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Autore: GioTanner    13/10/2016    2 recensioni
Prima di entrare però gli si insinuò un dubbio, come uno spillo nel cranio, così si ritrovò chiedere un'ultima domanda alla Dottoressa: “Bruce Wayne ti ha detto chi sono?”
“No. Ma mi ha detto che un ragazzo con una 'J' sulla guancia si sarebbe fatto senz'altro vivo per vedere il paziente.(...)
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La 24bis è una stanza strana; è lontana dalle altre, ha tre serrature ed è rinforzata. Nessuno sa chi deve essere curato lì dentro, tranne l'anziana dottoressa Thompkins. Ed è proprio lì che Jason Todd, percorrendo corridoi infiniti e percependo rumori ovattati, si dirige: ogni volta che può, ogni volta che riesce a non sentirsi male anche solo guardandolo.
Genere: Angst, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jason Todd, Tim Drake
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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*note importanti a fine capitolo

When you are Strange


piccino


«When you’re strange
Faces come out of the rain
When you’re strange
No one remembers your name.»


GIORNO 3 - PROLOGO

Mormorii e passi;
mormorii e passi strascicati erano udibili nella lentezza ordinaria e precaria della clinica, con un forte odore di disinfettante che andava coprendo l'intero piano, dall'entrata fino alla fine del corridoio. L'entrata era formale, basilare, con una porta color marmo bianco verniciata da poco e le pareti con qualche crepa, ma di buon materiale di fabbrica. E da essa ci si addentrava immediatamente nel corridoio lungo una ventina di metri, angusto e freddo, come ogni altro appartamento nella periferia di Gotham City, immerso nella semioscurità e a cui si affacciavano tutte le stanze del piano terra adibite per i pazienti. La luce filtrava nel piano terra dalle finestre come uno spauracchio, fuoriuscendo raramente quando non pioveva.
E nel mesto abitudinario rumore di sottofondo, dato dagli infermieri e dai pazienti, erano come un tuono quei passi frenetici e martellanti che percorrevano il corridoio con crescente ansia e disarmonia. Passi di stivali di un uomo che non si arrestava e che niente aveva a che fare con quel posto.
Jason Todd filava dritto fino al raggiungimento dello studio della Dottoressa Leslie Maurin Thompkins, il quale si trovava esattamente dopo il lungo corridoio, volgendo a sinistra. Non bussò, entrò semplicemente con malcelata tensione: “Dov'è?” Chiese, puntando prima lo sguardo sulla donna anziana che era alla scrivania e poi, resosi conto di essere risultato troppo aggressivo, sui vari attestati di medicina che aveva.
“Buongiorno.” Si ritrovò a dire la Dottoressa, sprecando inchiostro dalla penna calligrafica sfuggitale di mano con l'entrata brusca del ragazzo che le si era parato di fronte. Si alzò dalla scrivania, inforcò gli occhiali e lo guardò in volto forse un po' più del dovuto. Poi non chiese di cosa stesse parlando... perché sapeva esattamente di chi stesse chiedendo.
“Seguitemi. Bruce Wayne ha portato qui il ragazzo il pomeriggio di tre giorni fa.- Iniziò chiudendo la porta del suo studio dopo che il giovane ne fu uscito con lei. -Ma essendo un pericolo per gli altri e... beh, per se stesso, abbiamo dovuto sedarlo e metterlo dopo il corridoio principale, ora...”
“In isolamento.” Constatò Jason, mentre seguiva l'anziana Dottoressa con disappunto, lasciandosi alle spalle il lungo corridoio, qualche infermiere perplesso e lo studio della donna.
“Sì. -Ammise lei, controllando alle sue spalle se il ragazzo la stesse seguendo verso quel corridoio che andava snodandosi in due direzioni. -Dobbiamo prima fare una terapia d'urto e renderlo inoffensivo, poi potremmo passare a ricomporre la...”
“Sembra si stia parlando di una lavatrice. Stiamo parlando di...”
“...A ricomporre la sua mente. - Sospirò la Dottoressa Thompkins, rassegnata ad essere interrotta. -So che sono parole dure quelle che dico, ma dovete credermi: le dico perché sono al corrente della gravità della situazione e perché in questo lavoro ho messo ogni risorsa che ho.”
“Ma certo, certo.- Jason si mise le mani in tasca, ciondolando leggermente dietro la figura della Dottoressa. -Cosa mi aspetto che mi dica un Dottore?!” Si interpellò sarcasticamente, sebbene non riuscisse davvero neppure a sorridere dentro quel posto, così soffocante e troppo vicino ad un manicomio, anche solo per l'odore insulso di disinfettante che gli bruciava la gola.
Avevano preso il corridoio interno nella direzione est della clinica, sulla destra del piano terra, mentre il silenzio fra i due era sceso poiché niente di più avevano da dirsi. Un altro paio di metri sul pavimento lucido e grigio e giunsero ad una porta chiusa a chiave e rinforzata con acciaio.
“È qui, stanza 24bis. -Sentenziò l'anziana Dottoressa, aprendo con un mazzo di chiavi la porta, facendo scattare le tre serrature. -Potete fargli visita ogni giorno, a qualsiasi ora e quando non sarete impossibilitati... dalle strade di Gotham, perciò come mi ha chiesto Bruce Wayne vi lascerò una copia delle chiavi dell'entrata e di questa stanza. Ma per le prime settimane non sosterete di più d'un quarto d'ora.” E non esistevano repliche, Jason Todd lo comprese immantinente, ritrovandosi ad assentire col capo prima ancora di averlo pensato. Un po' come quando a dieci anni Batman gli diceva che c'era un lavoretto da fare e non c'era acciacco, febbre o stanchezza che teneva: una risposta positiva era d'obbligo per lui, rimuginò.
Si passò una mano sul volto, poi sui capelli neri in cui un ciuffo leggero di capelli bianchi era ben visibile e, alzando leggermente le spalle incurvate, spinse la porta.
Prima di entrare però gli si insinuò un dubbio, come uno spillo nel cranio, così si ritrovò chiedere un'ultima domanda alla Dottoressa: “Bruce Wayne ti ha detto chi sono?”
“No. Ma mi ha detto che un ragazzo con una 'J' sulla guancia si sarebbe fatto senz'altro vivo per vedere il paziente. -Lo indicò in faccia.- E quando Bruce Wayne cerca di fare il misterioso con me è perché la faccenda riguarda Batman e i suoi pettirossi.”
Jason annuì di nuovo, questa volta più mestamente per poi lasciare la donna sulla soglia. La porta fece rumore e fu l'ultimo, ovattato, suono che sentì prima di guardare negli occhi Tim Drake.


♦•♦•♦•♦


Note d'autrice: Questa è una fanfiction incentrata sui giorni di degenza di Tim Drake in clinica, dopo essere stato MANIPOLATO e aver avuto un LAVAGGIO DEL CERVELLO da parte del Joker come si può vedere in “Batman Beyond – Il ritorno del Joker”. (Per maggiori informazioni: http://batmananimateduniverse.wikia.com/wiki/Joker_Jr. ) Tale clinica è della Dottoressa Thompkins (amica e confidente di Alfred e Bruce Wayne sin dalla più tenera età, almeno secondo i fumetti. La quale SA che Bruce è Batman.)
È “What if” perché ho messo in mezzo Jason Todd, il secondo Robin -divenuto
Red Hood- Le vicende che racconto sono, essenzialmente, dopo che il Joker è presunto morto, Tim è rinchiuso nell'istituto, Bruce lo lascia alle cure della Thompkins mentre Jason Todd è a Gotham dopo i fatti di “Under the Red Hood”.
Avvertimenti:
L'età di Tim, avendo voluto inserire Jason Todd redivivo, l'ho alzata a 16 anni.

Il titolo è una canzone dei Doors che, a mio parere, riprende bene il 'non essere' Tim Drake-Joker JR.

Approdo in queste lande con una fanfiction - sperando vi piaccia e -se volete- vi prego di lasciarmi un commento, esprimendo ciò che pensate! ♥

   
 
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