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Autore: ElFa_89    11/05/2009    5 recensioni
Nello stesso momento in cui l’Hokaghe di Konoha aveva esalato l’ultimo respiro il cuore di Sasuke aveva scandito un battito più forte degli alti,
Sasuke Uciha era finalmente tornato libero di vivere;
e proprio in quel momento era apparsa lei, come se il destino non stesse aspettando altro e pure il cuore di Sakura aveva preso un battito diverso.
Nello stesso momento in cui Sasuke Uchiha aveva iniziato a vivere Sakura Haruno aveva smesso.
***
Sakura centric.
Piccola fiction pr spiegare il rapporto che lega Sakura a Tsunade e Sasuke.
Perchè a volte il destino si ripete
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsunade | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Se per un attimo la pioggia si fosse fermata molte cose sarebbero state più chiare

Una SasuSaku triste che mi è passata in mente così per caso…

Incentrata sul rapporto che lega Sakura a Tsunade e logicamente a Sasuke.

Spero sia di vostro gradimento!

È la mia prima one-shot su Naruto!Siate clementi!

Buona lettura!

 

 

 

 

 

.::LACRIME::.

sakura-8.jpg tsunade image by Lindelwin

 

 

 

 

 

Se per un attimo la pioggia si fosse fermata molte cose sarebbero state più chiare.

Forse Sasuke avrebbe potuto vedere quelle gocce salate che le colavano sul viso, scorrendo inarrestabili fino a cadere per terra ai suoi piedi, mentre la sua anima si sgretolava piano.

Il viso fermo della kunochi indugiava sulla sua figura a pochi metri di distanza, così cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista, la figura di un uomo che di Sasuke Uchiha aveva solo il vago ricordo.

Gli occhi smeraldini erano immobili, la pupilla dilatata osservava la stessa persona che molti anni prima le aveva fatto battere il cuore che poi aveva calpestato senza nessun ritegno e che per l’ennesima volta era riuscito a colpire.

La mandibola contratta era l’unica crepa in quel volto perfetto, segno che qualcosa dentro di lei era successo, forse per la prima volta Sakura aveva aperto veramente gli occhi.

La pupilla indugiò leggermente verso il basso, osservando quello che era stata la sua maestra ormai raggomitolata come un fagotto senza vita ai piedi del suo compagno di team.

La figura dell’Hokage di Konoha era immersa nel fango,i capelli biondi come il grano giacevano scompostamente sul viso della donna deturpato dai colpi che le erano stati inferti; per la prima volta Sakura vedeva la sua maestra per la donna di cinquant’anni che era veramente e nonostante tutto non riusciva a non pensare che fosse veramente bella.

Si morse convulsamente il labbro inferiore tanto da farlo sanguinare, sentendo il gusto ferroso arrivarle in bocca si lasciò scappare un flebile singhiozzo, complice dalla fatto che la pioggia avrebbe spazzato anche quel suo segno di dolore e che nulla sarebbe arrivato alle orecchie del mukenin.

L’ Uchiha se ne stava immobile sotto la pioggia, in attesa, forse stupito dal fatto che Sakura non avesse ancora proferito parola, avrebbe immaginato qualunque reazione da quella ragazzina, ma mai il silenzio, perché Sakura nel suo cuore era e sarebbe rimasta sempre la stessa ragazzina noiosa che gli ronzava attorno ai tempi dell’accademia.

<< Tsunade-okasan >> un flebile lamento scivolò dalle labbra ormai arrossate dalla pioggia, che incessante continuava a voler appesantire maggiormente l’atmosfera

Sakura avanzò lentamente, barcollando, verso la sagoma che stava riversa in mezzo alle pozzanghere dei fango sul  terreno, ogni passo sembrava estremamente difficile da dirigere, producendo un’avanzata lenta e dolorosa, sapeva che quando avrebbe cercato il battito della sua maestra, non trovandolo, tutto sarebbe cambiato.

Le pupille ormai ridotte a due puntini erano tenuti fissi verso la persona che le aveva funto da maestra, amica e madre, le palpebre avevano smesso di battere, inumidite dalla pioggia che ormai l’aveva bagnata completamente.

I capelli ormai cresciuti cadevano scomposti attaccati ai vestiti mentre la frangia le ricopriva il viso come una seconda pelle, la tuta da Jonin per metà strappata le aderiva completamente con il corpo producendo un leggero fruscio a ogni suo movimento.

Il coprifronte della foglia, simbolo di quello che era diventata dopo lunghi anni di duro allenamento giaceva abbandonato nel campo di battaglia, da cui provenivano ancora i rumori dello scontro tutt’ora in atto, lasciato lì nella fretta di correre al cospetto della sua maestra, colta da un’inspiegabile brutto presentimento, che aveva scoperto solo ora rivelarsi esatto.

L’ Uchiha assisteva alla scena immobile osservando fisso quella ragazza tanto allegra che aveva conosciuto, trascinarsi verso il corpo esamine dell’Hokaghe, come una bambola vuota, senza vita che avanzava rischiando di inciampare a ogni passo verso di lui.

La pioggia continuava a scendere incessante, come a voler pagare pegno per la perdita di una leggenda quale Tsunade-hime,il cielo totalmente coperto era avvolta d uno strato di nuvoloni scuri, era mezzogiorno e il sole era solo un vago ricordo dei giorni trascorsi, il cielo era nero, in un lutto silenzioso interrotto solo da qualche tuono lontano simbolo di quello sfogo che Sakura tratteneva dentro di sé.

Barcollò ancora per qualche passo, giunta ormai in prossimità del corpo della stessa donna che l’aveva aiutata a crescere,a voltare pagina; spostò la pupilla sul viso della donna, gli occhi verdi, ormai spenti rimanevano semichiusi, mentre le ciglia imbrattate di schizzi di fango sembravano aver perso la loro vitalità, percorse con lo sguardo il viso della sua maestra, dalle labbra fuoriusciva un rivolo di sangue che andava a macchiare il seno della donna.

Ad un tratto le ginocchia non ressero più  e la kunochi si trovò seduta per terra in mezzo al fango, lo stesso che ormai aveva imbrattato le vesti della donna che le giaceva di fronte supina.

Allungò la mano, nel tentativo di afferrarla, di salvarla, di fare qualcosa, qualunque cosa ma rimase lì immobile, con la mano sospesa a mezz’aria protesa verso quella donna che era sempre stata onnipresente nella sua vita, rimase lì con la mano sospesa, come in attesa di un suo aiuto, che non sarebbe mai arrivato.

Tsunade-sama giaceva al suolo senza vita.

Abbassò leggermente la mano fino a posarla sui filamenti dorati che sembravano nascondere il viso della donna, si stupì di quanto fossero setosi al tatto, prese una ciocca e con le dita l’accompagnò dietro all’orecchio in modo da poterle vedere il viso.

 

 

<< Tsunade-hime, voi assomigliate a un fiore di loto >> si lasciò sfuggire senza esserci accorta di aver dato voce ai suoi pensieri.

La donna di tutta risposta la guardò dubbiosa, inarcando un sopraciglio senza darsi troppi problemi di tralasciare il suo stupore, ormai Sakura per lei era diventata come una figlia, quella che non aveva mai avuto; si rivedeva molto in lei; molti aspetti del suo carattere le facevano ricordare la ragazza che era stata un tempo, prima che il suo grande amore Dan morisse insieme a suo fratello Nawaki.

Forse era per quello che Tsunade-sama l’aveva accolta come sua allieva, Sakura non era altro che l’ombra di quello che era stata lei un tempo, prima di diventare il famoso ninja leggendario conosciuto in tutte le cinque terre.

Solo che a differenza sua Sakura aveva ancora una speranza seppur vana, per questo aveva deciso di accoglierla e insegnarli tutto quello che sapeva; con il desiderio che magari se quella ragazza un giorno fosse riuscita a salvare il suo grande amore,tale Sasuke Uchiha, magari anche lei in qualche modo avrebbe potuto, in parte, riscattarsi.

Sakura avvampò improvvisamente, si era persa nella contemplazione della sua maestra, intenta ormai da qualche minuto a miscelate un antidoto per curare il veleno di una falena molto rara, e senza che se ne rendesse conto aveva parlato dando voce a un pensiero che poteva a mala pena essere considerato frivolo.

La kunochi lanciò uno sguardo di sottecchi alla sua maestra pronta a essere rimproverata per aver mostrato poca attenzione a una sua lezione , ma quel che vide la lasciò sconvolta; Tsunade-sama teneva il dito indice posato sul labbro inferiore di colore rosa pallido e teneva lo sguardo nel vuoto mentre dalle sue labbra usciva un mugugno decifrabile come –fiore di loto mmm…-

L’Hokaghe spostò lo sguardo allusivo verso l’allieva che cercava di farsi piccola piccola, nella speranza di scomparire dal suo cospetto, il viso duro che l’aveva sempre caratterizzata sembrò sciogliersi e le sue labbra si incresparono in un sorriso <<  perché mi paragoni a un fiore di loto? >> domandò criptica ma soave nella voce.

Sakura prese la domanda come un’ancora di salvezza, forse per quella volta le sarebbe stata risparmiata la ramanzina, quindi optò per dar voce completa ai suoi pensieri; dopo aver tirato un sospiro liberatorio le labbra della kunochi si incurvarono in un delizioso sorriso ,di una ragazza in fase di diventare donna, abbassò lo sguardo e iniziò a fissarsi i sandali mentre sul colorito roseo del suo viso si disegnava un velo di puro rispetto e ammirazione verso la sua maestra.

<< i fiori di loto sono fiori estremamente belli e colorati…ma allo stesso tempo resistenti e simbolo di importanza…proprio come voi, Tsunade-hime >> esclamò la giovane kunochi tutto d’un fiato, consapevole che se si fosse fermata non avrebbe più avuto il coraggio e il temperamento di riprendere la sua constatazione.

Nonostante tutto Sakura con Tsunade non poteva mentire, la maschera di ragazza-spaccatutto con lei non funzionava, l’unico momento in cui Sakura poteva essere sé stessa era nei pochi momenti in cui rimaneva sola con la donna, alla quale sentiva di non poter mentire, nonostante il cambiamento esterno la kunochi all’interno rimaneva ancora la ragazzina dall’animo buono e questo la rendeva capace di frivolezze come quella che aveva appena detto.

Tsunade-hime si ergeva in tutto il suo splendore nella stanza, l’aspetto immutato che l’aveva fatta conoscere negli anni era solo l’involucro, facilmente smascherabile dagli occhi di profonda saggezza che la caratterizzavano, quegli occhi infatti erano l’unico sua aspetto che invecchiava con la sua anima, l’unico aspetto di lei che con la tecnica di Rinascita non ringiovaniva.

Ma quella volta gli occhi di Tsunade sembrarono brillare di una luce nuova, la stessa luce che brillava negli occhi di Sakura, quando l’aveva conosciuta e che con lo scorrere del tempo si era fatta più opaca; la donna sembrò riflettere attentamente sulle parole dell’allieva, come un giudice prima del verdetto, un verdetto rivelatosi positivo nello stesso momento che l’Hokaghe aveva sorriso per poi lasciarsi trasportare in una risata frizzantina.

Sakura guardava la sua maestra in quello strano atteggiamento che per quella donna sembrava così inconsueto, mai aveva visto Tsunade-sama ridere.

Guardava la sua maestra tenersi una mano sul grembo mentre dalle sue labbra sgorgava una risata frizzantina e contagiosa, non poté fare a meno di sorridere, anche se adesso le avrebbe fatto la ramanzina Sakura non se ne sarebbe dispiaciuta, almeno poteva dire di aver visto l’erede del famoso clan Senju ridere, per la prima volta dopo tre anni che era diventata la sua sensei.

Tsunade-hime lentamente smise di ridere e riprese facilmente il contegno con cui era conosciuta nelle cinque terre, ma sul suo volto rimase un sorriso sghembo segno che stava per parlare.

<< tu invece Sakura assomigli a un fiore di ciliegio, estremamente delicato e dolce >>

Sakura la guardò incuriosita, lei assomigliava a un fiore di ciliegio? Aggrotto le sopraciglia e si morse il labbro inferiore, i fiori di ciliegio si spezzavano al primo colpo di vento più potente, i fiori di Ciliegio non erano per nulla belli.

Abbassò lo sguardo e sospirò affranta, in fondo se lo era andata a cercare.

Fu in quel momento che Tsunade-sama le posò la mano sulla testa scompigliandole dolcemente i capelli << sai, Sakura, i fiori di ciliegio fioriscono ogni anno più belli di prima  e assumono moltissime sfumature dal rosa al bianco, non vedrai mai un fiore di ciliegio nascere due volte uguale ma soprattutto questi fiori non appassiscono mai; il fiore di loto per quante volte possa sbocciare rimarrà sempre uguale e alla fina appassirà per non sbocciare più >>

Sakura sollevò lentamente lo sguardo, in fondo Tsunade-hime aveva ragione i fiori di ciliegio erano bellissimi, sorrise beatamente all’idea che un giorno anche lei magari sarebbe sbocciata la rendeva felice.

 

 

 

E come se la realtà l’avesse presa a schiaffi in faccia, Sakura realizzò che mai più avrebbe visto Tsunade-hime sorriderle, mai più avrebbe trovato parole di consolazione giungerle all’orecchio, mai più avrebbe sentito le sue urla rimproverarla per aver messo una dose sbagliata nell’antidoto.

Tsunade-hime era appassita.

Le lacrime iniziarono a scendere copiose sul viso della kunochi  andando a mischiarsi con le lacrime che il cielo continuava a versare per poi scivolare giù, tra il fango, tra i detriti, tra le macerie e finire disperse in quello che restava di Konoha.

Sasuke guardava la scena dall’alto della sua posizione, immobile, etero come era sempre stato, incapace di trapelare la minima emozione, la sua vendetta era compiuta, Konoha aveva pagato;suo fratello, sua madre, suo padre, il suo clan era stato finalmente vendicato.

Il mukenin guardava il corpo privo di vita di quello che era stato l’hokaghe della Foglia, la stessa donna che anni prima lo aveva curato quando si trovava in un letto d’ospedale con le ossa rotte.

L’Uchiha distese il volto, consapevole per la prima volta dopo tanti anni di tormento la sua dannazione era terminata, che ora finalmente sarebbe potuto tornare a vivere, e che magari un giorno avrebbe potuto vedere il suo clan tornare agli antichi splendori.

E finalmente dopo molti anni, un sorriso vero, liberatorio si distese sul volto del giovane Uchiha mentre il suo corpo ferito veniva avvolto da quella pioggia che sembrava avere il dono di cancellare i suoi problemi e giustificare le sue colpe.

Sakura tremava, il corpo martoriato di Tsunade-hime portava i segni della morte e del dolore, la sua maestra aveva lottato, fino alla fine, con ogni sua forza ma ora giaceva al suolo, esanime.

La kunochi spostò lo sguardo vuoto verso il petto della donna, non sarebbe servito a nulla controllare,sapeva già che non batteva; lì, dove il kimono era strappato, proprio dove doveva trovarsi il cuore, giaceva ancora la katana a infilzarla.

 

 

<< Tsunade-hime mi dica la prego, è vero? >> aveva sbattuto la porta facendo irruzione nella stanza dell’Hokaghe, non erano servite a nulla le suppliche di Shizune di non entrare, Sakura aveva serrato i denti, aveva spinto Shizune in parte e era entrata nella stanza di Tsunade-sama.

Lo sguardo determinato, la mascella serrata e il cuore che batteva troppo forte, e non per via della corsa che l’aveva spinta defilata a correre dalla sua maestra a chiedere conferma delle voci che giravano tra i ninja di Konoha già dal suo ritorno.

L’Hokaghe la guardò dapprima infastidita dall’irruzione ma poi sospirò, e afflitta chinò il capo.

Si.

La kunochi perse un battito,le gambe le cedettero e finì lì a carponi sulla stanza dell’Hokaghe che non trovava la forza di guardarla negli occhi.

Shizune stava appoggiata allo stipite della porta,colpevole mentre stringeva con impeto la mano destra a pugno.

Tsunade fece cenno a Shizune di uscire e richiudersi a porta alle spalle, consapevole che tutte le scartoffie di Konoha potevano aspettare.

La donna si inginocchiò di fronte alla sua allieva prediletta posandole una mano sulla spalla, cercando di darle forza, ma consapevole che qualunque parola, qualunque gesto non avrebbero fatto cambiare le cose e questo lei lo sapeva fin troppo bene.

Sakura si lasciò sfuggire un singhiozzo soffocato mentre il suo corpo tremava per la rabbia, strinse i pugni con forza fino a conficcarsi le unghie sulla carne mentre il suo corpo diventava pesante, si morse il labbro a sangue ma il dolore sembrava non smettere.

Il ninja leggendario le sollevò con forza il capo costringendola a specchiare i suoi occhi nei propri e  fu in quel momento che Tsunade-sama per la prima volta dopo la morte di Dan e Nawaki si sentì vacillare.

Due pozze verdi la guardavano vuote, lo splendore delle iridi smeraldine della sua allieva sembrava essere scomparso del tutto;aveva visto la kunochi cambiare giorno per giorno, farsi più forte e più desiderosa di sapere, l’aveva vista assumere un atteggiamento morboso verso lo studio al solo scopo di non potersi concentrare su altro, di non lasciarsi andare, ma alla fine neppure lo studio, le lezioni, le missioni, nulla era più bastato;aveva visto la luce degli occhi di Sakura spegnersi piano piano insieme alla sua speranza; ma senza mai spegnersi del tutto, cosa che purtroppo era appena successo.

Sakura singhiozzava rumorosamente mentre copiose lacrime le inondavano il viso, fino a scendere giù a bagnarle la maglietta, si sentiva morire, sprofondare piano piano; mentre qualcosa dentro di lei si crepava, nuovamente.

Sasuke Uchiha si era unito all’Akatsuki.

 

 

 

Sakura sprofondò con una mano nel fango bagnato dalla pioggia  e dalle sue lacrime, cercò di concentrare le sue forze, non era ferita ma il corpo sembrava non volerle rispondere,drizzò il braccio ormai completamente imbrattato e fece leva per alzarsi; il suo corpo barcollò per il disappunto ma non cedette.

Sakura teneva gli occhi puntati al corpo della sua maestra, lo sguardo basso, la testa sembrava staccata dal corpo, come se un genjutsu di grande potenza l’avesse avvolta.

<< Tsunade-hime perdonatemi >> un flebile sussurro uscì dalle labbra ormai violacee della kunochi come se lei sperasse che la sua maestra potesse ancora sentirla.

Sasuke Uchiha non si era mosso di un passo da quando la sua katana era andata a infilzare il cuore dell’Hokaghe di Konoha, aveva visto la donna esalare l’ultimo respiro mentre cercava di dire qualcosa ma la sua mente era altrove e lui non aveva sentito il flebile sussurro di colei che decretava la fine di un altro Clan.

Con la morte di Tsunade-sama il clan Senju era scomparso.

Il mukenin era rimasto immobile, sotto la pioggia, senza sapere bene il perché fino a quando aveva visto Sakura, la ragazzina petulante correre nella sua direzione senza neppure prendere fiato fino a quando non si era fermata di botto.

Il portatore dello Sharingan aveva visto le iridi smeraldine della sua vecchia compagna di team  guardarlo esterrefatta per poi portare lo sguardo più in basso ai suoi piedi dove giaceva l’ormai defunto Hokaghe di Konoha; aveva visto lo sguardo della ragazzina noiosa cambiare, svuotarsi e per la prima volta aveva desiderato che quelle iridi fossero solo per lui; era rimasto a guardare la scena curioso o semplicemente incapace di andarsene, come se qualcosa lo tenesse a quel luogo, come se sentisse dentro di sé il bisogno di restare.

Sakura alzò lentamente lo sguardo, timorosa di staccarlo dalla sua maestra, come se qualcuno avesse potuto portarla via, come se quel distacco avesse voluto sancire la realtà dei fatti; fino a portare le sue iridi smeraldine posarsi sulla figura dell’uomo che si innalzava d’innanzi a lei.

<< Saske >> un flebile sussurro scivolò dalle labbra della Kunochi per arrivare udibilissimo alle orecchie dell’Uchiha.

Sasuke osservò attentamente la figura della giovane donna rivolta a lui, Sakura era cambiata, almeno esteticamente, si era fatta più matura, era diventata una donna, le forme pronunciate, l’esile corpo, le labbra piene e i capelli tornati finalmente lo splendore di un tempo, seppur fradici.

Sakura era sbocciata, e Sasuke se ne era appena reso conto.

 

 

 

Tsunade-sama aveva apposta preso la mattinata libera mentre sfilava per le strade di Konoha seguita dalla sua allieva prediletta; il popolo la salutava, per loro lei era l’Hokaghe, la donna più forte del villaggio, colei che gli avrebbe protetti con la sua stessa vita.

Il rispetto che si poteva leggere negli occhi della popolazione che acclamava l’Hokaghe al suo passaggio non era nulla in confronto di quello che si leggeva negli occhi della Kunochi che la seguiva a testa alta.

Sakura era fiera di essere diventata allieva dell’Hokaghe, rispettava Tsunade-hime sia come ninja che come donna, e le volte che succedeva che qualcuno la paragonasse alla sua maestra lei non poteva che compiacersi della cosa, arrossendo e sminuendo le sue potenzialità rispetto alla sua insegnante.

Tsunade-sama e Sakura Haruno erano legate tra loro da un sottile filo del destino che le accomunava proprio come era successo con Naruto e Jiraya.

Più passavano i giorni più la povera Shizune era preoccupata del destino di Sakura, ogni giorno che la vedeva assomigliava sempre di più nel carattere e nel modo di comportarsi della sua maestra; Tsunade-sama era soddisfatta dal continuo cambiamento di Sakura e vedeva in lei la stessa ragazza che era stata lei un tempo, desiderosa che per Sakura il destino avesse riservato un finale migliore.

Tsunade-sama non l’aveva mai detto a nessuno, ma era convinta che Sakura nel giro di un paio d’anni l’avrebbe superata proprio come era successo a Jiraya con Naruto.

Sakura seguiva la sua maestra per le strade soleggiate di Konoha, ignorando totalmente la meta a cui sarebbe giunta, si fidava della sua maestra.

<< Sakura, voglio presentarti un persona.. >> esclamò la giovane donna mentre sul suo volto si dipinse un sorriso dolce-amaro.

Sakura annuì e continuò a seguire la sua maestra che si stava dirigendo verso il fitto del bosco, non era mai stata da quelle parti, neppure con Kakashi e il vecchio Team 7, fu proprio perché troppo presa dai suoi pensieri che si scontrò addosso alla schiena di Tsunade che si era fermata ai piedi di un enorme albero.

Sakura bofonchiò uno –scusa- per poi staccarsi dalla schiena della maestra e massaggiarsi il naso indolenzito; fu così che la kunochi scorse due lisce pietre di marmo bianco ai piedi dell’albero proprio di fronte a lei; non fu difficili capire di chi cosa si trattasse e del perché la sua maestra l’avesse portata in quel luogo.

Tsunade-hime annuì con la testa sentendo lo sguardo della sua allieva solleticarle la nuca.

<< sono sepolti qui, Dan e Nawaki… >> boccheggiò l’Hokaghe

Sakura posò lo sguardo sulle due pietre di marmo lastricato, non c’erano scritte solo due copri fronte erano deposti ai piedi di ciascuna lapide, segno che le due persone sepolte in quel luogo erano ninja.

Tsunade-hime sforzò un sorriso carico di amarezza mentre spostava lo sguardo dalle lapidi alla sua allieva che la osservava incapace di pronunciare una sola sillaba.

<<  ti ho portato qui Sakura perché volevo condividere con te la cosa più preziosa che ho…Dan è stato il mio grande amore, quello che per te è l’Uciha >> pronunciò quel cognome con astio.

Tsunade-sama odiava Sasuke Uchiha perché era colpa di quel ragazzo se ora la persona più importante della sua vita non era felice e forse non lo sarebbe mai stata.

Sakura trattenne il respiro, vedere le lapidi di Dan e Nawaki le aveva fatto crescere nel cuore un terribile dolore e la consapevolezza che forse lo stesso dolore che provava Tsunade-hime un giorno avrebbe potuto provarlo anche lei; un velo di amarezza e dolore tinse il viso della Kunochi che colpita in fallo abbassò lo sguardo tremendamente colpita da quella possibilità.

<<  non succederà >> fu il lieve sussurro che Tsunade-sama pronunciò prima di posarle una mano sulla spalla facendole alzare il viso ormai al limite di riempirsi di lacrime.

Tsunade-hime guardava la sua allieva negli occhi e un ghigno beffardo le si dipinse sul viso.

<< sei forte Sakura,devi solo credere in te stessa e non fallirai >> esclamò il quinto Hokaghe dando una forte pacca sulle spalle alla kunochi che sotto la forza di quel colpo si trovò inginocchiata per terra.

 

 

 

<< Sakura… >> al voce del mukenin si sollevò nell’aria, fredda  affilata come una lama

La kunochi non rispose, intenta a studiare gli occhi neri come la pece dell’Uciha, quegli occhi che al tempo dell’accademia l’avevano fatta innamorare e per cui aveva fatto sforza sovraumani, gli stessi oggi che ora sembravano essere tornati a palpitare e che lei non poteva farne  a meno.

Sakura fece qualche passo incerta verso il suo ex compagno di team ma questo non emise un solo movimento, fu quando la ragazzina petulante scavalcò il corpo senza vita dell’Hokaghe che il viso di Sasuke parve ricomporsi dallo stato di trance in cui era caduto.

Le labbra dell’erede dell’antichissimo Clan si incurvarono in un sorriso dolce, il primo vero sorriso che quel volto sembrava esibire dal giorno della dannata giornata dove la sua vita aveva preso una piega inaspettata; il giorno in cui il piccolo Sasuke Uchiha aveva giurato vendetta verso suo fratello  e che ora finalmente uomo aveva compiuto verso il villaggio dove aveva abitato.

Nello stesso momento in cui l’Hokaghe di Konoha aveva esalato l’ultimo respiro il cuore di Sasuke aveva scandito un battito più forte degli alti, Sasuke Uciha era finalmente tornato libero di vivere; e proprio in quel momento era apparsa lei, come se il destino non stesse aspettando altro e pure il cuore di Sakura aveva preso un battito diverso.

Nello stesso momento in cui Sasuke Uchiha aveva iniziato a vivere Sakura Haruno aveva smesso.

<< Saske >> sussurrò la kunochi mentre le sue iridi smeraldine avevano incominciato a risplendere e la fiammella che sembrava essersi spenta era tornata divampare nei suoi occhi, per lui.

Il mukenin allungò una mano verso la giovane donna che si trovava d’innanzi e le accarezzò dolcemente il viso scostandole dalla pelle arrossata gocce trasparenti di pioggia [lacrime]; Sakura socchiuse gli occhi per gustare al massimo di quel contatto che tanto aveva desiderato e che ogni giorno che trascorreva sembrava sempre più utopistico.

Sakura avvicinò maggiormente il suo corpo a quello del ragazzo che non si ritrasse neppure quando lei socchiuse gli occhi e avvicinò le proprie labbra alle sue.

Un bacio dolce/amaro che valeva più di mille parole,desiderato nei sogni più segreti di entrambi, sperato per molti anni ogni volta che lo incontrava, agoniato perché avevano dovuto soffrire entrambi per arrivare a quel giorno, snobbato perché lui era Sasuke Uchiha e non pensava a certe cose.

Ma quel giorno sotto la pioggia, tutto sembrava possibile.

<< perdonami >> sussurrò la kunochi mentre staccava leggermente il volto del giovane Uchiha dal suo ma continuando a tenere il suo Saske stretto in un abbraccio molto più simile a una morsa.

Fu nello stesso momento in cui la Katana lacerava la carne del portatore dello Sharingan; per poi passare oltre e infilzare la ragazzina petulante, che si stringeva in un morsa serata al compagno per non ritrarsi al fendente ; che Sasuke capì che quelle che coprivano il volto della ragazza non erano gocce di pioggia ma lacrime.

Tsunade-sama intanto dal fango assisteva alla scena, unica spettatrice oltre il cielo a partecipare alla fine di tutto, mentre i corpi dei due giovani scivolavano a terra,tra il fango, l’acqua, le lacrime e il sangue; privi di vita.

 

 

 

 

 

 

Decisamente non c’è lieto fine..ma spero sia piaciuta lo stesso…

Perché l’ho scritta?

Sarò sincera è da un po’ ch mi passa per la zucca un finale del genere…

La morte di Tsunade,la crescita improvvisa di Sakura…

Parole al vento spero…

Lasciatemi un messaggino così deduco che è bene che mi dia all’ippica o che ci provi ancora a scrivere qualcosina!

 

 

 

 

PetaloDiCiliegio

  
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