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Autore: taisa    15/10/2016    6 recensioni
Per quanto possa essere complicata, rotta o distrutta, la famiglia resta sempre la famiglia.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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FAMILY

 

Solo una settimana

 

“Sei sicura di aver preso tutto?” domandò osservando le due borse al centro del salotto. La prima piena di abiti e cianfrusaglie che sembravano tutte di vitale importanza, accanto ad essa lo zainetto rosa ricolmo di libri. “Sì” le rispose con prontezza, mentre gli occhi azzurri di sua madre la fissarono con uno sguardo indagatore, “Davvero?” le rispose poco dopo, “Allora perché nel tuo zaino non vedo il libro di matematica?” volle sapere con una punta di severità nel tono di voce, incrociando le braccia. “Ehm… devo averlo dimenticato” farfugliò alla ricerca di una giustificazione, cercando di distogliere lo sguardo dalla donna, sapendo di mentire. “Bra…” mormorò sua madre al limite dell’esasperazione, “Il fatto che tu sia fuori dal mio controllo per una settimana non vuol dire che puoi evitare i tuoi doveri” l’ammonì, costringendo la bambina ad osservarsi le scarpe, colta in fallo. Bulma sospirò “Vai a prenderlo, veloce” ordinò attendendo di essere ubbidita, ed infatti la piccola roteò su sé stessa in direzione della propria cameretta.

Tornò pochi istanti più tardi, mostrando alla madre il libro che aveva sperato di abbandonare. Bulma si chinò accanto allo zainetto, cercando di far entrare il testo di matematica insieme a tutti gli altri tomi scolastici che risiedevano nella piccola borsa. “Non ci sta, vedi? Forse è meglio che lo lasci qui” azzardò la bambina, osservando con soddisfazione la fatica con la quale la madre stava cercando di far rientrare il libro tra quello di geografia e storia. “Non ci provare, signorina” l’ammonì invece la donna, riuscendo nell’intento e sigillando la borsa con la zip. Poi si voltò verso la bambina, osservando lo sguardo deluso. Intenerita dal broncio di sua figlia, Bulma le fece cenno di avvicinarsi “Vieni qui” le disse, Bra ubbidì, permettendo a sua madre di stringerla in un abbraccio. “Mi mancherai, lo sai vero?” le sussurrò la donna in un orecchio. La bimba annuì “Anche tu mi mancherai” la rassicurò, ma Bulma sapeva che era solo una mezza verità che tuttavia si sentì in obbligo di accettare.

Il campanello costrinse madre e figlia a separarsi, e se la prima fece una smorfia delusa non volendosi separare dalla sua bambina, Bra non fece nessuna obbiezione, volgendo lo sguardo alla porta in evidente trepidazione. Bulma si alzò, “Sei pronta?” le chiese a malincuore, “Sì” le rispose la piccola e con un sospiro la donna afferrò la borsa più grande e pesante. “Ricordati di prendere la giacca” le rammentò, lasciandola da sola in salotto. Alle sue spalle, Bra annuì entrando in cucina per recuperare il soprabito.

Quando aprì la porta, Bulma lasciò cadere il borsone ai piedi dell’uomo che a braccia conserte stava aspettando notizie dall’interno dell’abitazione. “Non ha ancora finito i compiti di matematica per domani. Assicurati che li faccia” gli disse lei, senza preamboli, volgendo lo sguardo al corridoio in attesa di veder comparire la figlia. “Hn” rispose lui, senza aggiungere altro. Poi scese il silenzio.

“Ciao papà!” lo salutò con entusiasmo Bra, appena raggiunse l’ingresso, zainetto sulle spalle e giacchetta stretta in una mano. “Ciao” mormorò Vegeta, scostando gli occhi sulla bambina che non impiegò molto a varcare la soglia di casa, portandosi al fianco del genitore. Vegeta afferrò la borsa che gli era stata affidata, sollevandola con notevole facilità, poi sfilò la giubba dalle mani della figlia, “Andiamo” disse solamente. Senza aggiungere una sola parola cominciò a percorrere il vialetto di casa che si affacciava sulla strada.

“Bra” la richiamò sua madre quando la bambina fece cenno di seguire il padre, la figlia si fermò trovandosi ad osservarla. Bulma si chinò all’altezza della ragazzina, la guardò negli occhi senza riuscire a nascondere un velo di tristezza. “Fai la brava con tuo padre, d’accordo?” si raccomandò. Era quello che le diceva tutte le volte e, come da tradizione, Bra la avvolse con le sue piccole braccia “Sì mamma” rispose dandole un leggero bacio sulla guancia. Ed infine raggiunse il padre che si era fermato ad osservare in silenzio la scena.

Vedendola andare via, Bulma parve sul punto di aggiungere altro, ma si trattenne. Sorrise, ed in silenzio richiuse la porta di casa.

Una volta raggiunta la propria auto, parcheggiata non troppo distante dall’abitazione, Vegeta aprì la portiera del passeggero ed attese che la bambina scivolasse sul sedile posteriore. Quando Bra si fu accomodata, il padre aprì il cofano facendo sparire il pesante borsone e la giacca che vi poggiò sopra. Richiuso il baule tornò alla figlia, “La cintura di sicurezza?” le domandò sbirciando all’interno della vettura, e Bra gli mostrò che con solerzia l’aveva già allacciata. Soddisfatto, Vegeta richiuse la portiera, poi trovò il suo posto dietro il volante. Prima di mettere in moto diede un’ultima occhiata alla figlia per assicurarsi che tutto fosse in ordine, ancora un secondo ed infine il rombo del motore anticipò l’inizio del viaggio.

Passarono alcuni minuti prima che suo padre parlò di nuovo, “Dovrai passare il pomeriggio nel mio ufficio, torneremo a casa più tardi” disse e Bra ebbe la certezza che non avrebbe più ricevuto alcuna spiegazione spontanea da lui. La bambina si sporse in avanti, afferrando il sedile che aveva di fronte a sé, “Perché?” s’informò avendo imparato a riconoscere i silenzi del genitore nei suoi sei anni di vita. “Perché devo lavorare” rispose lui, osservando nello specchietto retrovisore, “E siedi composta” aggiunse. La figlia fu costretta ad ubbidire, ma non si sentì troppo dispiaciuta, le piaceva andare a lavoro con papà.

 

***

 

Trovava sempre molto interessante andare nell’ufficio di suo padre. C’era un continuo via vai che l’affascinava, costringendola ad osservare le persone di tutti i tipi che entravano ed uscivano dai vari ingressi. Quello nella quale suo padre era solito farla passare era quello riservato ai dipendenti, tuttavia Bra si ritrovava spesso a volgere lo sguardo in direzione dell’accesso riservato ai cattivi, dove le autovetture con le brillanti luci luminose si alternavano tra il rosso e il blu e dove le persone strambe venivano trasportate. Suo padre non l’aveva mai fatta passare da quella parte e sebbene la bambina fosse troppo piccola per capire, comprese che non tutte quelle persone erano piacevoli, una volta viste da vicino.

Vegeta parcheggiava sempre sul retro, dove serviva il pass per oltrepassare un gabbiotto, dalla quale un inserviente sollevava la sbarra appena riconosceva l’auto. Anche quel giorno ripeté la procedura. Trovò un parcheggio accanto alle vetture dei suoi colleghi, scese dall’auto per poi aprire la portiera alla figlia. Bra saltò giù dal sedile, ma prima ancora di poter cantare silenziosamente vittoria, sentì suo padre dire “Prendi i tuoi libri”, costringendola ad osservarlo con supplica. “Tua madre mi ha detto che devi finire i compiti per domani, quindi li farai” ordinò risoluto e la figlia sbuffò, “Ma lo zaino è pesante” brontolò la bambina. Con suo sommo disappunto, suo padre fu lesto ad afferrare lo zainetto per poi passare i lacci sopra una spalla. “Muoviti e non farmi perdere tempo” le disse tenendo ancora aperta la portiera. Ancora una volta sconfitta, dai suoi genitori e dalla matematica, Bra poggiò i piedi sull’asfalto del parcheggio un po' controvoglia, ma tutto sembrò dimenticato quando cominciò ad addentrarsi nel grosso edificio nella quale lavorava il suo papà, affrettando il passo per riuscire a seguire l’uomo. Poco prima di raggiungere le grandi porte, Bra afferrò la mano del suo papà come a volergli ricordare la sua presenza.

Oltre al continuo andirivieni, ciò che più piaceva a Bra erano le persone. Sebbene molti dei colleghi di suo padre fossero spesso impegnate ed immusonite, nessuno le negava mai un sorriso. A cominciare con la receptionist davanti al bancone che era solita rispondere alle telefonate, interne e non. La donna dall’aspetto canino aveva sempre una buona parola per lei e, quando non era impegnata, le regalava un paio di caramelle. Aveva dei nipotini all’incirca dell’età di Bra, le aveva spiegato una volta, e questo era bastato per far entrare anche la bambina nelle sue grazie.

Oggi, purtroppo, era impegnata ed intenta a parlare con uno dei compagni d’ufficio di suo padre. L’uomo aveva un aspetto piuttosto spaventoso, aveva pensato Bra la prima volta che lo aveva incontrato. Era alto con uno sguardo truce e la carnagione verdognola che gli conferiva un aspetto quasi inquietante. Sul capo portava sempre un buffo cappello, Bra non l'aveva mai visto senza.

A discapito di tutto ciò, quando l’uomo riconobbe suo padre gli fece un leggero cenno del capo in segno di saluto, pochi istanti dopo quando i piccoli occhi neri notarono anche lei camminare al fianco del genitore, le sorrise con gentilezza. Quello era il motivo per la quale lo strano individuo le stava simpatico. Bra rispose con un cenno della mano che aveva libera, mentre trotterellava accanto al padre.

Pochi istanti più tardi Bra si ritrovò nell’ufficio che il genitore occupava assieme al collega che in quel momento trovarono stravaccato sulla propria sedia con i piedi sulla scrivania. In mano una confezione di quello che sembrava essere ramen che voleva essere uno snack.

“Togli i piedi da lì, Kakaroth” ordinò suo padre, dando un prepotente schiaffo alle scarpe dell’altro che, colto di sorpresa, rischiò di versarsi la zuppa calda sull’abito. L’uomo si soffiò sulle dita che si era scottato a causa delle goccioline calde che erano fuoriuscite dal contenitore, Bra gli udì ripetere “Ahi” più volte, prima di poggiare il ramen sulla scrivania. Nel frattempo Vegeta raggiunse il lato opposto della stanza, lasciando cadere lo zaino di sua figlia sul pavimento accanto alla sedia libera. In seguito si liberò della giacca che lasciò scivolare sullo schienale dello stesso sedile, esponendo così la pistola d’ordinanza che fino a quel momento era rimasta nascosta.

Quello era un altro motivo per la quale le piaceva andare a lavoro con papà. Suo padre sembrava un vero duro con un'arma da fuoco sempre a portata di mano e il distintivo appeso alla cintura, entrambe nascosti sotto la giacca della quale si era appena liberato. “Siediti al mio posto e comincia a fare i compiti” le ordinò sollevando le maniche della camicia. “Mi piace meno quando mi dice di fare i compiti” pensò tra sé la bambina, ma senza protestare, accompagnata da uno sbuffo, si vide costretta a fare quanto le era appena stato ordinato.

“Ehilà, Bra!” la salutò Goku che solo in quel momento si accorse della sua presenza, “È la settimana con tuo padre?” le chiese poi, poggiando i gomiti sulla scrivania. Bra, che nel frattempo aveva preso posto dove era solito accomodarsi suo padre, annuì. Le due scrivanie erano poste una di fronte all’altra, permettendo ai due agenti di guardarsi in faccia durante le ore d’ufficio, a separarli c’erano solo due monitor che speculari occupavano un angolo sulla superficie del tavolo.

Vegeta usò un fascicolo appena raccolto dalla propria scrivania per colpire il collega sulla testa, “Non distrarla, Kakaroth. E pensa agli affari tuoi” brontolò con espressione infastidita. Goku si grattò la testa, come se avesse subito un duro colpo, osservando l’altro di sottecchi. A Bra scappò una risatina divertita, ma quando lo sguardo autoritario di suo padre si posò su di lei se ne pentì ben presto, decidendo che era meglio dedicarsi alla matematica.

“Cos’è questo?” domandò Vegeta al socio, mostrandogli il fascicolo che aveva appena usato per colpirlo. Come se non lo avesse mai visto prima, Goku sbirciò i fogli che l’altro stava ora cominciando a leggere, “Ah, è un nuovo caso. È arrivato mentre eri via” spiegò, ricordandosi improvvisamente del ramen che aveva lasciato da parte, per poi tornare a mangiare.

Leggendolo con vago interesse, Vegeta scoprì che la vittima era un uomo tra i trenta e i quarant'anni che era stato trafitto da un oggetto che pareva essere simile a una lancia. Immerso nella lettura, spalle alla porta, non si accorse che l’uscio si era nel frattempo aperto.

“Vegeta, devo parlare con te” s'introdusse Piccolo, osservando la stanza per un istante, prima di soffermarsi sulla bambina che con curiosità lo stava a sua volta guardando. Contrariamente a ciò che aveva fatto al loro ingresso, questa volta Piccolo le riservò uno sguardo serio e concentrato, poi tornò a Vegeta che nel contempo aveva seguito un percorso simile. Dopo aver fissato la figlia per alcuni istanti si ritrovò ad osservare il collega, comprendendo un discorso che non voleva essere espresso a voce. Annuì, lasciando cadere le cartacce che aveva in mano sul tavolo a lui più vicino, in seguito seguì l’altro ispettore fuori dalla stanza. Prima di chiudersi la porta alle palle lanciò un ultimo sguardo alla bambina in una silenziosa ammonizione di continuare a svolgere i propri doveri. Ed infine sparì.

Colto il messaggio, Bra riprese nei suoi studi, ma dopo alcuni istanti cambiò idea. Alzò lo sguardo sull’altro uomo che, dopo aver seguito la scena con vago interesse, era tornato al proprio pasto. “Signor Goku” cominciò, attirando su di sé la sua attenzione, “Perché il mio papà ti chiama con quello strano nome?” volle sapere con la curiosità tipica dei bambini. Goku fece spallucce, poi sorrise “Kakaroth?” chiese e Bra confermò con un gesto del capo, “Non so. Conosco tuo padre da troppi anni ormai, ho dimenticato perché ha iniziato a chiamarmi così”. Ci pensò per alcuni istanti, “Forse l’ha dimenticato anche lui, credo lo faccia per abitudine” rise, grattandosi la nuca. La bambina gli sorrise.

 

***

 

Bra riemerse dalla camera da letto di suo padre alcune ore più tardi, dopo essere rientrati nel piccolo monolocale dove l’uomo viveva. Come le era stato ordinato lasciò il suo zaino in un angolo della stanza che l’avrebbe vista ospite per i prossimi giorni, poi tornò in cucina. Non c’era molto spazio in quella piccola casa e su una delle sedie Bra non poté fare a meno di notare il cuscino e le lenzuola che suo padre avrebbe usato per dormire sul divano.

Per un attimo i suoi occhi si scostarono sull’uomo, notando ancora una volta la fondina legata attorno alle spalle nella quale era presente la sua pistola. La bambina si era ormai abituata a vedere l’arma sotto il braccio di suo padre, pertanto non lo trovò poi tanto strano.

“Hai comprato un tappeto nuovo” constatò Bra, avendolo da subito notato nella camera da letto. “Hn…” mormorò Vegeta, “L’altra volta ti sei lamentata che il pavimento era troppo freddo” le ricordò, poggiando un piatto sul tavolo, davanti alla quale Bra trovò posto. “Cos’è?” chiese osservando la cena. “Okonomiyaki” le rispose lui aggiungendo un secondo piatto sul tavolo apparecchiato per due. Per alcuni istanti la piccola osservò la sua pietanza, che apparve un po' bruciacchiata. “L’hai fatto tu?” volle sapere, rivolta a suo padre la quale fece una smorfia, “Vedi forse qualcun altro nei paraggi?” domandò di rimando, senza celare l’evidente sarcasmo. “No” confermò Bra, afferrando un paio di bacchette per cominciare a mangiare. Quando la pietanza toccò le sue labbra, si accorse che il sapore non era troppo male, a discapito dell’aspetto.

Dopo aver ingurgitato un secondo e un terzo boccone sollevò lo sguardo sul genitore, che a sua volta aveva cominciato a mangiare, dopo essersi assicurato che la figlia fosse soddisfatta. “Papà… sono contenta di passare la settimana con te” gli disse con un sorriso sincero. Vegeta la guardò di sottecchi per appena un istante, “Tsk” commentò “Sta zitta e mangia”. Tuttavia, in gran segreto, anche lui si sentì felice di poter passare del tempo con la sua bambina.

 

CONTINUA…

 

È passato molto tempo dall’ultima volta che ho pubblicato un racconto a capitoli.

Perché non scopriamo insieme se sono ancora in grado di intrattenervi con una storia?

Prima però è doveroso un piccolo avvertimento. Spero non siate sensibili ad un linguaggio… colorito. XD

  
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