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Autore: Antys    14/10/2016    8 recensioni
Nel liceo di Beacon Hills si era sviluppata una strana mania, una tradizione, da diversi anni e quasi ogni studente tra quelle mura vi partecipava.
Tutto ruotava intorno agli anelli che si indossavano quotidianamente e, a seconda della loro collocazione, esprimevano un significato da trasmettere ai presenti ed era una continua caccia: tutti controllavano chi stava indossando quale anello su quale dito.
Ma l’ambizione consisteva nel riuscire a scambiarsi due anelli gemelli che comunicavano il significato di coppia e che autenticasse quel loro modo di essere.
Anche Stiles possedeva un anello, un anello che casualmente aveva il significato di single, ma che non era in alcuna maniera collegata a quella sciocca tradizione che non apprezzava. Quello che non sapeva, era che qualcun altro all’interno di quel liceo portava il suo stesso identico anello, nello stesso medesimo dito ed era la persona che meno si sarebbe mai aspettato.
[…]
«È come se non fosse il mio» strascicò il castano con voce profonda e rivelatrice, incredibilmente tradita. Quell’anello era troppo perfetto.
Scott si girò verso di lui dubbioso e la campanella che annunciava la fine di quell’ora riecheggiò in tutto l’edificio. «Forse l’hai scambiato».
Scambiato? Scambiato con chi?
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Ringing
Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po’ tutti
PairingDerekxStiles [Sterek]
Rating: Verde
Genere: Sentimentale, Soprannaturale, Generale
Avviso: AU, Slash

 
 
 

 
1° Capitolo

 
Ogni scuola è sempre in continuo fermento ed in ognuna di esse vi è un particolare.
«Credi che ad Allison potrebbero piacere?» domandò il messicano con una piccola nota indecisa, ma trepidante, come se non riuscisse più a contenersi.
Stiles si sentì chiamare in causa ed osservò la mano del suo migliore amico che gli veniva mostrata, in cui erano ben visibili due anelli uguali al centro del palmo, lucenti e placcati in argento. «Sei davvero intenzionato a darglielo?».
«Può sempre rifiutarmi» disse con semplicità Scott, annuendo con convinzione alle proprie parole. «In più vedo come guarda con invidia quello di Lydia».
Lydia, colei che portava un anello in coppia con Jackson Whittemore da mesi, colei che Stiles amava dall’età di otto anni. «Ragazze» proferì senza alcun entusiasmo, sordo al significato di quei simboli.
«È diventata una tradizione, Stiles. Nessuno può essere accusato di questo» dichiarò pragmatico il moro, cogliendo i pensieri della sua controparte.
«Come se fosse importante» proferì il castano con noia, tamburellando con disinteresse le dita sul banco.
«Stai scherzando?» chiese il messicano con tono retorico, ingrandendo gli occhi e guardandolo quasi allucinato. «Tutti controllano chi sta indossando quale anello su quale dito».
Da diversi anni si era diffusa una strana mania nel liceo di Beacon Hills, una a cui nessuno sembrava voler rinunciare. Nessuno sapeva come fosse cominciata e quando, ma la storia degli anelli si era espansa a macchia d’olio, prendendo sempre di più il sopravvento e diventando quasi essenziale, perché il suo linguaggio era esplicito ed evidente.
Esistevano tre tipi di collocazioni per gli anelli, ognuno con il suo simbolo specifico: due anelli uguali sull’anulare destro indicava amicizia, due uguali sull’anulare sinistro indicava coppia, un singolo anello sul medio destro indicava l’essere single.
Poco importava mettere in evidenza che Stiles possedesse proprio un anello sul medio destro. «Non perdo il mio tempo in questo modo».
«Come se non sapessi che se un giorno l’anulare sinistro di Lydia fosse sprovvisto di anello, tu ti esibiresti in piroette sgraziate» disse con divertimento crescente il messicano, con aria saputa e di chi lo stava prendendo bonariamente in giro. «E vuoi o non vuoi, anche tu stai comunicando qualcosa» annunciò schiettamente, alludendo all’oggetto che si trovava sulla sua mano destra.
Stiles gli scoccò un’occhiata risentita, guardandolo con giudizio pressante. «Ho questo anello da anni, senza che sia collegato a queste frivolezze; non ho intenzione di toglierlo per qualche congiunzione mistica».
«Lo so bene» affermò convenevole il moro, ben consapevole di che cosa rappresentasse per il ragazzo.
Delle voci più alte sovrastarono le loro, portando l’attenzione degli studenti alle spalle del castano, indirizzata verso il fondo dell’aula. Un tintinnio argentato e tondo riecheggiò tra le pareti con un nuovo rifiuto chiaro e preciso, che non ammetteva alcuna replica.
«Ho la vaga sensazione che qualcuno sia appena stato respinto e che la motivazione sia sempre la stessa» annunciò Scott al suo migliore amico, indicando con gli occhi la coppia che si era appena divisa e il ragazzo che raccoglieva l’anello che accidentalmente era caduto per terra; proprio quello regalato.
«Derek Hale» dissero in coro, consapevoli che quella fosse ormai l’unica risposta.
«Quell’Hale non deve nemmeno impegnarsi» disse con stizza il nuovo membro che si aggiunse alla conversazione, osservando la ragazza che si scusava con il malcapitato, esponendogli le sue motivazioni.
«Il fascino che comporta l’essere il capitano della quadra di basket» proferì Stiles con un sorrisetto saccente, rifilando un’occhiata affilata al loro disturbatore. «Non sei tipo in competizione con lui, Jackson?».
«Se non l’avessi notato, io ho una ragazza» graffiò con abilità il biondo, disegnando un ghigno vittorioso sulle labbra.
«Fidati, l’ho notato» rispose prontamente il castano, senza dargli alcuna soddisfazione.
«Non ci sarebbe comunque partita, lui è dell’ultimo anno, noi del secondo. Capitano o non capitano» affermò il messicano con un’ingenuità genuina, ma che metteva in risalto le differenze ben visibili tra le situazioni, bocciando il fatto che Jackson fosse a capo della squadra di lacrosse.
«Se fossi in loro gli starei alla larga» disse Stiles sovrappensiero, componendo un ritmo muto con la punta delle dita. «Ha un non so che di animalesco».
Scott e Jackson gli dedicarono la loro totale attenzione, dimenticando la conversazione che avevano tenuto fino a qualche secondo prima. «Una creatura della notte, davvero, Stiles?».
«Perché no. Magari ulula alla luna» proferì con sottile divertimento, curvando gli angoli della bocca e rilasciando una risata cristallina che si diffuse in tutto l’ambiente. «E magari è proprio lei ad essere il suo unico anello».
 
Per Stiles era difficile dimenticare una conversazione e non rimuginarci su, a volte passava ore sullo stesso argomento senza che ci fosse una reale ragione e si soffermava su parti che tutti gli altri ignoravano o lasciavano perdere. Era più forte di lui e scacciare quei pensieri era quasi impossibile, ci fantasticava sopra e spesse volte trovava la soluzione, ma subito dopo se ne dimenticava.
I suoi pensieri erano rimasti fermi a quel nome che era stato pronunciato quella mattina, in una risposta che spiegasse le dinamiche che si aggiravano intorno ai continui rifiuti che da anni caratterizzavano quella scuola: Derek Hale.
Freddo, calcolatore, con lo sguardo che gelava il sangue e che fin troppe volte impediva la classica azione di respirare, costringendo chi lo incontrava a trattenere il fiato.
Il suo volto era sempre una maschera priva di espressioni, se non quella costantemente arrabbiata ed infastidita, di chi trovava noia in tutto quello che lui non identificava come interesse. A tutto si accompagnava il suo essere uno studente poco sopra la media e l’essere l’elemento fondamentale della squadra di basket, in cui ricopriva il ruolo di playmaker e capitano, un vero fuoriclasse; senza però dimenticare l’appartenenza alla famigerata e facoltosa famiglia Hale di cui faceva parte, la più abbiente dell’intera città. Le ragazze sembravano impazzire per lui, e non solo loro, e non vedere oltre la sua figura. Se solo avessero smesso di alitare sul suo collo, Derek avrebbe potuto anche prenderle in considerazione, ma lui non prestava attenzione a nessuno. Stiles non ricordava di averlo mai visto in compagnia di una persona in particolare da quando aveva messo piede nell’istituto scolastico l’anno prima.
Ma i brividi di allerta che si diffondevano nel suo corpo forgiato dagli scarsi allenamenti di lacrosse portavano Stiles ad ignorare la sua presenza, preferendo sopra ogni cosa stargli lontano; in linea di massima.
Quando entrò nel bagno degli studenti, togliendosi il prezioso anello ed adagiandolo con cura sul lavabo – perché non avrebbe mai permesso che si ossidasse o rovinasse –, si gettò nel flusso d’acqua fresca che fuoriusciva dal rubinetto, bagnandosi i polsi e sfregando le dita, sciacquando il viso in mosse tonificanti.
«Tieni» pronunciò una voce calda e profonda – una che era sicurissimo di aver già sentito, ma che i sensi annebbiati dall’acqua non colsero – mentre sgocciolava le mani sul lavandino e le stille rimanevano incastonate tra le ciglia lunghe, portandolo a chiudere le palpebre più volte per cancellarne buona parte e girandosi per incontrare ciò che gli veniva offerto – che non erano altro che salviette di carta con cui asciugarsi –, incrociando due gemme boscose che lo piantarono sul posto.
«Derek» proferì in una nota sfuggita, rimanendo fermo dov’era e senza sbilanciarsi per prendere quello che gli serviva.
Il moro inarcò un sopracciglio con scetticismo, aggrottando la fronte. «Ci conosciamo?».
«No» geniale, Stiles. Non potevi presentarti in modo migliore. «Certo che no».
«Allora non dovresti permetterti certe familiarità» annunciò nefasto il maggiore, glaciale e per nulla tollerante.
Familiarità? Aveva solo detto il suo stupido nome per sbaglio, lasciandoselo scappare senza nemmeno farci caso; certamente non poteva rivelargli che stava pensando a lui fino ad un secondo prima e che l’inevitabilità del suo infame fato glielo avesse parato davanti. «Sia mai che non si porti rispetto al re della scuola».
Derek sembrò piccato da quelle parole e dal tono di sarcasmo pungente che era stato usato, irrigidendo la schiena e sembrando improvvisamente più alto di quanto fosse apparso da quando gli occhi si erano posati sulla sua figura. «Rispetto? Proprio quello che ti manca. Le nuove generazioni non usano più ringraziare?».
Ringraziare per cosa? Soltanto in quel momento si rese conto di che cosa gli venisse ancora porto, messo in evidenza e per nulla intenzionato a sfuggire dalla sua vista finché non l’avrebbe afferrato con le mani. Era un gesto di carineria? Derek Hale non era conosciuto per la sua gentilezza, ma per il suo essere distaccato con il mondo, senza prestare particolare interesse a qualcosa che andasse oltre la sua cerchia privata, come Erica Reyes, Isaac Lahey e Vernon Boyd – sua sorella Cora e sua cugina Malia erano obbligatorie, insieme alla squadra di basket. Perché aveva scelto proprio lui per mostrargli quella caratteristica? L’aveva scambiato per qualcun altro? «Se fossi meno saccente e dominante sarebbe più facile».
«Modera i termini, ragazzino. Non ti conviene» disse ammonitore il capitano, con fermezza ed evidente minaccia.
«Altrimenti? Mi mangerai?» lo sfidò il minore con le perle ambrate che brillavano nefaste, guardandolo fiero.
Derek gli si avvicinò di un passo e Stiles indietreggiò malamente di conseguenza. «Non provocarmi, so quanta paura hai di me».
Stiles irrigidì la schiena, piantando i piedi ben saldi sul pavimento e lanciandogli uno sguardo piccato, fronteggiandolo. «Non ho paura di te».
Derek era ad un soffio dal suo viso ed una mano si strinse attorno alla sua mandibola, tenendolo fermo ed inchiodato esattamente dov’era, senza dargli alcuna possibilità di scampo, obbligandolo a guardarlo dritto nelle iridi verdi, da cui Stiles giurò di veder emergere piccoli ed incontrollati riflessi blu metallico. «Ne sei sicuro, Stiles?» pronunciò con scherno direttamente sulle sue labbra nel momento in cui un brivido incontrollabile percorse tutta la colonna vertebrale del giocatore di lacrosse, ingoiando un nodo di saliva di un fremito terrorizzato ed a disagio.
Stiles detestava il potere che stava mostrando avere su di lui.
Si divincolò dalla presa ferrea, agganciando una mano sul suo polso e circondandoglielo per allontanarlo e liberarsi. «Ciao, Derek» proferì con lascività ed astio, prendendo l’anello dal lavabo ed uscendo dalla porta del bagno senza degnarlo di alcuna occhiata. Se prima il suo istinto lo invitava a stargli lontano, adesso si sarebbe mosso di conseguenza consapevolmente.
Come d’abitudine infilò l’anello sul solito dito, il posto a cui apparteneva, ma quello non riuscì ad entrare in alcun modo e Stiles lo guardò senza capire, ma come colpito da un fulmine a ciel sereno si accorse di un dettaglio che gli urlava a squarciagola nelle orecchie: Derek Hale conosceva il suo nome.
 
Stiles non riusciva proprio a capire e durante tutta l’ora di chimica era rimasto ad osservare l’anello che si presentava improvvisamente estraneo ai propri occhi.
Nel palmo teneva in mostra l’oggetto cilindrico, placcato in argento e nel cui centro vi era una striscia di uguali dimensioni placcata in oro rosso, in cui emergeva una singola triscele intagliata nel metallo; spiccava fiera tra i due colori, richiamando la sua attenzione. Stiles ne era certo, era la sua, unica ed irripetibile, eppure lo stava rifiutando.
«Mi sento respinto» proferì a se stesso con tono provato, rigirandosi tra le dita il cilindro, osservando ogni suo particolare e trovandolo stranamente rinvigorito. Gli oggetti non possono rinvigorirsi.
«Qual è il problema?» domandò Scott seduto davanti a lui, poco attento alla lezione, ma chiamato in causa dai pensieri poco chiari del suo migliore amico.
«Non riesco più ad indossarlo» rispose in un’unica spiegazione, perché continuava ad esserne sprovvisto.
«Magari ti è solo ingrassato il dito» esordì il messicano nella più convincente delle teorie che era riuscito a concepire.
Stiles alzò il capo, guardandolo allibito e stralunato, giudicandolo apertamente. «Scott, le dita non ingrassano in meno di cinque minuti» né gli oggetti cambiano la loro dimensione, apparendo come immacolati.
«Ma possono gonfiare, prova tra un po’» convenne il moro, non del tutto pronto a lasciare la sua idea che riteneva, tra l’altro, geniale.
«No, è come se non fosse il mio» strascicò il castano con voce profonda e rivelatrice, incredibilmente tradita. Quell’anello era troppo perfetto, non presentava nemmeno un graffio casuale ed era come se fosse appena uscito dal negozio o quasi, era ben curato e protetto e per quanto Stiles tenesse a quell’oggetto, prestandogli le sue continue attenzioni e mostrandosi meticoloso, il suo era vissuto e attraversato dalle intemperie che l’avevano rincorso nell’arco della sua breve vita, composta da tre anni.
Scott si girò verso di lui dubbioso e la campanella che annunciava la fine di quell’ora riecheggiò in tutto l’edificio. «Forse l’hai scambiato».
Scambiato? Scambiato con chi? Era un anello che apparteneva ad un passato prossimo, una linea che non esisteva più e che aveva trovato con casualità. Aveva quella sensazione che fosse un pezzo unico, nessuno in quella scuola poteva possedere il suo gemello.
La porta dell’aula improvvisamente si spalancò e parte degli allievi era già fuori le mura, poi una figura alta, scura e prestante la varcò ed un piccolo mormorio di sorpresa si diffuse tra le mura, finché l’ombra si fermò davanti al suo banco e Stiles non ebbe nemmeno il tempo di realizzare cosa stesse accadendo; l’anello con cui giocava gli scivolò sull’anulare sinistro e vi si incastrò perfettamente.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ebbene sì, a distanza di quasi un anno ritorno a popolare questo fandom che di idee me ne dà anche troppe ed a volte non è molto salutare; la Sterek rimane troppo radicata in me e poi mi costringe a darle voce.
Lavoro a questa storia da più di un anno e anche se per un periodo è stata posata per protesta, dopo qualche mese ha bussato molto forte nella testa e ha urlato per farsi sentire ed alla fine l’ha avuta vinta, ottenendo tutta la mia attenzione e il mio tempo e quello della mia Beta(EarthquakeMG) e della mia terza voce (kira_92), che ringrazio con tutto il cuore – anche se prima o poi la mia Beta smetterà di rispondere ai miei messaggi seccanti.
C’è da aggiungere che questa storia è ispirata ad un manga che ho amato diversi anni fa, Only Ring Finger Knows, e che, prendendo alcuni elementi chiave, poi prosegue per la sua strada, senza guardarsi indietro.
Credo sia, anzi, è il progetto più lungo a cui abbia mai lavorato e spero vogliate continuare questo viaggio insieme a me ed a questi due che amo con tutta me stessa. Ci faranno vivere numerose e, spero vivamente, imprevedibili avventure ed a qualcuno di loro vorrete sicuramente tirare le orecchie, trascinandoli per tutte le vie delle vostre città.
Alla prossima settimana,
Antys

   
 
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