Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: FreddiePie    08/10/2016    2 recensioni
Dal testo:
Se lui era arrivato all’accettazione, lei invece temeva il giorno in cui si sarebbe finalmente abituata ad un mondo del genere.
«L’importante, credo, è non dimenticarci quello per cui stiamo lottando». 
Anche lei una volta, come lui, aveva avuto la sensazione di essersi abituata a veder morire i suoi compagni, ma poi si era resa conto che non doveva per nessuna ragione al mondo concedersi tale debolezza. Perché se l’avesse fatto, a che cosa sarebbe servito continuare a lottare?
«Dicono che soltanto se riusciamo a liberarci della nostra umanità riusciremo a vincere questa dannata guerra… Io credo, o spero, che non sia così. Fa ridere, non trovate capitano? Lottare per il genere umano. Ma se alla fine al genere umano non resta più niente di… umano, allora cosa saremo riusciti a salvare?»
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Petra Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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* * *

 

 

Era arrivato ad un punto in cui la morte, oltre che rappresentargli una vecchia amica a cui ormai si era abituato, non gli faceva più alcun effetto.
Aveva smesso di guardare alla vita di ogni singolo uomo, e aveva smesso di affezionarsi alle persone; dopotutto, sarebbe stato uno sciocco se avesse veramente tenuto alla vita dei suoi compagni. Avevano tutti uno scopo più grande in quella guerra e ormai aveva imparato a non dispiacersi quando qualcuno veniva a mancare. 
Dopotutto, in un mondo come quello, dove la vita poteva essere tolta con estrema facilità, una morte era una tragedia, ma dieci, venti, cento… solo numeri per un fine.
Non poteva permettersi il lusso dei sentimenti; non in quel mondo. Era solo una distrazione che l’avrebbe allontanato dal coronamento del suo sogno: quello di liberarsi finalmente dalla minaccia dei titani, ma soprattutto di poter vivere in un mondo dove non fosse più necessario rinunciare ai sentimenti. E dove i morti potessero tornare ad essere solo morti e non numeri.
Quanti compagni avevano già dato la vita per la causa e quanti ancora sarebbero sopravvissuti? Forse, anche lui presto sarebbe passato a miglior vita; eppure cos’erano migliaia di morti se messi a confronto con l’estinzione dell’intera razza umana? Certo, se l’uomo si fosse estinto per sempre, non ci sarebbe stato più nessuno che si sarebbe dispiaciuto, ma quello era un punto a cui nessuno voleva arrivare. Men che meno lui.
Si guardò il polso, fasciato con garze ora inumidite dal suo stesso sangue: era quella la guerra.
“E tu non farti venire strane idee. Non è il caso.” aveva detto a Mikasa durante lo scontro con il titano femmina; parole di rimprovero che in realtà erano rivolte più a sé stesso che non alla giovane.
“Non bisogna mai perdere di vista il proprio obbiettivo. E’ essenziale se vuoi riuscire a vincere la guerra. Questo anche se c’è di mezzo un tuo amico”.
L’idea di uccidere il titano dalle fattezze femminili e vendicare i suoi compagni morti c’era stata, in quello scambio con la ragazza, ma si era dovuto limitare a combattere per recuperare Eren. Niente di più. 
Era troppo forte. Persino per lui. 
Nel combatterla, però, non aveva messo solo tecnica, ma anche un certo furore; il furore di una persona che doveva a tutti i costi sfogare la propria rabbia. 
Ricordava perfettamente quel titano, e lo sguardo che le aveva riservato non appena si erano visti: gli occhi del generale Levi, in quel momento, si erano accesi di una collera mai provata.
Ad un tratto, proprio mentre stava ricordando forse con troppo trasporto la rabbia provata durante lo scontro del giorno prima, qualcuno bussò alla porta, ma per entrare non aspettò un invito.
«Scusi il disturbo, Capitano Levi. Sono venuta a controllare le condizioni del polso. Le bende sono già state cambiate?»
Levi scosse la testa, poi prese ad osservare la notte fuori dalla finestra.
«Come pensavo», disse Petra con tono materno, mentre s’inginocchiava a terra e gli prendeva il polso ferito fra le mani. 
La giovane donna aveva la straordinaria capacità di arrivare sempre al momento giusto, come se sapesse esattamente quando si aveva bisogno di lei. 
Perché lei, semplicemente guardandolo, riusciva ad intuire cosa lo tormentasse.
«Capitano, so bene quello che vi passa per la testa».
Se lui era arrivato all’accettazione, lei temeva il giorno in cui si sarebbe finalmente abituata ad un mondo del genere. «L’importante, credo, è non dimenticarci quello per cui stiamo lottando».
Anche lei una volta, come lui, aveva creduto di essersi abituata a veder morire i propri compagni, ma poi aveva stretto i pugni e si era rimproverata: per nessuna ragione al mondo avrebbe dovuto cedere ad una tale debolezza. Perché se l’avesse fatto a cosa sarebbe servito continuare a lottare? 
«Dicono che soltanto liberandoci della nostra umanità riusciremo a vincere questa guerra… Io credo, o spero, che non sia così. Fa ridere, non trovate? Lottare per il genere umano. Ma se alla fine al genere umano non resta più niente di… umano, allora cosa saremo riusciti a salvare?»
«Ma che sciocchezze vai dicendo?» disse ad un tratto il capitano Levi, abbassando finalmente lo sguardo sulla soldatessa.
«Avete ragione ma, non saprei. “Rinunciare alla nostra umanità” mi sa tanto di una scusa per chi non riesce a trovare un’altra soluzione. Non è l’ultima scelta che abbiamo, è solo quella più semplice da prendere».
Il braccio del capitano fu libero dalle bende sporche e l’aria della notte gli pizzicò la pelle che fino a quel momento era rimasta fasciata al caldo.
Patra era inginocchiata a terra, china sul lavoro che stava facendo. Ripose le garze sporche in una bacinella con dell’acqua e non appena si girò il capitano le guardò la nuca dove i capelli erano scivolati via mostrando la pelle color pesca.
Il punto debole dei giganti era tanto simile a quello degli umani; il limite tra loro e quegli esseri era così sottile, ma nonostante la differenza fosse ovvia, e la somiglianza pure, c’era qualcosa che differenziava enormemente le due collottole.  
Forse aveva ragione lei: sì, forse la sua nuca era tanto diversa da quella di un gigante perchè - in un certo senso - gli uomini avevano una cosa che i titani non avevano: l’umanità.
Iniziò ad avvolgergli dolcemente le bende attorno al polso e Levi non riuscì a non guardarla, a non seguire con gli occhi quelle dita sottili che danzavano con le garze attorno al suo polso.
Se pensava che quelle stesse mani sapevano impugnare spade con notevole maestria ed avevano ucciso parecchi titani gli veniva quasi da ridere. 
«Ho smesso di affezionarmi agli altri quando mi sono reso conto che sarei rimasto solo. Uno dopo l’altro se ne andranno tutti.» Disse ad un tratto, quasi parlando a sé stesso che non alla giovane donna.
Petra si fermò: sapeva esattamente quello che intendeva. 
Era il più abile e forte tutti e proprio per questo non sarebbe mai morto, ma al contrario avrebbe dovuto vedere tutti i suoi compagni morire.
Patra però sorrise, quelle parole le avevano fatto capire molte cose.
«Capitano, o sottovalutate i vostri soldati, o vi sopravvalutate un po’ troppo». 
Finalmente la donna alzò lo sguardo per incontrare quello del suo capitano. «Abbiate più fiducia nella vostra squadra. Non abbiamo la minima intenzione di farci ammazzare».
Levi le osservò le mani che avevano smesso di girare attorno al suo polso, una in particolare: la stessa mano che aveva visto sbucare dalla coperta funebre, e l’unica parte del suo corpo che aveva avuto il coraggio di guardare. Se fosse potuto tornare al giorno prima se lo sarebbe volentieri risparmiato.
Ricordava ancora perfettamente, come se fosse ancora lì davanti, tutti quei sacchi sporchi il cui contenuto era tradito dalle numerose macchie di sangue e sopratutto dalle scarpe che ne sporgevano.
Quelli, ad una prima occhiata, erano sembrati tutti cadaveri anonimi, senza volto; e così sarebbero rimasti, se solo non avesse indugiato su uno in particolare. Non avrebbe voluto vederla, eppure una mano era scappata da quelle coperte; femminile, una mano sulla quale vi era ancora il tratteggio violaceo di un morso.
“Scaricate quei cadaveri, li rallenteranno.”
“Ma capitano…”
“Non sarà certo la prima volta che non riportiamo in città i nostri morti. E questi non sono più speciali degli altri”
Volendo far credere ai suoi umori di essere una persona forte e temprata, degna di guidarli, si era visto costretto a dare quell’ordine - ma quanto gli era costato. Avrebbe voluto combatterli tutti; lì, in campo aperto, e con poca mobilità nell’usare il movimento tridimensionale, tutto pur di non abbandonare i corpi dei suoi compagni. Ma non aveva potuto.
La sua unica consolazione era stata che, se avessero potuto, i suoi compagni gli avrebbero dato il consenso. Anzi, se avesse indugiato oltre Petra gli avrebbe urlato con un certo rimprovero: “Be'? Che cosa stai aspettando?! Fallo!”
Ma quell’esitazione aveva vacillato ulteriormente quando, in un momento di debolezza, e come se fosse stata la stessa Petra a volerlo - in una sorta di ultimo saluto -, aveva girato il capo e l'aveva vista cadere dal carro. 
Il tempo era sembrato rallentare per un secondo e poi tutto era tornato veloce, di fretta, e quel corpo era rotolato via, lontano dalla sua vista. 
Forse, se avesse avuto la forza di non girarsi, e non l'avesse vista - se fosse riuscito a farsi bastare la mano con il morso -, forse avrebbe fatto meno male. 
Ma doveva mostrarsi forte, capace di liberarsi sia dei ricordi che dello stemma della casacca di Petra. 
Non gli dovevano servire cose a cui aggrapparsi quando nel mondo esistevano ancora dei giganti da combattere.
Proprio in quel momento la porta si aprì, ed ogni fantasia, ogni ricordo, scomparve lasciandolo solo con sé stesso.
Levi, come un ladro colto con le mani nel sacco, volse la testa verso la porta. «Sì?» domandò prevalentemente scocciato.
«Capitano Levi» disse un giovanotto dai capelli crespi e dal volto ancora rovinato dall’acne giovanile. «Il Comandante Erwin mi manda a chiamarla. Forse siamo giunti all’identità del titano dalle fattezze femminili». 
Levi, accondiscendente, levò un cenno d’annesso e si alzò dal letto, seguendo il ragazzino. 
Si lasciò chiudere dietro la porta, lasciando alle spalle una stanza vuota e illuminata soltanto dalla fioca luce di una candela, ormai consumata.
Sul tavolo accanto alla finestra le bende pulite con cui avrebbe dovuto sostituire quelle sporche e sul letto una lettera aperta. 
I suoi compagni erano tutti morti e non sarebbero più tornati.
“Abbiate più fiducia nella vostra squadra. Non abbiamo la minima intenzione di farci ammazzare”.
 
 
 
 
* * *
 
 

 
Momento Icananas:
 
Va bene, eccomi qui. Ammetto di essere nuova di questo fandom, e ammetto anche che forse questa sarà la mia prima ed ultima ff su Shingeki no Kyojin - o almeno, l'ultima a tema pseudo-romantico (??) 
Il rapporto tra Levi e Petra mi è piaciuto fin da subito, e nonostante io abbia letto in giro che il bel capitano sia, con buone probabilità, omosessuale, sono fermamente del parere che tra quei due ci sia (ehm, ci sia stato *lacrime*) del tenero. 
Ok, forse da parte di Petra il sentimento è (ops, ancora lo stesso errore: era) più forte, ma non ho potuto non vederlo anche da parte di Levi.
Insomma, vi ricordate quando guarda per la prima volta negli occhi Annie aka gigante-dalle-fattezze-femminili? (mamma mia quante volte l'hanno detto ahahah fastidio xD) Uno sguardo furente. D'odio puro. E poi c'è anche il momento in cui lotta per riprendersi Eren dalle sue fauci. In quel momento non è semplicemente bravo a combattere: è furente! E lotta con una strana luce rossa negli occhi. agagagag invece i miei occhi sono a cuoricino *^*
Ok, vero, potrebbe anche comportarsi così per la morte di tutti i suoi compagni, però è anche vero che si ferma soltanto quando vede il corpo di Petra, prende lo stemma dalla giacca di Petra (suvvia, quella mano non può essere degli altri... è una mano fmminile!) 
E poi l'ultimo sguardo alla salma di Petra che viene lanciata giù dal carro, o lo sguardo che ha mentre il di lei padre gli rivela dell'inequivocabile lettera.
Insomma, suvvia, c'era del tenero tra loro. Su, su... Shippateli con me e crociolatevi - sempre con me - nella consapevolezza che non potranno più stare insieme per ovvie ragioni *piange*
 
E nulla, il momento del commento è giunto al termine. Forse tornerò con qualcosina Jean x Marco *^* Oppure qualcosa di un po' più vago, magari una ff con un bel po' di sangue, e con protagonista un gigante a casaccio ahahahah Magari quello con la faccia di Nicolas Cage 
 

 

   
 
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