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Autore: Thiliol    04/10/2016    1 recensioni
Aeglos a Alatariel, la loro infanzia, i loro ricordi, la loro vita nel passato, presente e futuro. Silevril e il suo bisogno di identità, la sua ricerca di un qualcosa che gli insegni ad amare. Finrod e la maledizione dei suoi amori impossibili. Feanor e ciò che non è mai riuscito a possedere davvero, nonostante tutto. Legolas e l'amicizia che non sempre è stata facile da portare avanti.
Momenti perduti di cui non ho mai parlato, momenti di cui si fa solo cenno. Momenti tra le storie di personaggi che hanno attraversato le Ere del Mondo.
Momenti perduti fra "Gocce di Luce", "Silevril" e "Il Tesoro di Ulmo"
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Finarfin, Finrod Felagund, Legolas, Noldor, Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Narn o Alatariel ar Aeglos'
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Seconda one shot di questa raccolta, si continua con l’infanzia e la scoperta delle radici dei nostri due protagonisti. Dopo il piccolo Aeglos, non poteva che esserci la piccola Alatariel… o Losille, il suo nome paterno. E anche una piccola e spero gradita guest star nel finale! Lunga vita e prosperità.

 

 

 

Alatariel

 

 

 

< Losille, non allontanarti, vieni con me. >

Meldon prese la mano di sua figli, costringendo gentilmente la bambina a entrare con lui attraverso il cancello. I Giardini di Lorien erano dorati, magici, ma per lui erano intrisi di una tristezza troppo profonda per riuscire ad apprezzarli.

Quella mattina un messaggero di Irmo lo aveva fatto convocare e qualcosa dentro di lui aveva tremato. Ora che si trovava lì, si sentiva spaesato e stringere la piccola mano calda di sua figlia gli dava forza.

Era solo una bambina, ma in qualche modo Losille riusciva sempre a capire ciò che la circondava a un livello di profondità inusuale per la sua giovane età. Si guardava intorno ma sul suo volto non c’era la meraviglia che ci si sarebbe potuti aspettare, ma una gravità inquietante.

Una fanciulla lo accompagnò dentro e gli indicò un sentiero che finiva incontro a un salice, sotto le cui fronde c’era una panchina di pietra. Seduta lì, con i capelli scuri lunghissimi sulle spalle e una veste azzurra, Calimё sembrava uscita da un canto, più bella di quanto non gli fosse mai apparsa.

Losille gli si aggrappò alla mano con violenza, facendogli quasi male.

La raggiunsero, mano nella mano, entrambi ugualmente terrorizzati per qualcosa che non era ancora accaduto ma che sapevano essere lì, in attesa.

< Figlia mia, > disse Calimё, prendendo la figlia fra le braccia. La bambina si irrigidì appena, quando la strinse.

< Perché ci hai fatti venire qui? > Le chiese lui, < Sono passati due anni, da quando te ne sei andata, senza che nessuna notizia mi giungesse da te. >

< Ero qui, che altro volevi sapere? >

< Non volevo che tu venissi, prima di tutto. >

< La mia Signora dorme qui da molti anni e io sono stata lontana da lei fin troppo tempo. Il mio dovere è verso di lei. >

< Il tuo dovere è verso di me, tuo marito, e verso tua figlia. >

Non aveva nemmeno la forza per infuriarsi, ormai. Quante volte avevano affrontato quell’argomento? Infinite discussioni che si erano sempre risolte in un nulla di fatto.

< Non essere in collera con me. >

Calimё lo guardò per un istante che parve lunghissimo, la sua espressione si accartocciò e credette che avrebbe pianto, ma non accadde. Guardò la bambina, che se ne stava silenziosa.

< Non devi avercela con me, mia piccola fanciulla splendente. Tuo padre non riesce a capire e mi odia perché crede che io lo stia abbandonando, ma non tu, tu devi sapere che il mio amore per te è più grande di tutto, anche se non posso rimanere con voi. >

< Dove vai, naneth? > Losille guardava la madre e sul suo volto di bambina non si leggeva niente, né rabbia né tristezza. Ma Meldon sapeva cosa stava pensando, il grido disperato che stava lanciando, perché era lo stesso che animava il suo cuore.

Avrebbe voluto gettarsi ai piedi di sua moglie, supplicarla, ma se c’era una cosa che aveva imparato era che su questo argomento non poteva imporsi.

< Vado a Mandos, a riposarmi dalle fatiche della vita e a prendermi cura della mia Signora Miriel. Non odiarmi per questo, quando diventerai più grande forse capirai e saprai che a volte certe cose sono inevitabili. > La guardò attentamente, scrutandola. < O forse no, forse siamo troppo diverse, io e te. Splendi di una luce abbagliante, ma il tuo destino sarà essere sempre divisa tra il tuo sangue e il tuo cuore. > Le accarezzò i capelli e la baciò sulla fronte. < Addio, Alatariel. >

Meldon tentò di riprendere la mano di sua figlia, ma lei si divincolò, fuggendo da lui, da loro, da tutto quello che non poteva capire.

E non capiva nemmeno lui.

< Sei venuta qui a servire una donna morta, e non ho detto una parola in merito, > cominciò infine, mentre sua moglie lo guardava con le lacrime agli occhi e lui invece non riusciva a sopportarne la vista, < per due anni non ho avuto tue notizie, ho cresciuto nostra figlia da solo, ho fatto in modo che lei sapesse di avere una madre, che ti conoscesse. Ora ci fai venire qui per dire che vuoi seguire Miriel? Per cosa? >

Sembrava una fanciulla, come quando l’aveva conosciuta, come quando si erano sposati, in una radura alla luce delle stelle, ancora nella Terra di Mezzo. Avevano percorso così tanta strada insieme per poi finire in quello scorcio di Tìrion, non comprendendo nulla l’uno dell’altra.

Meldon, parlami. Non riesco a indovinare ciò che pensi, il tuo viso mi è impenetrabile. >

< Un tempo riuscivi a sapere sempre cosa provavo. >

< Un tempo ero piena di vita e non sembrava così difficile leggerti dentro. >

Meldon si sedette accanto a lei e le prese la mano. Le loro dita si strinsero.

< Non posso accettare di perderti. Non ti conosco più, eppure l’idea di perderti mi terrorizza. Amo ciò che eri, ma ho paura di non poter conoscere ciò che sei ora. >

< Mi dispiace, non avrei mai voluto questo. >

La baciò e lei gli si abbandonò contro, esile e debole come non lo era mai stata, quasi evanescente. E in quell’istante la consapevolezza che stava morendo, che la fanciulla che aveva amato, quella che rideva cavalcando nei boschi della Terra di Mezzo, non esisteva più, che la dama che gli aveva annunciato piena di gioia di vivere di essere incinta aveva esaurito le forze. Calimё era morta in quel momento e lui stava abbracciando un’eco di ciò che lei era nei suoi ricordi.

< Mi prenderò cura di Losille, > le disse, a mo’ di addio.

< Per Losille hai fatto tutto ciò che potevi, per Alatariel credo nessuno di noi due possa fare nulla. >

 

 

Alatariel.

Di tutte le parole che sua madre le aveva detto, quel nome le si era impresso a fuoco nella mente. Vedeva le cose con una chiarezza disarmante, si sentiva molto più vecchia dei suoi sette anni, come se l’infanzia fosse rimasta nella dimora di Irmo insieme a sua madre, mentre lei correva verso un futuro di cui non sapeva niente.

Correva per le strade di Tìrion e le luci si mescolavano, donando alla città una luce particolare che ogni volta la faceva sentire più pesante, oppressa. Non c’era nessuno a quell’ora tarda, se non pochi passanti diretti verso casa e lei si accorse improvvisamente di essersi persa.

Inciampò, cadendo pesantemente sulle ginocchia e non riuscì più a trattenere le lacrime.

< Losille? >

Alzò lo sguardo verso l’elfo che l’aveva chiamata per nome: si era accovacciato accanto a lei e la guardava con apprensione.

Lo conosceva, lo aveva visto qualche volta con suo padre. Uno dei figli di Finwё, ma non ricordava il suo nome. Aveva i capelli biondi e occhi grigi e limpidi, gentili. Non riusciva a ricordare il suo nome, per quanto si sforzasse.

< Che cosa ci fai qui, tutta sola? Dov’è tuo padre? >

Qualcosa scattò dentro di lei e si ritrovò contro il petto di quell’elfo semisconosciuto, a bagnargli la camicia piangendoci sopra. Lui la strinse e una sensazione di calore le si infuse dentro. Era al sicuro, non era sola, niente di terribile sarebbe accaduto e sua madre non stava per morire.

< Alatariel > disse, tirando su con il naso.

< Come? >

< Alatariel, non Losille. Mia madre mi ha dato come nome Alatariel. >

< Ho chiamato così mia figlia, quando nacque, sai? >

La fece alzare e le sorrise, prendendola per mano.

< Vieni, Alatariel, andiamo a casa mia, manderò un messaggio a tuo padre. >

Lo guardò dal basso, pensando a quanto quel viso gli sembrasse tanto bello e gentile, di quanto si sentisse a suo agio più con lui che con chiunque altro avesse mai incontrato. Non aveva mai provato una tale intimità nemmeno con suo padre e questo la sconvolse.

 < Scusa, > gli disse, sentendosi improvvisamente timida, < non mi ricordo il tuo nome. >

< Sono Finarfin, ma puoi chiamarmi Arafinwё se vuoi. >

Si avviarono lungo la via.

< Arafinwё Sì, è un bel nome, Arafinwё. Possiamo diventare amici? >

L’elfo strinse un po’ di più la sua mano e le rispose senza guardarla.

< Certo, Alatariel. Per la vita. >

   
 
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