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Autore: Mag7gio    23/09/2016    0 recensioni
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Trama:
1889, Lavanderville, Sud della Francia.
Colette Dumas vive con le sue strambe zie, Florence e Françoise Astre, sperando che un giorno il padre, famoso astronomo, venga a riprenderla.
Intanto, di notte sgaiattola via con il suo fidato telescopio per osservare il cielo ed è allora che incappa in uno strano ragazzo dagli occhi violetti, che sembra conoscerla...
Quello stesso ragazzo le consegnerà al suo sedicesimo compleanno una lettera, che sua madre le aveva scritto quando era ancora in vita, dal contenuto incredibile...
Qual è il segreto che le sue zie non vogliano che scopra? E chi è quel ragazzo con gli occhi viola? E perché sembra conoscerla?
(trovate la storia anche su WATTPAD)
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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(Lavanderville, Dimora Astre - 1889)

Quella notte ero presa ad osservare il cielo notturno che mi sovrastava, con i gomiti appoggiati alla ringhiera della finestra della mia camera.

La notte di S. Lorenzo si stava avvicinando, mancavano due giorni esatti, ed era per me un avvenimento irripetibile e fonte di grande gioia.

Che fosse anche il mio compleanno, era la ciliegina sulla torta.

Ero appassionata di astronomia fin da piccola: mio padre, Jean Dumas, mi aveva regalato il suo primo telescopio, prima di lasciarmi alle cure delle zie Florence e Françoise.

Lo custodivo con cura insieme alla mappa tracciata da lui stesso nel mio "baule dei segreti", nascosto ad ogni sguardo curioso. In quel baule tenevo tutte le cose che non volevo che ci mettesse mano zia Florence: per lei io dovevo pensare solo ad essere istruita per diventare, un giorno, una brava donna di casa e una brava moglie...

Ma io quella vita non la volevo affatto: volevo viaggiare e andare via da Lavandeville.

La cittadina francese in cui vivevo mi stava stretta: io sognavo le stelle e volevo scoprire i loro segreti, vedevo aldilà di un semplice manto scuro variopinto da piccoli luci...

Il mio sogno era quello di intraprendere la stessa professione di mio padre e niente e nessuno me lo avrebbe impedito.

Alzai di colpo lo sguardo su un punto ben preciso e osservai con attenzione una stella cadere dal cielo. Piegai le labbra felice e mi sporsi un po' di più, eccitata.

"Ora basta, Florence..." sentii piagnucolare mia zia Françoise al piano di sotto.

Sospirai, ormai costretta a dover abbandonare il mio piccolo momento di tranquillità. Scesi lentamente le scale sollevando con entrambe le mani la lunga gonna, per non inciampare in essa.

Majorc, il corvo domestico di mia zia Florence, gracchiò nella mia direzione quando mi vide entrare nel salottino.
Era poggiato proprio sul tavolino posto all'entrata e i suoi occhietti neri brillarono di una luce sinistra quando mi inquadrarono. Era un vero golosone e ogni qualvolta mi vedeva pensava sempre che gli stessi per dare i semi di girasole che mia zia Françoise pretendeva mangiassi per "crescere forte e sana".

Zia Françoise entrava di diritto, con quel suo atteggiamento anti-convenzionale, nella categoria delle zie "gentili, ma strambe".

Vestiva sempre di bianco e rigorosamente in pizzo, tra i capelli color grano non mancavano mai foglie o rametti, infilatici per sbaglio, perché passava tutto il santo tempo nella serra, dietro la casa padronale, preferendo occuparsi della moltitudini di orchidee e altri fiori rari che coltivava. Non c'era pianta o fiore di cui non sapesse il nome e le sue proprietà mediche associate: era un'enciclopedia vivente di botanica e amava vantarsene!

Però uno dei più grandi difetti di mia zia Françoise era quello di apparire quasi sempre trascurata - ed il suo atteggiamento quasi infantile non aiutava molto - e questo irritava a morte mia zia Florence, la sua sorella gemella, che la riprendeva sempre in malo modo.

Mia zia Florence invece era lo stereotipo della vedova affranta e donna dai severi preconcetti. Vestiva sempre di nero, l'unica presenza che non ne potesse soffrire era proprio Majorc, di cui era affezionatissima.

Niente di quello che facevo andava mai bene per lei: appena commettevo anche un singolo e insignificante errore - il capellino messo male o avere dimenticato i guanti a casa, ad esempio - amava infliggermi dei piccoli schiaffetti sulle mani e dirmi che se non mi sarei messa nella giusta ottica sarei finita come sua sorella, sola, senza marito né figli.
Ah, mi ricordava costantemente di come mia madre fosse stata sfortunata: il mio futuro marito doveva avere un lavoro "normale" e non andarsene sempre in giro per il mondo lasciandomi sola.

Il fatto che dipingesse mio padre in questo modo me la faceva odiare ancora di più!

"Santi numi, Françoise!" sbottò ancora zia Florence. 
Era seduta sul divanetto in pelle lucida, mi dava le spalle, perciò non diede segno che si fosse accorta della mia presenza. "Non puoi dire sul serio!" continuò con tono esasperato.

Mia zia Françoise fece per rispondere alla gemella, quando sollevò gli occhi dorati dietro alle lenti e si rivolse a me direttamente. "Colette! Sei ancora sveglia?" mi chiese con stupore.

Fu allora che zia Florence si voltò verso la porta e inarcò un sopracciglio.

I suoi occhi dorati, di una tonalità più scura di zia Françoise e dei miei, brillarono d'irritazione mentre la sua bocca dipinta di rosso si piegò verso il basso in una smorfia infastidita.

"Cosa fai ancora in piedi?! Una signorina per bene deve essere a letto prima delle nove, santo cielo!" mi rimproverò subito.

Sbuffai e agitai il capo facendo ondeggiare i miei capelli biondo chiaro. Pensai di scappare via prima che decidesse di scortarmi in camera...

Se c'era una cosa che non volevo affatto che accadesse era quello di avere ancora la zia Florence alle calcagna.

Peccato che mia zia Françoise non fosse dello stesso avviso. Si alzò dal divanetto, poggiò con cura il ricamo che era intenta a fare sul lato libero del divano e venne spedita verso di me.

Mi afferrò il braccio così forte che se non fosse stato per il vestito avrebbe affondato le unghie nella mia carne. Era in quei momenti che la parola "strega" serpeggiava nella mia mente.

Strinsi le labbra in una linea sottile e sollevai il mento in segno di sfida.

"Su, Flò! Lasciala stare. Non è mica la fine del mondo..." cercò di rabbonirla zia Françoise. Usò addirittura il nomignolo che usavano da piccole e che zia Florence odiava con tutta se stessa.
A quanto pare anche il marito era solito chiamarla così e questo provocava in mia zia un senso di vuoto misto a rabbia.

Difatti, come si voleva dimostrare, zia Florence abbandonò immediatamente la presa su di me e si voltò ad incenerire con lo sguardo la sorella. "Non osare chiamarmi così, Françoise, ti avverto!"

"Ma io volevo solo..." mormorò zia Françoise, in risposta, adottando la sua posa da "bambina imbronciata".

Fu la goccia che fece traboccare il vaso e le due ripresero a litigare con un tono di voce quasi basso per non farsi udire dai domestici in cucina.

Ignorata dalle zie, corsi via e mi diressi di nuovo al piano di sopra.

Non riuscii nemmeno ad poggiare il piede destro sul primo scalino che sentii la voce di mia zia Florence dietro le spalle dirmi: "Colette, domani voglio che ti vesti di tutto punto. Ricordi che domani abbiamo quel tè delle cinque a casa di Miss Dedalion, nevvero?"

Gemetti silenziosamente e non mi voltai. Strinsi le dita sul corrimano e borbottai a denti stretti un: "Certo, zia Florence".

Dopodiché, nel modo più veloce possibile, salii tutti gli scalini chiudendo la porta della mia camera con un tonfo, già di malumore.

Domani mi sarei dovuta sorbire l'insopportabile tè delle cinque di Madame Dandelion... Non vedevo proprio l'ora!

Ma prima dovevo fare una cosa...

Aprii il mio baule e cominciai a cercare.
Ero più che intenzionata a non perdermi lo spettacolo che il cielo stellato mi stava mostrando.

   
 
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