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Autore: f9v5    20/10/2016    7 recensioni
[PostShadow The Hedgehog!]
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Che diavolo ci faceva lì Faker?
Shadow aggrottò ulteriormente lo sguardo, condendolo con una buona dose di scetticismo, non ci credeva affatto alla casualità di quell’incontro.
Sonic smorzò leggermente il suo sorriso.
-D’accordo, ti ho visto sfrecciare per le strade e ti ho seguito.-
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shadow the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Shadow the Hedgehog non si era mai chiesto cosa avesse fatto di male per ritrovarsi in quella situazione. Beninteso, non significava tenesse in buona considerazione tale avvenimento, ormai divenuto fin troppo ricorrente e fastidioso, ma riteneva che porgersi quell’interrogativo avrebbe assunto una connotazione decisamente patetica (solo i deboli si soffermavano sulle scelte trascorse alla ricerca di giustificazioni), oltre all’evidente sfumatura di retorica che il quesito avrebbe posseduto.
Che cosa aveva fatto di male?! Chiedersi il contrario sarebbe stato decisamente più logico.
Era fin troppo estesa la lista mentale di azioni “non propriamente nobili” di cui si era reso fautore e preferiva non pensare al tempo che sarebbe occorso per elencarle nell’eventuale, ma altamente improbabile, caso in cui avesse sentito il bisogno di esternarle a soggetti estranei.
In quel momento il riccio si stava dondolando svogliatamente sull’unica sedia del suo piccolo appartamento, con le gambe accavallate sul tavolo in legno, quest’ultimo a volte traballava.
Non era mai stato uno che badava alla presentazione esteriore lui, l’importante era la sostanza, il contenuto; un occhio esterno avrebbe giudicato l’appartamento spoglio, malmesso, poco confortevole e affatto accogliente, lui aveva un punto di vista nettamente diverso: c’era un letto per dormire, un bagno per lavarsi, un frigo (di seconda mano) dove conservare il cibo per mangiare, quindi assurgeva al suo compito, non c’era motivo per presentare rimostranza.
Non ci trascorreva mai un lasso di tempo che poteva ritenersi considerevole, ulteriore ragione a non avanzare proteste per le condizioni spartane, che a lui sembravano addirsi perfettamente al suo modo di essere, la polvere che stanziava negli angoli, al sicuro da scopa e paletta e da qualunque altro genere di prodotto per le pulizie, era capitata nel suo habitat naturale, fortunata del fatto che il proprietario fosse assente per la maggior parte del tempo.
E poi, volendo essere completamente sinceri su quell’argomento, anche se avesse mai sentito il bisogno di qualche comfort in più, lo stipendio alla G.U.N. non era propriamente tale da consentire una vita di lusso a chi ne usufruisse, o più semplicemente la sua bassa consistenza era una conseguenza del fatto che il Comandante Tower non aveva soppresso totalmente l’astio nei suoi confronti e, conscio dell’incapacità di placare tale sentimento mediante l’utilizzo di squadroni della morte o robot superavanzati (troppo scontata la fine a cui sarebbero andati incontro), aveva optato piuttosto per ricorrere al metodo finanziario.
Shadow avrebbe sicuramente dato credito a quest’ipotesi, ma la vita in un appartamento minuscolo e fatiscente non gli aveva mai arrecato nessun fastidio, dunque fece in modo di non far mai trapelare tale verità, se la teoria dietro la sua bassa remunerazione fosse mai stata esatta, allora avrebbe lasciato che il Comandante continuasse a pensare di avergli inferto un colpo emotivo e crogiolarsi in quell’illusione.
Gli umani erano decisamente ridicoli, provare piacere per simili questioni, arrecare danni per vie traverse e godere del risultato in silenzio… decisamente stupidi.
Il riccio si stufò presto di quella passività, la sedentarietà non faceva proprio per lui e il suo rifiutarla gli fece storcere il naso; bramava la velocità, non poteva negarlo, non in maniera maniacale come “qualcun altro”, ma ne sentiva un’indiscutibile necessità, era parte di lui, una delle più vitali e contemporaneamente la più diseredata, guarda caso in virtù del soggetto con cui costituiva un punto di similarità.
-Bah, non pensiamoci.-
Fece una breve tappa davanti lo specchio scheggiato del piccolo bagno; scheggiato come i suoi ricordi, come la sua anima tediata da visioni incomplete e frammentarie, squarci di un passato così arcano e contemporaneamente limpido quanto uno specchio d’acqua… uno specchio d’acqua in cui venivano gettati fin troppi sassi.
Le occhiaie si vedevano benissimo però, gentile rimasuglio della fastidiosa ricorrenza degli ultimi tempi.
Il passato adorava tormentare la gente, ormai ne era convinto, pur non ritenendo il suo un effettivo tormento quanto piuttosto una rottura di scatole che stava rendendo decisamente desiderabile il volersi sbarazzare di lei.
Forse era solo un caso, forse il suo inconscio stava ancora consumando i postumi dell’evento e ciò che gli stava accadendo era il metodo adottato dal suo Io per attutire tutto, smaltire la cosa progressivamente e a pezzi facilmente sopportabili fino all’esaurimento di quel poco gradito travaglio mentale che avrebbe infine lasciato la sua mente sgombra da esso.
Aveva già abbastanza tormenti per la testa, la prospettiva di liberarsi dell’ultimo arrivato non andava certo incontro al suo diniego.
Uscì dal bagno e in seguito dall’appartamento, in fretta e furia e sbuffando, voleva sgranchirsi e stare davanti a uno specchio era la soluzione meno confacente, al problema e al suo umore.
 
 
 
Svuotò il bicchiere tutto d’un fiato e poi lo poggiò con decisione sul tavolino circolare al quale era seduto, da solo e nell’angolo più buio e remoto del locale.
Sperava sinceramente che nessuno provasse ad intrattenere un discorso con lui, non aveva interesse a garantire per l’incolumità dell’imbecille di turno.
Gli era stata rivolta qualche occhiata truce, prontamente bilanciata da uno sguardo di ghiaccio, al suo ingresso di quel bar della periferia di una Westopolis che stava ancora cercando di riprendersi dopo gli attacchi subiti alcuni mesi prima.
Gli umani erano fondamentalmente dei vigliacchi, lo leggeva chiaramente il desiderio di morte nei loro occhi, scaturito proprio dal suo arrivo (gli poteva comunque concedere di essere mentalmente in possesso di una considerevole motivazione), accompagnato però da quel timore reverenziale che la sua figura incuteva, sopendo l’ardore dei loro animi quanto bastava da costringerli ad ingoiare l’amaro boccone della consapevolezza della loro impotenza.
-Ehy Shadow, ma guarda un po’ te che coincidenza.-
Oh cazzo, lui no!
Un’occhiata fulminante al suo indirizzo, la vaga speranza di sortire lo stesso effetto che produceva sui comuni mortali per tenerli lontani.
Peccato che stavolta non si trattasse di un “comune mortale”, ma di Sonic the Hedgehog, colui che gli umani aveva eletto al rango di “divinità”, ben più di un semplice eroe, in virtù della loro imperfezione e del loro bisogno di affidarsi ad un’entità superiore. Lo vide come si accesero gli occhi di tutti al suo ingresso.
-Se quel mostro tenterà qualcosa di losco, Sonic lo fermerà!- sì, sicuramente qualcuno di loro moriva dal desiderio di dirlo. Patetici.
Gli occhi smeraldini di questi incrociarono il rosso cremisi di Shadow, il sorriso smagliante che non accennava a diminuire e la man ancora alzata in gesto di saluto non ricevettero il piacere di una risposta, solo un’accentuazione del già minaccioso cipiglio del riccio nero.
Che diavolo ci faceva lì Faker?
Shadow aggrottò ulteriormente lo sguardo, condendolo con una buona dose di scetticismo, non ci credeva affatto alla casualità di quell’incontro.
Sonic smorzò leggermente il suo sorriso.
-D’accordo, ti ho visto sfrecciare per le strade e ti ho seguito.-
Ovvio, erano in periferia, Faker solitamente stanziava al centro, era più facile essere notato e bearsi degli elogi di quegli umani ignoranti, non avrebbe mai trascinato la sua “persona” nei sobborghi, a meno che non avesse adocchiato qualcosa capace di risvegliare il suo interesse, come appunto in quel caso.
Prese una sedia libera, gli si sedette dinanzi, sfidò la sorte, Sonic amava farlo.
-Che cosa vuoi?-
-Solo fare quattro chiacchiere con un amico.-
-Non siamo amici!-
-Resta il fatto che non ti stai facendo vedere da un bel po’ di tempo dopo la faccenda dell’invasione, in seguito a certi eventi non è salutare chiudersi in se stessi.-
Tsk, ora cercava di recitare la parte dell’uomo vissuto che elargiva “perle di saggezza” gratuite (tutte mere stronzate)che non sortivano nessun effetto.
Il riccio blu osservò il bicchiere vuoto, con dentro qualche goccia sopravvissuta, e la bottiglia accanto ad esso poggiati sul tavolino.
-Hai deciso di darti all’alcol?-
-Ho cinquant’anni, direi di essere abbastanza grande e coscienzioso su cosa posso e non posso fare.- e lui era Shadow the Hedgehog, lui poteva.
Riempì nuovamente e il bicchiere e tracannò il liquido in un secondo, lasciando che il bruciore attentasse alla sua gola senza però scalfirla; Sonic fischiò, pur non esprimendo nessun tipo di impressione.
Cos’era? Un gesto intimidatorio o semplicemente la sua controparte aveva scelto di buttarsi tra gli ingannevoli e ambigui piaceri che la sbronza concedeva?
-Tu che dici, c’è l’avranno il caffè?-
-Oh, sono sicuro che per te si industrieranno!- sputò sarcasticamente riempiendo il suo terzo bicchiere. La riverenza degli umani nei confronti di quel riccio lo disgustava, attanagliava la sua mente col costante dubbio che forse non far saltare in aria quel pianeta insieme a tutti i suoi ridicoli abitanti fosse stato un madornale sbaglio.
Quei bastardi dovevano tutto a Maria, la promessa fatta a l’unica persona che avesse mai definito “Amica” li teneva tutti in vita; quella povera ragazza non avrebbe mai ricevuto i ringraziamenti meritati, almeno aveva trovato la Pace, o almeno sperava, la meritava Lei più di chiunque altro.
Sonic gli soffiò il bicchiere da sotto il naso e tirò un sorso, tossì per parecchi secondi; non era abituato agli alcolici, era palese.
-Accidenti, questa è roba forte, come fai a berla addirittura tutta in una volta?- non si scusò per il suo gesto che, seppur non glielo fece notare, era stato decisamente scortese.
Chiaramente non l’aveva fatto con cattiveria, semplicemente in certi momenti (la maggior parte, a dire il vero) agiva d’impulso, l’istinto aveva questa conseguenza, per questo tutti lo amavano: Sonic the Hedgehog non faceva niente con cattive intenzioni, si poteva perdonare.
-Volevi il caffè?! Vai a chiederlo!- e soprattutto che si levasse di torno.
-Ti dirò: mi annoio ad alzarmi ed andare fino al bancone.-
Cazzata bella e buona, aveva deciso di stare lì ad aspettare che lui parlasse, che si confidasse e permettergli di rivestire ancora una volta la parte del salvatore che risolve il problema, era fatto così.
E, sinceramente, Shadow non immaginava sarebbe stato così complicato; l’aver deciso di non distruggere la Terra e, per giunta, salvarla in seguito da un’invasione aliena erano stati di fatto gli eventi che avevano sancito la non richiesta accoglienza all’interno della sua vita di quel porcospino blu così simile a lui fisicamente, non credeva però che questi potesse indurre nella sua esistenza una ventata nuova, che sarebbe stato in grado di plagiare il suo animo.
Ma lo stava rendendo difficile: Sonic the Hedgehog, neanche di proposito, ma per pura e semplice natura, tendeva a sfidare le barriere per distruggerle, incluse quelle mentali, le raschiava con la sua pungente ironia e le abbatteva con le sue provocazioni da “eroe che può permetterselo perché tutto gli può essere perdonato”.
E non intendeva lasciarglielo fare, non gliene importava di come Sonic gestisse la sua vita, ma che non provasse a modificare la sua.
Forse per un moto d’ira improvviso, forse perché aveva riconosciuto che ci stava provando a farlo parlare in quell’effettivo momento, forse perché stava asserendo che fosse un debole che necessitava dell’aiuto d’altri (non era chiaramente il caso, ma aveva bisogno di una scusa), Shadow rovesciò il tavolo con violenza, il fragore del vetro in frantumi attirò l’attenzione allarmata degli avventori.
Il loro eroe non rischiava la vita, vero?
-Quale cazzo è il tuo problema?-
Sonic rimase a bocca aperta solo per pochi secondi, prima di alzarsi e fronteggiare, al pari d’altezza, la sua controparte.
Shadow era più forte di lui, lo sapeva, ma non sarebbe stata quella consapevolezza a frenare il suo spirito.
Se c’era un ideale in cui aveva sempre creduto era la libertà, l’essere in grado e nelle condizioni di poter fare le proprie scelte senza costrizioni e condizionamenti, era il suo mantra e mai avrebbe tentato di venir meno ad esso, così come non si sarebbe mai azzardato di privarne qualcun altro.
Ma Shadow si era rivelato un idiota testardo, tanto quanto lui.
-Qual è il tuo, piuttosto? Voglio solo aiutarti ma tu ti ostini a tenerti tutto dentro. Chiedere aiuto quando ne hai bisogno non ti rende debole.-
E quando aveva specificato di necessitarne, esattamente?
Eccolo un altro difetto di Faker: era convinto di sapere cosa gli altri volessero.
Forse gli elogi e le celebrazioni avevano finito per incrementare la sua arroganza, si permetteva addirittura di esporre fatti infondati pur di collocarsi dalla parte della ragione.
E ci era riuscito, sentiva nuovamente gli occhi di tutti puntati sulla sua figura per sputare fiele, o meglio, col desiderio di poterlo fare, così da torturare e condurre verso un’indegna fine colui che si era permesso di remare controcorrente, di contraddire Sonic.
Si sentiva sempre più disgustato.
Afferrò il riccio blu per il collo con una rapidità tale da coglierlo alla sprovvista e lo sbattè violentemente al muro, nessuno avrebbe tentato di intervenire, troppi fattori gli davano quella certezza, gli sguardi dei presenti, attoniti e presi istantaneamente dal terrore, innanzitutto.
Ma non provò nessuna soddisfazione nel farlo, addirittura ciò che seguì acuì ulteriormente la sua irritazione: Sonic, ripresosi dallo stupore iniziale, continuò a sostenere il suo sguardo imperterrito, non tentò di liberarsi la giugulare, stretta in quella morsa letale che di lì a poco lo avrebbe letteralmente lasciato senza fiato, ma non fu da ricercarsi nella consapevolezza, nota ad entrambi, della sua forza fisica, inferiore rispetto a quella del riccio nero, la ragione per la quale non azzardò a farlo.
Sonic the Hedgehog era impulsivo, testardo e un gran rompiscatole… ma era furbo.
Se l’avesse ucciso, lì, in quel momento, in quella particolare circostanza, paradossalmente avrebbe perso: avrebbe fomentato ulteriormente l’odio già fortemente vivido degli umani nei suoi confronti, e la razza umana era arrogante, se distruggevi i suoi “dei” ti avrebbe perseguitato, perché far crollare le proiezioni mentali coincideva col mostrare la debolezza di chi le aveva create per cementare in sé l’illusione di un essere superiore che preservasse la sua integrità.
Gli umani erano deboli, avevano bisogno di Sonic, privarli del loro “Dio” avrebbe svelato la loro vulnerabilità e li avrebbe trasformati in codardi bisognosi di illudersi di non essere tali e per farlo avrebbero dovuto eliminare lui.
Una mera seccatura, non sarebbero stati nulla di più singolarmente, ma unendosi inconsapevolmente alle turbe psichiche che già lo tormentavano avrebbero ottenuto un miscuglio abbastanza potente da rendere le cose difficili anche per lui.
E soprattutto, uccidere Sonic The Hedgehog lo avrebbe portato ad odiare se stesso per il resto della sua vita… e quando sei immortale la prospettiva è disgustosa.
Era orrendo da riconoscere, ma forse aveva ragione: aveva bisogno di parlare di ciò che stava accadendo, espellere tutto il veleno che le circostanze recenti gli avevano infuso in corpo e lasciare che la sua anima si epurasse almeno un po’ del marcio che albergava in lui.
Ma non riusciva a tollerare la visione di un Sonic gongolante che avrebbe sperimentato il piacere di primeggiare su di lui, era qualcosa di troppo sbagliato secondo la sua mente.
Ma finirlo, cancellarlo dall’esistenza in quel momento, avrebbe dato a Faker l’occasione di andarsene con la certezza di essere dalla parte del giusto: Shadow necessitava di un conforto, il non volerlo dichiarare, non a lui, era un’indiretta ammissione di una sottomissione verso il proprio orgoglio talmente influente da preferire i tormenti mentali piuttosto di una più semplice apertura nei suoi riguardi.
Un’onta per la “Forma di vita definitiva”, un’onta inestinguibile per giunta, la morte di Faker avrebbe portato anche l’impossibilità di lavare via la macchia che quell’offesa avrebbe causato, l’avrebbe accompagnato in eterno.
Quindi qual’era l’opzione migliore? Risparmiarlo, rinfoltire la dose di sicurezza di quegli insulsi umani che tanto disprezzava ma che aveva giurato di risparmiare per dar loro modo di maturare e migliorare, subire quell’umiliazione di fronte a loro, il cui giudizio non sarebbe mai stato in grado di scalfire la sua corazza o piuttosto ucciderlo e toglierselo di mezzo per sempre al pesantissimo prezzo dello smacco inguaribile subito dal suo orgoglio con conseguente odio verso se stesso, e dell’opinione che aveva di se gli importava eccome.
Era più facile di quanto non potesse apparentemente sembrare.
 
 
 
Dalla cima di quel grattacielo in rovina si godeva di un’ottima vista del sole che tramontava.
Francamente, non gliene importava nulla.
-Cavolo, certo che tu non ci vai mai per il sottile, mi fa ancora male il collo!- dichiarò Sonic, di fianco a lui, toccandosi lievemente la parte del corpo offesa, ma ancora abbastanza in forze da ricorrere a quel tono ironico che tanto detestava.
-Che diavolo vuoi ancora?-
-Sbaglio o volevi confidarti col tuo caro amicone Sonic?- proseguì, impettito e impuntato nell’utilizzo di quella sfumatura decisamente accentuata d’ironia, il riccio blu.
-Solo perché ho deciso di non porre fine alla tua misera vita non significa che mi sia dichiarato disposto a spiattellare ai quattro venti i fatti miei.-
-Io non sono “Ai quattro venti” però.- e faceva anche lo spiritoso; cazzo, quanto avrebbe voluto sferrargli un calcio e gettarlo di sotto, era una bella altezza ed era praticamente certo l’esito che prevedeva la trasformazione del corpo in poltiglia dopo una caduta del genere, ma la pressione psicologica si faceva ancora sentire e fu l’unica cosa che riuscì a farlo desistere.
Shadow sospirò, volgendo un’occhiata alla volta celeste scomparsa per metà dietro la linea dell’orizzonte, non capiva ancora se fosse annoiato maggiormente per il fatto di essere sul punto di esternare a qualcuno che non fosse lui stesso le oscurità che albergavano nella sua mente o per l’aver dovuto riconoscere (in silenzio, mai l’avrebbe fatto oralmente)che Faker avesse ragione.
-Negli ultimi giorni ho avuto sempre lo stesso sogno.-
-Tu puoi sognare?!- niente ironia, ma sincero stupore.
Sonic, sinceramente, non immaginava che anche la sua “controparte” potesse godere della capacità di mandare il suo inconscio a vivere le sue situazioni più impensabili nel mondo onirico, non che gli fossero capitate situazioni più verosimili nella realtà, comunque.
Sotto certi aspetti ne fu contento e, sotto altri, confuso: poteva sembrare una sciocchezza, ma la capacità di sognare avrebbe dovuto essere un ulteriore fattore di prova di quanto poco artificiale fosse Shadow malgrado le sue scientifiche origini, nonostante ciò lui non aveva esternato nessun segno di apprezzamento per tale “privilegio”.
Dal canto suo, il riccio blu, benché ritenesse importante tale capacità, non aveva, nei confronti del sognare, un elevato interesse. Dei viaggi onirici di cui riusciva a conservare memoria vedeva paesaggi sconfinati e infiniti che ben presto divenivano nient’altro che strisce di colore troppo indefinite per poter essere associate con precisione, incapaci di stargli dietro.
Insomma, sognava di correre, di essere libero, per questo non ci badava molto, per lui corrispondeva a realtà.
Ma poteva chiaramente immaginare che per Shadow fosse un altro paio di maniche, qualcosa di ben più intricato della mancanza di originalità dei propri viaggi mentali, non troppo dissimili dalla verità, nel caso dell’Ultimate Life Form era decisamente più complesso lasciarsi andare al formulare ipotesi accettabili, troppe varianti e troppi tormenti interiori a sconvolgere l’equazione in ogni possibile momento.
Comprendere cosa passasse per la testa di Shadow era troppo difficile anche lui, Sonic dovette abbassarsi a riconoscere la propria incapacità, non era mica onnisciente, no?
Il riccio nero si limitò a squadrarlo, Sonic poté giurare di averlo visto sorridere impercettibilmente e per un lasso di tempo incronometrabile (e se lo diceva lui), dubitava fosse per serenità, non era proprio il caso, piuttosto per la soddisfazione personale di averlo colto sul fatto, nel pieno della sua impotenza, nel non essere stato in grado di scorgere quella parte del suo animo che voleva tenere nascosta a tutti, anche se non ne comprendeva le ragioni, a confidarsi subito sarebbe stato tutto più facile.
Shadow era decisamente più orgoglioso di lui e in una maniera del tutto particolare.
Sonic preferì non iniziare un’ulteriore discussione, sarebbe andata completamente fuori tema e aveva il serio presentimento che si sarebbe trattato di qualcosa di complesso che lo avrebbe ridotto col cervello fuso e totalmente perso dal contesto.
-Va bene, di che si tratta?- chiese dunque, meglio non discostarsi dal tema principale, aveva faticato parecchio per guadagnarsi quello che si poteva ritenere un ambito trofeo (quanti potevano vantarsi di aver convinto Shadow the Hedgehog a rivelare un suo tormento?), aveva tutta l’intenzione di goderselo; probabilmente si sarebbe perso a metà discorso, ma viste le circostanze, avrebbe decisamente fatto un maggiore sforzo per non deconcentrarsi e recepire ogni singolo termine che a breve sarebbe uscito fuori dalle labbra del suo interlocutore.
-Mi trovo tra le strade di Westopolis, è tutto in rovina, il cielo è colorato di rosso scarlatto misto a nuvoloni neri. Non c’è anima viva in giro. Proseguo per le strade, senza una metà effettiva credo. Non corro mai, mi limito a proseguire a passo lento, ogni volta è così, forse inconsciamente, con l’inconsapevole ipotesi di notare dettagli sfuggitimi nei sogni precedenti e comprendere la situazione generale, ritengo sia più idoneo che correre, vedrei tutto come una massa indistinta e non capirei niente. Giungo al limitare della città… e lì…-
Il riccio blu aggrottò le sopracciglia.
-Trovo i vostri cadaveri: il tuo, i tuoi amici, tutti sbrindellati e in un mare di sangue.-
-Certo che hai il gusto del macabro, te l’hanno mai detto?- ribatté Sonic con immediatezza e con cupa ironia, anche se era ben consapevole che tale ammissione da parte di Shadow non consentisse spazio ad essa.
Lo sguardo del riccio nero era indecifrabile, non aveva idea di come reagire se non con l’ironia che quest’ultimo pretendeva di non includere in quel loro discorso.
Come giudicare le parole che la sua controparte aveva appena dichiarato se il suo fisico non lasciava intravedere indizi: tono di voce atono, occhi fissi verso un punto che non esisteva se non nella sua mente, dai quali non traspariva niente, nessun gesto traditore da parte delle mani (ci aveva gettato una rapida occhiata, nella speranza di vederle magari stringersi in segno di rabbia o nervosismo, ma nulla); come interpretare le sue parole?
In quel momento Sonic si rese conto di una verità, slegata dal contesto, ma che forse non lo era poi così tanto: i misteri che attorniavano la figura di Shadow the Hedgehog erano molti, tanti, troppi, forse infiniti come i limiti che sembrava non avere!
Poteva anche sapere che mal sopportava la sua vicinanza per una questione di orgoglio, che non fosse poi così cupo come cercava di apparire, che avesse un animo nobile disposto a immolarsi per coloro che fossero riusciti nella quasi impossibile impresa di conquistare il suo affetto, ma malgrado questo ci sarebbero state sempre, e urgeva sottolineare il “sempre”, sfumature del suo animo che sarebbero rimaste precluse, sia a lui che a chiunque altro.
Era irrilevante quanto si sarebbe potuto carpire della sua persona e del suo carattere, vi sarebbero sempre stati aspetti e lati di Shadow destinati a rimanere nell’ombra, quella stessa ombra che, attratta da quel personaggio così misterioso e affascinante, aveva deciso di legarsi a lui divenendo il suo nome, per chiarire definitivamente che nessuno avrebbe mai potuto realizzare chi “Lui” fosse davvero.
-Ti sei voluto impicciare?! Ora vai fino in fondo!- sbottò leggermente Shadow.
-Non ho detto di volermene lavar le mani, ormai ci son dentro e non intendo uscirne.- e figurarsi se fosse stato il contrario, si trattava pur sempre di Sonic.
Aveva dei limiti, il riccio blu, e sinceramente quest’ultimo avrebbe dichiarato di adorare tale situazione. D’altronde, che gusto c’è a vivere una vita senza ostacoli da superare, senza possibilità di migliorarsi costantemente? Sarebbe sicuramente stata noiosa, non avrebbe fatto per lui un’esistenza così piatta.
E Shadow, in quel frangente, gli aveva piazzato davanti un muro decisamente allettante per non voler provare a superarlo.
-E poi? Succede altro?-
-Comincio a sentire dei suoi, ruggiti, o comunque versi decisamente poco amichevoli. Tre occhi rossi che si aprono, brillando sinistramente, tra le nubi scure, una figura che comincia a delinearsi, ogni volta mi risveglio in quel punto. Non riesco mai a notarne i contorni.-
“Capperi!” pensò Sonic. Decisamente non era un sogno dei più allegri, di certo non era uno che sarebbe mai stato partorito dalla sua di mente.
Ma Shadow era un essere complesso. Il suo poteva essere un semplice incubo passeggero quanto una sorta di messaggio criptato del suo subconscio per comunicargli chissà quale importante verità.
-Però, insomma, possiamo ben immaginare chi sia colui che cominci a notare tra le nubi. Sinceramente, a parte lui, non conosciamo altre “persone” con tre occhi.-
Che grande scoperta!
Sicuro che l’avesse detto con le migliori intenzioni, ma Faker aveva appena sentenziato un’ovvietà talmente grande da poter essere posta sul medesimo piano di “I pesci vivono in acqua.” o “Il fuoco brucia.”
Shadow si limitò a socchiudere gli occhi, l’altro avrebbe inteso, o almeno ci sperava.
Sonic lo fissò per un attimo e scrollò le spalle.
-Recepito, a questo ci eri arrivato già da solo.- e meno male.
Il difficile si palesava in quel momento.
Il riccio blu, con aria del tutto casuale, calciò un sassolino lì vicino e lo gettò di sotto, osservò la sua caduta in costante accelerazione, ad un certo punto divenne un punto talmente minuscolo da non essere più in grado di identificarlo rispetto al resto del territorio circostante, ma era ovvio che fosse finito con lo sfracellarsi sul terreno.
Fortuna che quella zona fosse stata evacuata e ancora tenuta off-limits per via delle riparazioni, si sarebbe decisamente sentito in colpa se avesse scoperto di aver centrato in pieno la testa di un ignaro passante.
Anche una pietruzza di minuscole dimensione, considerata la velocità fornitale da tale altezza, poteva rivelarsi fatale.
Gli era nato di colpo quel presentimento.
-Il tuo sogno è come quel sasso!- dichiarò all’improvviso, sentendosi soddisfatto di se stesso nel notare Shadow alzare un sopracciglio in segno di perplessità, stavolta era stato lui a non essere riuscito a vedere una sfumatura del suo animo.
Forse avrebbe dovuto dimostrarsi offeso; tutti non facevano che giudicarlo secondo lo stereotipo dell’eroe senza macchia e senza paura, qualcuno che si faceva in quattro per aiutare gli altri ma il cui intervento aveva una concezione prettamente fisica.
Erano in pochi a pensare che, malgrado l’impulsività, fosse perfettamente capace anche lui di parlare attraverso enigmi o formulare pensieri vagamente filosofeggianti, certamente non era un genio del calibro di Tails, ma ciò non escludeva che, a sprazzi, fosse capace anche lui di rivestire la parte del saggio che sa dispensare i giusti suggerimenti.
-Mi spiego: un sassolino di per sé non può certo farti male, tutto dipende dalla velocità che esso guadagna. Se viene lanciato può darti un po’ di fastidio se ti colpisce e nulla di più, ma se viene fatto cadere giù da un grattacielo un eventuale impatto porterebbe a ben altro risultato.-
-Dunque?-
-Dunque il sasso preso come quello che è non costituisce una minaccia, sono le condizioni in cui lo si pone a determinarne la pericolosità. Analogamente per il tuo incubo, anche se ti dico subito che si tratta della mia opinione: di per sé esso non ha alcuna importanza, tutto dipende esclusivamente dal valore che tu gli attribuisci. Può darsi dunque che tu stia costruendo castelli in aria per niente.-
Come aveva già pensato, Shadow era complesso di mentalità, motivo per cui riteneva decisamente probabile che non avesse preso in considerazione tale eventualità, non riusciva a concepire che qualcosa si potesse risolvere mediante la soluzione più semplice.
Il riccio nero fissò per alcuni istanti la sua controparte, quest’ultimo non avrebbe saputo dire se stava seriamente riflettendo su quanto gli aveva appena espresso o se stesso piuttosto decidendo se mandarlo a quel paese nella maniera più educata o con quella più volgare.
Shadow diede le spalle a lui e al tramonto, riflessi dorati creavano uno spettacolare gioco di luci con i suoi aculei, in particolare con le striature rosse creando un connubio rosso/arancione decisamente gradevole alla vista, Sonic osservò quei giochi di luce con sincero interesse.
-Non sei stupido come sembri!- si pronunziò poi, all’improvviso.
E altrettanto improvviso fu il pugno che rifilò allo stomaco del riccio blu, mettendolo in ginocchio e costringendolo a tenersi la pancia tra le braccia, respirando pesantemente.
-Questo per cos’era?- riuscì a mormorare, tra un ansimo e l’altro.
-Come ho già detto, non sei stupido come sembri!-
Shadow non disse più niente, Sonic lo vide solo dargli nuovamente le spalle e allontanarsi muovendosi a grandi balzi tra gli edifici.
Il blu ci mise ancora alcuni secondi a riprendersi, si massaggiò ancora un po’ il punto offeso prima di rialzarsi e lanciare un lungo sguardo verso la direzione per cui la sua controparte si era dileguata, ormai la sua figura non si poteva più intravedere.
Ghignò con la sua classica arroganza, era riuscito a togliersi un’altra bella soddisfazione.
-Prego.-
Ma Shadow doveva decisamente lavorare sulla sua formalità, e miseriaccia, lo stava pensando lui.
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Se qualcuno verrà a dirmi che questa sezione ha sentito la mia mancanza potrei anche commuovermi.
Tralasciando gli scleri derivanti dalla scarna considerazione che ho della mia persona in certi casi e di quelli schifosamente autocelebrativi che ho in altri, posso dire che è un piacere tornare qui tra voi, membri del fandom “Sonic” dopo alcuni mesi. E quale modo migliore di farlo se non con una storia dedicata al personaggio più controverso e folle, nonché idolo di una “certa autrice” che lo stima e adora in una maniera decisamente superiore alla mia, alias Shadow?
Confesso che già da parecchio quest’idea mi ronzava per la testa e ultimamente ho deciso di mettere le mani sulla tastiera e buttare giù le parole… che si son rivelate più del previsto, dal momento che pensavo che sarebbe venuta fuori una one-shot di non troppe parole, invece mi sono accorto che sarebbe potuto uscire un mattone pesante da leggere, motivo che mi ha indotto a fermarmi a questo punto.
Insomma, doveva essere una storiella introspettiva di breve durata, ho finito per doverla dividere, quindi aspettatevi il secondo capitolo, per il quale non faccio promesse.
Ogni impressione lasciatavi da questo capitolo verrà da me piacevolmente ascoltata nei commenti e degnata di una risposta, qualora abbiate voglia e tempo di commentare.
Arrivederci a tutti.


 
  
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