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Autore: Pevensie    24/09/2016    2 recensioni
{ Susan!centric | Post L'Ultima Battaglia | Lievi accenni Susan x Caspian}
E' dagli albori del mondo che il tempo è il crucio degli uomini. Tempo che scorre, passa inesorabile, viene sprecato e rincorso. E non è forse questo lo scopo della vita degli esseri umani, il concatenamento del tempo? Riuscire a realizzare tutti gli obiettivi prima della fine di tutto? L'amore, l'esempio migliore che ci possa essere. Due amanti che si trovano e si amano, nello stesso momento, nello stesso istante, creando un tempo tutto loro.
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La vita di Susan Pevensie era sempre stata determinata dal tempo, anche se lei non ci aveva mai riflettuto veramente. Era riuscita a trovarlo quel tempo giusto, a concatenarlo, solamente due volte nella vita e a malapena lo sapeva. Se solo fosse riuscita a ricordarlo, di certo si sarebbe resa conto che l'unico motivo per il quale era riuscita in determinata impresa era stato il fatto che lì il tempo era diverso. Scorreva più velocemente rispetto alla Terra e anche se quello per un po' era riuscita a domarlo, alla fine era dovuta cedere al suo potere. Susan Pevensie non era nulla contro di esso.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tempo

 

«A volte basta un istante fuori posto

per spostare tutto il resto.

E' così che si sgretolano le emozioni.»

-Il quadro mai dipinto; Massimo Bisotti

 

 

 

E' dagli albori del mondo che il tempo è il crucio degli uomini. Tempo che scorre, passa inesorabile, viene sprecato e rincorso. E non è forse questo lo scopo della vita degli esseri umani, il concatenamento del tempo? Riuscire a realizzare tutti gli obiettivi prima della fine di tutto? L'amore, l'esempio migliore che ci possa essere. Due amanti che si trovano e si amano, nello stesso momento, nello stesso istante, creando un tempo tutto loro.

La vita di Susan Pevensie era sempre stata determinata dal tempo, anche se lei non ci aveva mai riflettuto veramente. Era riuscita a trovarlo quel tempo giusto, a concatenarlo, solamente due volte nella vita e a malapena lo sapeva. Se solo fosse riuscita a ricordarlo, di certo si sarebbe resa conto che l'unico motivo per il quale era riuscita in determinata impresa era stato il fatto che il tempo era diverso. Scorreva più velocemente rispetto alla Terra e anche se quello per un po' era riuscita a domarlo, alla fine era dovuta cedere al suo potere. Susan Pevensie non era nulla contro il tempo. Tempo che le aveva strappato via tutto, nonostante lei cercasse sempre di raggiungerlo e ricucirlo. Aveva dovuto abbandonare Narnia perché era troppo cresciuta; aveva amato Caspian in ritardo, il loro unico bacio era durato appena pochi secondi che, volubili, erano scivolati via lontano da loro; aveva perso i suoi fratelli in un incidente ferroviario perché quel giorno era arrivata in stazione troppo tardi, altrimenti sarebbe stata con loro per sempre; non era diventata qualcuno nel mondo della letteratura perché i suoi libri venivano ritenuti visti e rivisti (se solo fosse nata un secolo prima); aveva persino amato un ragazzo ma poi l'aveva lasciato perché gli ricordava Peter, con quei capelli biondi e l'aria regale, non era sicuramente il momento adatto per la loro storia.

Susan Pevensie, all'età di trentatre anni, non si poteva dire felice della sua vita, nonostante le cose che era riuscita a strappare via dal tempo. Aveva molti amici, anche se segretamente tutti la ritenevano una provincialotta, aveva un fidanzato che l'amava, anche se nella sua testa frullava ancora il vago ricordo di un ragazzino dai lunghi capelli castani e l'armatura splendente, che lei associava a qualche stereotipo di principe azzurro che si era creato da bambina, e aveva persino un meraviglioso albero nel giardino di casa sua che aveva piantato quando la sua famiglia era morta e sulla quale piangeva nei giorni di profonda solitudine. A volte immaginava Lucy nascondersi dietro di esso mentre giocavano a nascondino, o Edmund mentre faceva una partita a scacchi da solo, oppure Peter, la schiena appoggiata contro il tronco, mentre ammirava quel praticello come fossero terre infinite che lui aveva conquistato e che governava. Le piaceva pensare a cosa avrebbero potuto fare i suoi fratelli in determinate situazioni in cui lei si trovava, situazioni scomode in cui loro si sarebbero comportati con onore e saggezza, mentre lei probabilmente avrebbe semplicemente fallito e mostrato un sorriso seducente, come faceva sempre. Se lo ripeteva spesso che se proprio qualcuno della sua famiglia avrebbe dovuto morire quel tragico giorno quella sarebbe dovuta essere lei.

Quando Susan aveva tredici anni immaginava di essere la regina -i suoi sudditi l'avevano persino chiamata la Gentile- di una terra incantata, lontanissima dal suo pianeta, al fianco dei suoi fratelli e di aver persino un particolare talento per il tiro con l'arco. Alcune volte, però, questi sogni arrivavano anche nei momenti sbagliati, nel suo presente. Vedeva i suoi fratelli felici, nuovamente bambini, in questa terra di cui proprio non ricordava il nome, ma alla fine questo si trasformava in un incubo. Peter, Edmund e Lucy, difatti, erano circondati da una sorta di bolla che lei non poteva superare. Erano così reali che si era convinta che il Paradiso fosse quello e che loro si dovevano trovare lì per forza. Era stato in uno di quei momenti, uno di quelli in cui si cerca di ricucire gli errori del tempo, che si era ricordata di un baule che si trovava nella soffitta di casa sua, casa che una volta era stata così rumorosa e adesso era silenziosa e Susan vi si aggirava come un fantasma. Aveva fatto le scale in velocità e si era messa a frugare in quell'angolo remoto, non vi era più entrata per molto tempo: sapeva che quello era il posto preferito di Lucy, proprio per via dell'oggetto che stava cercando. Mentre il suo vestito a fiori, così elegante, si stava riempiendo di polvere, le sue unghie curate si stavano spezzando e il trucco le stava colando per via del sudore che le imperlava la fronte, aveva sentito una piccola morsa al cuore, accompagnata da un brivido. Se solo avesse saputo che a volte persino l'effetto del tempo è percepibile!

Aveva trascorso un'ora e mezza in soffitta -nemmeno se la ricordava così grande-, senza alcun risultato, fino a quando non l'aveva visto. Un baule di legno, particolarmente elaborato e invecchiato, che la scosse profondamente. Quella sensazione, però, non fu nemmeno lontanamente paragonabile a quella che provò quando, eliminando la polvere che si era annidata su di esso, si erano rivelate delle incisioni sulla cassa. Ad un occhio inesperto sarebbero potuti sembrare banali disegni, ma lei la storia raccontata lì la conosceva. Erano due bambini che coglievano una mela da un albero e dai semi di questa ne nasceva un altro che, attraverso un armadio, aveva creato un portale fra due mondi. E proprio dal legno di quell'armadio, che a sua volta era stato di quell'albero, che era stato di quella mela di un albero di quella terra, era stato fatto il baule che stringeva fra le mani. Ricordava di aver letto di esso in uno dei diari di Lucy, ma non aveva indagato perché era ancora troppo presto, e aveva finito per dimenticarsene. Con una certa eccitazione spalancò il baule e... ne rimase fortemente delusa quando lo trovò praticamente vuoto. C'era solo un'unica cosa sul fondo: un fazzoletto di stoffa bianco. Cosa si aspettava di trovarci dentro? Un arco? Un abito? Una corona? Qualcosa che le desse una prova concreta che quella terra fosse esistita veramente?

 

I giorni che seguirono quell'avvenimento, invece che distruggerla come aveva pensato che sarebbe successo, la resero più forte. Susan Pevensie, iniziò a riconsiderare le sue priorità, e a recuperare il tempo che aveva sprecato. Aveva organizzato un'uscita con tutte le sue amicizie e aveva detto chiaramente ad ognuno di loro quello che pensava: non erano altro che persone frivole e meschine che non avrebbero mai provato amore in tutta la loro vita. Aveva anche deciso di parlare chiaramente al suo fidanzato, Fred. Gli aveva spiegato che era stato una persona fondamentale per la sua crescita personale, che ci teneva a lui, ma che il sentimento che la legava a lui era finito -non aveva avuto così tanto coraggio da dirgli che non era mai iniziato. Susan Pevensie fece tutto questo per sé stessa, perché lei si meritava questo ed altro. Iniziò anche a smetterla con le feste, ricorse ad un trucco più leggero e ad abiti che le piacessero davvero. Il fazzoletto che aveva trovato in quel baule era sempre annodato attorno al suo polso e fu come se lei avesse ritrovato la fede persa. Fede in un futuro migliore, in una vita felice. Aveva persino iniziato a leggere seduta all'ombra del grande albero situato nel suo giardino, senza piangere e senza pensieri negativi, ma con una gioia del tutto nuova.

Un giorno, mentre stava scrivendo un nuovo romanzo appoggiata al tronco del suo salice, sentì una leggera scossa. Fu qualcosa di strano ma non ci badò molto, tanto era presa a completare il finale della sua storia. Parlava dei sogni che faceva con i suoi fratelli quando era una bambina, parlava di guerre combattute per una giusta causa, parlava di Susan la Gentile e di Narnia. Mentre sceglieva con cura le ultime parole delle ultime righe, una leggera brezza si levò dal nulla. Un venticello così piacevole in una giornata così calda; si sentì grata per quello e per tutte le cose belle che le erano successe e che lei aveva fatto succedere negli ultimi giorni. Un sorriso raggiante illuminò il suo volto e ben presto la parola "fine" venne scritta in bella grafia sul foglio. Chiuse il libro nella quale era contenuta la sua storia e il ruggito di un leone che seguì qualche istante dopo ne iniziò un'altra.

Il tronco del salice piangente che l'aveva vista versare tante lacrime, ripudiare sé stessa, essere qualcuno che avrebbe finito per odiare, cambiare, maturare, ritrovare la retta via, si divise a metà, intrecciandosi. Fu come rivedere un vecchio film. Sembrava lo stesso albero che da Narnia l'aveva condotta sulla Terra. Susan pianse nuovamente all'ombra di quella stessa pianta. Ma questa volta non per la tristezza, era gioia la sua. Sentì il polso attorno alla quale aveva il fazzoletto scottare, lo osservò per qualche istante e poi i suoi occhi tornarono su quello che doveva essere un varco, ne era certa. L'immagine che le si presentò davanti le fece tremare il cuore. Era Lucy. Ma non la Lucy dei suoi sogni recenti. Era la Lucy dell'Incoronazione che piangeva fra le braccia del Signor Tumnus mentre Aslan si allontanava. Era la Lucy che stringeva fra le mani proprio quel fazzoletto che cingeva il polso della ragazza. Nuove lacrime bagnarono il volto roseo di Susan. Ora ne aveva la certezza definitiva: quel mondo era davvero esistito e quelle avventure le aveva vissute sul serio. Trascorsero parecchi secondi e alla fine si decise. Non sapeva cosa le avrebbe portato il futuro, cosa ci sarebbe stato dall'altra parte, ma ebbe semplicemente fede nel ruggito del leone che aveva sentito in precedenza. Chiuse gli occhi e in un attimo era dall'altra parte.

Quando li riaprì, ebbe la certezza di essere tornata a casa. Non era a Londra, non era in America, ma era altrove, in un posto che nessun altro di noi esseri umani conosce. In una terra lontana, nuovamente tredicenne, nuovamente fra le braccia dei fratelli e dell'unico ragazzo che aveva realmente amato, nuovamente Regina, dove il tempo non solo venne ricucito ma sconfitto. Susan Pevensie, difatti, fu l'unico essere umano che riuscì a battere il tempo, scappando persino dalla morte stessa.

 

 

 

 

***

Sono tornata finalmente! E questa volta sul serio, non con una traduzione (se vi interessano le SusanxPeter quella fa al caso vostro)!

Questa storia è nata in una lezione di inglese trascorsa a guardare un monologo di Baricco sul Tempo e sulle storie d'amore. E' stato illuminante! Terminato il video, la mia mente ci ha impiegato davvero pochi istanti a collegare ciò che avevo visto con la figura di Susan. Scrivo spesso di lei e di un suo epilogo dopo L'Ultima Battaglia in diverse versioni ma mai nessuna storia mi aveva soddisfatta prima d'ora. Questa ci è riuscita. Penso che questo sia il mio lavoro meglio riuscito ed è un momento che va ricordato nella storia; solitamente non amo ciò che scrivo. Avevo bisogno di una Susan che tornasse alle sue origini, che si purificasse, che ritrovasse la fede in Aslan e, ovviamente, in Dio. Qua c'è tutto questo. Spero vi piaccia almeno la metà di quanto sia piaciuto a me scriverla!

 

Grazie per essere arrivati fino a qua.

Un abbraccio grande,

Pevensie.

 

   
 
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