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Autore: serClizia    02/10/2016    8 recensioni
Mental institution!AU in cui l'ospedale è un po' un purgatorio, un po' l'inferno.
Entrambi saranno costretti a fare i conti con i demoni nella propria testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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WARNING: capitolo finale
 



13.
 
Is it cool if I come over
And see if you’re into me
 



Dean sciacquò le mani nel lavello e le asciugò con lo straccio a righe della cucina.
Della cucina, perché al momento ne possedevano solo due – di cui uno stava in sala – ma era abbastanza. La vita in casa Winchester era piatta e serena, così come Dean supponeva dovesse essere – soprattutto se vivevi con tuo fratello.
Si appoggiò contro il bancone e osservò il suddetto fratello mentre leggeva un plico enorme di fogli dell’esame che stava preparando. Ebbene sì, Sammy era tornato al college. Non si era ancora voluto ritrasferire a Stanford, ma Dean ci stava lavorando su. Al momento faceva avanti e indietro con la California per dare gli esami, ma entrambi sapevano che prima o poi sarebbe dovuto tornare a frequentare le lezioni. Nel frattempo il secchione studiava da casa – anche troppo, a dire il vero – e il patto era che gli lasciasse fare almeno la maggior parte dei lavori, tipo lavare i piatti come aveva appena finito di fare.
Tornare a Lawrence era stata più una necessità che una vera e propria decisione, ne avevano a malapena parlato. Quando si erano messi a cercare casa era stato semplicemente naturale farlo lì, dove c’era stata l’unica che avessero veramente avuto.
Bobby era accorso subito, aiutandoli nel trasloco dal motel in Oklahoma fino a quel piccolo appartamento di periferia, e gli aveva trovato lavoro in un garage in città. Il meccanico era comunque l’unica cosa che Dean sapesse fare a parte cacciare con papà, quindi non si lamentava. Non avrebbe voluto fare nient’altro in ogni caso. Il cameriere, il lavapiatti? Troppe persone intorno. Potevate lasciarlo sotto il cofano di una macchina per ore, e lì sì che sarebbe stato contento.
“Ehi, Sammy,” lo apostrofò finendo di strofinarsi le mani con lo straccio.
Sam era talmente concentrato che non alzò lo sguardo dal suo plico. “Mh?”
“Stavo pensando… Jess?”
Questo attirò la sua attenzione, e uno sguardo nervoso che in realtà copriva l’allarme. Dean conosceva suo fratello come le sue tasche. “Jess cosa?”
“Quando hai intenzione di chiamarla?”
“Non ho intenzione di chiamarla.” Tornò a guardare il foglio, come se quella risposta determinasse la fine della conversazione. Sì, certo.
“Perché no?”
“Perché non sono affari tuoi, Dean.”
“Lo sono perché staresti ancora vivendo con lei, se non fosse per me.”
Lo disse così, semplice e diretto, senza fronzoli. Era vero e non vedeva perché doverci girare intorno. Ogni tanto la schiettezza era la cosa migliore. Sam, più che grato della mancanza di giri di parole, sembrava addolorato.
“Non dire così,” mormorò.
Dean alzò le spalle. “È la verità, pura e semplice.”
“Senti, non… non voglio parlarne. E poi non è colpa tua, ma di papà.”
Cazzo se questa cosa lo faceva imbestialire. Strinse le labbra, lanciando via lo straccio. “Non è tutta colpa di papà. Ne abbiamo già parlato!”
“Sì, beh,” Sam fece roteare il suo evidenziatore, infastidito. “È così e basta. E poi non mi sembra di vederti correre al telefono per chiamare Cas, o sbaglio?”
Quella era una risposta che Dean decisamente NON si aspettava. “Cas? Cosa diavolo c’entra Cas?” Che non si aspettava e che faceva un male cane.
Sam ridacchiò. “Cosa diavolo c’entra Cas, certo.” Scosse la testa tornando sui suoi appunti.
“E questo cosa cazzo vorrebbe dire?”
“Gesù, Dean. Non lo so. Quello che ti pare. Non chiamerò Jess, fine della storia.”
“Perché?!”, Dean sbottò, esasperato.
“Perché tu non chiami Cas?”, ribatté Sam con lo stesso tono.
“Io non DEVO chiamare Cas! Cas ha fatto check-out, se n’è andato, finito. Sua scelta. Con Jess avete finito per altre cose, hai ancora una possibilità.”
“No, IO,” Sam lo sorprese alzandosi in piedi di scatto. “Io decido se ho ancora una possibilità con Jess, non tu. E quella di Cas è una cazzata bella e buona, se volessi chiamarlo lo chiameresti, senza piagnucolare come stai facendo.”
“Quando mai ho piagnucolato su Cas!”
“Oh, per favore,” Sam era veleno puro, non gli sembrava di averlo mai visto così; si pentì quasi di aver tirato fuori Jess, forse doveva essere ancora troppo doloroso. “Non hai bisogno di parlare per piagnucolare. Lo so che ci stai di merda ma non hai le palle per affrontarlo.”
Dean ricacciò subito i sensi di colpa in un luogo molto, molto lontano. “Ah, sì? Come tu hai le palle di affrontare lei? Fottuto ipocrita.”
“Mh,” Sam fece il suo sorriso finto pieno di rabbia e amarezza. “Sai una cosa? Non ho tempo per queste cose.”
Raccolse i suoi fogli dal tavolo e se ne andò in camera sua, sbattendo forte la porta.
“Bella chiacchierata,” disse Dean alla cucina vuota.
 
**
 
La rabbia continuò a ribollirgli nel petto per giorni.
Sam si era chiuso in camera a studiare, usciva solo per i pasti, duranti i quali si scambiavano solo monosillabi. Avevano avuto miliardi di liti simili in passato, e si sarebbero risolte, prima o poi, come sempre. Non chiamò Bobby stavolta, gli sembrava stupido e immaturo, ma gli sembrava ugualmente stupido e immaturo non voler almeno riallacciare un rapporto con la propria ex.
Non si erano lasciati per incongruenze o litigi, si erano lasciati per colpa sua! Cosa diavolo serviva a Sam per convincerlo a muovere il culo e tornare da lei? Forse doveva essere Dean a farlo per conto suo. Quasi quasi avrebbe potuto farlo davvero. Quello stronzo non l’avrebbe ringraziato, ma quando mai l’aveva fatto. Anche la conversazione di quella sera era a suo beneficio esclusivo, invece aveva reagito come se Dean lo avesse accusato di qualcosa.
E poi tirare fuori Cas così, dal nulla! Non solo era fottutamente ingiusto, era anche fuori contesto, completamente. Come se Cas avesse nulla a che vedere con quello che avevano Sam e Jess. E no, non parlava di una casa, parlava di un rapporto. Una relazione. Dean non sapeva nemmeno cosa fossero le relazioni, ma sicuro come il diavolo che non ne aveva avuta una con Cas. Non era certo di cosa avessero avuto. Qualcosa di molto strano, soprattutto in quel contesto, ma non era una relazione del genere.
Non c’erano nemmeno arrivati lontano, a uno stadio simile. Non aveva mai neanche avuto il tempo di pensarci, quindi Sam poteva ficcarsi le sue cazzate dove non batteva il sole.
Strinse il cuscino quando andò a dormire, ricolmo di legittima rabbia.
Per la prima volta, sognò Cas, anche se al mattino non ne ricordava i dettagli.
 
**
 
Il sole stava tramontando all’orizzonte, Dean lo guardava sparire dietro i tetti delle case seduto sul divano.
Aveva mollato il libro che aveva in grembo da tempo, annoiato come non mai. Aveva dei turni molto blandi, sicuro zampino di Bobby che voleva prendesse il ritmo piano piano, ma passare a casa così tanto tempo lo stava facendo impazzire. Non avere niente da fare era quasi come stare all’Ospedale. Solo che là aveva compagnia, mentre qui…
Guardò Sam che metteva su un caffè sulla moka macchiata che avevano trovato al mercatino dell’usato. Sam era di compagnia, e lo sarebbe stato anche di più quando avessero ricominciato a parlare, ma non era la stessa cosa. Era pur sempre suo fratello, e soprattutto era temporaneo. Dio gli era testimone, avrebbe fatto in modo che tornasse dalla sua fidanzata, anche se avesse dovuto portarcelo trascinandolo per quei capelli perfetti.
Il gorgogliare tipico della macchinetta avvisò Sam che il caffè era pronto, e bussarono alla porta.
“Vado io,” borbottò Dean alzandosi, più che altro per avere qualcosa da fare. L’appartamento era così piccolo che in un attimo era alla porta, che aprì sul tramonto del Kansas, una strada deserta, e Castiel sullo zerbino.
Dean aprì la bocca. Gli si formarono talmente tante domande che nemmeno una riuscì ad avere la meglio sulle altre e farsi sentire. Vagò con lo sguardo su Cas, impettito come non mai, in un trench logoro buttato semplicemente sopra la divisa dell’ospedale, e una barba incolta riccioluta.
“Ciao, Dean.”
 
**
“Ciao Dean… wow,” riuscì a dire.
“È ancora il termine esatto, giusto?”, chiese aggrottando la fronte come Dean gli aveva visto fare un miliardo di volte.
“Sì… sì è ancora in voga.”
Dean aveva il cervello ancora in fase di assestamento. Continuava a pensare: ‘E poi un giorno mi sono alzato, ho aperto la porta, e c’era Cas.’
Il silenzio si protrasse. Castiel sembrò ancora più a disagio, se possibile, ma Dean lo sapeva perché conosceva il significato di quel suo sguardo immoto. La sua mente non aveva dimenticato niente.
“Ehi, chi c’è?”, domandò Sam, che comunque non aspettò risposta da quel ragazzino che era e si affacciò.
Appena vide Cas si illuminò come un sole a ferragosto. “Cas! Ciao!”, si spinse fuori ad abbracciare Cas, che rimase in un immobile imbarazzo. Sam non se la prese, gli diede due pacche sulla schiena e sciolse l’abbraccio, voltandosi a guardare Dean e forse notando che non aveva ancora lasciato la maniglia.
“Posso… posso entrare?”
Sam cadde dalle nuvole. “Ma certo!”, cominciò a gesticolare e si fece di lato. Dean lo imitò per inerzia, fissando Cas varcare la soglia ed essere preso sotto braccio da Sam, pilotato in cucina e fatto sedere pesantemente al tavolino di legno ammaccato, e finalmente poté richiudere la porta e riprendere possesso della sua mano. E un di un pochino della sua prontezza mentale.
“Allora hai trovato il mio biglietto,” stava dicendo Sam mentre apriva e chiudeva le ante, posava un bicchiere vuoto e lo riempiva d’acqua.
“Sì, l’ho trovato molto utile,” rispose Cas.
“Bene, bene,” commentò Sam soddisfatto.
Dean collassò su di una sedia dall’altra parte del tavolo, così rumorosamente che entrambi spostarono lo sguardo su di lui.
“Come…? Chi…”
Sam lo fissò con un mezzo sorriso di scherno e Dean ebbe la risposta a entrambe le domande. Biglietto e Sam. Ne rimaneva una importante.
“Perché?”
Cas strinse forte il bicchiere, inspirò e il suo sguardo blu si fece improvvisamente contrito.
“Mi spiace, Dean.”
“Ti dispiace?”
Gli sembrava di stare rivivendo la conversazione con suo padre. Ormai alle persone bastava chiedere scusa e tutto era perdonato. Sam si schiarì la voce. “Vado a fare un po’ di spesa,” e con quella bugia sfacciata si levò di torno, lasciandoli soli in qualche nanosecondo.
“Cas, non mi basta un fottuto ‘mi dispiace’. Non stavolta.”
“Ma è vero,” ribatté Cas, confuso. Dean sospirò. Doveva fare alla vecchia maniera, diretto ed efficace.
“Perché sei qui?”
“Mi…,” deglutì. “Volevo vederti.”
“Ok, è bello vedere anche te. Sei scappato?”
Cas batté le palpebre. “No, certo che no. Mi sono dimesso.”
“Huh.”
“Ho sentito che fosse arrivato il momento.”
“Certo. Dopo una ricaduta allo stato comatoso, sono sicuro che adesso stai benissimo.”
Dean si alzò a prendersi una birra. Stava cominciando a odiare questa conversazione.
“Mi rendo conto del dolore che ti ho causato…”
“No, non penso che tu te ne sia reso conto,” affermò, e subito dopo trangugiò un notevole fiotto di birra.
Si appoggiò contro il bancone, pronto a battersi esattamente come aveva fatto con Sam.
“Dean…”, e non c’era solo dispiacere nella voce di Cas, ma anche compatimento, e Dean lo odiava, il che lo sorprese, perché non l’aveva mai odiato prima. “Non c’era niente che tu potessi fare.”
“Ah, no? E chi lo dice?”
“Io lo dico,” il suo sguardo era blu e fermo come l’oceano. “Non potevi salvarmi perché non volevo essere salvato. Stavo scontando la mia penitenza, Dean, e non aveva niente a che fare con te.”
Dean vacillò sotto quella forza, ma solo per un attimo, poi il fuoco che gli ardeva lo stomaco ebbe la meglio.
“Ah, sì? E perché non potevo fare quel fottuto viaggio con te? Mi hai lasciato solo! Di punto in bianco!”
“Mi dispiace…”
“Smettila di dire che ti dispiace!”
Castiel richiuse la mandibola, ma il suo sguardo diceva ben altro. Era ferreo e duro, militare. Non aveva concluso, semplicemente stava andando dietro all’umore infantile di Dean.
Dean lo osservò a lungo, sorseggiando. C’era tempo per risolvere la questione, dopo tutto. Non dovevano dissezionare tutta la faccenda in quel preciso momento. Castiel ricambiava lo sguardo in intensità ma non proferì parola. Dean buttò giù l’ultimo sorso di birra e non si vergognò di essere il primo a spezzare il silenzio.
“Seguimi.”
Castiel obbedì, un’ombra silenziosa alle sue calcagna, mentre entravano in camera di Sam e Dean puntava all’armadio in fondo, appoggiato alla parete. Aprì l’ultimo cassetto e cominciò a prendere delle lenzuola e ficcarle in braccio a un Cas molto confuso.
“Che c’è,” chiese dopo avergli dato la federa verde stinta di un cuscino, “hai un altro posto dove dormire?”
Cas gli regalò un sorriso sottile e scosse la testa.
“Bene, allora aiutami a farti il divano letto e non rompere.”
 
**
 
Sam rientrò mentre finivano di sistemare gli angoli, il divano letto aperto in mezzo alla sala, e sorrise.
Dean cominciò ad avere il sospetto, con tutto questo buon umore e bigliettini, che avesse insistito per averne uno non solo per le visite dello zio Bobby, come aveva proclamato. Appoggiò il sacchetto di carta che aveva in mano sul tavolo e si diresse in bagno, per poi uscire poco dopo con un paio di asciugamani grigi. “Tieni,” li porse a Cas. “Immagino vorrai rinfrescarti un po’.”
Cas annuì con gratitudine, e si allontanò mentre Sam si premurava di dirgli che poteva usare il suo rasoio, qualora gli fosse servito.
Dean intanto era entrato in cucina e si era stappato la seconda birra nel giro di mezz’ora. Sam lo raggiunse e lo guardò subito storto.
“Cosa? È un’occasione particolare, me la merito.”
“Come ti pare, aprine una anche a me.”
Dean obbedì e gli lanciò una birra, che Sam prese al volo e si portò alla bocca. Durò esattamente 5 secondi prima di schiarirsi la voce e rovinare il perfetto silenzio che era sceso in cucina.
“Allora…”
“No.”
“Andiamo…”
“No. Non ho intenzione di parlarne.”
Sam scoppiò a ridere. “Beh, almeno adesso sai come mi sono sentito io.”
Dean prese un altro po’ da bere per infondersi il coraggio di dire quello che aveva da dire. “Sì, a proposito…”
“Non ti preoccupare. So perché mi dicevi quelle cose. E hai ragione, ma non sono ancora pronto.”
Si sedette al tavolo e Dean lo imitò. “Ehi, lo capisco. Ma potevi dirmelo, anzi che saltarmi alla gola.”
“Sì, beh. Tasto dolente. Scusa.”
“Nah, non ti preoccupare,” alzò le spalle. “E poi, a quanto pare te ne devo una.”
Fece cenno verso il bagno, dove l’acqua aveva appena smesso di scorrere. Sam sorrise come un bambino.
Cozzarono le birre con uno sguardo d’intesa, e Dean sperò di non dover affrontare altri discorsi seri per il resto della giornata.
Cas fece il suo ingresso con addosso un paio di pantaloni di cotone del pigiama e una maglietta dei Led Zeppelin – entrambi di Dean, che si dovette sistemare meglio sulla sedia e gli parve di sentire Sam ridacchiare al suo fianco.
“Meglio?”, chiese Cas, finendo di asciugarsi le mani con l’asciugamano. Dean annuì brevemente, e non risposte, sentendosi addosso anche lo sguardo di Sam.
“Ho preso queste,” stava continuando Cas. “Erano le uniche cose in bagno. Spero non sia un problema. Non… volevo rimettermi i vestiti dell’ospedale.”
“Certo, Cas, va bene,” si alzò di scatto e si piazzò ai fornelli, mettendosi tutto quanto alle spalle. “Chi ha fame?”
 
**
 
Dean fece un semplice purè di patate e mise sulla piastra le bistecche che Sam aveva deciso di comprare ‘per festeggiare’ – quel dannato sentimentalone.
Mise tutto sul tavolo e stappò una birra per tutti e tre, godendosi l’espressione scocciata di Sam. Si poteva bere tre bottiglie se voleva, era un adulto e nessuno poteva fermarlo. Oltre al fatto che la giornata sembrava appropriata per tre birre, se non di più. Cas fissò la propria con sospetto.
“Non penso che dovrei bere.”
“Oh, andiamo, Cas,” disse Dean sedendosi al suo posto. “Vivi un pochino.”
“Dean, penso che voglia dire che è ancora sotto… lo sai…. Farmaci.”
“Oh.”
Giusto. Anche Dean per un po’ aveva tenuto a bada la voglia di alcool, appena fatto il check-out. Alzò le spalle e piazzò la bottiglia di Cas accanto alla propria, ignorando le proteste di Sam di sana pianta.
Tagliò la carne e cominciò a mangiare ignorando anche il “Buon appetito” indispettito di Sam, e osservò Cas affettare con cura la sua bistecca e portarsela alla bocca, per poi scegliere una piccola porzione di purè. La scena aveva un che ipnotico. Dean aveva visto Cas mangiare miliardi di volte, ma non era mai stato il suo cibo, preparato con le sue mani. Sperava di ottenere qualche reazione, ma Cas si limitò a mangiare come faceva sempre, meticolosamente e in silenzio.
Silenzio che nessuno dei presenti aveva intenzione di rompere.
A fine pasto Dean si sentiva piacevolmente brillo, quasi in fondo alla quarta birra della giornata – grazie psicofarmaci di Cas.
“Ok, allora,” disse Sam all’improvviso, dandosi una vistosa pacca sulla pancia. “Io mi devo alzare presto domattina. Buonanotte, ragazzi.”
Un pretesto davvero sottile, Sam. Castiel mormorò un ‘buonanotte’ mentre Dean non disse nulla, ancora nascosto dietro il collo ambrato della Ceres. Non parlò nemmeno quando Cas gli piantò addosso uno sguardo carico di aspettativa.
‘Non stasera’, pensò Dean. Era stanco, brillo, e non aveva in sé le forze per affrontare una litigata, perché di questo si trattava. Non gli andava ancora giù che Cas lo avesse escluso dal suo viaggio o quello che era, e un fottuto mi dispiace non lo aiutava per niente a fargli bruciare di meno il petto.
Finita la quarta birra incominciò a sparecchiare, e Cas lo aiutò in silenzio. Sapeva di dover aspettare che fosse Dean a iniziare il discorso, in qualche modo.
Messe le ultime cose nel lavello, fece per voltarsi e si ritrovò piantato a terra dallo sguardo intenso di Castiel, a una manciata di centimetri da lui. Gli occhi gli scivolarono solo un attimo sulle labbra di Cas, solo un istante, un nanosecondo.
“Dean…”
“Sono molto stanco. Ne parliamo domani, okay?”, interruppe il contatto visivo, e al cenno secco di Castiel, gli diede una pacca sulla spalla e si andò a rifugiare in camera sua.
 
**


 
Come prevedibile, non riusciva a dormire.
Le lenzuola gli stavano troppo appiccicate, ma se le toglieva aveva freddo. Il pigiama gli sembrava una camicia di forza. Forse perché aveva dovuto cambiarlo, visto che Cas al momento indossava il suo.
Cas, che in quello stesso istante sicuramente dormiva sogni beati nel divano letto del salotto. Ma chi voleva prendere in giro? Cas era sempre insonne, dormiva pochissimo, probabilmente stava sdraiato là a fissare il soffitto.
“Ok, fanculo.”
Si alzò e passò silenziosamente davanti alla porta di Sam, affacciandosi sulla sala cercando di fare meno rumore possibile nello strano caso fortuito in cui Cas stesse davvero dormendo. In realtà, come previsto, era sveglio, e fissava davvero il soffitto, sdraiato tanto rigido come stava da in piedi, le mani intrecciate sulla pancia.
“Ciao, Dean.”
Dean trasalì un poco, e ridacchiò quando Cas mosse gli occhi per guardarlo, rimanendo però immobile.
“Che diamine di udito hai?”, borbottò, avvicinandosi.
Si sedette sul bordo del letto, mentre Cas non lo mollava un attimo. Si sentiva stranamente esposto, ma contemporaneamente sapeva che non c’era modo di ritirarsi nella sua stanza, adesso.
Con un sospiro si voltò a mezzo busto per reciprocare lo sguardo apparentemente impassibile di Cas. Buffo, ormai sapeva che non c’era niente in Cas che fosse apparente. E lui era l’unico a saperlo.
“Mi dispiace, Dean. So che non vuoi sentirtelo dire, ma è vero.”
“No, lo so. Lo so che ti dispiace.”
Si grattò il collo, e poi si fermò prima di continuare combattendo un prurito che sembrava esserglisi espanso per tutto il busto.
“Sono solo… perché non…”
Non riuscì a finire, incapace di formulare una domanda coerente. Non lo sapeva nemmeno lui, perché era ancora così arrabbiato. Così ferito.
“Dean…”, lo sguardo contrito di Cas lo ferì ancora di più, rifacendogli gorgogliare lo stomaco di rabbia.
“Ho fatto tutto quello che ho potuto. Tutto quanto. E non ho bisogno di sentirmi così di merda per averti deluso, così come ho deluso tutti quelli a cui tengo. Non ne ho bisogno!”
Cas sospirò, e si sdraiò di fianco, infilando una mano sotto il cuscino, lasciando uno spazio vuoto evidente di fronte a sé. Dean si lasciò andare lentamente all’indietro, finché la schiena non toccò il materasso, e la testa il cuscino accanto a quello di Cas.
“Non mi hai deluso, mai,” cominciò Cas lentamente, e lo bloccò quando Dean aprì la bocca per ribattere. “Non è mai stato tuo compito salvarmi. Non è tuo compito salvare nessuno. Anche se ci provi sempre.”
Gli regalò un sorriso affettuoso che gli torse le budella. Il calore gli salì forte al petto, su per la gola, inondandogli la testa. Non c’erano parole con cui rispondergli, e seguì la voce di quel calore, avvicinandosi a Cas strisciando sulle coperte, aspettando un segno, un rifiuto, e non trovandone, esitò un secondo a un centimetro dal suo naso per coprire quella piccola, enorme distanza e premere le labbra su quelle di Cas.
Dean tenne gli occhi bene aperti, spalancati, per osservare le reazioni di Cas, che invece chiuse i suoi e inspirò lentamente e a pieni polmoni, allargando completamente la cassa toracica.
Li riaprì quando Dean si allontanò al rallentatore, conscio di avere l’espressione spaventata di un bambino, ma senza riuscire a fare niente a riguardo. Cas tolse la mano da sotto il cuscino, cercò la sua e gliela strinse. Dean reciprocò la stretta buttando giù litri di saliva.
Non seppe per quanto tempo osservò Castiel in silenzio, che lo osservava di rimando, guardandolo combattere con il sonno e perdere, e poi contemplare l’alzarsi ed abbassarsi ritmico del suo petto.
Più avanti, Sam gli avrebbe detto che la mattina dopo li aveva trovati così, per mano, che dormivano fronte contro fronte.
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice:
‘This is the end… my only friend, the end.’ Sto praticamente urlando con il male alla pancia e il fangirlamento alle stelle. Non vedevo l’ora di darvi questa scena, questo finale. Lo so che non è un “finale”, perché è aperto, ma a me piacciono le cose così. Non mi piace darvi la pappa pronta e dirvi cosa succederà. Preferisco lo immaginiate voi. Io, certo, ho le mie idee, ma questo è un altro discorso XD
Vi dico solo che non penso Cas continuerà per molto a dormire su quel divano letto… credo che si trasferirà molto presto in camera di un certo ex-cacciatore dagli occhi verdi. E che cercherà di capire con loro cosa diamine fare del resto della sua vita, esattamente come stanno facendo i Winchester. E con queste ultime, tristissime, parole, vi saluto. Ho un’altra destiel in corso, e altra roba, se vi interessasse. Basta cliccare sulla mia pagina. Dio, quant’è difficile mettere la parola fine….
Un bacio a tutti, grazie di essere stati con me fin qui.

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