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Autore: cool_stuff    07/10/2016    1 recensioni
[Monsta X]
[Monsta X]"Per tre mesi dopo la comparsa dei soldati, i sette ragazzi si erano organizzati formando “il Clan”; avevano imparato a conoscersi meglio e a fidarsi gli uni degli altri.
Avevano voglia di vivere, di ricominciare, insieme."
-Tratto dal primo capitolo-
[Quando ho provato a dare un senso al video di All In che mi è piaciuto da impazzire...
Aggiornerò ogni venerdì per mantenere una certa continuità (?) BUONA LETTURA e fatemi sapere cosa ne pensate~]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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(DUE ANNI PRIMA, TRE MESI DALL’INSTALLAZIONE DELLE TRUPPE.)

Non vi erano solo soldati all’interno delle mura da poco costruite della città. Sette giovani provenienti da sette famiglie diverse uscivano quasi contemporaneamente dalle loro abitazioni per riunirsi nelle strade solitamente vuote. Di bianco erano vestiti, o almeno quasi sempre. Avevano un abbigliamento comodo e nelle tasche qualche mazzetto di fiori Delphinium, piccoli e viola che per anni avevano protetto con il loro simbolo pacifico la città. Ora non erano loro ad essere cambiati, ma il cuore degli abitanti.

Minhyuk era il leader del gruppo dei sette. Aveva a malapena ventidue anni, biondo platino fin dalla nascita ma nessuno ne conosceva il vero motivo. Era intraprendente, forte e coraggioso. Era chiaro a tutti che il suo unico punto debole fosse Hyungwon, suo coetaneo. Si conoscevano da più o meno quando erano nella culla ed avevano passato praticamente tutta la loro vita assieme tranne per quel mese all’anno in cui partivano per le vacanze estive con i loro parenti. Inizialmente provavano quel tipo di affetto che accomunavano tutti i migliori amici ma ma ben presto si tramutò in qualcosa di molto più profondo.
Minhyuk e Hyungwon erano gay, più precisamente l’uno la metà dell’altro. Il moro era il suo opposto: alto, estremamente magro, cercava in tutti i modi di non mettersi nei guai e rimanere quanto più tranquillo possibile, debole di costituzione e pallido in volto. Shownu era uno dei più grandi, non aveva mai vissuto una vita semplice per via del padre malato da tempo, per questo nascondeva un’enorme tristezza ed una grande voglia di riscattarsi con il mondo. Non troppo alto e forse l’unico ad aver deciso di rimanere del suo colore naturale: castano. Jooheon, naturalmente marrone, amava da impazzire tingersi di rosso, un rosso fuoco come la rabbia che portava nelle vene. Aveva ventidue anni quando decise di fondare il Clan, con la speranza di poter vivere la vita dolce e spensierata che aveva sempre sognato nell’universo, più colorato di quello che si poteva osservare in tempi.
Wonho aveva ventitré anni e aveva cambiato così tante volte colore di cappelli che gli altri sei oramai ci avevano fatto piena abitudine. In quel momento era biondo. Per via dei continui atti di bullismo nei suoi confronti, via via crescendo, aveva deciso di migliorare il suo corpo al meglio. Era infatti il più muscoloso e attento alla linea, questo suscitava spesso ilarità da parte dei suoi compagni, ma poco gli importava. Erano tutto ciò che gli era rimasto. La famiglia aveva lasciato clandestinamente la città qualche mese prima, dopo l’attacco dei militari neri. Lui non sarebbe mai potuto andar via, sarebbe restato per lottare per la libertà del suo popolo. Nel Clan era molto legato al più piccolo, forse perché gli ricordava suo fratello minore o forse perché si conoscevano da molto più tempo di quanto conoscessero gli altri. Changkyun si chiamava. Quando aveva dieci anni aveva passato tre anni a Boston lontano da tutto e tutti, lontano da Wonho. Tornato in Corea incominciò a farsi chiamare diversamente: I.M. Affermava sempre di essere semplicemente ciò che era: nulla di più, niente di meno e agli altri sinceramente bastava. Ora aveva solamente venti anni ed era uno dei più bravi a maneggiare armi. 
L’ultimo che entrò a far parte del gruppo fu Kihyun, coetaneo di Wonho. Non amava molto parlare e preferiva starsene il più delle volte in disparte oppure insieme a Hyungwon nel campo da calcio, con un coltello alla mano, con gli occhi fermi su di una lattina di alluminio. Gli altri avevano sempre pensato che Kihyun fosse il più bravo a centrare una lama su qualsiasi bersaglio. 

Per tre mesi dopo la comparsa dei soldati, i sette ragazzi si erano organizzati formando “il Clan”; avevano imparato a conoscersi meglio e a fidarsi gli uni degli altri. 
Avevano voglia di vivere, di ricominciare, insieme.

La guerra oramai era vicina. 
Ormai anche quella piccola cittadella che era per secoli stata simbolo di pace e tranquillità era caduta. Aveva lentamente ceduto all’odio, all’egoismo, all’indifferenza. A portare il grigio ed il nero tra le piccole viuzze di quartiere non erano stati solo i militari con le loro mitragliette, coloro stessi che vivevano in quelle case avevano contribuito a far cadere nell’ombra tutto ciò che avevano conosciuto. Da allora raramente si usciva di casa, ci si incontrava con i propri amici, si chiacchierava, si rideva, anche quel piccolo mondo era completamente scomparso.
Fino alla Grande Guerra, almeno.
  
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