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Autore: Layla    30/09/2016    1 recensioni
Tamao Ishida è una delle tante schiave senza nome che lavorano come sarte per la yakuza.
La sua vita cambierà il giorno in cui deciderà di scappare e finirà per nascondersi nel pullman dei Pierce The Veil e si unirà a loro. Scoperta dall'Immigrazione verrà sposata da Jaime, per cui ha una cotta, riuscirà a farlo innamorare di lei o il loro rimarrà solo un matrimonio di facciata?
Yukari Yidashi è la merchgirl dei Pierce The Veil cotta di Vic Fuentes, ma non è detto che sia lui l'uomo che davvero ama.
Forse è una persona del suo passato che aveva considerato sempre e solo un amico.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaime Preciado, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Prologo: fuga dall'inferno.

 

Tamao p.o.v.

 
Il rumore ritmico delle macchine da cucire segna il tempo della mia prigionia e delle mie giornate.
Mi chiamo Tamao Ishida e da dieci anni lavoro come sarta in questo buco, insieme alle mie compagne di sventura. Sono per la maggior parte cinesi e comunico con loro a gesti, tanto basta, i nostri carcerieri non incoraggiano i rapporti tra di noi.
Ho venticinque anni e a quindici i miei genitori mi hanno venduta alla yakuza, erano povera gente che lavorava in compagna e si erano ritrovati il peso di una figlia primogenita. Volevano che mio fratello studiasse nelle migliori scuole del paese e hanno deciso di finanziarlo con la mia vendita.
Il giorno prima di quello che avrebbe dovuto essere il mio primo giorno di liceo mio padre è venuto nella mia misera camera e mi ha detto di dimenticarmi dell’istruzione, nonostante i miei buoni voti.
Avrei lavorato, avevano bisogno di soldi per mio fratello che era più importante di me e poteva farsi strada nel mondo più di una debole femmina.
“Scendi in cucina, Tamao.
C’è una persona che vuole vederti.”
Mi disse.
Io scesi con la mia nuova uniforme da liceale e trovai un uomo pieno di tatuaggi e cicatrici seduto al nostro tavolo con mia madre che teneva gli occhi bassi.
“Questo è il signor Fujimoto, da oggi è il tuo padrone e farai tutto quello che dice lui.
Presentati.”
“Io sono Ishida Tamao, piacere di conoscerla.”
Avevo detto velocemente abbassando la testa.
“Sai cucire a macchina?”
“Un po’, signore.”
“Beh, imparerai.
Domani fatti trovare con una valigia pronta e senza questa ridicola uniforme.”
“Sì, signore.”
“Adesso va via, la merce è buona.”
Io ero salita in camera mia, messo via la mia divisa con il cuore spezzato e preparato una valigia aiutata da mia madre. Il giorno dopo ero salita su di una macchina che mi aveva portato all’aeroporto, lì prendemmo un aereo che ci avrebbe portato a New York e vi arrivammo diverse ore dopo.
E così sono arrivata qui, la mia valigia è stata requisita, così come i pochi soldi che avevo e mi hanno dato la divisa. Un paio di calze, un vestito lungo fino alle ginocchia grigio e stinto, vecchie scarpe da tennis e una felpa pesante per l’inverno.
E ho iniziato a cucire e cucire per gli occidentali per venti ore al giorno, piangendo ogni notte fino ad addormentarmi, maledicendo la mia famiglia.
Oggi però sarà diverso, oggi scapperò.
Finito di cucire mi ritiro in silenzio nel mio letto, l’uomo ci controlla e ci chiude a chiave dentro lo stanzone. Io mi metto le scarpe, la felpa e una giacca di pelle difettata che avrei dovuto ricucire domani. Tiro fuori una forcina dalla mia crocchia e faccio saltare il lucchetto, l’uomo di guardia dorme e io corro veloce e silenziosa come il vento verso la stazione delle metro rabbrividendo per il freddo newyorchese.
Scendo i gradini più veloce che posso e salto su un vagone, dalla porta vedo due dei miei carcerieri scendere le scale. Io mi abbasso per non farmi vedere, ma è troppo tardi.
Alla stazione successiva cambio treno e così faccio anche in quella dopo, dribblandoli, spaventata come un animaletto. Alla fine scendo dal treno ed esco, sono davanti a un locale con un ampio parcheggio, decido di andare lì. Posso entrare in una macchina e riposare un attimo.
Comincio ad aprire tutte le macchine, ma sono tutte chiuse e sento delle voci che urlano in giapponese, il cuore mi sale in gola.
Non devono trovarmi o rischio di essere uccisa.
Alla fine mi ritrovo davanti a un grande pullman con scritto “Pierce The Veil” ed entro, mi metto in un punto da cui non posssono vedermi rannicchiata.
Ho il respiro corto e stringo con forza il mio logoro vestito.

 
Le voci si allontanano e la mia tensione inizia a calare e finisco per addormentarmi.
Vengo svegliata dal suono di voci maschili, ho quasi del tutto dimenticato l’inglese, ma credo si stiano chiedendo chi sono e perché sono qui.
Io apro gli occhi e mi trovo davanti a quattro ragazzi, due sono alti e pieni di tatuaggi, portano entrambi un cappellino, poi c’è un ragazzo più basso con i capelli castani lunghi fino alle spalle, infine uno leggermente più tarchiato con i capelli scuri irti.
Il mio sguardo si focalizza su di lui, ha qualcosa che mi attrae, forse il sorriso luminoso di chi sa reagire bene in qualsiasi situazione.
Il ragazzo con i capelli lunghi mi guarda negli occhi e mi chiede qualcosa.
“Io parla poco inglese.”
Articolo con fatica io, lui mi fa cenno di aspettare e poco dopo arriva una ragazza con gli occhiali, i capelli azzurri e viola, i dilatatori alle orecchie e parecchi tatuaggi.
“Ciao. Io sono Yukari, posso sapere il tuo nome?”
“Parli la mia lingua?”
“La parlo.”
“Mi chiamo Ishida Tamao.”
Lei mi sorride.
“Come mai sei qui?”
“Loro… loro mi stanno cercando e ho paura che mi trovino.”
“Loro chi?”
Io mi guardo attorno spaventata.
“La mia famiglia mi ha venduta alla yakuza a quindici anni, confeziono vestiti, ma sono scappata.
Stasera sono scappata e, visto che mi cercavano, mi sono infilata in questo pullman.”
“Capisco.”
“Voi chi siete?”
“Loro sono una band, si chiamano Pierce The Veil, io sono la loro merch girl.”
“Come si chiamano?”
Indica il ragazzo dai capelli lunghi.
“Vic Fuentes.”
Poi il ragazzo dal bel sorriso.
“Jaime Preciado.”
Il primo ragazzo alto, quello con il piercing sotto il labbro.
“Mike Fuentes.”
E infine il ragazzo con il piercing sotto l’occhio.
“Tony Perry.”
Io annuisco.
“Yukari-san, questo pullman si sta muovendo?”
“Sì, verso sud. Stiamo facendo un tour.”
Forse se mi unirò a loro, i miei nemici non mi troveranno.
Forse loro sono il mio unico mezzo verso la libertà.
Mi inchino profondamente verso la ragazza dai capelli azzurri.
“Yukari-san, ho un grande favore da chiederle.
Posso rimanere?
Se rimango forse quelli che mi cercano non mi troveranno.”
Lei sembra colpita dalla domanda.
“Io ne devo discutere con la band, non è una decisione che posso prendere da sola.”
Si alza in piedi e parla a lungo con  quattro ragazzi, le loro voci si alzano e si abbassano e gesticolano parecchio, il più scettico sembra il ragazzo con il piercing sotto il labbro. Il ragazzo dal bel sorriso interviene spesso e mi sembra a mia difesa, alla fine indicano Yukari-san e lei annuisce.
Torna di nuovo ad inginocchiarsi accanto a me.
“Tamao-chan, io e la band abbiamo parlato e abbiamo deciso che potrai rimanere, ma dovrai aiutarmi a vendere.”
“Va bene.”
Io mi volto verso il gruppetto.
“Arigatou, Vic-san, Mike-san, Tony-san, Jaime-san.”
“Ehm, prego.”
Mi rispondono in coro.
“Sarai stanca, fatti una doccia, cambiati e poi mangeremo qualcosa.”
Yukari mi accompagna in un piccolo bagno in cui posso lavarmi e mi lascia della biancheria e dei vestiti puliti. Io  ne approfitto e faccio una lunga doccia per togliermi di dosso la tensione e la paura e poi indosso quello che mi ha portato: un paio di jeans strappati e una maglietta della band. Pettino i miei lunghi capelli neri e li raggiungo in cucina.
Mi siedo al tavolo un po’ a disagio e aspetto. Poco dopo i ragazzi vengono serviti con quello che deve essere cibo messicano e io ricevo una pizza. Sono anni che non ne mangio una, perciò la divoro e scopro che ho ancora fame.
“Mangiavi abbastanza?”
Mi chiede premurosa Yukari.
“No, non molto. Ognuna di noi aveva diritto solo a un po’ di riso a pranzo e a cena.”
Fa scaldare un po’ di cibo messicano anche per me e io divoro anche quello, nonostante sia un po’ troppo piccante per me.
Finita la cena improvvisata i ragazzi si trasferiscono in quella che credo sia la zona relax, a me invece si chiudono gli occhi.
Vorrei aiutare Yukari, ma sono troppo stanca.
“Non devi aiutarmi, non sei obbligata.”
Mi dice sorridendo lei.
“La maggior parte di questa roba va in pattumiera, i ragazzi amano mangiare con le posate di platica.
Tu sei stanca e farai meglio a riposarti. Devi imparare un sacco di cose, tra cui l’inglese.”
Io annuisco, lei mi porta nella zona notte.
Ci sono due lettini a castello.
“In quello in basso ci dormo io, tu dormirai in quello più in alto, spero che per te non sarà un problema.”
Io scuoto la testa.
Lei mi consegna un pigiama.
“Grazie.”
“Prego. Appena sarà possibile ti compreremo dei vestiti e dovremo renderti meno riconoscibile.”
“Cosa vuoi fare, Yukari-san?”
“Via quel san, pensavo di tingerti i capelli. Basta solo che tu diventi bionda, non devi diventare come me se è questo che ti preoccupa.”
“Oh, grazie.”
“Buonanotte.”
“Buonanotte anche  te.”
Mi lascia da sola e io mi metto il pigiama e poi salgo la scaletta per arrivare al lettino più alto.
Mi sdraio sfinita, pensando che per me sta iniziando una nuova avventura e che non so come finirà.
Potrei metterli tutti nei guai e mi dispiacerebbe visto che sono stati tanto carini con me.
Questo vortice di pensieri mi porta dritta tra le braccia di Morfeo, consegnandomi a un sonno agitato e costellato da incubi in cui rivivo il mio passato.
Spero tanto che vada bene e di non mettere in pericolo nessuno, non me lo perdonerei mai.
Chissà come sarà la mia vita d’ora in poi?

 

   
 
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