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Autore: Ayr    24/09/2016    6 recensioni
Duncan, Cavaliere dell'Aquila Rossa caduto in disgrazia, cerca un riscatto per la figlia Selene, tenuta prigioniera da Loyd lo Sciacallo, viscido usuraio con cui si è indebitato e l'unica occasione che gli si presenta è il Torneo delle Due Ere: uno spettacolo abominevole, sanguinoso e letale ma che permetterà a Duncan di estinguere il debito e salvare la figlia.
Per Duncan il torneo non si rivelerà solo uno scontro in cui occorre rimanere vivi, ma anche un tuffo in un passato doloroso che preferirebbe dimenticare, impregnato di sangue e segreti.
[Terza classificata nel concorso "A song of Fantasy and Science" indetto da Toms98J e MirtillyKilljoys sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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I

Dancing with the Moonlight Knight




I've gotta fight today 
To live another day 
It's just another kill 
The countdown begins to destroy ourselves[1]

 

"Cittadini di Speranza e Gloria, vi diamo un caloroso benvenuto all'incontro che deciderà chi sarà degno di accedere alla semi finale del Torneo delle Due Ere, indetto dal magnanimo re Eldor per celebrare l'avvento della nuova era. È il momento migliore della vostra vita: dopo sangue e guerre è subentrata un'era di pace e prosperità, in cui la tecnologia ha reso migliore la vita di tutti!
Benvenuti nella nuova era!"
Duncan riservò alle parole gracchiate attraverso i megafoni il tempo necessario per maledire tra i denti questa fantomatica nuova era che, per quanto lo riguardava, si presentava esattamente come quelle che l'avevano preceduta: piena di vuote promesse e merda. I ricchi potevano avere il lusso di inneggiare alle magnifiche sorti e progressive che avevano permesso l'avvento di aeronavi, treni e armi da fuoco, mentre i poveri versavano sangue e sudore per strappare con le unghie e con i denti un giorno di vita in più alla morte.
Fino a quel momento Duncan era riuscito a tenere testa alla Nera Signora: una di quelle infernali macchine volanti gli aveva portato via una gamba, rischiando di farlo morire dissanguato sui campi di battaglia del Westeron, ma erano riusciti a fermare l'emorragia in tempo e la gamba era stata sostituita da un congegno di metallo che gli permetteva di camminare, correre per brevi distanze e perfino di saltare. Duncan si era domandato spesse volte come funzionasse quell'ammasso di ferraglia legato al resto di lui con una cinghia di cuoio, ma nessuno era riuscito a farglielo capire e alla fine aveva concluso che l'importante era che facesse il suo dovere senza intoppi.
Era una persona estremamente pratica e realista, che non si faceva illusioni sul futuro e badava a sopravvivere nel presente; viveva alla giornata e cercava di trarre quanto più profitto possibile da qualsiasi occasione gli si presentasse. Caratteristiche che gli avevano permesso di arrivare fino a lì tutto intero, o quasi: Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Rossa caduto in disgrazia dopo la Guerra delle Due Ere, si era guadagnato il pane vendendo la propria abilità con la spada a chiunque ne avesse avuto bisogno e potesse permettersi di pagarla. Con il tempo aveva affiancato alla sua attività di mercenario quella di gladiatore, in combattimenti tanto legali quanto, la maggior parte delle volte, illegali, guadagnandosi il nome di Duncan Cavaliere della Luna. Solitamente si trattava di incontri al primo sangue, che lasciavano come ricordo solo qualche graffio, ma a volte poteva trattarsi di scontri mortali, come in quel caso.
Il compenso per il vincitore era stato troppo allettante per fare lo schizzinoso e rifiutarsi di partecipare, e per quanto detestasse dare spettacolo di sé per il divertimento di quei topi di fogna che si fregiavano del titolo di baroni e conti, non si era pentito della sua scelta: fino a quel momento aveva guadagnato svariati tagli e cicatrici, cinquanta grifoni d'oro e il favore di diverse dame che non perdevano occasione per ricoprirlo di omaggi e promesse.
Alcune di loro, al suo ingresso, avevano gettato narcisi e rose che Duncan si era premurato di raccogliere, per poi offrirne una alla dama più bella che si trovava più vicino a lui. Quest'ultima era arrossita e aveva accettato la rosa con un timido sorriso, il Cavaliere aveva sorriso a sua volta: il suo fascino aveva mietuto una nuova vittima.
Nonostante la bassa statura, aveva una corporatura armoniosa, robusta ma non tozza, a differenza di molti altri della sua razza; i lunghi capelli castano scuro, striati di grigio,incorniciavano come una criniera il volto dai tratti duri e severi, ombreggiati da una corta barba scura. Sotto due folte sopracciglia, brillavano due occhi castani, magnetici e irresistibili. Duncan era ben consapevole di possedere un aspetto selvaggio e intrigante, che assieme al suo atteggiamento galante e cavalleresco, mandava in visibilio le nobili dame, e ne approfittava. Erano queste ultime, infatti, che fornivano armi e armature ai loro beniamini, pagavano loro l'alloggio e l'eventuale trasporto, e non era raro che truccassero gli incontri per far sì che fosse il loro preferito a vincere; era anche grazie a loro se in questo momento il Cavaliere si trovava ad affrontare l'energumeno che davanti a lui roteava la scimitarra, latrando come un ossesso.
Si concesse qualche secondo per esaminarlo: si trattava di uno di quei tipici idioti con più muscoli che cervello, era alto il doppio di lui e altrettanto largo, la scimitarra era lunga quanto Duncan e incrostata di sangue rappreso; probabilmente stava pensando che sarebbe stato semplicissimo fare fuori un essere piccolo,insignificante e con una gamba di metallo.
Duncan sorrise di nuovo, la bassa statura e la menomazione si erano rivelate più volte un vantaggio: quasi tutti i suoi avversari avevano fatto l'errore di sottovalutarlo, ritrovandosi poi con un cubito di terra sopra di loro.
Il gong suonò, accolto dal boato della folla: lo scontro era iniziato.
Il gorilla ringhiò e caricò, come Duncan aveva previsto, il gigante avrebbe sfruttato la sua stazza e la sua potenza con attacchi caricati e affondi poderosi, lui avrebbe cercato di sfiancarlo schivando i suoi assalti grazie alla sua velocità e agilità, nettamente superiori.
Si spostò di lato e la lama dell'avversario fendette l'aria in un gemito raccapricciante, già quel primo tentativo l'aveva destabilizzato e impiegò qualche secondo per ritrovare l'equilibrio; lanciò uno sguardo di fuoco a Duncan, emettendo un verso gutturale più vicino a quello di una bestia che di un uomo. Un nuovo attacco sibilò nell'aria a pochi centimetri dalla testa di Duncan, ma il nano scartò abilmente, evitando di venire tranciato a metà come un quarto di bue al mercato.
Il gorilla, visibilmente contrariato, sollevò la lama sopra la testa e preparò un nuovo assalto, ma il nano, per l'ennesima volta, lo schivò con un fluido spostamento laterale.
Ogni assalto del gigante veniva vanificato da un movimento repentino di Duncan che pareva danzare attorno all'energumeno, senza che la lama l'avesse sfiorato una sola volta: era uno spettacolo che poteva risultare gradito per i primi minuti ma ben presto il pubblico iniziò a rumoreggiare, annoiato.
«Ho pagato il biglietto per vedere un combattimento, non la danza della festa del raccolto!» urlò qualcuno dalle tribune.
«Sembra una di quelle vergini che la prima sera d'estate ballano attorno al falò» ridacchiò un altro.
«Smettila di piroettare nanetto, non è una gara di ballo! Attacca!» rincarò un terzo, ma il Cavaliere non diede loro retta: aveva la sua strategia e l'avrebbe seguita fino in fondo.
Gli attacchi del suo avversario avevano già perso la loro forza ed erano divenuti più lenti e impacciati, l'energumeno ansimava e goccioline di sudore scivolavano lungo la fronte e le tempie: portarsi appresso il peso di tutti quei muscoli per l'arena l'aveva stancato, i suoi riflessi sarebbero stati rallentati.
Un nuovo tentativo dell'altro, quasi totalmente privo di forza e ovviamente finito a vuoto, fece intendere al nano che era giunto il momento di mettere fine al combattimento.
Duncan estrasse la sua lama: era una spada di acciaio ripiegato, a una mano e mezza; la guardia d'argento, dalla fattura pregiata e raffinata, opera di elfi, era decorata con pietre di luna e granati color sangue e aveva un pomo a forma di giglio. Aisinril era il suo nome, "fiore sbocciato alla luce della luna"; era una spada che univa la resistenza del migliore acciaio nanico alle forme eleganti e ricercate dei più abili maestri armaioli elfici, un'arma degna di un Cavaliere dell'Aquila Rossa.
«Finalmente!» esultò la folla, impaziente di godersi lo spargimento di sangue.
Il gorilla provò ad attaccare per l'ennesima volta, ma il nano gli sfuggì di nuovo, agile e veloce. Mentre schivava il colpo, con un rapido movimento della spada recise i legamenti del ginocchio dell'energumeno che si accartocciò su se stesso, lanciando un urlo di sorpresa e dolore.
Lo sfidante cadde in ginocchio, non potendo più reggersi: ora la sua gola era all'altezza della lama di Duncan.

Il gigante, però, accecato dal dolore e dalla rabbia, cercò di menare un ultimo, disperato fendente: un attacco alla cieca, come quello di una fiera ferita, e come tale molto pericoloso e troppo imprevedibile. Duncan venne colto alla sprovvista, cercò di schivarlo ma la lama della scimitarra gli aprì uno squarcio cremisi sul braccio, lacerando la giubba di cuoio bollito e la maglia sottostante; un dolore bruciante si irradiò dalla spalla come le fiamme di un incendio, facendo digrignare i denti al nano.
Duncan imprecò: non si aspettava che il gorilla colpisse ancora, aveva dato per scontato che sarebbe rimasto troppo sconvolto dal dolore repentino per rispondere.
«Stupido vecchio nano» mormorò tra i denti «È il momento di dare il colpo di grazia a questo scimmione prima che lo faccia lui.»
Non aveva alcuna intenzione di farsi infilzare da una montagna di muscoli ringhiante, così, con un unico ed elegante movimento della mano, recise la gola dell'altro, in uno spruzzo vermiglio.
L'energumeno strabuzzò gli occhi e si afferrò la gola, cercando di fermare l'emorragia, la sua scimitarra cadde nella sabbia, dimenticata. La folla trattenne il respiro e un silenzio di tomba calò sull'arena.
Con un gemito straziante si afflosciò, sollevando una nuvola di polvere, la sabbia dell'arena si tinse di rosso. Il corpo dell'avversario fu scosso dagli ultimi spasmi prima di giacere completamente immobile.
"Duncan, il Cavaliere della Luna, vince l'incontro e si qualifica per il turno successivo" annunciò una voce metallica dagli altoparlanti, spezzando la cappa di silenzio che era calata sull'arena.
Un boato esplose dalle tribune, le dame lanciarono fiori e fazzoletti dagli spalti, Duncan, con un enorme sforzo, rivolse loro un sorriso radioso e raccolse qualche rosa e un fazzoletto, con cui si tamponò la ferita: non voleva perdere il favore del pubblico, non ora che si trovava ad un passo dallo scontro decisivo.
Gli altoparlanti continuavano a gracchiare: "Dopo aver battuto il temibile Kalavar, l'Immenso, campione dei regni barbari del sud, tra due giorni disputerà lo scontro che gli permetterà di accedere in semifinale, affrontando il letale Assassino Bianco... "
Il nano strinse i denti e diede un'occhiata allo squarcio sul braccio: non sembrava troppo profondo, fortunatamente, ma bruciava come l'inferno: quel bastardo era riuscito a fare un bel lavoretto, dopotutto;gettò un ultimo sguardo a ciò che rimaneva di Kalavar l'Immenso e imprecò di nuovo.
"Non perdetevi l'incontro, signori, se volete ancora vedere danzare il Cavaliere della Luna".
Con passo claudicante il Cavaliere della Luna si allontanò dall'arena.

 


[1] Devo combattere oggi/ per vivere un altro giorno/ è un'altra uccisione/ il conto alla rovescia inizia a distruggerci (Skillet, Hero)

   
 
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