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Autore: Arny Haddok    24/09/2016    1 recensioni
“Gli incontri avvengono sempre nei momenti in cui la mente è molto libera o molto affollata: nel primo caso avvengono per donare alla nostra anima qualcosa di nuovo, nel secondo per liberare la nostra vita da qualcosa di sbagliato”
Osho
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Buongiorno! 
Comincio con un'infinità di scuse, davvero. Non era previsto che mi allungassi tanto con la pubblicazione, ma l'editor mi ha dato una serie di problemi che non sono riuscita a risolvere se non con l'attesa (che sia un problema dei server?). Comunque, ora ci siamo e spero che le mie lettrici possano perdonarmi per questo infinito ritardo.
Per restare "aggiornate" (per quanto possa essere attiva con quella pagina), ricordo la pagina Facebook "Arny Haddok EFP".
Buona lettura!

Capitolo sesto "(Re)Stare, sempre"



Svegliarsi la mattina e non poter scendere dal letto con il piede destro era una sensazione disarmante. Aprire gli occhi e cercare di riprendersi dal sonno tirando i muscoli era fondamentale, ma fermarsi con tempismo perfetto ricordandosi del blocco alla caviglia destra era necessario. Rendersi conto dei movimenti che non poteva compiere la portò irrimediabilmente ad immaginare la vita di tutti i “meno fortunati”, ma questi pensieri presto scemarono per lasciare spazio alla fatica di doversi vestire.

Dover chiamare sua madre per aiutarla ad indossare la gonna e le calze, anche se basse, le costava una piccola parte di orgoglio. Per anni aveva insistito per “fare da sola” e tutti i suoi sforzi furono ripagati. Adesso si trovava ad affrontare un problema: il non potersi muovere liberamente da un piano all'altro della casa: se non voleva stare in sala doveva chiamare a gran voce suo fratello perché la sostenesse sulle scale.

Una tortura enorme.

Visse una settimana in questo stato: non aveva la forza per restare seduta su una panchina a bordo campo con lo sguardo di Akane sulla sua caviglia, e nemmeno di saltellare con le stampelle per i corridoi. La sua unica volontà era quella di stare seduta, ad aspettare che qualcuno le parlasse, a chiedere alla sua ombrosa compagna di banco che cosa stesse leggendo.

Tooru non si era più visto, solo Haddok ogni tanto le riferiva che arrivava in palestra prima del solito.

 

- Credo che si sia infortunato anche il tuo amico sai?- disse la ragazza con la ciocca turchese abbassando il libro e fissandosi negli occhi di Azumane.

- Cosa? Che cos'è successo?- chiese la centrale con una particolare tensione, sporgendosi verso la più bassa.

- Sono riuscita a vedere un andamento altalenante...come se zoppicasse. Anzi, zoppicava. Avevano finito l'allenamento e continuava a lamentarsi del dolore, però camminava.- la voce della castana non rivelava un particolare interesse per l'argomento.

Per quanto poco conoscesse Oikawa, era riuscita a capire dal modo in cui piagnucolava che non si era fatto nulla di grave. Anche l'allenatore della squadra maschile era sul punto di sospirare stancamente quando il palleggiatore era rimasto seduto a terra atterrando dal salto di una battuta.

- Credevo si fosse fatto qualcosa al ginocchio...meglio così.-

Nonostante riavvolgesse in continuazione la discussione avuta la settimana precedente con il suo migliore amico, non si era ancora fatta abbastanza coraggio per cercarlo e chiedergli definitivamente scusa.

Nel frattempo aveva preso appuntamento con l'ortopedico, che le aveva tolto il tutore utilizzato in quel caso per una slogatura di secondo grado. Gliene aveva portato un altro, più leggero, ma comunque poco utile quando si trattava di dover camminare.

Le stampelle si fecero da parte, e gli occhi della mora si illuminarono quando sua madre le consegnò nelle mani del medico.

Poter camminare di nuovo senza l'ingombro di due aste di metallo sembrava un sogno, nonostante si trattasse di sole due settimane.

Il coach le aveva severamente impedito di riprendere qualsiasi tipo di attività fisica e le consigliò un ottimo fisioterapista.

 

Dopo le lezioni, in alcuni casi accompagnata dalle compagne di classe, si allungava fino alla clinica dove si trovava il fisioterapista, dove lavorava intensamente sulla mobilità e il rafforzamento del legamento. La lesione non si era rivelata troppo preoccupante, ma rimaneva una slogatura di secondo grado.

- Aiko? Che cosa ci fai qui?- chiese una voce troppo familiare.

- Tooru?!-

I due rimasero a fissarsi per qualche secondo in mezzo agli attrezzi della palestra della clinica.

Se è qui significa che si è infortunato davvero! Allora come diavolo fa a fare l'indifferente quella piccoletta?!

Si chiese Azumane ripensando alla conversazione avuta qualche giorno prima con il libero della femminile.

Il capitano, senza scomporsi eccessivamente, cominciò a guardarla severamente, dopotutto non si erano più rivolti la parola dopo quella discussione.

- Devo controllare il ginocchio.- comunicò con tono secco, come se volesse chiudere quella conversazione o lasciarla morire.

- Haddok mi ha detto che ti sei fatto qualcosa al piede...- replicò per capire cosa fosse successo sul parquet della palestra.

- La caviglia ha ceduto leggermente, per questo controllo il ginocchio dato che potrebbe dare problemi.-

- Meglio che vada, credo che il fisioterapista mi stia aspettando.- concluse la centrale con sguardo basso, pronta a sentire un saluto incastrato tra i denti dell'amico.

- Ciao.-

Quel suono la colpì facendole alzare irrimediabilmente le spalle. Camminò fino alla porta indicatagli dal cartello con il nome dello specialista e non vide più Oikawa, almeno, fino alla fine della visita.

 

Il controllo al ginocchio non gli occupò troppo tempo, quanto basta per capire che si era spaventato per nulla. Aveva sentito un leggera fitta quando la punta del piede destro era venuto a contatto con il pavimento: la paura di poter ricadere nuovamente nella spirale di impossibilità che lo aveva catturato lo aveva colto all'improvviso.

Uscendo, sospirando come quando si scampa un grosso problema, trovò Azumane aspettare vicino all'ingresso con una carpetta di fogli trasparenti in mano. Dopo aver dato uno sguardo veloce alla ragazza, riconobbe il fratello maggiore che la era venuta a prendere in bicicletta. Non voltarsi e mostrare un naturale sguardo superiore fu inevitabile.

Dall'altra parte, ad Asahi non sembrava importare un granché del miglior palleggiatore della prefettura nonché migliore amico di sua sorella. Forse non se ne accorse, forse era troppo impegnato a pensare ad una soluzione comoda per il trasporto.

Il cellulare del capitano della Seijou squillò nella sua borsa e una voce troppo femminile e melensa non riuscì a farsi spazio tra la stanchezza di Oikawa.

Parlare con le ragazze non gli risultava difficile, nemmeno rispondere alle loro domande lo era. Fino a quel momento gli era capitato raramente di avere una fidanzata viziata, abituata a favori e carinerie. Dover sottostare a troppe richieste era stata un'esperienza nuova, eppure non era ancora riuscito a trovare un equilibrio tra concessione e gelosia.

Era diventata abitudine lasciarsi circondare da proposte e scegliere seguendo solo l'aspetto fisico e superficiale: una, due uscite e ricadeva per l'ennesima volta nello stesso baratro di noia. E ascoltare un monologo di cinque minuti sulla dolcezza di alcuni Kuzumochi° che “Dobbiamo assolutamente mangiare insieme!” fu asfissiante, il colletto di una camicia che va tenuto abbottonato anche in pieno agosto.

Si inventò una scusa al limite del credibile.

La telefonata volse al termine.

 

Era rimasta in classe, seduta al proprio banco, aspettando che la campanella suonasse la fine di tutte le lezioni. Era riuscita a calmarsi e a sentire solo le parole lette nella sua testa, non il cuore battere, non il respiro, non i ragazzi che si allenavano sul campo da calcio.

Con una delicatezza disarmante, lontana dalla sua persona, estrasse il segnalibro dal fondo delle pagine e lo forzò con leggerezza al centro delle facciate. Chiuse la copertina e abbassò il segnalibro ritraente Arlecchino di Picasso in modo che non uscisse dalla sagoma del libro. Lo ripose insieme ai quaderni e rimase seduta ad osservare una nuvola evanescente.

I lineamenti del suo viso erano ammorbiditi dal colore rossastro del cielo, la sua ombra si era allungata sul pavimento.

Chiuse gli occhi e ripensò al discorso avuto con Oikawa la settimana precedente, ma non si soffermò troppo su quel percorso: in quel momento si sentiva “in più”. Gli unici che la consideravano erano tre ragazzi amici fin dalla tenera età. Come poteva inserirsi in tale contesto? Sarebbe riuscita ad avere la loro approvazione?

Iwaizumi era la persona che gli aveva fatto la migliore delle impressioni, colui che più si avvicinava al tipico uomo benvoluto dalle mogli. Ma non era abituata a “quello”, non era abituata a nulla.

Si alzò decisa a far scemare quelle domande che lei considerava la routine.

Si alzò prima della campanella ed entrò in palestra per assistere ad un'amichevole di cui l'aveva informata Iwaizumi.

 

Dare prova delle sue importanti abilità non gli sarebbe mai venuto difficile. Ma non aveva calcolato un problema, un apparente piccolo ma in realtà enorme problema.

Soffriva alla vista della scarsità tecnica di quell'ammasso di riflessi. Ne soffriva ardentemente.

Le sue gambe erano piegate con gli angoli sbagliati, le braccia troppo tese o troppo larghe, le spalle raggrinzite, il culo alto: l'esempio perfetto di “orrore”.

Se quell'idiota avesse mandato all'aria tutto con una difesa mancata, non importa quale ruolo gli avrebbero assegnato, lo avrebbe torturato fino alla sua totale disfatta.

Kageyama Tobio continuava ad attaccare con la massima precisione sulle braccia di Hinata Shoyou, eppure, questo faticava come mai aveva visto fare.

Nemmeno Kindaichi era tanto scarso con il bagher.

Questi furono i pensieri del Re del campo. Se durante quella settimana Tanaka non li avesse aiutati con la palestra, probabilmente quell'incontro tre contro tre sarebbe stata una disfatta.

Dopo svariati sguardi rivolti al ragazzo dagli occhi blu, finalmente Hinata riuscì a colpire la palla per realizzare un attacco mai visto: la sua mano aveva aderito senza sforzo alla pelle ruvida della palla e l'aveva sentita sul palmo della mano. Quando atterrò ancora sentiva un delicato formicolare alla mano destra.

Come diavolo avevano fatto?

La domanda apparve spontanea negli occhi di tutti i presenti. Quel palleggiatore aveva accolto tra le sue dita la palla tricolore, per poi lasciarla, indirizzandola senza apparente sforzo nella traiettoria del braccio di Shoyou.

Non ci fu storia.

La convinzione infinita del più basso si rivelò essere un'arma nelle mani di Kageyama, che la sfruttò senza mezzi termini per portare il trio alla vittoria.

Non mancarono l'esibizionismo di Ryu e le riprese del capitano.

Tobio poteva continuare ad essere un alzatore, non avrebbe abbandonato il suo ruolo. Sembrava che gli fosse stato cucito addosso e l'ennesima prova venne dal professor Takeda che annunciò un'amichevole contro la seconda squadra della prefettura.

I senpai ricordavano quel nome, mentre nella mente del nuovo palleggiatore della Karasuno era fisso un unico ricordo: Kindaichi e Kunimi erano in quella scuola e la sicurezza di poter trovare anche Oikawa si faceva via via più forte. In più, le condizioni che erano state decise per quell'incontro non erano casuali, dato che la matricola più giovane doveva prendere il posto di alzatore titolare.

 

- Chissà come sta il nostro Tobio-chan, secondo me è diventato ancora più alto. - cominciò Oikawa in spogliatoio.

Il fisioterapista, nonostante lo rassicurasse sul falso allarme, gli chiese di restare a riposo. Il capitano aveva istintivamente deciso di lasciar giocare Yahaba per i primi set e di fare un lungo e rassicurante riscaldamento. Sarebbe entrato solo alla fine dell'incontro, dopo aver saggiato la squadra del suo storico kohai.

- Dovrebbe essere alto 1,80m...- rispose Kindaichi.

- Cosa?! Così tanto?! Devo cominciare a preoccuparmi Iwa-chan?- chiese al suo migliore amico con un'espressione idiota.

- Non eri tu quello che continuava a dire “sono più forte, non mi raggiungerà mai! Sono di un livello superiore rispetto a quel ragazzino” e cose così? Fai quasi pena Shittykawa.-

- Ma se diventa troppo alto sarà più facile fare i pallonetti° Iwa-chan! Non possono essere facili anche quelli, se oltre al talento ha anche l'altezza dovrò azzopparlo!-

Questa volta a colpire il palleggiatore non fu una mano e nemmeno un pallone, ma il borsone di Hajime, non troppo pesante, scagliato ad una velocità non indifferente.

Entrati in palestra, Tooru parlò della sua idea con il coach, il quale approvò senza troppe domande sull'integrità del piede del giocatore.

L'inconfondibile rumore di un pallone attaccato contro il pavimento, ritmico e unico, rieccheggiava all'interno della palestra dove solo alcuni atleti erano entrati. Aiko stava lavorando sull'attacco quando ancora non si sarebbe dovuta sforzare. Ad avvicinarsi fu Iwaizumi.

- Sicura di poterlo fare? Ti hanno appena tolto le stampelle.- le ricordò il senpai.

Azumane però non aveva alcun bisogno di ricordare le stampelle, non si sarebbe scordata per un buon periodo del saluto dell'ortopedico.

- No, ma finché non la piego o salto va tutto bene. Certo, non devo correre, ma posso camminare! E poi è da troppo che non mi alleno!-

Hajime tirò un sospiro esausto – Siete proprio incorreggibili. Il tuo amico dovrebbe restare fermo ma ha intenzione di giocare almeno mezzo set dell'amichevole. Non avete amor proprio.- concluse l'asso.

Nel frattempo l'espressione della ragazza era passata da essere rilassata all'essere incuriosita. Nessuno le aveva parlato di un'amichevole e vedendo Iwaizumi allontanarsi decise di restare fino all'inizio della partitella.

 

- Dove sono finiti Yahaba e Kindaichi! A quest'ora dovrebbero essere qui, dobbiamo cominciare il riscaldamento.- chiese leggermente alterato l'allenatore.

Nel frattempo Tooru aveva cominciato a scaldare la caviglia senza scarpe, dando inizio ad una delicata sequenza di esercizi consigliati dal fisioterapista.

- Posso cercarli io! Intanto potete cominciare.- propose con voce sicura la centrale.

Ormai non poteva più occupare la palestra se non sugli spalti, quindi cercare i due componenti mancanti non le sarebbe risultato un peso.

- L'importante è che tu non corra o che vada di fretta, intesi?- puntualizzò il vice-capitano inserendosi nel discorso.

- Ricevuto!- sorrise Aiko e, dopo aver posato il pallone nel cesto, uscì zoppicando leggermente.

 

Non essendoci posti nei quali sedersi, Haddok poggiò a terra la cartella e i gomiti sulla balaustra di legno e vetro, rilassando così la schiena e lasciando scivolare il peso su entrambi i piedi.

Dopo la breve camminata con Oikawa si era incuriosita ed era riuscita, tra agitazione e imbarazzo, a chiedere ad Iwaizumi qualche informazione sulla squadra. Aveva scoperto che alcuni compagni delle medie di Azumane erano componenti della squadra, era a conoscenza di alcuni punti forti, come il servizio o la solidità dei fondamentali°. Le mancava solo di vedere tutto quello sul campo.

Di fianco a lei, radiose ed eccessivamente femminili, erano intente a chiacchierare tre ragazze del primo anno.

Origliando senza essere nemmeno sospettata, Arny riuscì ad intercettare qualche battuta, riuscendo ad intuire quale fosse il fulcro della loro fitta discussione: il capitano.

Arrivata da poco in quella scuola, aveva già avuto occasione di stancarsi e di ignorare le chiacchiere da corridoio. La curiosità nei confronti della provenienza dei suoi genitori e della sua storia, era già scemata da qualche giorno, e le ragazze della sua classe, spesso storcendo informazioni dalla sua compagna di banco, non si erano distaccate da tutte le altre parlando del “ragazzo più desiderato dalla fauna femminile del liceo”.

Certo che non scherzava Azumane-san...però a vederlo con la tuta addosso da solo in un angolo mentre fa riscaldamento fa quasi tenerezza. Chissà cosa pensa veramente di tutte queste ragazze.

Si domandò la ragazzina con la ciocca tinta continuando a guardare il palleggiatore manipolare il ginocchio e il piede.

 

- Finitela idioti!- la voce di Daichi risuonò non troppo lontana.

Camminando non fece troppo caso alle urla provenienti dall'altra strada, quindi continuò sul suo percorso sovrappensiero, soffermandosi con sguardo quasi annoiato su una serie di aiuole ben curate.

Girato l'angolo riconobbe i due atleti dell'Aoba Johsai pietrificati di fronte ad uno stormo di tute scure. Senza badare all'identità dei ragazzi, tornò alla sua missione.

- Kindaichi! Gli altri vi stanno aspett- la frase rimase incompleta.

- La sorella di Asahi-san! Vieni a salutare il migliore attaccante della prefettura!-

La ragazza sgranò gli occhi riconoscendo Tanaka che si stava avvicinando velocemente. Fece appena in tempo a nascondersi dietro a qualcuno lasciando che Sawamura prendesse per il colletto della felpa lo scalmanato giocatore.

Che diavolo ci fanno qui?! Nessuno mi aveva detto nulla! Ma quindi...

Alzando la testa si ricordò dei compagni di squadra di suo fratello, giocatori della ormai decaduta Karasuno.

Solo dopo aver allontanato la mano dalla tuta dello scudo umano, la centrale si rese conto che si trattava di Yuutaro. Arrossì vistosamente incrociando il suo sguardo, anche se solo per un attimo. Di risposta, Kindaichi si voltò con le gote delicatamente arrossate.

Tra tutte le persone che ci sono sulla faccia dell'intero pianeta...perché proprio Kindaichi?! Non potevo nascondermi dietro Yahaba? Dopo tutto quello che è successo lo scorso anno, proprio Yuutaro.

Con tutta l'agilità concessale in quel momento, si inchinò in segno di saluto verso i ragazzi della squadra avversaria: c'erano tutti, tutti tranne suo fratello e Nishinoya. Un malvoluto senso di delusione si fece vivo, ma continuò a studiare le tute scure. Il capitano obbligò Ryuu a chinare il capo in segno di scuse e così fece. Dopo qualche istante, i suoi occhi incontrarono lo sguardo annoiato di un personaggio che ricordava limpidamente. Con i capelli neri e gli occhi blu, Kageyama venne riconosciuto immediatamente dalla memoria ancora vivida di Aiko.

Il viso dell'alzatore del primo anno si girò nella sua direzione, restando a guardarla con occhi increduli. Non capitava spesso che Tobio si scomponesse di fronte ad una ragazza, ma rimase sorpreso almeno quanto la giovane dagli occhi verdi nel riconoscerla.

Nel frattempo Yahaba e Kindaichi si erano diretti a passo spedito verso la palestra e la ragazza si voltò ridendo vedendoli affrettarsi, immaginando una strigliata da parte di Iwaizumi.

- Azumane-san, che cosa ci fai qui?- domandò la voce profonda di Kageyama.

Prima di rispondere, Aiko prese tutto il tempo per voltarsi e tornare seria, scontrosa.

- Potrei farti la stessa domanda. Non dovresti essere sul campo da gioco alla Shiratorizawa?-

Staccando per un attimo gli occhi da quelli di Tobio, la ragazza intravide due atleti decisamente alti ridere. In particolare un ragazzo con gli occhiali e i capelli biondi, sembrava divertirsi non poco. Sulle labbra di Azumane si dipinse un sorrisetto meschino, di chi ha intuito tutto ma ha intenzione di scherzare ancora un po'.

- Non hai risposto alla mia domanda.- replicò il ragazzo dai capelli scuri.

- Quindi non hai superato gli esami e te ne vergogni? E comunque non è a te che devo delle spiegazioni.-

Ormai si era dimenticata della presenza degli altri, quello era un conto che doveva ancora trovare il cliente e la mora non aveva alcuna intenzione di pagare. Rivederlo e sentirsi parlare in modo distaccato e privo di interesse le fece male, ma aveva imparato a convivere con quel dolore tempo prima; adesso doveva prendere in mano la situazione e lasciare Kageyama da solo di fronte al bancone, pronto a pagare per due.

- Non dovevi essere a Tokyo dai tuoi parenti? Non eri pronta a lasciare il tuo ragazzo, quindi?- chiese Tobio cercando di prendere in mano la situazione.

Non era mai stato bravo a trattare con la gente, figuriamoci con una ragazza. Eppure non poteva tirarsi indietro dopo essere stato provocato. Di Azumane si ricordava fin troppo bene, nonostante avesse passato il quarto anno delle medie completamente isolato a pensare al volley; L'aveva ignorata per buona parte della vita di classe, cominciando poi ad allontanarla bruscamente ogni qualvolta tentasse di intraprendere una discussione. Non importava qual era l'argomento: pallavolo, studio, passatempi, cinema...non voleva aver a che fare con nessuno.

 

Ancora una volta, quell'idiota era riuscito a farsi sentire: la parola “fidanzato” le fece stringere i pugni e mordere il labbro inferiore.

Kindaichi era stato l'unico, durante gli anni delle medie, ad avvicinarsi a tal punto da dichiararsi. Lei aveva accettato e la loro storia era durata abbastanza perché riuscisse in qualche modo, anche solo per un breve periodo, a scordarsi di Tobio.

Dopo la fine di quella relazione la centrale si era sorpresa, non sentendosi distrutta, senza addosso alcun sentimento troppo negativo. Certo, è sempre difficile accettare la realtà così com'è, lasciare che il tempo scorra senza cercare di interrompere il suo flusso in qualche modo, ma nel complesso si era sentita bene.

- Siete solo capaci di ricordarvi le idiozie.-

Detto questo, la ragazza dagli occhi verdi tornò sui suoi passi, pensierosa e con i nervi a fior di pelle.

 

Si stava divertendo.

Non si sarebbe mai immaginato di potersi divertire tanto durante un'amichevole.

Solitamente tutti hanno un'idea della pallavolo come “noiosa”, dove si vede solo una palla che non deve toccare terra. Perché quindi complicarsi la vita con tutti quei salti, tutti quegli schemi difficili e troppo complessi. Credere che il volley sia uno sport dove la resistenza è fondamentale, è sbagliato: la resistenza è marginale. Tra un punto e l'altro si ha un'infinità di tempo per respirare regolarmente, ma non si tratta nemmeno di uno sport per ragazzini gracili e incapaci.

La coordinazione è tutto, il controllo del proprio fisico necessario. La potenza non definisce le capacità di un giocatore, così come la sola forza di volontà.

La pallavolo è uno sport di equilibrio, dove la squadra è un insieme di individui che lo creano o che lo distruggono, regolarmente.

Di sicuro lui lo sapeva portare quell'agognato equilibrio e vedere la parte avversaria del campo presa dal disordine lo faceva sorridere di gusto.

Consapevole della sua forza e della fatica che aveva affrontato per farla sua, guardava il suo vecchio kohai mentre si tratteneva dall'imporre il proprio ritmo a tutti.

Era stato lui a chiedere di quell'amichevole per vedere i suoi progressi, per studiarselo come perfetto avversario.

Solo nel momento di entrare in campo, sostenuto dalle dolci grida delle sue fan e da un'espressione rilassata da parte del coach, ecco che riprendeva ad essere serio. Una macchina da punti, non solo al servizio.

Assottigliò lo sguardo, tese l'indice della mano destra verso il suo bersaglio.

Non si sarebbe risparmiato.

 

- Peccato, la prossima volta arriveremo a ventiquattro pari.- alzò leggermente le spalle, il capitano, per poi lasciarle tornare nella loro naturale posizione.

- È già tanto se sei riuscito a giocare, idiota. E se saltando ti fossi fatto male ancora? Non pensi mai alla conseguenza delle tue cavolate?- domandò retoricamente l'asso senza girare intorno alla sua innata preoccupazione per la salute del compagno.

Ancora una volta, Oikawa si era dimostrato l'ago della bilancia, in grado di cambiare le sorti di un incontro. Non era certo finita come tutti se l'aspettavano, ma rischiare di non averlo in una partita ufficiale, sarebbe significato stare a guardare Ushijima dagli spalti, non all'interno del campo da gioco.

- Non potevo lasciare che Tobio-chan se ne andasse senza una dimostrazione di superiorità! E poi mi sono permesso di fare un paio di battute perché le mie condizioni erano accertate. Apprezzo in ogni modo il tuo spirito da primo cavaliere, Iwa-chan.-

- Alla fine hai risolto con Aiko?- chiese impassibile Hajime.

Il silenzio calò tra di loro e la conversazione si spense. Quella domanda lo aveva riportato alla discussione avuta con Azumane, a quel pomeriggio di parole forti e incisive. Non si erano più parlati.

- No, non ancora.-

 

I suoi occhi non accettavano scuse, le sue orecchie non potevano ascoltarne.

Arrivò al suo posto con falcate lunghe, pesanti.

Arny aspettò almeno un minuto prima di impostare l'inizio di un dialogo.

- Perché ti comporti in quel modo?-

- In che modo, quale?- la voce della mora era irritata.

Se ci fosse stata la possibilità, senza pensarci troppo, Arny avrebbe cambiato posto. Quei cambi d'umore repentini e improvvisi la disturbavano, tanto che aveva deciso di chiederle qualcosa.

- Sei...irritata? Insomma, c'è qualcosa che ti disturba?-

Prima di rispondere, Aiko assaporò una quantità indefinibile di aria, lasciandola poi con un sospiro decisamene impegnativo.

- Hai indovinato. Ma non mi va di annoiarti con i miei problemi.-

Oh, grazie! Guarda, ci hai preso in pieno, nemmeno io avevo voglia di ascoltarli!

Formulò quel pensiero in un nanosecondo, in modo del tutto naturale. Era veramente fortunata ad avere autocontrollo. In caso contrario, quella piccoletta di Tokyo non sarebbe resistita ancora a lungo, dato che quelle magnifiche alternative alle sue risposte non erano dedicate solo ad Aiko.

- Capisco.- il libero mantenne lo sguardo sulla compagna ancora per qualche attimo.

Azumane aveva passato almeno due ore a ragionare. Almeno due ore, durante la notte, a chiedersi se parlare con Tooru fosse stato meglio o no.

In conclusione, presa dalla stanchezza e dal continuo disturbo dell'immagine di Kageyama, aveva preso una decisione: durante la pausa pranzo lo avrebbe rimproverato.

In quel frangente si era scordata del loro litigio, ma aveva qualcosa che riteneva più importante e il passato doveva farsi da parte per il tempo di una domanda fatta a volume leggermente più alto del concesso.

Rintracciato in seguito ad un ascolto non troppo attento della voce delle ragazze, lo prese per un braccio e lo trascinò fino alle scale del primo piano.

- Perché nessuno mi ha detto niente?!-

- Aiko che diavolo fai?!- se la prese il capitano cercando di sistemarsi in preda all'agitazione la manica della divisa scolastica.

- Perché cavolo nessuno mi ha avvisata di quell'amichevole?!- chiarì la centrale guardando l'amico d'infanzia negli occhi.

- Non sei al centro dei miei pensieri! Non mi sarei mai immaginato che tu potessi incrociare lo sguardo del tuo amato Tobio-chan! Adesso, se vuoi scusarmi, tornerei di sop-

Azumane aveva posato la mano destra chiusa a pugno sul petto di Oikawa. Il capo abbassato, i capelli intenti a nascondere il suo viso.

Il palleggiatore si era fermato per quel gesto.

Non doveva prenderla male. Non doveva sentirsi mancare l'aria per quell'affermazione, per quel tono pericoloso, per quello sguardo sarcastico e concentrato su altro.

Non sei al centro dei miei pensieri!

Abbassò il pugno alzando lentamente la testa.

- Hai ragione, scusami. Ti ho portato qui senza pensare, scusami Tooru.-

La sua attenzione era stata catturata da quei gesti delicati, così lontani dalla persona a cui era abituato. Sembrava di rivederla seduta sul letto, presa dalla sua caviglia piegata.

Trattenne per qualche breve istante il respiro.

- Senti Aiko, lascia perdere, ok? Se stai ancora pensando a quello che è successo due settimane fa, intendo. Per l'amichevole...non pensarci e basta, nemmeno ci hai parlato con Tobio!- esclama sicuro della sua teoria.

- Questo non è vero. Ci ho parlato invece e non è finita per niente bene. Non ti ho portato qui per quello che è successo settimane fa, adesso non mi importa.-

- Se mi hai chiesto scusa in quel modo significa che è successo qualcosa di grave.-

-Kageyama...mi ha parlato malissimo. Non ho ancora capito perché mi tratta in quel modo.- la rabbia aveva cominciato a insinuarsi tra i denti della ragazza.

- Io te lo dicevo che era meglio Kindaichi!-

- Ma se lo prendevi in giro? E smettila di scherzare...è una cosa importante.-

- A quanto pare è più grave di quello che immaginassi. Che cosa ti ha detto di così brutto da ridurti così?-

 

Tra un racconto e una frecciata velenosa nei confronti del nulla, i due ragazzi avevano accantonato qualsiasi tensione, tornando alle confessioni e alle pericolanti discussioni di un tempo.

Si erano seduti sulle scale di legno lucido della scuola, lasciando che le parole di Azumane fluissero senza interruzione, lasciando che Oikawa improntasse un piano d'azione o una qualsiasi “terapia” per la mora.

L'immancabile abbraccio che suggellava ogni loro dialogo si era presentato puntuale come sempre. Come la campanella.

 

Rimasta sola, Arny decise di contattare Hoshi per sentirla. Anche la ragazza era venuta a salutarla il giorno della sua partenza e quella era l'ultima immagine che aveva di lei.

Non si erano più scritte, nemmeno chiamate, ma la bellezza della loro amicizia era proprio questo: non sentivano quell'irrefrenabile bisogno di vedersi tutti i giorni, di abbracciarsi e di confessarsi tutti i segreti che possedevano. Ognuna rispettava l'intimità dell'altra e tutto quello che decidevano di raccontarsi, rimaneva indelebile, una confessione importante e unica.

-Ehi Hoshi! Come stai?- chiese con sicurezza al cellulare.

-Allora sei ancora viva! Credevo di averti persa chissà dove. A parte i soliti rimedi che funzionano decisamente poco, con la ripresa va tutto bene. Tu come stai?-

La voce flebile e delicata della sua amica riuscì a sciogliere la tensione che aveva nelle mani, lasciando che le nocche tornassero del loro colore naturale.

-Se non dovessi ancora finire di mettere a posto la camera direi che non sto così male. Dovresti sentire come parlano, hanno un accento tutto strano.- sorrise in direzione della finestra. -Quindi sei riuscita a cominciare la scuola regolarmente?-

-Esatto, non ho ancora avuto bisogno di permessi speciali per le visite! È grandioso, non ricordo l'ultimo anno scolastico in cui non ne ho utilizzati.-

-Alla grande allora! Dimmi, com'è il liceo?-

La telefonata si protrasse per dieci minuti. Non si trattava di un record come quelli dei film per ragazzine, non erano rimaste con il cellulare in mano per un'ora intera. Non si erano raccontate gossip o storie d'amore.

Era in quel modo che avevano resistito per un anno intero.

Veder tornare Azumane sorridente scombussolò, per l'ennesima volta, la giornata di Arny.

Un anno con Aiko.

Lo avrebbe retto?

 

“Alle prime note di << Light My Fire >>, ho pensato che il mondo non era affatto stanco. E che invece stava cominciando a vorticare sempre più velocemente.

Quasi fosse un nuovo inizio.”

 

Ava Dellaira Noi siamo grandi come la vita


 

Spazio (in)utile: finalmente, dopo un numero indefinito di tentativi con il capitolo pronto almeno da una ventina di giorni, tra la ripresa della scuola, le preparazione e il primo infortunio, eccolo! 
Tobio si mostra in quella che, spero, sia una buona presentazione. Forse lo avete sentito come molto freddo, cattivo quasi, ma inizialmente me lo ero immaginata così (all'inizio della serie si intende). Invece i nostri bff si sono riappacificati, anche perché Aiko è troppo buona, sarà una caratteristica di famiglia? Ditemi che Arny non è l'unica che si fa pare mentali come quelle sopracitate, credo sia più che normale, ma non tutti hanno questa "sensibilità" (se si può chiamare così). 
Chiedo ancora scusa per il rtardo, spero di non finire ancora così, anche se sarà più che probabile: la scuola è ricominciata e ho a che fare con un impegno importante quest'anno, gli allenamenti si propongono ad un orario pesantissimo e mi piacerebbe portare avanti un'altra idea che ritengo abbia la precedenza.
Riporto anche qui la pagina FB "Arny Haddok EFP" e alla prossima!

   
 
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