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Autore: lalluby    24/09/2016    1 recensioni
Tutto quello che ci serve è un incidente. Un incidente di qualsiasi tipo per cambiare il corso della nostra vita. Un incidente che ci potrebbe rovinare o romperci, o che ci possa far rialzare e cambiarci per il meglio, credo che tutto ciò dipenda dall'affetto che ha su di noi.
- - -
-Sai perchè mi piaci Luke?- Chiesi.
-Ti piaccio? Io non ti piaccio- Sostenne e non potei fare a meno di ridere.
-Si, non mi piaci. Volevo solo dire che mi piace il fatto che tu sia l'unica cosa costante nella mia vita...-
-Che diavolo vorresti dire?- Chiese, facendo suonare le sue parole come se fossero quasi un insulto.
-Significa che...le persone cambiano sempre, per nessuna buona ragione...ti amano e poi ti pugnalano... ti odiano, ma ti vogliono aiutare. Ma tu, Luke...sei sempre lo stesso. E mi piace. E' bello avere qualcosa di costante da mantenere, anche se questo significa chiamarmi ''strana'' per tutto il tempo... sono le cose costanti della vita che ti tengono capace di intendere. E tu non hai lasciato che l'incidente ti cambiasse...e credo che sia una cosa positiva-
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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0.4 Aiden




Tre giorni prima...

 

Parcheggiai la macchina fuori nel vialetto di casa nostra e notai che la macchina di mia madre era parcheggiata anch'essa nel vialetto. E questo succedeva quando solitamente era in casa. Credo che lei fosse in casa. Davvero non ero in vena di parlare con lei, soprattutto dopo la giornata che avevo avuto.

Sbattei la porta di ingresso per segnalare il mio arrivo a casa al sicuro, anche se, come qualcosa che fosse davvero importante per i miei genitori. Mio padre, uno scrittore e mia madre, una pittrice erano solamente le uniche due persone che si preoccupavano per la mia sicurezza, contando poi quella persona che mi aveva messo in mezzo a tutto questo schifo.

Erano dei genitori fantastici, si ricordavano il mio compleanno e sapevo sempre cosa dirmi, quando ero arrabbiata o triste. Beh, in realtà era così prima dell'incidente, poiché ora, mi ero allontanato da quello che avrei voluto sentirmi dire. Per colpa dello schieramento con quella persona.

-Aiden, sei tu tesoro?- La voce di mia madre mi chiamò, come posai il mio zaino sul primo gradino. Mi tolsi le scarpe, depositando il resto delle mie cose sopra il mio zaino, prima di andare verso lo studio di mia madre.

-Ciao- Parlai a bassa voce, come mi appoggiai contro il telaio di legno della porta.

-Com'è andata a scuola?- Mi chiese, con lo sguardo concentrato sulla tela.

Alzai le spalle, premendo la mia schiena contro il telaio della porta per poi appoggiare contro di esso la testa. -E' andata bene. Come al solito- Mentii.

-Beh, è fantastico- Esclamò, odiavo per quanto ingenua fosse, non riusciva nemmeno ad accorgersi quanto fosse distrutta sua figlia. -Tua padre ed io stavamo parlando, dovresti invitare alcuni tuoi amici, Venerdì ci sarà anche a cena Tanner e Reinhold- Al suono del suo nome, una serie di brividi percorsero la mia schiena. Come se il ricordo di quella notte d'estate riempisse i miei pensieri, le lacrime iniziarono ad offuscare la mia visione.

Tutto di quella notte mi travolse, travolgendomi con un'onda del mare. Quella stanza mi provocò quella sensazione. Il modo con cui lui mi aveva parlato al telefono prima di quel giorno. La sua voce risuonava roca e aspra. Le sue fredde mani sudate che toccarono l'interno delle cosce qualcosa che un migliore amico non avrebbe dovuto fare.

-Aiden, tesoro?- La voce di mia madre mi portò fuori dai miei incubi -Hai sentito quello che ti stavo dicendo per Venerdì?-

Annuii con la testa.

-Ehm, si. Ma mi chiedevo, se i Reinhold dovessero venire per forza?- Chiesi, la mia voce era appena un sussurro.

Mia madre alzò gli occhi verso di me.

-Si, tesoro devo, dal momento che hai quasi messo in imbarazzo quel povero ragazzo. Quando ti fermerai di dire quella menzogna, tesoro? Potresti danneggiare la reputazione delle persone- Sospirò, ponendo verso il basso il pennello -Soprattutto in una città come la nostra- Aggiunse.

-Non sto facendo nulla mamma, ma mi de...-

-Aiden, vai a prepararti, l'appuntamento è alle tre- Lei mi interruppe, dicendomi che non voleva sentire quello che avevo da dire. Non voleva sentire la verità su ciò che realmente accadde a sua figlia quella sera di Giugno.

Scossi la testa. Feci la mia strada verso la parte anteriore della casa, pestando le scale, cercando di farle capire che fossi arrabbiata con lei. Perché erano così ingenui, non volendo realizzare che la loro figlia stesse male, era distrutta e loro era un altro motivo per poter aggiungere a questa distruzione.

La colpa era la loro e del figlio dei loro migliori amici che era uno psicopatico. Attraversai il corridoi del secondo piano fino a raggiungere la mia camera. Aprii la porta e mi trascinai verso il letto, gettandomi poi sul letto disfatto e fissai il soffitto. Sospirai, sapendo che mia madre si sarebbe presentata per verificare se in realtà mi stessi preparando per il mio cosiddetto appuntamento.

I miei genitori aveva firmato questo terapia, il che significa che sarei rimasta bloccata in una piccola stanza soffocante con un medico che sembrava essere troppo coinvolto con il proprio lavoro e pochi casi da tenere in mente con ragazzi della mia età. Certo che non rientravo nella loro categoria di malati di mente, dal momento che io non avevo mai pensato al suicidio prima dell'incidente, ma ora quel pensiero sembrava tormentarmi.

Credo che fossi una di loro.

-Aiden, dobbiamo andare- La testa di mia madre sbucò nella mia stanza, i suoi occhi azzurri erano fissi su di me. Gemetti come segno di protesta -Aiden, o vieni o chiamo tuo padre-

Mi alzai dal letto e seguii mia madre giù per le scale. Sapendo che se non l'avessi ascoltata avrebbe chiamato realmente mio padre, e non volevo affrontarlo in questo momento, avrebbe peggiorato il mio umore.

-Io non capisco perché devo andarci. Non ne ho bisogno- Gemetti, sedendomi sul gradino, come dimenai i miei piedi infilandomi le converse. Il mio sguardo andò in alto per vedere mia madre in piedi accanto alla porta, si era tolta il grembiule da lavoro e sembrava essere impaziente.

Sospirò profondamente.

-Aiden, sai benissimo il perché. Quindi, smettila di lamentarti ogni volta. E per aiutarti-

La derisi per il suo commento, se davvero avrebbe voluto aiutarmi, avrebbe dovuto credere a quello che gli raccontai. Era stato lui a fare tutto questo a me. Era stato lui a rovinarmi.

-Va bene, qualunque cosa, andiamo prima che cambi idea- Brontolai, anche se ancora non volevo andarci. Perché i miei genitori si erano fissati, come il resto della maledetta popolazione di Harrison, Connecticut, che Aiden Sanders fosse pazza.

Il gruppo di supporto era situato al terzo piano dell'ospedale della città Ironicamente chiamato anche centro di riabilitazione, e pensai che fosse divertente dato che in questa stanza nessuno voleva farsi aiutare. Eravamo tutti ragazzi costretti dai nostri genitori per venire a perdere tempo in questo posto.

Un'altra cosa divertente era che il padre di Luke Hemmings, oltre agli altri medici di questo ospedale era un volontario del gruppo.

-Oggi parleremo di ciò che vi ha portato a pensare al suicidio, possono essere solamente alcune parole o tutto ciò che vorreste condividere. Anche se sarete incoraggiati da me- Dr. Hemmings iniziò la discussione. Era strano pensare che lui avesse un figlio spietato come Luke. Il Dr. Hemmings era un bravo uomo, dava sempre una mano. Mio padre andò al liceo con lui quando erano ragazzi, me lo disse molto tempo fa, quando parlavamo ancora. Il Dr. Hemmings era una stella del calcio del liceo. Ma purtroppo ebbe una grave lesione al muscolo del ginocchio e non fu più in grado di giocare.

Il mio sguardo si distolse dalla punta delle mie converse e finì contro quello del pavimento. Alzai lo sguardo, trovando un paio di occhi verdi che mi stavano fissando da tutto il tempo.

-Io uh... ho fallito il test di matematica, non avevo mai fallito niente prima nella mia vita- Il ragazzo accanto a me parlò. La sua voce era tremante, sembrava come se fosse molto arrabbiato con se stesso per aver fallito quel test -... E i miei genitori non sarebbero stati felici. Così ho capito che non avrei potuto fare nulla. Gli avrei delusi... Mi sono sentito...in trappola- Doveva essere più piccolo di me. I suoi capelli castano scuro gli coprivano gli occhi mentre parlava con la testa china.

Avrei voluto ridere, sapevo di essere orribile. Ma non mi importava. Non erano quelli i veri fallimenti, non avevano idea di cosa volesse essere davvero un fallimento, e come ci si sentiva. I fallimenti ci venivano imposti dalle persone.

Io ero la definizione di fallimento, tutto di me era un fallimento. Ero in trappolata in questo rovinoso fallimento.

Facemmo tutti un cenno con il capo, non c'era molta da dire. Non avevamo molto da dire o addirittura parlare. Greg, il ragazzo che parlò, annuì al Dr. Hemmings per poi far cadere nuovamente il suo sguardo alla sue mani che erano appoggiate al grembo per tutto il tempo.

Il Dr. Hemmings continuò ad incoraggiare Greg, dicendoli che fallire in un test non ci avrebbe definito e che i suoi genitori avrebbero capito. Era una risposta mediocre a mio parere, ma non dissi nulla. Non parlavo di queste cose, in primo luogo.

-E ... E tu Aiden?- Dr. Hemmings mi guardò con i suoi occhi azzurri limpidi, opposti a quegli di suo figlioLa mia schiena si irrigidì quando sentii il mio nome, e la mia bocca si seccò.

Le mie dita si trovarono l'un con l'altro, torcendosi tra di loro come se si volessero fondere, lo facevo quando ero nervosa. In questi mesi non si era mai rivolto a me, ma adesso sembrava aver cambiato idea. Cosa avrei dovuto dire? Tutta la mia famiglia già pensava che fossi pazza e quando provai a dirgli quello che successe, non mi ascoltarono. Come avrebbe potuto credermi un medico?

-Io, ehm- Mormorai, i miei occhi iniziarono a pungermi per via delle lacrime che erano pronte a scorrere.

Alzai lo sguardo dalle mie mani per una frazione di secondo, per vedere il ragazzo biondo guardarmi. Gli angoli delle sue labbra formarono un lieve sorriso amichevole.

-Voglio solamente morire- Mormorai, sperando che sarebbe stato sufficiente.

-Lo vuoi?- Dr. Hemmings chiese, mentre lo stupore attraversò il suo viso.

Annuii.

-Si, tutti i giorni-

Nessuno disse nulla, tranne il ragazzo, credo che il suo nome fosse Michael. Era seduto di fronte me, con il suo sguardo fisso su di me, il suo sorriso era scomparso. Capii che c'era qualcosa che non andasse, lo si poteva leggere nei suoi occhi vedi. Perché per la prima volta, qualcuno mi stava guardando come se fossi distrutta e non pazza.


 

SPACE AUTHOR

Hi, my beautiful people!!! So Im here again. YAAY
Allora che ve ne pare?
Finalmente un capitolo dal punto di vista di Aiden, dove si riesce a scoprire anche se di poco il suo personaggio.
Sarà un personaggio un po' particolare, poi più avanti scoprirete perchè. Come avrete letto, ad Aiden è successo qualcosa, però a quanto pare i suoi genitori e il resto della gente non le vuole credere. Tanto da definirla pazza. E poi vi è questo incontro al centro di riabilitazione dove appaino due figure molto importanti, la prima il Dr. Hemmings e poi Michael. Ve li saresti mai aspettati?

Volevo anche dirvi di non dare perscontate queste due figure perchè poi con il corso della storia capirete il perchè.
Ad ogni modo ringrazio coloro che hanno messo la fanfiction tra: PREFERITI, SEGUITI e RICORDATE.
GRAZIE MILLE.
See ya soon & Stay tuned,
Baci Lalluby

  
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