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Autore: AliceWonderland    18/10/2016    1 recensioni
[...]Sembravano tutti molto costernati per la mancata riuscita della loro "spensierata gita estiva di allegri…" Oh beh, insomma, di quella gita fuoriporta.
Yugi, in particolare, si era impegnato tanto per fargli quella sorpresa; una delle tante, a dire il vero, a cui Anzu, Jonouchi e Honda avevano finito per aggregarsi nei caldi pomeriggi delle loro vacanze estive, per regalarsi e soprattutto regalare al giovane egiziano un po’ di distrazione e divertimento dopo gli avvenimenti che li avevano coinvolti nell’ultimo anno. Lunghe passeggiate per il centro di Domino City, giri per i negozi di carte, per le sale giochi e per i templi durante le feste estive tradizionali… Quei due mesi di vacanze costellati di attività avevano permesso ad Atem di imparare molto più sul paese in cui aveva scelto di vivere di quanto non avesse mai imparato nei precedenti tre anni trascorsi nel corpo di Yugi; aveva apprezzato molto le attenzioni e i tentativi degli amici di renderlo partecipe e protagonista dei loro progetti estivi, seppure questi non prevedessero un attimo di tregua tra un’attività e l’altra per permettergli di dedicarsi a se stesso...
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atemu, Joey Wheeler/Jounouchi Kazuya, Seto Kaiba, Tea Gardner/Anzu Mazaki, Yuugi Mouto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: i personaggi presenti in questa fanfic appartengono al loro rispettivo creatore. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!



-A summer story-



-Guardate! Siamo arrivati!- esclamò Jonouchi, allungando il passo e distanziando il gruppo di amici che procedeva lungo il sentiero sterrato, in direzione della spiaggia -Il mare! Si vede il mare finalmente!-.
Alle parole del ragazzo, ripetute per così tante volte da far perdere il conto ai suoi esausti accompagnatori, Atem soffocò un sospiro, continuando a camminare al fianco di Anzu e Yugi.
-Jonouchi, quanta fretta. Il mare non scappa mica- disse Honda, subito dietro l’amico, dando voce ai pensieri della comitiva alle proprie spalle.
-Proprio perché non scappa avremmo potuto organizzare la gita un altro giorno- boccheggiò Anzu, facendosi aria con una vecchia rivista trovata in stazione -C’è un’afa insopportabile, e guardate che cielo cupo. Minaccia pioggia da quando siamo arrivati-.
Jonouchi si fermò sul posto, sbracciandosi con indosso una grossa ciambella salvagente allacciata intorno alla vita: -Insomma, basta lamentarvi! Cosa volete che siano un paio di nuvole, rispetto a quello che siamo abituati ad affrontare di solito? Un po’ di cielo coperto non ci spaventerà di certo, dico bene, Yugi? Atem?-.
Una debole e quasi impercettibile risposta giunse da Yugi; il caldo lo stava mettendo a dura prova, nonostante il suo sorriso si sforzasse di concordare con le argomentazioni del migliore amico.
-Fosse solo il cielo coperto- gli fece notare Honda -Sfido io che questa spiaggia è deserta. E’ un vero tugurio di erbacce e sassi-.
Il volantino dello stabilimento balneare che Jonouchi aveva trovato in casa doveva essere vecchio di anni, dato che quello non sembrava proprio lo stesso posto allegro e pieno di vita delle immagini patinate; infatti, l’unico chiosco di gelati che potevano scorgere in lontananza era oramai ridotto a una catapecchia fatiscente, e di cabine, sdraio, ombrelloni e bagnanti neanche l’ombra.
Allontanando l’attenzione dal circondario, Atem tornò ad accodarsi all’entourage a cui si accompagnava quel giorno.
Dunque era quella un’allegra e spensierata gita estiva di liceali in vacanza, come l’aveva definita il biondino solo pochi giorni prima? A giudicare dalle facce dei suoi amici sembrava essere tutt’altro che allegra e spensierata: Honda si trascinava lungo il sentiero, con ombrelloni e borsoni gettati sulle spalle arrossate e spellate, Anzu, dietro di lui, aveva i capelli gonfi e spettinati dall’umidità e le braccia candide luccicanti di sudore, mentre Yugi, a causa delle vesciche, aveva dovuto ripiegare la tela del retro delle scarpe sotto i talloni, e ora gli zoppicava a fianco cercando di stemperare la tensione dovuta all’eccessivo entusiasmo di Jonouchi, l’unico che sembrava non far caso all’afa, al cielo cupo e a quel tratto di spiaggia in cui sassi, rocce e ciuffi d’erbacce prendevano il sopravvento sulla sabbia grigia e spessa che ricordava il calcestruzzo.
Qualche chilometro prima avevano scorto degli stabilimenti, ma tutti privati, a pagamento e oltremodo costosi, e dato che le spese per il viaggio e il cibo avevano prosciugato i loro portafogli, il posto in cui ora si trovavano era ciò che avrebbero dovuto sforzarsi di definire il loro piccolo angolo di paradiso solitario… Sempre attenendosi alle definizioni di Jonouchi.
-Va tutto bene, Atem? Sei così silenzioso-.
-Uh? Sì, sto bene, Yugi, non preoccuparti- lo rassicurò con un sorriso l’egiziano -Tu, piuttosto, sei sicuro di farcela?- gli domandò, allungandogli la sua bottiglietta d’acqua.
L’amico abbozzò un sorriso e, prendendola, bevve avidamente: -Sì, però mi auguro che più avanti la spiaggia soddisfi le sue aspettative. Jonouchi è così eccitato che potrebbe costringerci a marciare per i prossimi tre giorni…-;
-Questa non era proprio la mia idea di un’allegra e spensierata gita estiva di liceali in vacanza- sbottò Anzu, fermandosi per riprendere fiato -E poi con queste nuvole non riuscirò neanche ad abbronzarmi un po’- pensò fra sè, soffermandosi con gli occhi azzurri sulla carnagione ambrata di Atem.
-Sarà meglio sbrigarci prima che Jonouchi ci distanzi troppo- disse quest’ultimo, allungando il passo.
-Ci dispiace. Non sarebbe dovuta essere così la tua prima gita estiva al mare- sospirò Yugi, mentre Honda posava l’ombrellone impacchettato a terra, puntellandosi pigramente su di esso.
-Già, speriamo per lo meno che il tempo migliori nei prossimi due giorni-.
Atem si fermò sul sentiero e lanciò loro un sorriso rassicurante.
Sembravano tutti molto costernati per la mancata riuscita della loro spensierata gita estiva di allegri… Oh beh, insomma, di quella gita fuoriporta.
Yugi, in particolare, si era impegnato tanto per fargli quella sorpresa; una delle tante, a dire il vero, a cui Anzu, Jonouchi e Honda avevano finito per aggregarsi nei caldi pomeriggi delle loro vacanze estive, per regalarsi e soprattutto regalare al giovane egiziano un po’ di distrazione e divertimento dopo gli avvenimenti che li avevano coinvolti nell’ultimo anno. Lunghe passeggiate per il centro di Domino City, giri per i negozi di carte, per le sale giochi e per i templi durante le feste estive tradizionali…
Quei due mesi di vacanze costellati di attività avevano permesso ad Atem di imparare molto più sul paese in cui aveva scelto di vivere di quanto non avesse mai imparato nei precedenti tre anni trascorsi nel corpo di Yugi; aveva apprezzato molto le attenzioni e i tentativi degli amici di renderlo partecipe e protagonista dei loro progetti estivi, seppure questi non prevedessero un attimo di tregua tra un’attività e l’altra per permettergli di dedicarsi a se stesso.
Ma a Yugi, Atem non sapeva proprio dire di no, e così eccolo lì, ancora al centro delle loro attenzioni, a godersi gli ultimi giorni di vacanze prima dell’inizio dell’ultimo semestre di liceo…
-Abbiamo esagerato un po’, non è vero?- gli domandò il più piccolo, scorgendo l’aria assente e pensierosa assunta dal ragazzo al suo fianco, e abbozzando un sorrisetto costernato. -Cosa vuoi dire?-.
L’espressione di Yugi si fece tesa: -Mi vergogno a confessartelo, Atem… Ma la verità è che da quando siamo tornati in Giappone sono stato assalito dalla paura- gli rivelò -Adesso non siamo più uniti, e per me è molto più difficile capire a cosa tu stia pensando, quali sensazioni tu stia provando dal giorno del nostro ritorno. A fatica riesco a percepire se ci sia qualcosa che ti spaventa o ti preoccupa. Siamo sempre stati così vicini che ho temuto che questa nuova condizione potesse allontanarci-;
-Yugi…-;
-E’ sciocco, ma- disse, imbarazzato, il ragazzino -In certi momenti, vedendoti così assorto nei tuoi pensieri, ho temuto che stessi cominciando ad avere ripensamenti sulla tua scelta-. Il faraone sgranò gli occhi, colpito da quelle parole.
In effetti, Atem non aveva impiegato molto per intuire che tutte quelle attività organizzate dal gruppetto andavano stranamente di pari passo ai momenti in cui lui sembrava cercare un po’ di solitudine per riordinare i propri pensieri…
-E’ anche colpa nostra, Yugi- intervenne Anzu, prima che l’egiziano potesse replicare -Anche noi avevamo paura che Atem potesse pentirsi della tua scelta, e non gli abbiamo dato un attimo di pace-;
-E di privacy- ne convenne Honda, annuendo assieme all’amica.
-E’ vero. Ora che siete separati, e dopo tutto quello che hai passato, a maggior ragione avremmo dovuto concederti i tuoi spazi-.
Atem alzò le spalle e scosse il capo.
-Mi dispiace di avervi fatti preoccupare. Io stesso sto ancora cercando di abituarmi all’idea di poter essere del tutto indipendente. Posso capire il vostro punto di vista, ma sappiate che non sono affatto pentito della mia decisione-;
-Dici davvero?-;
-Ma certo-.
Al seguito di quelle parole, Atem scorse il viso di Yugi farsi più tranquillo e disteso, e sperò di essere riuscito a fargli capire che l’essere divisi non era necessariamente uno svantaggio. Era, anzi, una buona occasione per entrambi di dedicarsi a se stessi, avere degli spazi propri al di là di una stanza entro un antico manufatto, e, per quanto riguardava il faraone, cominciare a sviluppare meglio le proprie inclinazioni, i propri gusti e orientarsi in maniera più autonoma con la consapevolezza che il suo amico non avrebbe risentito delle sue scelte.
-Yugi…-;
-Sì?-.
-Niente riuscirà a farmi rimpiangere la decisione che ho preso al tempio. Hai ragione, d’ora in poi dovremo sforzarci un po’ di più per capire i bisogni reciproci dell’altro, ma sono certo che questo non ci allontanerà, anzi, non potrà che unirci di più. E lo stesso vale per voi, Anzu, Honda…-.
-Ah, così si parla, amico mio- disse quest’ultimo, traendolo a sé -Uniti verso il nuovo giorno, senza rimpianti! E chissà cosa ci riserverà il futuro-;
-Tanto per cominciare, un buon posto dove piantare le tende sarebbe l’ideale. E prima che faccia sera- ricordò loro Anzu, incrociando le braccia al petto -Vogliamo andare? Ho come l’impressione che cammineremo ancora per un bel po’-;
-Anzu ha ragione- asserì Atem –Comunque Jonouchi non ha tutti i torti. Abbiamo visto di peggio, giusto? E poi è sufficiente stare tutti insieme-.
Mentre gli altri annuivano, Yugi sussultò, attirando la loro attenzione.
-A proposito di Jonouchi... Qualcuno sa che fine ha fatto?-.

Camminarono per un altro lungo quarto d’ora; alla fine il trio si sedette, sfinito, sopra un gruppo di rocce, schiena contro schiena, per prendere fiato.
Avevano perso di vista la loro “guida”, e nell’attesa che gli amici si riprendessero, Atem si offrì di dare un’occhiata al circondario per cercarlo.
La spiaggia proseguiva parallela a una fitta vegetazione, che diventava sempre più selvatica man mano che ci si addentrava nell'entroterra; a costeggiare e dividere di netto la spiaggia dalle colline verdeggianti erano alcuni sentieri di terra battuta su cui erano stati piantati pali oramai arrugginiti dalle intemperie, sormontati da delle vecchie bandiere scolorite che sventolavano schioccando come nacchere, assecondate dal vento caldo e profumato di sale.
Camminando lungo la battigia, i piedi nudi che venivano massaggiati dallo strato di sabbia bagnata e dalla spuma, Atem si fermò a guardare l’orizzonte, sentendosi colmare di una pace di cui sempre più di rado si era trovato a godere.
-Atem! Atem, ci siamo persi, vero? Non torneremo più a casa!-;
-Non dire così, Mana. Non ci succederà nulla, te lo prometto-;
-Mahad ci sgriderà… -;
-Hai più paura di Mahad che di perderti nel deserto, allora?-.

La voce divertita di un Atem appena undicenne scemò, portata via del vento, e le labbra del faraone abbozzarono un sorrisetto.
Quel luogo era così particolare…
Richiamava alla sua mente la calma del deserto in cui spesso si era rifugiato quando era bambino, ma a differenza del silenzio che in quel luogo poteva stordire, spaventare e disorientare, lì c’era il canto del mare a tener compagnia ai suoi pensieri e a non farlo sentire troppo solo…
Si stiracchiò, tornando a godersi il panorama e cercando di ricordare come lui e Mana, in quella passata occasione, si fossero salvati, ma poco dopo dovette abbandonare le sue meditazioni, perché scorse la spiaggia terminare qualche metro più avanti in un’insenatura fiancheggiata da una stretta stradina in salita, che conduceva all’apice di una ripida scogliera.
Lo sguardo di Atem stava ancora percorrendo quel punto, quando la voce di Jonouchi lo raggiunse, costringendolo a riportare la sua attenzione verso la spiaggia.
-Atem! Ehi, Atem!- lo chiamò il ragazzo, sbracciandosi sopra ad alcune rocce -Presto, chiamiamo gli altri! Ho trovato il posto giusto!-.

-Però! Va molto meglio. È sempre grigio e tetro, ma per lo meno abbiamo sabbia vera e non erbacce e spuntoni rocciosi- constatò Honda, una volta raggiunto il posto indicato da Jonouchi, lasciando cadere a terra sacche e ombrelloni che sprofondarono di qualche centimetro nei granelli di sabbia.
-Per me è perfetto. Che ne dite? Quel promontorio riparerà anche le tende dalla corrente- disse Yugi.
-Che cosa guardi, Atem?- domandò Honda, nel frattempo, scorgendo l’amico alzare nuovamente il viso sulla scogliera.
-Ecco, prima avevo notato che lassù c’è una casa…- spiegò agli amici, che stavano già liberando teli e tende da dentro i loro zaini.
-Ha ragione, c’è una villa, lassù-;
-Eh?! Non ditemi che siamo sopra una proprietà privata!- sbottò Honda, rabbrividendo all’idea di dover ancora una volta caricarsi in spalla ombrelloni e sacche, e riprendere il pellegrinaggio.
Gli sguardi incerti della comitiva si fissarono per qualche istante sulla villetta all’apice del promontorio, cercando di capire se fosse abitata o meno. Le imposte erano spalancate, ma non c’erano auto, né segni che confermassero la presenza di persone al suo interno. Era avvolta nel silenzio, e, arrampicata proprio al’apice della scogliera, sembrava vegliare sul circondario.
-Che importa? Magari non è neanche occupata- liquidò l’argomento Jonouchi -E anche se lo fosse, chi verrebbe in spiaggia in una giornata come questa? Possiamo stare tranquilli-.
Proprietà privata o no, scoprire quella piccola insenatura percorsa da sabbia morbida e fine aveva contribuito a migliorare l’umore del gruppo.
-Abbiamo quasi finito! Pensavo che ci avremmo impiegato molto di più- ammise Anzu, soddisfatta, guardando la tenda che Yugi e Atem avevano aiutato a sistemare. A due passi da loro, Jonouchi e Honda erano ancora impegnati a piantare i paletti.
-Ci sei, Honda?-;
-Ci sono-.
Il martello che Jonouchi teneva sollevato calò con decisione verso il picchetto.
A quella vista, Honda si morse il labbro e, incerto sul destino della propria mano, lo lasciò andare, facendo sì che l’ammasso di teli cerati e tremolanti, sformati dalla loro mano inesperta, cedessero.
Un rumore di cavi tesi frustò l’aria, costringendo il trio a poca distanza a voltarsi.
-Jonouchi, Honda!- esclamò Yugi, incredulo, guardando gli amici lottare per liberarsi dal telo e dai fili che li avevano imprigionati.
-Ti avevo detto di tenere fermo quel picchetto! Razza di impiastro, perché l’hai lasciato andare?!- protestò Jonouchi, dimenandosi fra i teli e sferrando un calcio in faccia all’amico, che grugnì contrariato, ricambiando con una poderosa gomitata alle costole.
-Mi sei sembrato poco affidabile, con quel martello in mano!-;
-Che cosa?! Inaffidabile…Io? Per colpa di chi siamo in questa situazione, rispondi!-.
Anzu si schiacciò una mano sul volto: -Siete in perfetta parità, se proprio vi preme saperlo-.
-Sarà meglio liberarli prima che distruggano tutto- disse Yugi, avvicinandosi con Atem.
-Al mio tre, Yugi, ci sei? Uno, due… tre-.
Quando finalmente le tende liberarono i due malcapitati e furono montate seguendo le istruzioni, tutti quanti si lanciarono in acqua sotto lo sguardo divertito e attento di Atem, che si sedette a contemplarli dalla riva.

Al seguito dell’ennesimo schiamazzo trasportato dal vento caldo e secco, Seto distolse l’attenzione dalle pagine del libro e rivolse lo sguardo su Mokuba, che stava camminando pigramente su e giù lungo la battigia, saltando di tanto in tanto le onde più basse.
-Oggi i gabbiani sono più rumorosi del solito- constatò il ragazzino, altrettanto perplesso, tornando verso di lui -Nii-sama, ti andrebbe una passeggiata sino al faro?-.
Il ragazzo seguì con la coda dell’occhio il fratellino sedersi ai piedi della sdraio e giocherellare distratto con dei mucchietti di sabbia bianca.
Era da tanto che Mokuba lo supplicava di prendersi un week end di riposo, e con suo gran stupore, Seto l’aveva sorpreso acconsentendo in quegli ultimi quattro giorni di agosto.
I Kaiba occupavano di rado la casa sul promontorio, e l’ultima volta che Seto si era recato lì in solitudine per ritrovare un po’ di pace dopo la disfatta subita nel duello contro il rivale, due scagnozzi dell’I2 aveva addirittura tentato di farlo fuori…
Ma per quanto tristi fossero i ricordi che lo legavano alla loro vecchia casa, in cui avevano abitato prima della morte della madre e dell’incidente di loro padre, Mokuba aveva sempre mostrato ostilità nei confronti dell’intenzione di Seto di venderla, e poiché non erano molte le cose che il ragazzino gli chiedeva, il fratello maggiore aveva desistito dal suo intento. Inoltre, doveva ammettere che l’aver trascorso qualche giorno di riposo in quella località appartata e silenziosa, lontano da tutto e da tutti, lo stava ritemprando dalle fatiche e dagli avvenimenti degli ultimi tempi.
Ne aveva avuti di impegni e incombenze da quando lui e Mokuba avevano fatto ritorno dall’Egitto, specie dovendo spartire le sue attenzioni tra le diverse filiali dell’azienda e dei parchi in costruzione da un anno e mezzo, aperti anche negli U.S.A., e che richiedevano la sua costante attenzione e presenza dopo aver superato indenni gli sporchi complotti messi in atto da Dartz e dalla Paradius Corp., e di cui il rivale Siegfried Von Schroider aveva più avanti approfittato per tentare la ribalta, rischiando anche di mandare a rotoli il suo torneo a Kaibaland.
Ma fortunatamente Seto era riuscito a rovesciare la sorte e ancora una volta la sua azienda e la propria immagine erano state salvate in extremis, sebbene questi non potesse fare nulla per insabbiare quella voce dentro di sé che gli ricordava sempre l’aiuto esterno ricevuto.
Nelle ultime vicende, l’aver potuto contare sul sostegno di Yugi e del suo alter ego aveva fatto la differenza, e di questo doveva prendere atto.
Atem, così si chiamava quello spirito contro cui si era scontrato per anni, era stato rigenerato grazie al sacrificio delle tre Divinità Egizie, e per la prima volta dopo quell’incredibile viaggio nelle sue memorie, Seto l’aveva visto prendere vita, riacquisire le proprie sembianze e la propria identità, così diverse rispetto a quelle di Yugi Muto, che il CEO si era trovato a domandarsi come avesse potuto credere che fossero la stessa persona per tanto tempo.
Ora Atem aveva un corpo proprio, una sua volontà e indipendenza, e poi, pensò Seto intestardendosi…
L’unica cosa che non aveva più era il titolo di Campione.
-Nii-sama? Va tutto bene?-.
Già, ora Atem aveva la sua nuova vita ma, nel profondo, l’orgoglio del duellante avrebbe accettato la sconfitta subita contro Yugi Muto? Quella stessa sconfitta il cui gusto amaro era stato saggiato da Seto in passato?
Dopo aver assistito alla disfatta del faraone, pensava che avrebbe addirittura esultato al pensiero che fosse venuto il momento per il suo rivale di inghiottire l’amaro boccone, che per diverse occasioni era toccato a lui, ma così non era stato. Si era invece chiesto se d’ora in avanti lui stesso avrebbe accettato di essere stato battuto da un altro perdente, e spesso il presidente della KC si sorprendeva, trovandosi a pensare a quanto fastidio gli procurasse ancora quel dettaglio.
Allo stato delle cose, se Atem avesse mai deciso di lasciare i duelli, Seto avrebbe dovuto battersi direttamente contro Yugi per strappargli il titolo di Campione del mondo, ed era sicuro che presto o tardi avrebbe potuto rivendicare quel titolo…
Ma allora per quale ragione il solo pensiero di scavalcare Atem e di un’ipotetica vittoria contro Yugi Muto gli risultava così insapore, e non riusciva a invogliarlo nell’avanzare il guanto di sfida verso il nuovo rivale?
Atem aveva davvero perso ai suoi occhi, il giorno del duello cerimoniale? Non sapeva più cosa pensare di tutta quella storia.
Una folata di vento gli carezzò il volto, distogliendolo da quei pensieri, e la voce di Mokuba tornò a farsi strada al suo fianco.
Per ora Yugi Muto poteva anche tenersi il titolo.
Quello che era importante per lui, al momento, era essere tornato a capo della sua azienda e di essere riuscito a realizzare gran parte del suo sogno e di quello di suo fratello.
Andava tutto bene. Doveva proseguire su quella strada senza indugio, ed era certo che prima o poi il tempo avrebbe sistemato ogni cosa, se fosse stato paziente.
-Mokuba…-;
-Sì?-.
Altri schiamazzi echeggiarono in lontananza, e la fronte di Seto si aggrottò.
-Scopri chi sta lanciando questi latrati animaleschi dall’altra parte della scogliera- disse, alzandosi di nuovo il libro davanti agli occhi, mentre il fratellino balzava in piedi, portandosi una mano alla tempia come un soldato.
-Subito, nii-sama!-.

-ABBIAMO VINTO!-.
Jonouchi batté vittorioso i palmi contro quelli di Honda, mentre Yugi riemergeva dall’acqua, sputando una fontanella d’acqua salata e tossendo.
-Non vale! L’avete quasi affogato!- protestò Anzu, aiutando il suo compagno di squadra a rialzarsi e a sedere sulla riva.
-Tutto bene?- gli domandò Atem, chino su di lui.
-S-sì. Sto bene, non preoccupatevi. Gran bel tiro a effetto, Jonouchi- ridacchiò l’interessato, cercando di tranquillizzarli.
-Scusa, Yugi. Ci siamo fatti prendere troppo la mano- disse il ragazzo, lanciando un’occhiata all’amica -E poi con Anzu avremmo dovuto immaginare che le squadre non sarebbero state bilanciate. Alla prossima starò in squadra con te-;
Gli occhi azzurri di Anzu lampeggiarono: -Ehi, come sarebbe!?- protestò, sul punto di assestargli un pugno.
-Ma dov’è finito il pallone?-;
-E’ rimbalzato fra quelle rocce. Vado a recuperarlo-;
-Riesci ad arrivarci, Honda?- gli chiese Atem, seguendolo con lo sguardo l’arrampicata dell’amico, assieme agli altri.
-Sì, ci sono quasi… Ecco!-.
-EHI, VOI! Cosa fate qui? Questa è una proprietà privata, non potete…!-.
A quel monito, Anzu, Yugi, Atem e Jonouchi si voltarono verso la salita del promontorio, scorgendo una figura familiare raggiungerli di corsa sulla riva.
-Ma voi…! Non è possibile! Ma cosa ci fate qui, si può sapere?- esclamò Mokuba Kaiba, stupito, fermandosi davanti ai quattro.
-Eh!? Tu che cosa ci fai qui, piuttosto!- gli fece eco Jonouchi, a bocca spalancata, mentre Honda perdeva l’equilibrio e piombava in acqua a gambe all’aria assieme al pallone.

-Incredibile- bofonchiò il biondino, seduto a gambe incrociate sulla sabbia, fissando Mokuba addentare la sua fetta di melone accanto a Yugi e Anzu -Con tutti i chilometri di costa del paese, proprio nella spiaggia di proprietà dei Kaiba dovevamo finire?- detto ciò lanciò un’occhiataccia di sottecchi a Seto, rimasto seduto sulla sdraio, lontano da loro.
-E sei stato proprio tu a condurci qui, segugio. L’hai già dimenticato?- masticò Honda, lasciandolo interdetto.
-E’ stata una bella sorpresa- disse Anzu, con un sorriso -Non pensavo che aveste una casa qui al mare, Mokuba-;
-Uh? Oh, sì, ecco… - bofonchiò il ragazzino, interrompendosi e ricambiando un’occhiata fugace del fratello maggiore -Ci siamo presi qualche giorno di riposo-.
-Kaiba che si prende una vacanza. Ecco spiegato questo tempaccio- disse il biondo, sputacchiando qualche seme di melone.
Mokuba gonfiò le gote, corrucciato: -Ehi, ma cosa credi? Guarda che mio fratello non è una macchina!-;
Yugi distolse lo sguardo da Seto: -In effetti- intervenne -Ci domandavamo che fine aveste fatto. Pensavamo foste ancora in America-;
-Ci siamo stati fino a qualche giorno fa, e dovremo ripartire presto per la Florida- disse Mokuba, tutto impettito -L’idea sarebbe di aprire una terza filiale a Miami, una Kaibaland a tema acquatico, per la precisione. Ma non abbiamo ancora reso ufficiale la notizia-.
Sotto le esclamazioni di meraviglia degli amici seguite a quella rivelazione, Atem volse l’attenzione verso il presidente della KC.
Da quando Mokuba li aveva invitati nella loro spiaggia, Seto si era, come al solito, limitato a mantenere le distanze, semidisteso sulla sdraio, lo sguardo intellegibile perso fra le righe del libro che teneva in mano.
Il venticello afoso che si alzava di tanto in tanto faceva ondeggiare i lembi della morbida camicia bianca che indossava, e sollevava pigramente i suoi capelli sottili, rivelando ancor di più la tinta zaffiro degli occhi da sotto la frangia scura.
-Atem?-.
Con aria interrogativa, Yugi guardò il faraone alzarsi, pulirsi le ginocchia dalla sabbia e avviarsi verso il CEO, mentre Jonouchi borbottava qualcosa come “Attento, potrebbe morderti”, subito tacciato da Anzu, che dopo avergli assestato una gomitata tra le costole, propose al gruppetto una partita a pallone sul bagnasciuga.
Grato all’amica per aver allontanato l’attenzione da lui, l’egiziano si fermò a qualche passo da Seto, che scorgendolo ricambiò brevemente il suo sguardo.
Percependo un improvviso nodo allo stomaco, il faraone dischiuse le labbra per dire qualcosa, ma desistette, rendendosi conto di essersi avvicinato a lui senza una ragione né un discorso o una domanda ben precisi da rivolgere al suo rivale, e nel notarlo, l’attenzione di Seto sembrò volgersi di nuovo sul libro, il cui titolo era visibile solo in parte, in una lingua straniera ad Atem sconosciuta.
-E’ un bel posto- disse, alla fine, trasformando quell’ultima affermazione in un sussurro appena udibile -Sembra un, hm… buon posto per meditare-.
In seguito ad un ululato di Jonouchi, Seto rivolse lui un’occhiata torva, trattenendo a stento fra le labbra quello che sarebbe potuto essere un tetro: “Lo è quando non viene occupato da gente mediocre”.
-Hm. E tu hai molto su cui meditare, suppongo- disse, invece, il presidente della KC.
-Cosa te lo fa credere?-.
Seto voltò un’altra pagina del volume.
-Yugi è un duellante di tutto rispetto, questo è stato ampiamente appurato... Dimmi, come ci si sente a saggiare il sapore della sconfitta?- lo punzecchiò, da tempo impaziente di porgli quella domanda.
-Se proprio ne vuoi discutere, credo che il sapore della mia sconfitta sia stato molto diverso rispetto a quello della tua, Kaiba- replicò il faraone, tranquillo.
-Tu credi? O lo pensi davvero o il tuo orgoglio è rimasto ancor più ferito di quanto tu voglia lasciar trasparire-.
Atem lasciò cadere il silenzio per qualche minuto; si sedette a gambe incrociate sulla sabbia, puntellandosi sui palmi, e tornò a fissare il gruppetto di amici.
-Sono fiero di Yugi- disse, guardando l’amico correre in acqua -Tutti noi alla fine di questa storia abbiamo imparato qualcosa. E con quel duello lui è cresciuto, è diventato un vero duellante sicuro di sé, e io non potrei esserne più orgoglioso. In fondo le capacità le ha sempre avute-;
-Hai meditato solo per un istante di lasciarlo vincere?-;
-Sì, per un momento sì. Ma non avrei mai permesso una cosa simile. Kaiba, il rispetto e la correttezza sono ciò che hanno reso la sfida degna di questo nome. Yugi ha vinto con tutti i meriti e se, al contrario, avessi vinto io, lui non avrebbe mai trovato se stesso. E in quel caso… quel duello, per me, avrebbe rappresentato una doppia sconfitta-.
-Una doppia sconfitta?- pensò il vicino, volgendo l’attenzione sul ragazzo seduto accanto a lui.
-Ciò che ora stanno rendendo Yugi più maturo sono la sicurezza e una consapevolezza delle proprie potenzialità che tre anni fa ancora non possedeva. Avevo fiducia in lui, e avevo messo in conto un solo caso in cui il mio orgoglio sarebbe potuto rimanere davvero ferito, come dici tu-.
Seto dilatò un po’ gli occhi, impaziente di avere le risposte che da tempo desiderava.
-Se fossi riuscito a batterlo. Se Yugi in quell’occasione avesse perso, sarei stato io il primo ad aver fallito, non solo lui. E in quel caso posso confidarti che, sì, ne sarei davvero rimasto deluso-.
Per un momento le voci che erano echeggiate lungo la spiaggia si spensero, coperte dal fragore delle onde spumose che andavano man mano ingrossandosi. Un paio di gabbiani scivolarono sullo specchio d’acqua increspato e planarono sugli scogli vicini, gonfiando le piume e fissando placidi l’orizzonte.
-Hm. E ora che il tuo orgoglio si è preservato, cosa pensi di fare di questa tua nuova esistenza?-.
Atem trasalì.
-Sai bene a cosa mi riferisco- continuò Seto -Hai declinato entrambi gli inviti di Pegasus. Non avrai intenzione di smettere coi duelli e di rimanere all’ombra di Yugi, spero-.
-Come hai saputo che ho…?-;
-Avevo ricevuto anch’io un invito- tagliò corto Seto, lasciandogli a intendere di essere stato messo al corrente dal socio in affari di quel dettaglio che lo riguardava.
In un primo momento il pensiero di una carriera come professionista aveva sfiorato Atem diverse volte; tuttavia, quando si era trovato fra le mani l’invito redatto nientemeno che dal comitato organizzativo dell’I2, aveva cominciato a ponderare che la cosa giusta da fare fosse lasciare che l’amico affrontasse il suo primo torneo da solo.
Per qualche strana ragione, in quell’occasione si era sentito come un’ombra di troppo per il suo compagno, e così aveva declinato e si era fatto da parte, lasciando tutti sorpresi.
Solo in seguito alle parole di Kaiba, Atem cominciò a rendersi conto di quanto peso e importanza stesse improvvisamente dando alla rinuncia fatta tempo prima.
Sollevò le mani dalla sabbia, pulendosele dai granelli fini, pensoso.
Rimanere all’ombra di Yugi…
Cosa voleva dirgli? Che aveva sbagliando a mettere prima Yugi di se stesso? Sì, in quell’occasione l’aveva fatto, ma a lui non era sembrato un gesto sbagliato…
Tuttavia, Seto sembrava leggere nei suoi occhi dettagli che a lui stavano sfuggendo.
-Forse essere circondato da gente mediocre non ti è di grande stimolo- continuò il rivale, con freddezza -Sii obbiettivo. Tu pensi che mettere te stesso per primo e andare oltre il tuo gruppetto di amici significhi abbandonarli o fare loro un torto? Dimmi, pensi che si porranno lo stesso problema quando verrà per loro il momento di decidere cosa fare delle proprie vite? Sei qui da più di due mesi e già ti precludi la possibilità di guadagnarti le tue soddisfazioni, di avere a che fare con gente molto più affine a te di quanto tu possa pensare…-;
-Gente più affine a me?- ripeté l’egiziano, trasalendo e scoprendo lo sguardo che il rivale gli stava lanciando da sotto la frangia scura -Dove vuoi arrivare? Chi sarebbe la gente più affine a me?-;
-Per l’appunto, quella che potresti trovare se solo andassi oltre l’harem a cui di solito ti accompagni, faraone- disse Seto, pungente, e marcò con particolar enfasi sull’ultima parola con tono ironico e fastidioso, che Atem ricambiò con un’occhiata altrettanto pungente.
-Divertente. Ho come l’impressione che tu stia cercando di dirmi che dovremmo frequentarci di più-.
A quelle parole, le labbra di Seto si piegarono in un mezzo sorriso.
-Ma certo che dovremmo frequentarci di più- asserì -Dovrà pur venire il momento in cui ci sfideremo ancora per decidere chi dei due è il migliore. Abbiamo un conto aperto, io e te-;
-Ma ricorda che ora è Yugi il Campione. Lui mi ha battuto-;
-E’ vero, ti ha battuto, e assistendo alla tua disfatta per un bel po’ ho provato pietà per te, riconoscendo ciò che a lui spettava, ma…- disse Seto abbandonando ogni sarcasmo e fastidiosa ironia, mentre Atem si faceva più attento e nel suo petto il cuore martellava con prepotenza ad ogni parola del rivale -Poco fa ho avuto tutte le risposte che cercavo, le carte in tavola sono cambiate, e potrò agire di conseguenza-.
Non aggiunse altro, ma Atem comprese che in quel momento il suo vicino stesse rinnovandogli la sua stima, e la cosa gli provocò un forte piacere.
Kaiba non aveva smesso di credere in lui. Lo riteneva ancora un duellante degno di questo nome.
-La palla!-;
-La prendo io!-
A poca distanza, Yugi sollevò il pallone da terra e si voltò, lanciando un’occhiata incuriosita verso i due rivali; parlavano da un bel po’, il che era qualcosa di sorprendente per i loro standard, e la cosa che lo colpì maggiormente fu che all’improvviso sembravano essersi fatti più vicini… Quasi più intimi.
Una fitta dolorosa gli attraversò il petto, e le sue labbra si tesero lasciando scemare il sorriso, serrandosi senza che il ragazzino se ne rendesse conto.
Adesso che anche il suo amico possedeva un corpo, gli faceva uno strano effetto vedere lui e Kaiba uno accanto all’altro, a parlare e discutere, e doverli osservare da lontano come una persona del tutto estranea…
-Atem…?- sussurrò, notando gli sguardi dei due incrociarsi di nuovo.
-Kaiba. Anche a me piacerebbe sfidarti ancora-.

CONTINUA.
  
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