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Autore: 9Pepe4    08/05/2009    3 recensioni
Scrollai le spalle e tesi la mano oltre il telone sul quale eravamo distesi, affondando le dita nella sabbia ed afferrandone una manciata. Osservai i granelli chiari scivolare dalla mia presa. [...]
Alzai lo sguardo e vidi che Sarah mi stava fissando.
«Più la stringi, più scivola via…» mormorai, assorto.
Un’aria gentile le scompigliò appena i capelli, portandole qualche ciuffo bruno contro gli occhi verdi. Mi osservò in silenzio per un istante, poi iniziò a liberarsi della maglietta.
La guardai, vagamente inquieto. «Sarah…?»
[...]«Forza! Là c’è un sacco di acqua, no?» continuò, con un gesto ampio che andò a comprendere la superficie increspata del mare.
«Abbastanza» replicai, distratto dai riflessi ramati che il sole originava sui suoi capelli ondulati.

Quello che potrebbe essere stato il loro primo bacio. [Sarah Emerson; Adam Baylin].
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adam Baylin, Sarah Emerson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: La frase nell’immagine è di proprietà di Fabrizio De André, in quanto tratta da una canzone – bellissima! – del suddetto, “Un chimico”.
Ammetto di essere stata irragionevolmente gelosa di Sarah, ma, in un momento nel quale avevo accantonato l'idea di eliminare la concorrenza, ho scritto questo testo.
(Vedendo come si sono evolute le cose tra Adam e Sarah ora sono più tranquilla xD).
Buona lettura

Idrogeno e Ossigeno

Idrogeno e Ossigeno

La pineta confinava con la spiaggia.
Mentre tra le alte conifere vi era un ambiente abbastanza fresco e saturo del cicaleccio continuo delle cicale, la spiaggia era calda della luce del sole e immersa in un quieto silenzio interrotto soltanto dal fruscio delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga.
Il sole era padrone di un cielo sconfinato; una pepita sfolgorante contro un vello cobalto. Alcune nuvole si muovevano pigre sulla volta celeste, sospinte da un vento leggero.
«Non mi piace la sabbia».
La voce di Sarah mi distolse dall’osservazione del paesaggio attorno a noi. Con gli occhi socchiusi a causa della luce del sole, mi voltai verso di lei.
«Perché?» domandai, schermandomi lo sguardo con la mano destra.
«Si infila dappertutto, e quando si è bagnati si appiccica alla pelle… È fastidiosa» concluse, scrutandomi quasi a sfidarmi di smentirla.
Scrollai le spalle e tesi la mano oltre il telone sul quale eravamo distesi, affondando le dita nella sabbia ed afferrandone una manciata. Osservai i granelli chiari scivolare dalla mia presa. Dopo qualche istante scossi la mano, liberandomi completamente della sabbia afferrata.
Alzai lo sguardo e vidi che Sarah mi stava fissando.
«Più la stringi, più scivola via…» mormorai, assorto.
Un’aria gentile le scompigliò appena i capelli, portandole qualche ciuffo bruno contro gli occhi verdi. Mi osservò in silenzio per un istante, poi iniziò a liberarsi della maglietta.
La guardai, vagamente inquieto. «Sarah…?»
Lei gettò a terra la maglia. Si voltò verso di me, esibendo il pezzo di sopra di un costume azzurro. Sorrise appena e iniziò a sfilarsi anche le braghe.
«Andiamo, non stare lì impalato» mi esortò.
Non dissi nulla.
«Forza! Là c’è un sacco di acqua, no?» continuò, con un gesto ampio che andò a comprendere la superficie increspata del mare.
«Abbastanza» replicai, distratto dai riflessi ramati che il sole originava sui suoi capelli ondulati.
Mi guardò, apparentemente delusa dalla mia mancanza di iniziativa. «E allora andiamo a farci una nuotata, no?» esclamò, e il suo entusiasmo mi sollevò un sorriso.
Mi alzai e cominciai a sfilarmi gli abiti.
«Scommetto che nuoto più veloce di te!» mi sfidò Sarah, quando fui in costume da bagno.
Sorrisi. «Io non ne sarei tanto sicuro, signorina Emerson».
Lei alzò il mento. «Ne è certo, signor Baylin?» domandò, ironica. «O fai così perché temi di essere miseramente sconfitto?»
Alzai le spalle e mi misi in piedi, subito imitato dalla ragazza.
Tesi la mano verso di lei. Sarah la scrutò per un momento, poi la prese. Con il vento gonfio di salsedine che soffiava lieve contro i nostri volti, iniziammo a camminare verso il mare, i piedi che affondavano nella sabbia ad ogni passo.
Ci fermammo sul bagnasciuga. Un’onda salì a bagnarci i piedi. Osservavo il mare, blu e verde increspato di schiuma bianca.
«Se in futuro qualcuno disprezzerà l’idrogeno e l’ossigeno, saprò cosa replicare» considerai.
«E cioè?» domandò Sarah, voltandosi verso di me.
Era la sola che avrebbe ascoltato un commento del genere.
La guardai. Era così vicina… «“Va’ a guardare il mare”» sussurrai.
Battei le palpebre e girai il viso. «Non è affatto male».
«Anche questo è vero» concordò Sarah, lasciando la mia mano e iniziando a camminare verso il mare. L’acqua iniziava ad arrivarle alle ginocchia quando si fermò e si voltò verso di me. Sorrisi appena e lei mi fece un gesto impaziente.
Respirai e iniziai a camminare verso di lei. L’acqua era gelida, al primo impatto, e gli schizzi che arrivavano al petto erano tutto fuorché graditi. Via via che ci inoltravamo dove era più profonda, però, ci abituavamo anche, e la temperatura si fece piacevole.
Sarah si immerse completamente. Quando tornò su i capelli bagnati le coprivano gran parte del viso, ed io allungai la mano per liberarle la faccia. Pensai che era stranamente ferma.
Ma poi ritirai il braccio, e lei si riscosse.
«Allora vediamo chi nuota più veloce?» propose di nuovo.
«D’accordo» accettai. «Qual è il traguardo, Sarah?»
Lei si voltò a contemplare l’immensità marina, poi indicò davanti a sé. «Quella boa». Presi visione di quel galleggiante solitario, che dondolava rosso e bianco al ritmo delle onde.
«Affare fatto» conclusi.
Uno spruzzo mi colpì il viso: Sarah aveva già cominciato a nuotare. Sorrisi e mi misi al suo inseguimento.
Eravamo fianco a fianco, la schiuma prodotta dai suoi piedi in movimento si mescolava a quella generata dai miei.
Era piacevole, considerai.
Forse sarei stato in grado di superarla, forse no. Non ci provai nemmeno, perché improvvisamente la prospettiva di vincere quest’improvvisata gara di nuoto non mi pareva più tanto allettante.
Le nostre mani premettero insieme sulla boa.
Sarah si mise in piedi e mi guardò. «Accidenti» commentò. «Siamo arrivati pari».
«Tenevi così tanto alla vittoria, Sarah?»
Lei finse di soppesare la mia domanda. «Forse» cincischiò.
«Ma dai» dissi, ironico, «non vedevi l’ora di dimostrare le tue grandi abilità natatorie».
«E tu non vedevi l’ora di usare il sarcasmo».
Che c’era di male nel sarcasmo?
Scrollai le spalle e sorrisi, quieto. «Torniamo indietro?» chiesi.
«Una nuova sfida?» domandò lei. L’idea non sembrava dispiacerle.
Scossi la testa. «Un ritorno tranquillo, Sarah».
Parve sul punto di ribattere. Infine, però, accettò, e tornammo indietro senza fretta.
Quando ormai l’acqua era troppo bassa per poter nuotare, iniziammo a camminare. Sentivo la sabbia bagnata, morbida e fluida, sotto i piedi. Alzai gli occhi su Sarah.
Scrutava un poco corrucciata la spiaggia ormai di fronte a noi.
Esitai un momento, poi le fui al fianco. La circondai con le braccia e, con un istante di sforzo, la sollevai.
«Adam!» esclamò lei, aggrappandosi al mio collo per non rischiare di cadere. «Non c’è bisogno che tu mi prenda in braccio!»
«Odi quando la sabbia ti si appiccica alle gambe bagnate, no? Ti porto sino al telo, Sarah» replicai, senza accennare minimamente a lasciarla.
Con mio stupore, non disse più nulla.
La feci scendere sull’azzurro telone da spiaggia, poi iniziai a frugare nella borsa che avevamo portato. Le tesi un asciugamano e ne presi uno per me mentre prendeva a strofinarsi energicamente i capelli.
Quando decisi di essere abbastanza asciutto da potermi infilare almeno i pantaloni, mi girai a guardarla. Si stava pettinando come poteva i capelli arruffati e gocciolanti. Intercettò il mio sguardo. «Mi stai fissando» affermò.
Feci un lieve cenno di ammissione e abbassai gli occhi.
Eravamo arrivati in spiaggia a pomeriggio tardo, e tempo di essere asciutti il sole iniziava ad incendiare il cielo della luce del tramonto. Ci stendemmo uno accanto all’altra.
Come me, aveva indossato solo le braghe. Le sue spalle nude erano sfiorate da alcuni ciuffi di capelli ancora umidi.
«Che bello» sospirò, osservando le nuvole rosate dalla luce del sole in declino. Chinò il capo a guardare il mare ed aggiunse: «E pensare che è solo un bel po’ d’acqua salata».
Mi mossi appena, avvicinandomi un poco quasi senza accorgermene. Di colpo, sentivo il profumo della sua pelle liscia, appena arrossata dal sole. «Odori di sale» mormorai, prima di riuscire a rendermi conto di ciò che stavo dicendo.
Lei si voltò a guardarmi intensamente. «Per forza» replicò, «non è da molto che siamo stati in mare».
«No». Mi sentivo un po’ stupido.
Lei sorrise appena. Mosse la bocca in silenzio.
“Idrogeno ossigeno” pensai, improvvisamente ipnotizzato nella contemplazione delle sue labbra, perso nel ricordo del mare che le lambiva le caviglie.
Iniziai ad avvicinare il mio viso al suo, senza averlo premeditato. Vedevo i suoi occhi smeraldo splendere in un momento di stupore, le sue ciglia abbassarsi.
Sentivo il palpito del mio cuore. Il rullio delle onde sul mare, il lieve scricchiolio della sabbia sotto il nostro telo.
Poi le labbra di Sarah incontrarono le mie, e tutti i rumori svanirono, cancellati dalla morbidezza della sua bocca. Era calda.
Le cingevo i fianchi con mani esitanti, ed anche la sua pelle era calda. E liscia contro i miei palmi e i polpastrelli delle mie dita.
Sentii una sua mano affondare nei miei capelli, mentre continuavo a baciarla.
Non potevo credere di averlo fatto, ma mi sentii meravigliosamente bene.
Quando ci scostammo, fu come se le orecchie mi si fossero stappate all’improvviso. Sollevai lentamente le palpebre degli occhi che avevo socchiuso.
Sarah esitò un solo attimo, poi si premette contro di me, calda e confortante.
I suoi capelli mi toccavano la guancia. Guardavo il cielo, le nuvole arrossate e il sole vermiglio posato ad infiammare la superficie del mare in uno splendore rubino.
Guardavo il mare. E credevo che l’idrogeno e l’ossigeno non avevano mai taciuto nelle sue acque così serenamente.
  
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