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Autore: Mel_deluxe    25/09/2016    3 recensioni
Seguito di "La Ragazza dai capelli rossi"
"O mio Dio! Cioè, davvero questo è un seguito della nostra vecchia storia?"
Esattamente.
"Ma la scorsa non se l'erano cagata in tipo tre persone?
Sì, ma l'autrice delle nostre avventure è così megalomane da voler tentare la fortuna con un seguito.
"Ma non è che poi farà schifo come seguito, tipo come è successo a Twilight, o che so io?"
Spero proprio di no. Con tutto l'impegno che ci abbiamo messo...
"Quindi ci saranno tutti, ma proprio tutti i vecchi personaggi? Oh, aspetta! Ci sono anche io?"
Sì, Lea, sei la protagonista, è ovvio che ci sei!
"E vabbè, mica è tanto ovvio. Di solito i lettori mi odiano. Ero convinta che per il seguito mi avrebbero licenziato."
Sì, ma il titolo si riferisce a te.
"Ah... Quindi ancora si ostinano a riferirsi a me con quel dannatissimo soprannome?"
Precisamente.
"Che schifo di vita che ho."
Sì, tesori: è tornata.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'La Ragazza dai capelli rossi'
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NOTA: Questa è il seguito della mia vecchia storia "La Ragazza dai capelli rossi".
Se non l'avete letta, ecco qui il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2521530&i=1
Ma in effetti anche se non l'avete letta non penso avrete troppi problemi, dato che questa storia va un po' per conto suo.
Per gli aggiornamenti saranno una volta al mese, come al solito. Non odiatemi, lo sapete che sono lenta e ho fin troppe idee per dedicarmi a un progetto alla volta :)
Beh... Buona lettura!
Mel.




Non ci posso credere.
Non ci posso assolutamente credere.
«Anna, ma che diamine hai per la testa?!»
Sono immobile davanti al mio armadio, con un’impressione sconvolta sul viso.
Anna, la mia adorabile quanto diavolesca sorella tredicenne, ha deciso, proprio nella sera di capodanno, di prendere l’unico vestito elegante che avevo.
E dato che è appena uscita per recarsi a una di quelle feste delle medie in cui i ragazzi si ubriacano di gassosa, io non ho nulla da mettermi per stasera.
«Beh, che ti prende?» mi chiede Julia, guardandomi sorpresa.
«Quella dallòg di mia sorella si è messa il mio vestito azzurro!» dico infuriata. «Quindi ora non ho nulla da mettermi!»
Julia e Veronica sono sedute sul mio letto, mentre io mi lascio cadere sulla sedia della mia scrivania, sconfortata, davanti a loro.
«Dai, troveremo qualcosa d’altro.» cerca di confortarmi Veronica, addentando una caramella a forma di verme.
È la sera del 31 dicembre, e io, Veronica e Julia, le mie migliori amiche, ci siamo ritrovate a casa mia, poco prima di dirigerci alla festa di Clark Pattern. Dovremmo uscire da casa tra venti minuti.
Tutto è pronto.
Tutto, tranne il mio stramaledettissimo vestito.
«Lee, calmati. Ma davvero non hai altri vestiti in questa casa?» domanda Julia.
Ci penso su un secondo. Direi di no, dato che l’unica scelta che avrei a disposizione sarebbero i vestiti cinquecenteschi di mia madre o le taglie cinque delle mie sorelle.
Mi lascio cadere sulla sedia sconfortata.
«E adesso? Proprio oggi che devo rivedere Marc!»
Marc, il mio ragazzo, è tornato stamattina da Bristol, il che significa che oggi è il primo giorno in cui lo rivedo dall’inizio delle vacanze di Natale.
Insomma sarebbe tutto perfetto… Se solo avessi il mio vestito.
«Potresti prendere un vestito di tua madre.» suggerisce Julia.
Sbuffo rumorosamente.
«Il prossimo?»
«Potresti fare come in Tutti insieme appassionatamente e farti un vestito con le tende.»
Alzo lo sguardo su Veronica, che ha appena parlato.
«Perfetto!» urlo di gioia. «Viv, sei un genio!»
«Cosa?» protesta Julia. «È un’idea terribile!»
La guardo male. Possibile che debba sempre rovinare tutto?
«E perché,  scusa? Sentiamo.» la esorto, mettendomi a braccia conserte.
«Beh.» incomincia. «Tanto per cominciare, tu non hai una tenda.»
«Pf… Dettagli.»
«Seconda cosa, tu non sei in grado di fare un vestito. E terzo, non sei in grado di fare un vestito in dieci minuti. »
La osservo in silenzio.
Se c’è una cosa che ho sempre odiato di Julia è che è fin troppo più intelligente di me.
«Va bene.» dico alzandomi. «Vada per il vestito di mia madre.»
 
Mi sento così stupida.
Faccio un giro su me stessa e poi mi posiziono di lato, sempre guardandomi allo specchio.
«Dai, Lea. Non è così male.» dice Julia per rassicurarmi.
Vorrei crederle, in effetti. Ma il vestito grigio di mia madre è una delle cose più atroci che abbia mai indossato. Non so definire se assomiglio più a una suora o a una pornostar cinquantenne.
«No, ragazze.» dico infine. «Questo vestito è...»
«Lea, è arrivato Marc!»
«...assolutamente perfetto per stasera!»
Fantastico, ora che è arrivato Marc non c’è più tempo per cambiarsi. Temo che dovrò tenere il vestito grigio per tutta la durata della festa.
Tuttavia in questo momento sono troppo felice per preoccuparmene.
Al diavolo il vestito, Marc è finalmente qui.
Mi precipito sulle scale, entusiasta.
Ed eccolo lì, Marc Richardson, il sedicenne inglese più bello di questo pianeta e mio attuale ragazzo, che entra dalla porta e saluta mia madre.
«Bentornato in Irlanda, Biondo!» gli urlo dalla cima delle scale, per poi scenderle in fretta.
Marc mi nota e mi sorride raggiante. Finalmente lo raggiungo e con entusiasmo lo abbraccio di getto. Non ci vediamo da quasi tre settimane. E so che, dato che ci vediamo praticamente tutti i giorni a scuola, tre settimane sembrano poche, ma sono felicissima che sia tornato.
«Mi sei mancata.» dice, staccandosi dall’abbraccio.
«Anche tu, Markie.»
Marc si blocca un secondo a guardarmi. Non capisco cos’abbia.
Oh, no. Sta guardando il vestito. Lo sapevo, sono ridicola, non avrei mai dovuto indossarlo...
«Ehi, Lea.» dice Marc. «Ti sta davvero bene questo vestito! È nuovo?»
Io rimango senza parole. Nel frattempo Julia e Veronica ci hanno raggiunti e, a sentire quel commento, fanno fatica a trattenere le risate.
Io intanto penso a una risposta improvvisata.
«Ehm... sì.» rispondo, cercando di sembrare convincente. «L’ho comprato ieri da Pennyes, sapevo che ti sarebbe piaciuto.»
Incrocio lo sguardo di mia madre, che mi osserva arrabbiata. Suvvia, una piccola bugia non fa mai male a nessuno.
Ora devo solo convincere mia madre a regalarmi questo vestito.
«A parte questo.» riprende Marc, allontanandosi. «Che hai fatto di bello?»
«Oh, niente di che.» ammetto. «Solo robe noiose di famiglia...»
«Oh mio dio, è arrivato Marc!»
Parli del diavolo...
Mi giro a malavoglia e, proprio come temevo, ecco Laura, la mia sorellina di sette anni, che corre giù per le scale, trascinandosi dietro la piccola Hayden, anche lei entusiasta per l’arrivo del suo più grande idolo. Poco dopo, attratti dalle urla di Laura, sbucano dalla loro stanza anche i gemelli Ricky e Mike, che in un attimo le raggiungono. Un secondo dopo anche Irene, che da quando ha compiuto due anni è finalmente in grado di reggersi in piedi da sola e di sbiascicare qualche frase, si unisce al gruppo, anche se probabilmente non sta capendo nulla di quello che sta succedendo.
Ed eccoli tutti qui, Laura, Ricky, Mike, Hayden e Irene McEwitch, la famiglia di pesti dai capelli rossi pronti tutti come al solito per idolatrare e assalire di affetto il ragazzo della loro meravigliosa e perfetta sorella maggiore, la qui presente Lea McEwitch.
Solo Andy e Anna mancano all’appello, entrambi usciti per andare a casa di amici.
Mi volto finalmente verso Marc.
«Scommetto che anche loro ti mancavano.» gli dico a bassa voce.
Marc mi sorride e poi mi risponde:
«Ovviamente.»
 
Sono alla festa di Clark, finalmente, e tutto sembra proseguire in modo tranquillo. È la prima volta che rivedo tutti i miei amici dall’inizio delle vacanze di Natale. Grazie a dio Clark conosce tutta la scuola, quindi ci sono praticamente tutti quelli che conosco. Dopo aver salutato i miei compagni di classe, vado alla ricerca di Clark, dato che non l’ho ancora salutato da quando sono arrivata qui.
Mi guardo intorno. Sono appena le undici e già la gente inizia a ubriacarsi e a impazzire.
Ho lasciato Marc completamente a sé stesso, tanto avremmo tutto l’anno ancora per stare insieme. In più in questo modo lo lascio libero per tutte le ragazze innamorate perse di lui che sono convinte che sia venuto a questa festa da solo.
Julia e Veronica mi hanno abbandonato qualche minuto fa, quindi io sono rimasta da sola a osservare i ragazzi ubriachi come passatempo.
C’è un tale che continua a buttarsi giù dalla finestra, e una ragazza avvolta nella carta igienica che corre in giro convinta di essere una mummia.
Ah, quanto adoro le feste del liceo.
Mi volto, per andare in cucina a prendermi una birra, quando una ragazza bionda che non penso di avere mai visto si posiziona davanti a me senza lasciarmi passare.
«Ciao, ti va di limonare?» chiede con disinvoltura.
Cerco di declinare l’invito con gentilezza:
«Guarda, sei molto carina, e sono onorata che tu mi abbia considerato, ma sono etero. E poi il mio ragazzo è qui alla festa, non penso gli farebbe piacere.»
«Lo so, idiota. So che sei la ragazza di Richardson, cazzo! E mi sarei anche fatta lui, in effetti, se non fosse che è impegnato a parlare con altre duecento ragazze dall’altro lato.»
Guardo dalla parte in cui indica la ragazza. Marc è in piedi che cerca di parlare con Julia, mentre nel frattempo altre tre ragazze continuando a stargli appiccicate. Metto meglio a fuoco. Le tre ragazze sono solo Blair Murphy, Ellen Doramon e Kaylee Pollock, ovvero gli esseri più stupidi e inutili di questa terra. Marc continua a ignorarle, ma non se le stacca di dosso anzi, continua a ridere per nessun motivo. Credo che sia ubriaco anche lui, e la cosa non mi sorprenderebbe. Sbuffo, alzando gli occhi al cielo.
«Scusa, ma non sei gelosa?» mi chiede la ragazza davanti a me, di cui mi ero completamente dimenticata.
«Perché dovrei?» dico, cercando di sorridere.
«Beh, guardalo. È uno dei ragazzi più carini di tutta la scuola. Insomma non deve essere facile mantenere il distacco che c’è tra voi due.»
La guardo in silenzio.
«Mi hai appena detto implicitamente che sono brutta?» chiedo, incredula.
«Oh, guarda! Tequila!»
La ragazza mi supera senza dire altro e va velocemente verso un gruppo di ragazzi, abbracciandoli.
Io nel frattempo rimango a pensare a quella conversazione. Davvero la gente qui a scuola mi conosce solo perché sto con Marc? E davvero mi considera troppo brutta per stare con lui?
«Oh, al diavolo!» dico, facendo spallucce, e mi continuo a dirigere verso la cucina.
Finalmente dopo aver conquistato una disgustosa e calda birra comprata da chissà quale discount illegale, ritorno alla mia posizione iniziale, in mezzo alla sala, per avere una buona visuale su tutta la festa.
Guardo l’orologio. Le undici e venti.
Alzo lo sguardo dall’orologio e vedo con gioia che Marc si sta avvicinando a me.
«Lea!» urla, vedendomi. «Mo dearest, dove ti eri cacciata?»
Appena mi raggiunge mi abbraccia, stringendomi fin troppo.
«Quante birre hai bevuto, Marc?»
«Perché, fanno male?»
«A te fin troppo.»
Si stacca dall’abbraccio. Io rimango a guardarlo sorridendo.
«Ti adoro.» se ne esce dopo qualche secondo. «Adoro quando hai tutti i capelli spettinati, quando ti arrabbi perché sono carino con i tuoi fratelli e quando mi guardi male con quella tua espressione da “sei un completo idiota” come adesso.»
«Anche io ti adoro, lo sai.» gli dico con calma. «Ora però smettila di bere.»
«Agli ordini, principessina. Mi chiedo com’è che tu non ti sia ancora ubriacata.»
«Sono metà irlandese e metà tedesca.» affermo ridendo. «Sono geneticamente immune alla birra.»
«Ora ti dispiace se vado via da te ancora per un po’?» chiede Marc subito dopo.
«Sì, ma torna qui per mezzanotte.» gli dico con un sorriso.
Tuttavia Marc se n’è già andato, senza ascoltarmi, lasciandomi nuovamente sola. Lo osservo mentre se ne va ridendo verso un gruppo di ragazzi e lo loro lo salutano urlando di gioia.
Rido tra me e me. Non deve mancare molto alla mezzanotte del nuovo anno. Ho ancora tempo per parlare con qualcuno.
Improvvisamente dall’altro lato della sala scorgo qualcuno di familiare. È Clark, finalmente l’ho trovato mentre sta parlando con un suo amico, ignorando che la sua casa sta praticamente per essere devastata.
Con gioia per averlo finalmente scovato, mi faccio strada tra la calca di gente, per poterci parlare.
Finalmente raggiungo Clark che, appena mi nota, smette di parlare con il suo amico e si rivolge a me con entusiasmo:
«Ma guarda!» esclama, vedendomi. «Lea McEwitch, la mia ragazza preferita! Da quanto tempo!»
Clark Pattern ha diciannove anni e, sebbene sia stato bocciato qualcosa come una quindicina di volte, l’anno scorso è riuscito a finire la scuola. Io e lui siamo sempre stati amici. Dato che entrambi abbiamo i capelli rossi, abbiamo una sorta di telepatia. È sempre stato un po’ il mio idolo.
Tuttavia da quest’anno l’ho visto nettamente di meno, dato che non ci vediamo più a scuola.
Clark mi abbraccia, dopodiché mi presenta il suo amico.
«Lea, questo è Joe Donovan, viene da Dublino, si è trasferito qui da due settimane.» dice Clark, indicandolo. «Joe, lei è Lea McEwitch, la ragazza più in gamba che tu possa mai incontrare.»
Joe è un ragazzo abbastanza carino, con i capelli neri e lisci e un sorriso smagliante che esprime subito fiducia. Mi stringe la mano e si presenta gentilmente.
Me ne sarei anche andata subito da quel posto se non fosse che, letteralmente due secondi dopo, Clark nota finalmente che la sua festa si sta trasformando nell’uragano Katrina e ci abbandona per cercare di calmare un gruppo di ragazzi che gli stanno per distruggere il divano.
Rimaniamo solo io e Joe, a guardarci imbarazzati.
«Allora!» inizio io, cercando di farci conversazione. «Come mai sei venuto a Galway, Joe?»
«Solo lavori di famiglia.» risponde lui cordialmente. «I miei sono entrambi scrittori, e siamo venuti qui perché avevano bisogno di ispirazione.»
«Oh, okay.»
Mio dio, in che diavolo di situazione mi sono cacciata?
Cerco di guardarmi intorno, sperando in qualche aiuto divino.
«Tu sei al quarto anno, giusto?» mi domanda Joe, notando il mio temporaneo disinteresse.
«Sì!» dico, facendo il sorriso più gentile che riesco a fare. «Anche tu?»
«Sì. Certo, è un po’ strano cambiare scuola a metà anno, ma i miei voti sono sempre abbastanza buoni, perciò spero non sia un grande problema. Dovrei andare alla Brendan, se tutto va bene.»
«Davvero?» chiedo incredula. «Anche io vado alla Brendan! Ci rivedremo spesso quindi.»
Lui accenna un sorrise.
«Lo spero proprio.» mi dice infine.
 
 
Dopo essermi fortunatamente congedata da Joe a tredici minuti dalla mezzanotte, fuggo alla ricerca di Marc. Dove si sarà cacciato?
Julia è insieme a Sam, il suo ragazzo, mentre Veronica è già con una birra in mano, pronta per festeggiare.
You are the best thing that’s ever been miiiineeee!
Taylor Swift?
No, sono sempre io.
Ah, grazie a dio! Temevo di essere impazzita di nuovo. Da quando la zia Josie mi ha regalato quel suo disco a Natale le sue odiose canzoncine continuano a tornarmi in testa.
Era carino quel Joe, non trovi?
Sì, ma che c’entra?
Oh niente. Solo, potresti farci un pensierino.
Cosa? No!
Oh, dai, a Marc non importerebbe comunque.
Smettila, stupida coscienza. Cos’è? Adesso ti piace Joe?
Non a me. A te.
Ma sta zitta!
Dai, Lea. Che cosa farebbe Taylor Swift?
Non lo so! Io odio Taylor Swift.
Nah, nessuno odia Taylor Swift. Va bene, te lo dirò io che cosa farebbe: mollerebbe il suo ragazzo e si metterebbe con un tipo appena conosciuto, che si è dimostrato pienamente carino con te.
Ripeto: odio Taylor Swift.
Oh, guarda, è iniziato il conto alla rovescia!
E infatti poco dopo mi arrivano nelle orecchie le insopportabili voci dei ragazzi che urlano:
«Dieci!»
Diamine, nemmeno me n’ero accorta! È già ora? Oh, meglio trovare Marc al più presto. Insomma, dobbiamo assolutamente baciarci allo scoccare della mezzanotte, come fanno in quei film romantici sbarazzini.
«Nove!»
Cerco di trovarlo, ma in questa casa è un incubo. Si sono raggrumati tutti, non riesco quasi più a respirare.
«Otto!»
Ormai è impossibile muoversi in questa sala. Avrò fatto cadere ormai tre quarti della mia birra addosso a qualcuno per quanto ne so, ma poco importa.
«Sette!»
Sembrano quasi tutti impazziti ormai. Tutti si preparano a lanciarsi in aria, a bersi il primo bicchiere di birra dell’anno, ad augurarsi buoni propositi.
Il capodanno è un po’ come quando la nazionale di calcio vince i mondiali: si vogliono tutti bene, finché non arriva il giorno dopo.
«Sei!»
Ho trovato finalmente Marc. È a qualche metro di distanza, che non si preoccupa minimamente della mia presenza a quanto pare, dato che si è unito allo sfogo generale.
Poco importa, quando arriverò da lui si ricorderà di me.
Sempre che riesca ad arrivare da lui.
«Cinque!»
Riesco a farmi strada tra un gruppo di ragazzi che mi tagliava la strada. Finalmente posso raggiungere Marc.
Ah, caro Marc, eccoti lì davanti a me che ti sorseggi la tua ennesima birra della serata, malgrado ti avessi raccomandato di non bere e ti volti ammaliato verso quella ragazza dai capelli rossi che ti dà le spalle e che da dietro mi somiglia perfettamente... Aspetta, cosa?
«Quattro!»
Noto solo ora che c’è una ragazza dietro di lui, una ragazza dai capelli rossi e ricci identici ai miei, che se ne sta per i fatti suoi.
Marc è completamente fuori di sé in questo momento, quindi c’è una buona probabilità che abbia scambiato quella ragazza per me.
Oh, no. Non oserà...
«Tre!»
Nonononono, ti prego!
«Due!»
Marc!
«Uno!»
Troppo tardi ormai.
Quando il conto alla rovescia finisce e la stanza scoppia in urla generali, Marc afferra per le spalle quella ragazza, la fa voltare verso di lui e le stampa un lungo bacio sulle labbra.
Dura tutto pochi secondi, ma è come se lo vedessi a rallentatore.
Io nel frattempo rimango immobile a guardarli e lascio cadere la birra per terra.
Comunque non se ne accorge nessuno: il rumore della lattina che tocca il pavimento è coperto dai terribili boati di “Buon anno!” che squarciano il cielo.
 
 
«Ehm, ehm.»
Nessuna risposta, c’è ancora troppo rumore.
Mi schiarisco la gola. Riprovo:
«EHM, EHM!»
Marc finalmente si stacca dal bacio della ragazza e si volta verso di me. La ragazza che ha appena baciato sembra imbarazzata, ma totalmente euforica.
Marc mi guarda e sorride spensierato.
Poi capisce che qualcosa non va. Mi guarda di nuovo, poi guarda la ragazza che ha appena baciato. Ripete, due o tre volte, finché non capisce di aver baciato la persona sbagliata.
«Ah, cazzo.» esclama semplicemente.
«Marc, ti posso parlare un secondo?»
La ragazza che Marc ha appena baciato sembra notare solo ora la mia presenza. Capisce che c’è stato un alquanto problematico sbaglio e subito si rivolge a me.
«Oh, scusa! C’è qualche problema?» mi domanda gentilmente. Ha uno strano accento che non riesco a decifrare, di certo non è di qui.
Io mi volto verso di lei e le concedo uno smagliante sorriso.
«A parte che hai appena infilato la tua lingua nella bocca del mio ragazzo, direi di no.» le dico, con un sorriso tirato.
Lei subito si zittisce, imbarazzata. Io la ignoro e continuo a rivolgermi a Marc.
«Tu ed io dobbiamo parlare.» gli dico, incredibilmente seria. «Fuori. Adesso.»
Non attendo nemmeno che Marc mi risponda che gli afferro la mano e lo trascino con me in giardino.
Mentre ci stiamo allontanando, la ragazza dai capelli rossi cerca ancora di scusarsi:
«Non è successo niente, vero?»
La ignoro nuovamente.
Porto Marc fuori in giardino, mentre lui non protesta minimamente. Probabilmente non sa nemmeno che cosa sta succedendo. Per fortuna il giardino di Clark è quasi totalmente vuoto, quindi io e lui possiamo parlare in santa pace.
Prima ancora che mi fermi, Marc mi rivolge la parola:
«Senti, prima che inizi a urlarmi contro insulti terribili, ti voglio dire che mi dispiace.»
Mi blocco improvvisamente e mi volto verso di lui.
«Ah, ti dispiace?» gli dico, palesemente in modo ironico.
«Ah, dai Lea!» continua lui, spostando lo sguardo. «Non l’avrei mai baciata se non avessi creduto che quella eri tu. Eravate praticamente identiche da dietro!»
«Oh, sì. A parte il fatto che le nostre facce sono totalmente diverse.» ribadisco, sempre più arrabbiata.
«Ti ho già chiesto scusa! È solo uno stupido bacio, dannazione!»
«Non è solo quello! Se mi avessi ascoltato e non avessi bevuto così tanto, magari ti saresti accorto della differenza. Una ragazza prima mi ha fatto capire che la gente in questa scuola mi considera troppo di basso livello per stare con te. Adesso tu ti metti pure a baciare un’altra ragazza la notte di capodanno! Che figura dovrei farci io?»
«Tutto qui?» dice Marc, quasi sconvolto. «E da quando ti importa di cosa pensa la gente di te?»
Sospiro e mi volto dall’altra parte.
«Marc, è solo che...» decido di parlargli sinceramente. «Non me n’è mai importato di ciò che pensano gli altri, è vero, ma con te è diverso. Insomma, ho sempre paura di essere d’intralcio, o cose così.»
Passa qualche secondo di silenzio.
«Non sei d’intralcio.» sento poi rispondere Marc. «Non devi mai pensare di esserlo. Insomma dai, tu ed io siamo fantastici insieme. Siamo un po’ i Fred e Ginger di Galway!»
Mi rigiro per riguardarlo in viso.
Fred e Ginger di Galway. Sta iniziando a delirare.
Beh, a questo non ci avevo pensato, ma Marc in questo momento è talmente ubriaco che, con ogni probabilità, non si ricorderà nulla di questa serata, anzi, sarà convinto di aver baciato me e che tutto si sia svolto alla grande.
Oh, ma certo! Nessuno si ricorderà di questa serata! Sono tutti troppo ubriachi per farlo!
Nessuno di certo si ricorderà che Marc ha baciato un’altra persona al posto mio. E quella ragazza non era nemmeno di qui, probabilmente non la rivedremo mai più.
Quindi, in poche parole, posso far finta che questo avvenimento non sia mai esistito...
Azzardo un sorriso, nascondendo il mio malefico entusiasmo.
«Dai, Fred.» dico a Marc, riprendendogli la mano. «Torniamo dentro a prenderti un’altra birra.»

 
  
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