I
To live
another day
It's just
another kill
The countdown
begins to destroy ourselves[1]
"Cittadini
di Speranza e Gloria, vi diamo un caloroso benvenuto all'incontro che
deciderà
chi sarà degno di accedere alla semi finale del Torneo delle
Due Ere, indetto
dal magnanimo re Eldor per celebrare l'avvento della nuova era.
È il momento
migliore della vostra vita: dopo sangue e guerre è
subentrata un'era di pace e prosperità,
in cui la tecnologia ha reso migliore la vita di tutti!
Benvenuti
nella nuova era!"
Duncan
riservò alle parole gracchiate attraverso i megafoni il
tempo necessario per
maledire tra i denti questa fantomatica nuova era che, per quanto lo
riguardava,
si presentava esattamente come quelle che l'avevano preceduta: piena di
vuote
promesse e merda. I ricchi potevano avere il lusso di inneggiare alle
magnifiche sorti e progressive che avevano permesso l'avvento di
aeronavi,
treni e armi da fuoco, mentre i poveri versavano sangue e sudore per
strappare
con le unghie e con i denti un giorno di vita in più alla
morte.
Fino
a quel momento Duncan era riuscito a tenere testa alla Nera Signora:
una di
quelle infernali macchine volanti gli aveva portato via una gamba,
rischiando
di farlo morire dissanguato sui campi di battaglia del Westeron, ma
erano
riusciti a fermare l'emorragia in tempo e la gamba era stata sostituita
da un
congegno di metallo che gli permetteva di camminare, correre per brevi
distanze
e perfino di saltare. Duncan si era domandato spesse volte come
funzionasse
quell'ammasso di ferraglia legato al resto di lui con una cinghia di
cuoio, ma
nessuno era riuscito a farglielo capire e alla fine aveva concluso che
l'importante era che facesse il suo dovere senza intoppi.
Era
una persona estremamente pratica e realista, che non si faceva
illusioni sul
futuro e badava a sopravvivere nel presente; viveva alla giornata e
cercava di
trarre quanto più profitto possibile da qualsiasi occasione
gli si presentasse.
Caratteristiche che gli avevano permesso di arrivare fino a
lì tutto intero, o
quasi: Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Rossa caduto in disgrazia dopo
la
Guerra delle Due Ere, si era guadagnato il pane vendendo la propria
abilità con
la spada a chiunque ne avesse avuto bisogno e potesse permettersi di
pagarla. Con
il tempo aveva affiancato alla sua attività di mercenario
quella di gladiatore,
in combattimenti tanto legali quanto, la maggior parte delle volte,
illegali,
guadagnandosi il nome di Duncan Cavaliere della Luna. Solitamente si
trattava
di incontri al primo sangue, che lasciavano come ricordo solo qualche
graffio, ma
a volte poteva trattarsi di scontri mortali, come in quel caso.
Il
compenso per il vincitore era stato troppo allettante per fare lo
schizzinoso e
rifiutarsi di partecipare, e per quanto detestasse dare spettacolo di
sé per il
divertimento di quei topi di fogna che si fregiavano del titolo di
baroni e
conti, non si era pentito della sua scelta: fino a quel momento aveva
guadagnato svariati tagli e cicatrici, cinquanta grifoni d'oro e il
favore di
diverse dame che non perdevano occasione per ricoprirlo di omaggi e
promesse.
Alcune
di loro, al suo ingresso, avevano gettato narcisi e rose che Duncan si
era
premurato di raccogliere, per poi offrirne una alla dama più
bella che si
trovava più vicino a lui. Quest'ultima era arrossita e aveva
accettato la rosa
con un timido sorriso, il Cavaliere aveva sorriso a sua volta: il suo
fascino
aveva mietuto una nuova vittima.
Nonostante
la bassa statura, aveva una corporatura armoniosa, robusta ma non
tozza, a
differenza di molti altri della sua razza; i lunghi capelli castano
scuro,
striati di grigio,incorniciavano come una criniera il volto dai tratti
duri e
severi, ombreggiati da una corta barba scura. Sotto due folte
sopracciglia,
brillavano due occhi castani, magnetici e irresistibili. Duncan era ben
consapevole
di possedere un aspetto selvaggio e intrigante, che assieme al suo
atteggiamento
galante e cavalleresco, mandava in visibilio le nobili dame, e ne
approfittava.
Erano queste ultime, infatti, che fornivano armi e armature ai loro
beniamini, pagavano
loro l'alloggio e l'eventuale trasporto, e non era raro che truccassero
gli
incontri per far sì che fosse il loro preferito a vincere;
era anche grazie a
loro se in questo momento il Cavaliere si trovava ad affrontare
l'energumeno
che davanti a lui roteava la scimitarra, latrando come un ossesso.
Si
concesse qualche secondo per esaminarlo: si trattava di uno di quei
tipici
idioti con più muscoli che cervello, era alto il doppio di
lui e altrettanto
largo, la scimitarra era lunga quanto Duncan e incrostata di sangue
rappreso;
probabilmente stava pensando che sarebbe stato semplicissimo fare fuori
un
essere piccolo,insignificante e con una gamba di metallo.
Duncan
sorrise di nuovo, la bassa statura e la menomazione si erano rivelate
più volte
un vantaggio: quasi tutti i suoi avversari avevano fatto l'errore di
sottovalutarlo, ritrovandosi poi con un cubito di terra sopra di loro.
Il
gong suonò, accolto dal boato della folla: lo scontro era
iniziato.
Il
gorilla ringhiò e caricò, come Duncan aveva
previsto, il gigante avrebbe sfruttato
la sua stazza e la sua potenza con attacchi caricati e affondi
poderosi, lui
avrebbe cercato di sfiancarlo schivando i suoi assalti grazie alla sua
velocità
e agilità, nettamente superiori.
Si
spostò di lato e la lama dell'avversario fendette l'aria in
un gemito
raccapricciante, già quel primo tentativo l'aveva
destabilizzato e impiegò
qualche secondo per ritrovare l'equilibrio; lanciò uno
sguardo di fuoco a
Duncan, emettendo un verso gutturale più vicino a quello di
una bestia che di
un uomo. Un nuovo attacco sibilò nell'aria a pochi
centimetri dalla testa di Duncan,
ma il nano scartò abilmente, evitando di venire tranciato a
metà come un quarto
di bue al mercato.
Il
gorilla, visibilmente contrariato, sollevò la lama sopra la
testa e preparò un
nuovo assalto, ma il nano, per l'ennesima volta, lo schivò
con un fluido
spostamento laterale.
Ogni
assalto del gigante veniva vanificato da un movimento repentino di
Duncan che
pareva danzare attorno all'energumeno, senza che la lama l'avesse
sfiorato una
sola volta: era uno spettacolo che poteva risultare gradito per i primi
minuti
ma ben presto il pubblico iniziò a rumoreggiare, annoiato.
«Ho
pagato il biglietto per vedere un combattimento, non la danza della
festa del
raccolto!» urlò qualcuno dalle tribune.
«Sembra
una di quelle vergini che la prima sera d'estate ballano attorno al
falò»
ridacchiò un altro.
«Smettila
di piroettare nanetto, non è una gara di ballo!
Attacca!» rincarò un terzo, ma
il Cavaliere non diede loro retta: aveva la sua strategia e l'avrebbe
seguita
fino in fondo.
Gli
attacchi del suo avversario avevano già perso la loro forza
ed erano divenuti
più lenti e impacciati, l'energumeno ansimava e goccioline
di sudore
scivolavano lungo la fronte e le tempie: portarsi appresso il peso di
tutti
quei muscoli per l'arena l'aveva stancato, i suoi riflessi sarebbero
stati
rallentati.
Un
nuovo tentativo dell'altro, quasi totalmente privo di forza e
ovviamente finito
a vuoto, fece intendere al nano che era giunto il momento di mettere
fine al
combattimento.
Duncan
estrasse la sua lama: era una spada di acciaio ripiegato, a una mano e
mezza;
la guardia d'argento, dalla fattura pregiata e raffinata, opera di
elfi, era decorata
con pietre di luna e granati color sangue e aveva un pomo a forma di
giglio. Aisinril
era il suo nome, "fiore sbocciato alla luce della luna"; era una
spada che univa la resistenza del migliore acciaio nanico alle forme
eleganti e
ricercate dei più abili maestri armaioli elfici, un'arma
degna di un Cavaliere
dell'Aquila Rossa.
«Finalmente!»
esultò la folla, impaziente di godersi lo spargimento di
sangue.
Il
gorilla provò ad attaccare per l'ennesima volta, ma il nano
gli sfuggì di
nuovo, agile e veloce. Mentre schivava il colpo, con un rapido
movimento della
spada recise i legamenti del ginocchio dell'energumeno che si
accartocciò su se
stesso, lanciando un urlo di sorpresa e dolore.
Lo
sfidante cadde in ginocchio, non potendo più reggersi: ora
la sua gola era
all'altezza della lama di Duncan.
Il
gigante, però, accecato dal dolore e dalla rabbia,
cercò di menare un ultimo,
disperato fendente: un attacco alla cieca, come quello di una fiera
ferita, e
come tale molto pericoloso e troppo imprevedibile. Duncan venne colto
alla
sprovvista, cercò di schivarlo ma la lama della scimitarra
gli aprì uno
squarcio cremisi sul braccio, lacerando la giubba di cuoio bollito e la
maglia
sottostante; un dolore bruciante si irradiò dalla spalla
come le fiamme di un
incendio, facendo digrignare i denti al nano.
Duncan
imprecò: non si aspettava che il gorilla colpisse ancora,
aveva dato per
scontato che sarebbe rimasto troppo sconvolto dal dolore repentino per
rispondere.
«Stupido
vecchio nano» mormorò tra i denti
«È il momento di dare il colpo di grazia a
questo scimmione prima che lo faccia lui.»
Non
aveva alcuna intenzione di farsi infilzare da una montagna di muscoli
ringhiante, così, con un unico ed elegante movimento della
mano, recise la gola
dell'altro, in uno spruzzo vermiglio.
L'energumeno
strabuzzò gli occhi e si afferrò la gola,
cercando di fermare l'emorragia, la
sua scimitarra cadde nella sabbia, dimenticata. La folla trattenne il
respiro e
un silenzio di tomba calò sull'arena.
Con
un gemito straziante si afflosciò, sollevando una nuvola di
polvere, la sabbia
dell'arena si tinse di rosso. Il corpo dell'avversario fu scosso dagli
ultimi
spasmi prima di giacere completamente immobile.
"Duncan,
il Cavaliere della Luna, vince l'incontro e si qualifica per il turno
successivo" annunciò una voce metallica dagli altoparlanti,
spezzando la
cappa di silenzio che era calata sull'arena.
Un
boato esplose dalle tribune, le dame lanciarono fiori e fazzoletti
dagli spalti,
Duncan, con un enorme sforzo, rivolse loro un sorriso radioso e
raccolse
qualche rosa e un fazzoletto, con cui si tamponò la ferita:
non voleva perdere
il favore del pubblico, non ora che si trovava ad un passo dallo
scontro
decisivo.
Gli
altoparlanti continuavano a gracchiare: "Dopo aver battuto il temibile
Kalavar, l'Immenso, campione dei regni barbari del sud, tra due giorni
disputerà lo scontro che gli permetterà di
accedere in semifinale, affrontando
il letale Assassino Bianco... "
Il
nano strinse i denti e diede un'occhiata allo squarcio sul braccio: non
sembrava troppo profondo, fortunatamente, ma bruciava come l'inferno:
quel
bastardo era riuscito a fare un bel lavoretto,
dopotutto;gettò un ultimo
sguardo a ciò che rimaneva di Kalavar l'Immenso e
imprecò di nuovo.
"Non perdetevi l'incontro,
signori, se volete ancora vedere danzare il Cavaliere della Luna".
Con
passo claudicante il Cavaliere della Luna si allontanò
dall'arena.
[1]
Devo combattere
oggi/ per vivere un altro giorno/ è un'altra uccisione/ il
conto alla rovescia
inizia a distruggerci (Skillet, Hero)