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Autore: Sarah_lilith    18/10/2016    4 recensioni
Un breve squarcio nella mente di Achille alla morte di Patroclo, perché li amo troppo e meritano un lieto fine, per quanto possibile.
È la prima ff che scrivo, siate clementi e non uccidetemi.
[Achille/Patroclo]
(revisionata)
Genere: Drammatico, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pensare di fermare il tempo e ricominciare da capo, senza il peso di una vita importante sulle spalle, sarebbe magnifico.
Quando te ne rendi conto è talmente tardi che quasi ridi, Achille.
Vorresti scambiare la tua vita con quella di uno schiavo, di un animale o persino di un Troiano, per impedire l’orrore che si è compiuto.

Il corpo straziato del tuo amato tra le braccia è ancora caldo

Preferiresti non averlo mai incontrato, mai conosciuto e mai amato; il Fato ti è contro, come la corrente di quel fiume che attraversavo da bambino, con lui sulle spalle, che rideva. 

I suoi occhi scuri ancora aperti guardano il cielo tinto di rosso; il tramonto si avvicina, lui l’ha sempre amato e guardato con un sorriso 

Ecco, ricordi la sua risata e piangi sempre più, fino a perdere la divina voce e a strapparti capelli dalla cute ormai sanguinante.
Lo strazio ti lacera l’anima e preghi solo che Ade ti accolga nel suo regno per poterti ricongiungere al tuo Patroclo.
Pensare che all’inizio ti odiava per la tua strafottenza e indifferenza verso il genere umano e tu, estasiato dalle sue labbra che si aprivano solo per insultarti e dai suoi occhi che ti guardavano con sdegno, lo hai convinto a parlarti, conoscerti e infine amarti.

Lo squarcio sul suo petto ha smesso di sanguinare e il suo colorito si è fatto più pallido del chitone delle tue schiave. Lo raccogli da terra e te lo stringi al petto 

Rammenti le giornate alla corte di tuo padre, dove ingenuamente correvi per raggiungerlo al lago dove facevate il bagno ogni estate, mangiando fichi e noci col miele, godendovi la fanciullezza.
E piangi, urli e singhiozzi come un neonato strappato dal grembo materno, troppo sconvolto per prendertela con gli Dei ma abbastanza furioso per giurare vendetta.

Lo porti nella tua tenda e lo adagi sul letto che molte volte avete condiviso, dormendo con le gambe intrecciati e le mani l’uno nei capelli dell’altro. Accarezzi il suo viso e sospiri tra le lacrime, prendendo uno straccio bagnato e pulendogli la fronte dagli schizzi di sangue ancora fresco e la polvere appiccicata per il sudore della battaglia.

Tutti si sono allontanati in rigoroso silenzio dopo averti portato il suo corpo, evitando il tuo dolore e la tua furia;  timorosi della tua reazione.
Solo Agamennone, sfacciato o semplicemente stolto, ha lodato il Tuo compagno per il suo valoroso impegno nella lotta, nella morte.
Tu hai ringhiato come una belva feroce e abbaiato uno ordine con voce strozzata
-Andate via, ORA!-
L’ultima parola è stata gridata con una tale ira da far provare a tutti il brivido di fronteggiare gli stessi Deimos e Phobos1 e, impauriti, si erano ritirati nelle loro tende o dai loro compagni.
Implori tua madre, la dea che ti ha generato, Achille.
La implori di impedire al corpo di Patroclo di avvizzire e sparire, e lei ti accontenta, conscia che questo sarà uno dei tuoi ultimi desideri.
Poi, nel tuo dolore si fa strada una creatura oscura e crudele, la rabbia ti acceca; la voglia di massacrare il principe Troiano ti travolge così intensamente da farti vacillare, ma il corpo di Patroclo è al tuo fianco e tu non vuoi lasciarlo.
Ti rivolgi nuovamente a tua madre e le chiedi un’armatura, per vendetta, come ora il tuo cuore brama. Lei ti accontenta e tu provi sdegno all’immagine di Ettore che spoglia il tuo amore dell’armatura e la indossa per dimostrare ai suoi soldati di averlo ucciso.

Ucciso, ucciso... il tuo amore è morto e tu sei ancora vivo

-Per poco, figlio mio- ti ricorda tua madre e tu sorridi, e quella smorfia si trasforma in una risata isterica che sfocia in un altro pianto disperato.
Presto sarò morto e portò riabbracciarlo, pensi gioioso, eppure non vorresti che la sua vita fosse stata interrotta così bruscamente, lontano dalla sua terra e dalla sua casa.
-La mia casa sei tu- gli ripeteva Patroclo tra i baci, ma tu hai sempre preferito immaginarlo al tuo fianco come re della sua nazione, che gli spettava anche dopo la sua colpa2.
Il giorno dopo scenderai in battaglia e, morendo, sorriderai come di fronte alla notizia più bella della tua vita, perché il tuo amore ti attende nell’Averno.

Il buio ti avvolgerà e tu, spaesato, ti sentirai stringere la mano da un’altra, e un odore di fichi e miele ti coglierà impreparato.

Sorridi al tuo destino, che infondo non è poi così crudele.

 

ANGOLINO D’AUTRICE
1. Deimos e Phobos: sono l’incarnazione del Terrore e della Paura, figli di Afrodite e Ares.
2. …la sua colpa: non tutti lo sanno, ma Patroclo era un principe ripudiato dal padre Menezio per aver ucciso involontariamente un ragazzo, spingendolo a terra e facendogli battere la testa su un sasso.
Mi scuso per gli eventuali errori e spero vi piaccia :)
Baci a tutti, Sarah_lilith

 
   
 
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