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Autore: Yuki Delleran    21/09/2016    1 recensioni
"La tranquillità e la pace, si sa, non avevano mai condotto a nessun rinnovamento. Per giungere ad un cambiamento di qualunque tipo era necessario passare attraverso il conflitto,[...] eppure anche nel disordine stesso c'era un equilibrio e come tale andava mantenuto: se le forze che governavano l'universo si fossero sbilanciate, ad essere in pericolo sarebbe stata la stabilità stessa del mondo. Per questo, paradossalmente, un andamento placido era sempre il meno consigliabile."
(Fantasy AU ispirata al film Disney "Maleficent" con un pizzico di HQ Quest)
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 3

 

Iwaizumi doveva ammettere di essere preoccupato: quel giorno sarebbe rientrata la pattuglia inviata ai confini e, nonostante l'atmosfera generale piuttosto rilassata che aleggiava nelle armerie di palazzo, dal suo punto di vista il tempo del riposo e dell'attesa era terminato da un pezzo.
Erano passati cinque anni da quando si era trasferito dal piccolo villaggio di Seijou alla capitale, cinque anni in cui si era dedicato anima e corpo all'addestramento che aveva fatto di lui uno dei cavalieri più forti e gli aveva anche garantito il comando di un drappello di soldati. Erano stati giorni intensi, durante i quali la sua vita era cambiata drasticamente e del ragazzino di campagna, che aveva varcato impaurito le porte della capitale per la prima volta, non restava più nulla. Era cresciuto sia nel fisico che nel carattere, era diventato una persona molto più energica e ligia al dovere. I suoi compagni lo rispettavano e i superiori lo stimavano perché metteva sempre tutto sé stesso in ogni missione che gli veniva affidata, dalla più semplice, come il pattugliamento delle strade, alla più complessa e diplomatica come scortare i messaggeri dei regni alleati e fare in modo che non scoppiassero conflitti evitabili.
Non era mai più tornato al suo villaggio natale ma non ne sentiva la mancanza, anzi, in tutta sincerità, ne conservava un ricordo sbiadito, come di un sogno lontano. Era un paesello agricolo, sul limitare di un grande bosco, senza nulla di particolare che lo distinguesse da decine d'altri dello stesso genere, nulla che potesse venire anche solo lontanamente paragonato alla bella e fiorente Shiratorizawa. Probabilmente era per ragioni banali come questa, oltre che per il fatto che non ne avrebbe avuto materialmente il tempo, che non aveva mai desiderato farvi ritorno.
Mentre rifletteva oziosamente su questo, lucidando la propria spada seduto su una delle panche di legno dell'armeria, venne raggiunto dalle voci di alcuni compagni che si stavano avvicinando.
« Secondo me questa volta torneranno ricoperti di polpa di zucca dalla testa ai piedi. »
« Nah, secondo me avranno gli stivali completamente infilzati di spine. »
« Le spine le avevano già la scorsa volta, mi aspetto qualcosa di più originale. »
Iwaizumi alzò la testa e lanciò uno sguardo di rimprovero ai due.
« Matsukawa, Hanamaki, non c'è proprio niente da ridere! »
I due commilitoni gli restituirono uno sguardo ironico e per nulla intimorito: si erano incontrati subito dopo l'arrivo in città e avevano subito legato, avevano compiuto l'intero addestramento insieme quindi si conoscevano abbastanza bene da non provare nessun tipo di soggezione.
« La situazione ai confini è molto seria, ogni giorno arrivano notizie più preoccupanti. » continuò Iwaizumi. « I nostri soldati tornano feriti o con gravi malformazioni a causa della magia nera, non è davvero il caso di scherzarci sopra! »
Il rimprovero però non sortì l'effetto sperato, visto che i due si limitarono ad alzare le spalle con un sorrisetto.
« Oh, andiamo, Iwaizumi, vuoi farmi credere che non ti ha fatto ridere veder rientrare quel bellimbusto di Futakuchi con il fondoschiena ricoperto di spine al punto da non poter nemmeno montare a cavallo? Scommetto che persino il medico di corte si è fatto una risata! » esclamò Hanamaki, mentre il compagno annuiva ripetutamente soffocando uno sghignazzo.
Futakuchi era stato al comando dell'ultima missione ai confini e, nonostante le sue indubbie capacità, non brillava esattamente in simpatia, quindi nessuno si era fatto grandi pianti constatando la sua umiliante condizione al rientro. Tuttavia non era corretto ridere delle disgrazie altrui e Iwaizumi non tardò a farlo notare, guadagnandosi l'ennesima occhiata di sufficienza.
« Comunque quelli che rientreranno oggi sono semplicemente dei messaggeri, dubito che possa essere successo loro qualcosa. Yahaba, il capo scorta, è uno con la testa sulle spalle. » commentò Matsukawa, mentre Hanamaki non poté fare a meno di aggiungere: « Certo, sempre che lui e Kyoutani non abbiano passato il tempo a litigare. »
Era risaputo che tra il giovane comandante e quell'irrequieto e rissoso soldato semplice non era mai corso buon sangue. Hajime si augurava solo che i loro pessimi rapporti non causassero danni agli altri o alla missione.
Hanamaki e Matsukawa però non avevano ancora finito i loro pronostici catastrofici.
« Secondo me Kyoutani l'ha fatto arrabbiare al punto che il capo scorta si è distratto e si è beccato qualche incantesimo assurdo. » rincarò il moro. « Come minimo ce lo ritroveremo munito di orecchie e coda. »
« Io invece penso che a farne le spese sarà Kyoutani, è troppo impulsivo. » lo contraddisse il compagno. « Sarà lui a rientrare con il fondoschiena coperto di spine. »
« Vogliamo scommettere? »
« Volentieri! Facciamo una cena e il miglior vino della taverna di Kiyoko? »
« Andata! »
I due si strinsero la mano ed Iwaizumi sospirò. C'era poco da scherzare, in realtà: da quando aveva messo piede alla capitale, anni prima, non passava mai troppo tempo senza che arrivassero brutte notizie dalla zona di confine con la Brughiera. Inizialmente si era trattato di pochi e sporadici fastidi: razzie di frutta, animali messi in fuga, azioni più simili a dispetti che ad attacchi veri e propri. Con il tempo però la situazione era peggiorata e il bollettino aveva finito per aggiornarsi ad ogni settimana con campi devastati, interi raccolti distrutti, stalle e capanni incendiati, e abitanti ridotti alla disperazione. Re Ushijima aveva iniziato ad inviare interi drappelli di soldati per proteggere la popolazione e mettere un freno agli abitanti della Brughiera, ma anche questi erano tornati malconci e con riportando racconti inquietanti di esseri demoniaci che popolavano quei luoghi. Il più ricorrente di questi parlava di una creatura nera e cornuta che seminava panico e distruzione con un semplice gesto della mano. Non ci era voluto molto perché venisse identificato come il re dei demoni e su di lui fiorissero le peggiori dicerie. I pettegolezzi s'ingigantivano sempre di più, alimentati dal timore della gente, e si era arrivati al punto che i commerci con quella parte del regno erano ridotti all'osso, poiché nemmeno i mercanti più temerari si azzardavano ad attraversarla senza scorta armata e ben pochi potevano permettersela.
Come se non bastasse questa pessima situazione, o forse proprio come diretta conseguenza, molti abitanti dei villaggi avevano chiesto asilo alla capitale, finendo per accamparsi e stabilirsi alle porte di questa, in un'accozzaglia disordinata di casupole e rifugi più o meno improvvisati di difficilissima gestione per i protettori dell'ordine pubblico.
Al solo pensiero Iwaizumi impazziva di rabbia: come si permetteva quell'immonda creatura di distruggere senza motivo la pace e la vita di quelle povere persone? Era risaputo che gli esseri fatati avessero una logica completamente diversa da quella degli umani, ma seminare devastazione e morte senza criterio era quanto di più inconcepibile e crudele ci fosse. Fin dall'inizio del suo addestramento, Iwaizumi non aveva desiderato altro che partire con una spedizione e mettere definitivamente fine a quella malvagità. Se fosse stato necessario uccidere il re dei demoni per questo, beh, in nome del bene comune non si sarebbe fatto scrupoli.
Fu uno squillo di tromba a destarlo la quella sequenza di pensieri più o meno coerenti: si trattava del segnale di apertura del portone principale, che molto probabilmente indicava l'arrivo del gruppo di Yahaba. Iwaizumi si alzò, tutto sommato preoccupato per la sorte del compagno più giovane, e si avviò verso la corte principale. Quando lo raggiunse, il grande spiazzo era già stato parzialmente sgombrato dai cavalli e dalle vettovaglie, e buona parte dei soldati stava facendo ritorno ai propri alloggi. Non sembrava vi fossero lettighe in vista quindi si presupponeva non vi fossero stati morti o feriti, tuttavia regnava un'atmosfera molto strana. Yahaba era in piedi in un angolo del cortile e non badava minimamente al valletto che tentava di prendersi cura del suo cavallo. Aveva un'espressione tormentata, come se il fatto di tornare a casa non gli avesse dato alcun sollievo. Questo impensierì parecchio Iwaizumi, che ritenne saggio avere notizie di prima mano direttamente da lui, precedenti al rapporto che avrebbe fatto al sovrano.
« Ehi, Yahaba. State tutti bene? » chiese avvicinandosi.
Fu in quel momento che si accorse della creaturina che saltellava attorno ai piedi del ragazzo emettendo ringhi poco rassicuranti. Era un cagnolino che gli arrivava a malapena a metà polpaccio ma che gli stava mordendo e strattonando i pantaloni con la ferocia di un lupo.
« Falla finita! » sbottò il giovane capitano, scrollandoselo di dosso. « Oh, sir Iwaizumi. Sì, stiamo tutti bene. Più o meno... »
Il suo sguardo sfuggì quello di Hajime, per concentrarsi su qualunque cosa non fossero lui o il cane, e questo fece scattare un campanello d'allarme nella testa del più grande.
« Shigeru. » continuò in tono serio, avvicinandosi maggiormente e appoggiandogli una mano sulla spalla in segno d'incoraggiamento. « Cos'è successo? »
Yahaba tentennò ancora per un attimo, poi abbassò la testa, capitolando.
« Il re dei demoni è una creatura orribile. » disse stringendo i pugni che tremavano leggermente. «Mi ero ripromesso di sconfiggerlo, se me lo fossi trovato davanti, e invece... Invece lui si è fatto beffe di noi. É stato umiliante. »
Un latrato arrabbiato giunse dai loro piedi ed Iwaizumi non poté più ignorare il cagnolino.
« E lui? » chiese bonariamente. « Lo avete salvato dalle grinfie di quel mostro? »
« No, lui... »
In quel momento una risata senza freni risuonò alle loro spalle, facendoli voltare in contemporanea. Matsukawa e Hanamaki si tenevano addirittura la pancia dal gran ridere e furono costretti ad asciugarsi le lacrime prima di riuscire a parlare.
« Ho vinto io! » esclamò Takahiro, con un tono che non ammetteva repliche.
« Ma non ha il fondoschiena coperto di spine! » protestò Issei, fingendosi indignato.
« Se è per questo nemmeno il capo squadra ha la coda! »
Il cagnolino prese ad abbaiare furiosamente verso di loro ma, non ottenendo il minimo risultato, ripiegò sull'azzannare la gamba di Yahaba, stappandogli un urlo di dolore.
« Ti ho detto di smetterla! Non è stata colpa mia, hai fatto tutto da solo! » strepitò quest'ultimo. « Se continui a comportarti in questo modo non mi prenderò nemmeno la briga di chiedere al nobile Semi se conosce un antidoto! »
In mezzo a tutta quella confusione Iwaizumi spostò lo sguardo da uno all'altro, frastornato, per poi tornare sul cane.
« Aspetta, non dirmi che lui è... »
Il tono di Yahaba era fin troppo rassegnato.
« Già. »
Ci volle poco perché, tra una sghignazzata dei due compari e un ringhio irritato, la storia venisse fuori. Si trovavano ormai sulla strada del ritorno, avevano raccolto notizie sufficienti e non era stato necessario addentrarsi in zone pericolose che potessero minacciare l'incolumità dei messaggeri. Si erano però imbattuti in un campo in fiamme ed erano riusciti ad intravedere gli autori del misfatto prima che si dessero alla macchia. Yahaba aveva individuato chiaramente tre figure: due più alte, ammantate di rosso e grigio, e una appena più indietro, completamente avvolta in un lungo mantello nero. Quest'ultima non aveva un aspetto particolarmente imponente, ma il giovane capitano aveva notato immediatamente le corna ricurve sul suo capo e l'aura di potere che emanava. Gli era stato subito chiaro che quello fosse il famigerato re dei demoni di cui si parlava tanto, e da lì all'ordinare lo schieramento di difesa era passato il tempo di un respiro. Non li avevano attaccati, ma i demoni li avevano comunque notati e sembrava volessero giocare al gatto col topo. Il re aveva fatto piovere dei fulmini su di loro, terrorizzando i cavalli e facendo disarcionare diversi soldati. Yahaba poteva ancora sentire l'eco delle sue risate.
Alla fine aveva mirato anche a lui, probabilmente perché a capo del drappello, e, per tutta risposta e totalmente di sua iniziativa, Kyoutani si era lanciato contro i tre a spada spianata. Il re dei demoni si era limitato ad un'occhiata sprezzante e ad un gesto della mano, che aveva tracciato una sorta di simbolo nell'aria: il risultato era il batuffolo ringhiante ai loro piedi.
« É stato orribile. » concluse Yahaba con un sospiro. « Se ne sono andati lasciandoci lì come se non fossimo nemmeno degni della loro attenzione. Quella risata... Mi perseguiterà negli incubi! Non essere riuscito a fare niente mi fa uscire di testa! »
Iwaizumi poteva capire fin troppo bene quel senso di frustrazione, era lo stesso che provava lui nell'attesa di essere a sua volta assegnato ad una campagna contro quegli esseri malvagi. Fin da quando era bambino sapeva che le creature fatate avevano una cattiva nomea, ora, di fronte a quel racconto e all'espressione di rabbia del compagno, capì che combatterle era la sua missione.

L'occasione che aspettava, Hajime la ottenne pochi giorni dopo. Venne stabilito che una nuova spedizione sarebbe stata inviata ai confini, forte delle nuove informazioni ricevute. Questa volta sarebbero stati inviati in forze e dotati di armi forgiate con grandi quantità di ferro, metallo che a quanto pareva era in grado di rendere vulnerabili le fate. Iwaizumi, per le sue capacità, la sua determinazione e, non ultimo, il suo desiderio di contribuire alla causa, venne messo a capo dell'operazione.
Il giovane cavaliere era al settimo cielo, finalmente avrebbe potuto dimostrare il suo valore e ricacciare quelle immonde creature nel fondo della foresta da cui provenivano. E un'altra persona entusiasta di quella partenza era insospettabilmente il consigliere di corte Semi, che aveva suggerito il suo nome come capo della spedizione direttamente a re Ushijima in persona.
Eita l'aveva visto in sogno, anche se non poteva averne la certezza assoluta e la visione era risultata piuttosto confusa: quel ragazzo era legato a doppio filo al re dei demoni e, in qualche modo, anche al talismano che lo spirito del caos aveva portato a corte cinque anni prima. Quelle ali, con molta probabilità, appartenevano proprio alla creatura che aveva iniziato a seminare il panico con un tempismo impossibile da fraintendere. Come Iwaizumi avrebbe potuto risolvere la faccenda, non ne aveva idea, ma se in qualche modo era coinvolto con quel demone allora era molto più probabile che fosse lui a venirne a capo piuttosto che altri.
Eita però non aveva fatto i conti con due cose: la testardaggine del suo re e la personificazione del caos.
Quest'ultima gli capitò tra capo e collo proprio la sera del discorso alle truppe. Senza che si fosse fatto vedere per cinque anni e men che meno si fosse preso la briga di annunciarsi, lo trovò in compagnia del sovrano, quando lo raggiunse poco prima che si presentasse ai soldati.
« Se quel ragazzo partirà, » stava dicendo lo spirito dai capelli fiammeggianti. « in breve tempo voi perderete il vostro talismano e così la possibilità di proteggere il popolo. »
Non furono necessarie spiegazioni, Eita intuì subito di chi stava parlando e si lasciò sfuggire una smorfia di disappunto: aveva visto giusto pensando che la partenza di Iwaizumi avrebbe risolto dei problemi, altrimenti quella creatura non si sarebbe mossa per impedirglielo. Se poi fosse servito per liberarsi anche del “talismano” che ossessionava re Ushijima, allora tanto meglio.
« Maestà, lasciate che vi dia un consiglio. » esordì quindi avvicinandosi.
Lo spirito del caos gli lanciò un'occhiata obliqua, velata di scherno, quasi a sottintendere che qualunque suo intervento a quel punto sarebbe stato vano. Ma Eita non intendeva darsi per vinto.
« La persona di cui parlate ha a che fare con il re dei demoni. Sono sufficientemente certo che... »
Il sovrano alzò una mano per interrompere il suo intervento.
« Se la partenza di quel cavaliere provocherà la perdita del talismano, allora va impedita a tutti i costi. » sentenziò. « Il benessere del popolo viene prima di tutto. Eita, comunica al generale Irihata il cambiamento alla testa della spedizione. »
« Maestà, non... »
« Questa è la mia ultima parola. »
Eita notò immediatamente lo sguardo soddisfatto della creatura oscura, ma non poté far altro che eseguire quanto gli era stato ordinato. Esattamente come la volta precedente che avevano ricevuto la sua visita, re Ushijima subiva il fascino del potere che quell'essere portava con sé. Da quando le ali fatate si trovavano al castello, lo aveva sorpreso più volte ad osservarle con bramosia: da tempo ormai non erano più un semplice talismano per la protezione del popolo, il re desiderava quel potere e non sarebbe stato disposto a restituirlo nemmeno al suo legittimo proprietario.
Eita era indispettito dal fatto che in quel frangente il suo parere e il suo ruolo di consigliere venissero completamente ignorati in favore delle poche e pungenti parole dello spirito del caos e il non potersi opporre faceva crescere in lui la frustrazione e il desiderio di rivalsa. Sapeva di agire per il meglio e non avrebbe lasciato che uno spirito votato al disordine creasse ancora più danni di quelli che aveva già fatto.

Iwaizumi non prese affatto bene il cambio a capo della spedizione che gli venne comunicato dal generale Irihata: sapeva di essere all'altezza del compito e non vedeva l'ora di partire per rendersi utile, quindi quell'improvvisa inversione di rotta l'aveva lasciato confuso e più irritato che mai.
« Sarà per la prossima volta. » tentò di blandirlo Matsukawa, mentre Hanamaki alle sue spalle annuiva con comprensione. « Spedizioni di questo genere ormai sono all'ordine del giorno. »
« Non avete sentito le parole del generale. Era chiaro che intendesse che non avrò mai la possibilità di partecipare. Mi chiedo perché? Non ho mai fatto nulla che provocasse il suo malcontento, anzi! Credevo mi stimasse! »
Furibondo per quell'ingiustizia insensata, stava percorrendo a grandi passi avanti e indietro lo spiazzo di fronte all'armeria. Fu per puro caso che alzò gli occhi e notò il consigliere del re che li osservava da un camminamento superiore. Immediatamente distolse lo sguardo e voltò le spalle al giovane: ci mancava solo quella. Per qualche motivo, che non riusciva pienamente a comprendere, Semi Eita lo faceva sentire a disagio. Una sensazione che non aveva niente a che vedere con la differenza di rango o di posizione all'interno della scala sociale di corte, no, si trattava piuttosto di quel fastidio che si prova quando si entra in una stanza per prendere un oggetto e una volta arrivati non si ricorda più cosa si stava cercando. Esattamente quel tipo di frustrazione mista a deja vu che gli faceva venire voglia di evitarlo sempre e comunque.
« Ehi. D'accordo il nervosismo, ma almeno sii educato con l'amante del re. » lo rimproverò Hanamaki, mentre lui e Matsukawa rivolgevano un rispettoso cenno di saluto al consigliere, chinando appena il capo.
« Sei tu il primo a non esserlo, se ne parli così. » brontolò Iwaizumi, tuttavia conscio che l'amico aveva ragione. Poteva non essere sbandierato ai quattro venti, ma il rapporto tra il nobile Semi e re Ushijima era risaputo in tutto il castello da anni, con sfumature più o meno romantiche. Alcuni sostenevano che il re fosse rimasto abbagliato dalla bellezza di quel giovane nobile e l'avesse voluto solo per sé con la scusa del consigliere personale, altri che quel ragazzo di nobile non avesse un bel niente ma che il rango gli fosse stato donato in cambio di ben altri servizi. Tutti comunque concordavano nell'affermare che dovesse aver irretito il re in qualche modo sfruttando quel suo strano potere. Iwazumi non amava dare adito ai pettegolezzi, ma che Semi Eita avesse qualcosa a che fare con la magia era un dato di fatto.
« Sta venendo qui. » lo informò Matsukawa e ad Iwaizumi venne l'istinto di girarsi e andarsene.
Tuttavia non poteva farlo se non rischiando di offendere un funzionario di alto rango, cosa assolutamente fuori discussione.
« Sir Iwaizumi. » esordì Eita con un sorriso. « Sir Matsukawa, sir Hanamaki. »
Il suo tono era cortese, ma le intenzioni decisamente chiare, quindi i due si congedarono velocemente, abbandonando l'amico al suo destino senza troppe remore.
Hajime sospirò.
« Posso esservi utile in qualche maniera, signore? » chiese, mentre la consueta sensazione di disagio lo faceva agitare sul posto. Dannazione, cosa voleva Semi Eita da lui? Non poteva semplicemente stargli alla larga?
« Più di quanto immagini. » fu la risposta sibillina dell'altro, mentre gli faceva cenno di seguirlo all'interno dell'armeria, lontano da occhi e orecchie indiscrete.
Ed eccola di nuovo, la sensazione di deja vu che lo coglieva ogni volta che quel giovane gli si avvicinava: Iwaizumi non riusciva a capire, era certo di non averlo mai incontrato prima di giungere alla capitale, né assomigliava a qualcuno che avesse conosciuto in passato, eppure non riusciva a scrollarsi di dosso quell'assurdo fastidio. Aveva provato anche a convincersi che fosse a causa della sua implicazione con le fate, che lui tanto detestava, ma era giunto alla conclusione che non poteva trattarsi di niente di così semplice.
« Ho saputo che sei stato estromesso dalla spedizione. » esordì Eita strappandolo dalle sue considerazioni confuse e provocandogli un senso di irritazione per un motivo finalmente razionale. Tuttavia non ebbe il tempo di esprimerlo perché l'altro continuò: « Ritengo che dovresti partire comunque. »
Mille domande si rincorsero nella testa di Iwaizumi a quel commento: cosa stava tentando di dirgli, quel tipo inquietante?
« Non fraintendermi, non intendo contestare la decisione di sua maestà. » continuò Eita di fronte alla sua espressione confusa. « Ma so per certo che tu potresti essere di grande aiuto per la soluzione del problema ai confini. Senza contare che, se non erro, in quella zona si trova anche il tuo villaggio natale. Mi permetto di suggerirti di partire ugualmente, per conto tuo, magari prendendoti una licenza. So che ora penserai che si tratta di una follia e che stai contravvenendo agli ordini, ma me ne assumerò pienamente io le responsabilità. Devi partire, sir Iwaizumi, devi andare nella Brughiera. So che sarà risolutivo. Non posso permettere a chi cerca di prolungare il conflitto di averla vinta!»
Hajime sulle prime rimase piuttosto perplesso da tutto quel discorso, e si chiese come e perché Semi Eita ci tenesse tanto, e soprattutto come potesse essere sicuro che lui potesse essere d'aiuto, ma alla fine giunse alla conclusione che non aveva importanza: se esisteva un modo per partire e poter finalmente dire la sua in quella questione, l'avrebbe fatto.

« Startene solo soletto con l'amante del re non sarà d'aiuto alla tua reputazione, sir Iwaizumi. »
La voce ironica di Matsukawa lo raggiunse mentre stava finendo di preparare il bagaglio leggero che avrebbe portato con sé.
Hajime si voltò appena.
« Anche fare insinuazioni senza fondamento potrebbe essere pericoloso. » ribatté sbirciando di sottecchi i due amici appena entrati negli alloggi comuni dei cavalieri.
« Ahi, ahi, qui qualcuno è nervoso. » rincarò Hanamaki. « Il nobile Semi portava brutte notizie? »
Iwaizumi era indeciso se rivelare loro o meno quello che il consigliere del re gli aveva chiesto e che a sua volta aveva accettato. Quei due avevano una lingua tagliente, ma erano anche degli amici fedeli e leali, era certo che non lo avrebbero tradito.
« Sto partendo. » disse quindi. « Ho preso una licenza per tornare a casa per qualche tempo, questo è quello che mi è stato richiesto dal nobile Semi. »
I due si scambiarono un'occhiata perplessa, sconcertati probabilmente dalla calma con cui l'amico accettava di essere congedato. Poi, quando il loro sguardo si posò sulla spada che portava al fianco, finalmente le sue intenzioni furono chiare.
« Stai andando nella Brughiera?! » esclamò Hanamaki, prima che il compagno lo zittisse, intimandogli di non alzare la voce.
Seguirono poche e veloci spiegazioni, che stupirono i due quasi più per il fatto che Iwaizumi acconsentisse ad una proposta del consigliere che per il colpo di testa in sé stesso.
« Immagino non ci sia modo di indurti a lasciar perdere. » constatò Matsukawa alla fine del racconto. « E va bene, ti copriremo noi. Se qualcuno farà domande, diremo che questa licenza ti serve per un grave affare di famiglia. Tu però vedi di non strafare e di tornare intero, andare da solo al massacro ha ancora meno senso di starsene qui con le mani in mano, checché ne dica il nobile Semi. »
Iwaizumi li ringraziò, grato. Non aveva nessuna intenzione di andare a farsi ammazzare, quanto piuttosto di ridurre alla ragione quello stupido re dei demoni, con qualunque mezzo possibile. Se poi avessero dovuto dialogare a suon di spade, non si sarebbe tirato indietro.
Hajime lasciò il castello all'alba del giorno successivo, prima ancora della partenza delle truppe ufficiali. Nessuno lo vide scivolare attraverso un'uscita secondaria utilizzata principalmente dalla servitù e nessuno badò al suo passaggio attraverso la città ancora per buona parte addormentata. Lungo le strade si incontravano solo i primi contadini diretti ai campi e alcuni mercanti particolarmente mattinieri. Iwaizumi lasciò che il proprio cavallo procedesse lentamente fino alle porte, per non destare sospetti ma anche per non turbare la quiete dei cittadini assonnati. Varcò le porte senza che nessuna delle guardie lo fermasse: la maggior parte di loro lo conosceva bene e non avrebbe fatto domande sulla sua condotta. Appena fuori, davanti ai suoi occhi si presentò il panorama di una seconda cittadina abbarbicata contro le mura, casupole costruite alla meglio, addossate le une alle altre, come se il timore impedisse loro di avere uno spazio vitale proprio. Lì viveva la popolazione fuggita dalle vicinanze della Brughiera, persone che non avevano un reale posto dove andare né uno dove tornare.
Ben presto tutto sarebbe cambiato, si ripromise Iwaizumi mentre spronava il cavallo ad un ritmo più sostenuto, avrebbe fatto qualunque cosa per mettere fine alle pene di quella gente.

 

 

 

Noticina di Yuki:

E' da poco nata la mia pagina Facebook, se vi va fateci un salto! Fairy Circles

   
 
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