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Autore: Lost Hediphe    23/09/2016    1 recensioni
Questa è la storia di due ragazzi che si sono innamorati non attraverso la luce, ma attraverso le ombre.
La vita, si sa, è molto strana. Essa ti può dare le gioie più belle e i dolori più forti. Ti può dare tutto quello che desideri per poi portartelo via in un attimo. Ci dicono che la vita è un percorso da seguire, con tante vie e ostacoli da superare, difficili e pericolosi. Si può andare solo avanti, è questa forse la fregatura. E se non si riesce a superare l'ostacolo? Si rimane lì in eterno? È lì che finisce la vita? E molto spesso, per andare avanti si deve soffrire, farsi ferire e strisciare nel fango. E per cosa? Tutti dicono che prima o poi tutto si supera per inseguire il proprio scopo. Ma questo vale per le anime bianche. E le ombre invece? Le ombre non hanno uno scopo, probabilmente non dovrebbero esistere, ma invece esistono, e per cosa? Solo per soffrire. La vita è una madre crudele e spietata per i propri figli non voluti, le ombre.
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La vita, si sa, è molto strana. Essa ti può dare le gioie più belle e i dolori più forti. Ti può dare tutto quello che desideri per poi portartelo via in un attimo. Ci dicono che la vita è un percorso da seguire, con tante vie e ostacoli da superare, difficili e pericolosi. Si può andare solo avanti, è questa forse la fregatura. E se non si riesce a superare l'ostacolo? Si rimane lì in eterno? È lì che finisce la vita? E molto spesso, per andare avanti si deve soffrire, farsi ferire e strisciare nel fango. E per cosa? Tutti dicono che prima o poi tutto si supera per inseguire il proprio scopo. Ma questo vale per le anime bianche. E le ombre invece? Le ombre non hanno uno scopo, probabilmente non dovrebbero esistere, ma invece esistono, e per cosa? Solo per soffrire. La vita è una madre crudele e spietata per i propri figli non voluti, le ombre. Io sono una di loro, anche se per circa undici anni ho vissuto senza saperlo. Ho vissuto undici anni come una finta anima bianca con una finta felicità. Ma già da sempre ero consapevole che era tutto finto, e alla fine anche la finzione si ruppe in mille pezzi… Mi chiamo Emily Anderson, ho 17 anni e non sarei dovuta esistere. Di sicuro la mia storia non importa a nessuno, come sempre. A nessuno è mai importato di me, ma andiamo con ordine.

Sono una ragazza che purtroppo non passa mai inosservata, mio malgrado. Ho i capelli lisci, tenuti corti fino alle spalle e la pelle pallida, non riesco mai a prendere colore. Nonostante io mi metta sotto il sole, resto comunque pallida e questo già mi rende diversa dalle altre ragazze. Ma questo non è tutto, purtroppo. La mia particolarità sono gli occhi, uno azzurro come il cielo e l'altro nero come la notte più buia. A detta di mia sorella Katerine, mia madre rimase inorridita quando mi vide per la prima volta, quando la vita aveva deciso di incominciare la mia tortura. Sono l'unica così in famiglia. Mio padre ha i capelli scuri, ma ha gli occhi chiari, così come mia madre e mia sorella, più grande di me di cinque anni. Non ho nemmeno un ricordo felice con mia madre, non mi dava l'affetto che una madre dovrebbe dare alla figlia. Cercava di farmi apparire diversa, lei sapeva che ero un'ombra e questo era molto sconveniente per lei che voleva inserirsi in un contesto sociale più alto, ma ero troppo piccola per accorgermene. Mi riempiva di bei vestiti e accessori vari, e io ero felice perché credevo che mi volesse bene. Da bambina mia madre mi faceva tenere i capelli lunghi, così che li potesse sistemare in modo che l'occhio sinistro, quello nero, venisse del tutto celato. Non mi era permesso parlare con nessuno, né uscire di casa. Lei diceva che era per il mio bene, che voleva proteggermi dal mondo esterno. Ma il suo scopo era un altro: fare in modo che nessuno vedesse la figlia che la faceva vergognare. E le cose peggioravano quando mamma dava delle feste in giardino, una volta ogni due settimane. La nostra casa era molto grande e piena di oggetti costosi ovunque. Avevamo un ampio giardino con una fontana, ma come ho detto, non mi era permesso uscire e farmi vedere da qualcuno. Mi riempivano di tanti giocattoli pur di farmi stare dentro casa, non potevo neanche avvicinarmi alle finestre. Ma io ovviamente non obbedivo a questo, mi mettevo vicino alla porta-finestra che dava al giardino facendo attenzione a non farmi vedere. C'erano sempre molte persone vestite in modo elegante e vistoso e con loro c’erano alcuni bambini. Li fissavo attentamente, ma non notavo differenze tra me e loro. Mia sorella maggiore era sempre in mezzo a loro, sembrava a suo agio. Sorrideva e parlava con tutti in modo impeccabile nonostante la sua giovane età. Con me invece era sempre molto fredda, non mi parlava quasi mai e non giocava mai con me. Solo le rare volte in cui era papà ad obbligarla. Lui era l’unico che mi voleva veramente bene e cercava di darmi tutto l’affetto che poteva, ma anche lui era restio a farmi uscire e vedere dagli altri. Non avevo nessun amico, nessuno con cui parlare se non i miei peluche e le mie bambole. Spesso facevo finta che fossero persone e cercavo di parlare con loro come faceva mia sorella. Ero come loro e lo avrei dimostrato, così decisi che anche io avrei partecipato alla prossima festa. Mi ero messa il vestito più bello che avevo, mi ero sistemata i capelli, mi ero coperta l’occhio, ero perfetta. Mi presentai in giardino a testa alta, salutando i presenti con eleganza. Tutti mi guardavano in modo ostile, compresa mia sorella, ma io non volevo arrendermi. Cercai di fare amicizia con un gruppo di bambini e quelli cominciarono a ridere di me e uno di loro mi fece anche cadere a terra. Sentivo gli adulti dire strane cose su di me che io non capivo. “È lei la figlia strana di Elisa?”. “Guardatela, è davvero strana”. “È la vergogna della sua famiglia”. “Povera stupida, non avrà alcun futuro”. Non capivo, guardavo tutti e non capivo. Poi vidi mia madre, lo sguardo furente puntato intensamente su di me. Durò poco poiché mio padre mi riportò dentro casa, in silenzio. Da quel giorno, ogni volta che c’era una festa mi chiudevano in camera in modo che non potessi più uscire; non capivo.
 
Avevo sette anni quando mia madre rimase incinta, e furono tutti felici quando nacque. Era perfetta, occhi di un azzurro chiaro e i capelli biondi. Laura era la figlia che volevano. La riempirono tutti di affetto, tutti erano dolci con lei e non ci misero molto a scordarsi di me. Forse fu proprio alla nascita della mia sorellina che io ebbi per la prima volta la consapevolezza di essere un’ombra, un qualcosa di indesiderato. Ma io, da piccola bambina ingenua, non lo accettai, volevo tenermi ancora stretta quella finta felicità. Non so dire il perché di quella scelta stupida, probabilmente volevo semplicemente essere accettata. A mia madre non importava più di comprarmi bei vestiti e tanti giocattoli, tutte le attenzioni erano riservare alla piccola nascitura. Non ero gelosa o invidiosa, ero contenta per lei. Laura era un’anima bianca, la più pura che io abbia mai visto, lei meritava di vivere…

L’unica cosa buona del fatto che in casa tutti mi ignoravano era il fatto che nessuno mi dava il tormento. Passavo il mio tempo in camera mia in tutta tranquillità, tra i libri di scuola. In poco tempo ero diventata una tra i migliori della mia scuola. Mi impegnavo costantemente e questo piaceva ai miei genitori che cominciarono a parlarmi di più. Certo, i toni erano sempre freddi, ma era una grande soddisfazione. Ovviamente mio padre era l’unico con un tono più amorevole e ogni tanto mi dava anche degli abbracci. Ma la gioia più grande è stata quando Laura disse la sua prima parola: Emy. Non ci potevo credere, ripeteva sempre il mio nome e quando piangeva, l’unica che riusciva a consolarla ero io. Voleva giocare sempre con me ed era sempre felice di vedermi; questo, ovviamente, faceva arrabbiare mia madre, ma non mi importava. Ero felicissima, la mia vita sembrava aver preso una piega positiva! Credevo di essere riuscita a diventare anche io un’anima bianca. Ero proprio ingenua. Un’ombra non può cambiare la propria natura, non può e non deve. La vita sa proprio essere crudele, mi fece credere che sarebbe andato tutto per il meglio. E invece tutto crollò in quella maledettissima notte di Aprile, non la potrò mai scordare, poiché ne porterò sempre i segni sia fisicamente sia moralmente…



Ciao a tutti ragazzi, spero che il capitolo vi piaccia. la vita di Emily è molto incasinata. E non solo la sua, conoscerete gli altri personaggi nel corso della storia. Ringrazio chi la leggere e invito a tutti coloro che voglio di lasciarmi un commento per farmi sapere cosa ne pensate, le vostre opinioni o semplicemente per fare quattro chiacchiere. mi scuso se ci sono degli errori e vi prego di segnalarli così che io possa correggerli.
A presto
-Lost Hediphe
 
   
 
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