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Autore: Shadow Eyes    02/10/2016    0 recensioni
[Maken-Ki!]
Minori Rokujo, la famigerata calamità naturale di Tenbi, l’aveva fatto ancora.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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38. Burning
[100 Themes Challenge Writing Prompts]




She burns, yeah, she burns
Like petrol soaked paper and fireworks
And I’m burning, yeah, I’m burning
I’m burning so deep that just breathing hurts
Foy Vance
“She Burns”





Minori Rokujo, la famigerata calamità naturale di Tenbi, l’aveva fatto ancora.
Maledetta pazza spericolata…!
Vedere il suo pugno brillare un istante prima dell’impatto, e le fiamme salire e divorarla, gli aveva tolto tutta l’aria dai polmoni-- quasi letteralmente. Non c’era stato un solo pensiero coerente nella sua testa, una parola, una sensazione...!
Nulla. Rumore bianco.
«Minori!»
La terra esplose in un turbine che spazzò l’aria verso l’alto, travolgendo ogni cosa nel suo cammino: nera come la pece, la colonna di polvere che si creò parve quasi raggiungere il cielo, e inghiottirne la luce e i colori, prima di disperdersi e precipitare tutt’attorno.
«… M… er… da…»
Nel frattempo Gen Tagayashi, illustrissimo creatore di maken, nonché membro non-esattamente-di-sua-sponte del comitato studentesco, aveva avuto tutto il tempo di maledire il momento in cui aveva urlato il nome di quella cretina. Eh, sì, perché ora sentiva tutto il pulviscolo che aveva inalato graffiargli le pareti della gola, portandolo inevitabilmente a tossire… E a cercare, come poteva, di non rimettere l’anima per restituire al padre eterno tutta la terra che aveva inghiottito.
Fargli da scudo così-- Minori e quella sua testaccia calda! Quale essere umano sano di mente (manipolatore d’element o meno) si sarebbe lanciato a testa bassa contro una fiammata di quelle proporzioni? Uno decisamente stupido, ecco chi! Quella scema non aveva la minima considerazione per la propria incolumità, non sapeva ancora controllare la propria potenza, era una pessima stratega, e…!
E Gen si ritrovò ad ammettere che un’amica così, oh, avrebbe potuto solo piovergli dal cielo. Gli era stato difficile crederci, all’inizio, che ci fosse altro al di là di quel suo ghigno arrogante, di tutti quei discorsi vanagloriosi sul suo presunto “genio”, e di quella sua sbadataggine fuori luogo-- ma nel momento in cui l’aveva vista trasformare quel maken imperfetto, che lui stesso aveva creato tanto per ammazzare il tempo, in un’arma devastante, aveva capito che il potenziale di Minori andava davvero oltre ogni ragionevole aspettativa.

E se la dannata avesse in qualche modo potuto intercettare i suoi pensieri in quel momento, l’avrebbe preso in giro per il resto della sua vita. Garantito.
Rabbrividendo all’idea, il buon Gen preferì focalizzare la propria attenzione sui dintorni, sforzandosi di tenere gli occhi aperti e di scrutare aldilà di quella rovente cortina di fumo che ancora impestava l’aria: notò un bagliore rosso ad una ventina di metri di distanza, che sembrava pulsare sempre più tenuamente. Corrugò la fronte. Le possibilità era due: o quella era Minori, oppure ad aspettarlo lì c’era lo svitato che aveva deciso di brasarlo con i suoi element qualche minuto fa.
Incespicò in avanti, dirigendosi verso la zona dell’impatto; strano, non sembrava esserci nessuno lì attorno.
Mh…?
Caracollò finché la sua ostinazione glielo permise, ma poi con il palmo della mano premuto contro la fronte, il giovane fu costretto a fermarsi. Non era certo se fosse ancora il terreno a vibrare sotto i suoi piedi, o se fossero semplicemente le sue gambe a non reggerlo come si deve, ma stava avendo qualche difficoltà a mantenere l’equilibrio. Diavolo, con le narici riarse dal fumo che stava respirando, e quel fastidioso fischio continuo nelle orecchie, stava avendo problemi anche solo a formulare un pensiero coerente.
«Uah!»
Qualcosa di liscio gli accarezzò la caviglia, strappandolo da quello stato confusionale.
«Oh…»
Gen abbassò i pugni; il nastro che Minori usava per legare i capelli si stava contorcendo sotto la suola della sua scarpa, il viola della stoffa ormai quasi indistinguibile dalla cenere che lo circondava. Si chinò a raccoglierlo, soffocando tra le dita la fiamma che ne stava bruciando i bordi.
«Minori…?», azzardò, guardandosi attorno. «Minori, sei qui?»
Un’imprecazione fu la soave risposta al suo richiamo, seguita da un sospiro rassegnato lo fece balzare in piedi di scatto; non c’era dubbio, era proprio lei. Si precipitò nella direzione del suono, il nastro abbandonato ancora una volta al vento.
«Gen…?»
Ecco perché non riuscivo a vederla da nessuna parte… Ha davvero dato il meglio di sé.
Il celeberrimo asteroide umano era al centro d’un cratere fumante, seduta sulla schiena del suo avversario con l’aria di chi si stava godendo un picnic al parco. La brace sfrigolava ancora sul terreno accanto ai sui piedi, accendendole le iridi d’un rosso che gli fece saltare un battito. O forse due. Che disastro ambulante che era, quella ragazza: se ne stava lì, ad osservarlo con un sorriso che quasi gli impedì di notare i lividi, o la terra che le sporcava le guance.
«Non ti ho colpito, vero? Heh… Mi sa che ho esagerato. Giusto un pochino.», si schernì Minori, passandosi una mano dietro il collo. «Nonostante sia riuscita a deviare la maggior parte dell’aria calda lontano da noi, ho fatto bruciacchiare tutta la divisa…»
Sorrideva e minimizzava, lei, mentre le ustioni sparse sulle braccia e le gambe gli stavano raccontando tutta un’altra storia. Lo sguardo di Gen si incupì per un istante, mentre passava dalle ferite, agli abiti che le ricadevano a brandelli attorno al corpo.

No. No, non poteva essere…
Ma q-quelle…?
Trasalì all’improvviso con il gemito tipico di chi si è appena schiacciato un dito nella porta.
… Ma perché…?
Evitando di soffermarsi sull’“ooh” epifanico e la susseguente risatina maliziosa dell’amica, il giovane le diede le spalle e si tolse la camicia, appallottolandola e gettandola dietro di sé, certo che lei avrebbe afferrato al volo il messaggio. Il fruscio di stoffa che sentì un istante dopo glielo confermò.
«Piuttosto…», borbottò Gen, la temperatura delle orecchie che lievitava in maniera preoccupante. «Per una volta nella vita fa’ caso a come sei conciata tu.»
«Aw…», miagolò Minori. «Guarda che puoi girarti, eh… Voglio dire, chi sono io per privarti di questa visione celestiale?»
Uno schiocco di lingua incredulo, e Gen scosse il capo, premurandosi di fare teatralmente spallucce per enfatizzarle quanto assurda fosse per lui quella frase.
«Pff… Ma chi ti credi d’essere, scema?», fiatò, le labbra piegate in un ghigno di scherno. «Non sei mica Nijo.»
«Cooosa?! Vieni a ripetermelo in faccia, se ne hai il coraggio! Testa di castagna! Porcospino!»
Già. La celestialità fatta a donna.
Gen ascoltò l’amica ruggirgli contro a pieni polmoni una sequela d’epiteti sempre più deliranti, sentendo la tensione nelle tempie sciogliersi leggermente: se era ancora in grado di gridare come un’aquila, forse le sue condizioni erano meno gravi di quel che sembrava.
O forse gli piaceva pensarlo perché il senso di colpa lo stava divorando.
«Ora ti faccio vedere io!»
A quelle parole, più per abitudine alle loro schermaglie quotidiane che per volontà propria, Gen si ritrovò a ridacchiare sotto i baffi, ma non appena s’accorse, dal rumore di passi, che la calamità di Tenbi s’era messa in piedi e si stava avvicinando rapidamente, saltò ritto sul posto.
«Oi, mi stai sfidando?», si sentì ringhiare con una strafottenza che andava contro ogni basilare istinto di sopravvivenza. «Fatti sott--»
L’afferrò prima che potesse schiantarsi a terra.
«… Brutta stupida.»
«Uffa…», biascicò Minori contro la sua canotta, e la sua voce gli vibrò nel petto là dove le sue labbra erano premute. «Quanto sei monotono, Gen.»
Ora che ce l’aveva tra le braccia, l’odore di carne bruciata era così penetrante che gli rimestò le budella.
Devo portarla da Nijo al più presto.
Senza badare a darle una risposta, Gen passò un braccio sotto le ginocchia dell’amica e si alzò in piedi, incamminandosi frettolosamente verso l’Accademia.
«E-Ehi, che fai?», partì in quarta Minori, agitandosi tra le sue braccia con piglio oltraggiato. Forse era solo una sua impressione, ma con la sua camicia indosso, sembrava assurdamente piccola. «Posso camminare benissimo da sola! Ho solo bisogno di un paio di minuti di riposo e sarò come nuova, vedrai!»
Per quanto le sue parole sembrassero dettate dall’orgoglio e null’altro, il giovane sapeva che stava cercando a modo suo di tranquillizzarlo sul suo stato di salute. A pensarci, era quasi ridicolo che, in una situazione del genere, Minori fosse più interessata a calmare lui, che a preoccuparsi di sé stessa.
«Finiscila di berciare!», le rispose, distogliendo lo sguardo. «Non ti è bastato farmi quasi saltare i timpani con l’esplosione di prima?»
«Sei un stupido, Gen!»
«E tu sei una cret--»
Minori gli infilò i pollici negli angoli della bocca, stirandogli e muovendogli le labbra su e giù, facendogli sputacchiare il resto dell’insulto. Forse era sciocco da parte sua, insensato, ma Gen non poteva fare a meno di continuare ad assecondarla nel solito teatrino, perché così sembrava tutto normale. L’idea che si fosse ferita per proteggerlo continuava a tenergli serrata la bocca dello stomaco, ma quando battibeccavano come se nulla fosse, gli sembrava quasi di avere ancora il diritto di prenderla in giro e sghignazzare con lei.
E poi seriamente, quella stupida non era umana. Non poteva esserlo. Che fosse protetto dagli element o meno, un corpo non poteva sopportare tutto quel dolore, e continuare a funzionare come se nulla fosse. Ma come accidenti ci riusciva?
«… Gen?»
Minori gli sfilò le dita dalla bocca e lo scrutò da sotto le ciglia chiare con un’intensità che pareva potergli leggere i pensieri.
«Mh?»
Quando si decise a guardarla, il giovane notò che le guance le si erano arrossate leggermente. Sembrava… Vulnerabile. Femminile, addirittura.
… No.
Che accidenti le stava passando per la testa?
«Sei preoccupato…», mormorò la giovane, facendo ciondolare le gambe pigramente, «Per me?»
Gen sgranò gli occhi, e quasi si soffocò con la propria saliva.
«Minori…», riuscì a grugnire a denti stretti. «Ricordami di chiedere a Nijo di controllarti il cervello quando arriviamo.»
«Aw…», l’amica ridacchiò, non facendo assolutamente nulla per nascondere il sorriso sornione che le si stava allargando sul volto. «Che carino, sei arrossito!»
Che faccia da schiaffi.
«Smettila di ridere!»
Lei gonfiò le guance e gli fece la linguaccia. Lui ringhiò, cercando un sistema per strozzarla in quella posizione, e finendo per inciampare nel processo.
«Ehi, sta’ un po’ attento!»
«È colpa tua! Ma quanto pesi?»
«Non è colpa mia, se sono stata benedetta da queste forme procaci!»
«Eh? … Non mi stavo riferendo a quello, cretina!»










.:~*~:.


Qui trovate la lista dei prompt, se vi interessa.
Anywho, voglio solo aggiungere che la storia è ambienta nel passato, nel periodo immediatamente successivo agli eventi di “Maken-Ki! Kai!!” (io ho letto solo il manga, quindi non so se nell’anime vengono raccontati). In questa storia, Tenbi è ancora frequentata dai giovani Gen, Minori, Aki e Akaya... E visto che Gen e Minori mi fanno morire, ho deciso di dedicar loro un po’ di spazio oh oh oh. ♥

See ya,

Shadow Eyes
  
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