleva rivedere era Jun per darle subito il suo regalo, ma lei non era sola. Azami era già comodamente seduto e si versava tranquillamente un buon liquore, che Shiomi conservava per le occasioni speciali. Hayama poteva solo immaginare il perché il nuovo direttore fosse lì.

- Hayama Akira, vero? Posso sapere come sta mia figlia? –

- Non faccia domande inutili e spiegatemi cosa volete. –

- Arrivo subito al punto. Se tu passassi dalla mia parte e lavorassi con me avresti ricchezza, potere, prestigio e lo stesso sarebbe per Shiomi. Avreste la possibilità di lavorare in un posto più confortevole e prendere possesso di tutte le spezie più ricercate del mondo. Al contrario perdereste tutto ciò che si trova in questo laboratorio e Shiomi verrebbe licenziata all’istante, senza contare che non lavorerebbe più per nessuno perché la mia influenza non lo permetterebbe. Inoltre tu, Hayama Akira, non potresti più studiare in questa Accademia. La scelta spetta a te, ma pensaci molto bene perché è un’offerta irripetibile. –

Akira si era trovato spiazzato a quella richiesta che lo incatenava senza alcuna possibilità di uscita. Doveva prendere una decisione e alla svelta, ma cosa avrebbe dovuto fare? Pugnalare alle spalle i suoi amici per salvare lui e Jun? La decisione più importante era nelle sue mani.









ANGOLO AUTRICE: In questo enorme capitolo, rispetto ai precedenti, ho inventato che la mamma di Erina e anche quella di Soma sono ancora in vita. Nel manga non è stato rivelato nulla su di loro, infatti non si sa se le due madri sono vive o decedute, però, nel mio immaginario, ho ipotizzato che fossero entrambe in vita. Così ho inventato un po’ del passato di Ami, la presunta madre di Soma per la quale ho dato pure un nome a caso. Stessa cosa vale per il personaggio di Yumi, che ho immaginato madre di Erina, ma su di lei non ho scritto molto in questo capitolo perché comparirà maggiormente nei prossimi capitoli. Spero di non aver annoiato nessuno e soprattutto di non avervi deluso con questo capitolo. Ciao a tutti! Alla prossima! :).


   
 
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