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Autore: Niaile    21/10/2016    4 recensioni
L'arte è emozione. L'emozione è distruzione.
Dal testo:
"Ero a colori un tempo. Poi mi sentii bianca. Ora solo nero."
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buona lettura:


Gli artisti sono anime in pena. Trasformano le emozioni in arte. Distruggono l'arte con i loro sentimenti. Uccidono l'arte con le loro pene.

Una volta avevo visto una tela completamente bianca in una cornice nera. Ero rimasta ad osservarla per mezz'ora prima che l'artista mi chiamasse. “Cosa hai visto?” mi chiese “Niente” risposi. Ma in realtà non era vero. Avevo visto tanto. Avevo visto la mia rabbia di quando lui mi disse basta. Avevo visto il rancore di quando lui se ne andò. Avevo visto la tristezza di quando tornai a casa e la desolazione di quando non trovai nessuno. In un'unica tela bianca avevo visto la fine.

Non dissi altro all'artista, presi le mie emozioni e me ne andai. Ora che ci penso, avrei dovuto forse fargli i complimenti, per spingerlo ad andare avanti, per dimostrargli che aveva scosso più il mio animo lui che tutti gli altri quadri della mostra, per invogliarlo a non smettere mai, perchè abbiamo bisogno tutti di qualche pacca sulla spalla. Ma me ne andai, semplicemente.

Non ero mai stata nulla di che, troppo grassa, troppo timida, troppo lunatica, troppo antipatica, troppo amica, troppo brutta, troppo lontana, troppo apatica, troppo sola. Ero una marea di troppo racchiusa in uno squallido niente, ero bianco.

Sapevo che a casa sarei stata sola, che lui non ci sarebbe stato e tornarci sarebbe stato straziante, ma dovevo farlo. Dovevo incorniciare quel bianco. Andai a comprare una tela al negozio in centro, pioveva e non avevo l'ombrello. Ho sempre amato la pioggia, così fresca, così pura, così egocentrica da spazzare via tutto e rimanere sola. Camminai a lungo sotto quelle gocce, sentendole scivolare lungo le guance, bagnarmi i capelli e rinfrescarmi il cervello. Camminai piano e mi godei il tempo, come se ad ogni goccia sentissi l'inesorabile Tic Tac del tempo trascorrere lento fuori di me, senza interessarmi sul serio.

Quando con la tela in mano arrivai a casa, vidi me riflessa nello specchio davanti la porta, vidi me tutta bagnata all'entrata di casa mia, la mia immagine riflessa mi rimandava un sorriso sbilenco quasi a sottolineare come quel niente stava iniziando a colorarsi. Eppure la tela era ancora bianca.

Casa mia era molto povera. Abitavo nella mansarda di un palazzo antico. I muri erano spessi e quindi c'era sempre caldo, l'intonaco era bianco e il soffitto pieno di immagini sfocate e ormai antiche. C'era una grande sala da pranzo con un piccolo tavolo al centro e un misero piano cottura, c'era una piccola camera da letto con un unico letto da un lato ormai freddo e un bagno disordinato, come se tutto il disordine della mia vita fosse chiuso lì dentro. Non c'era niente di superfluo: un armadio accanto alla porta della camera da letto e una libreria nella parete opposta. Di libri ce ne erano in eccesso. Non mi serviva altro. La casa era piccola, vuota ma sempre calda ed illuminata, con un balcone enorme dove la città si mostrava piccola e indifesa. Piazzai la mia tela proprio nel balcone, messa in verticale su una sedia e mi ci sedei di fronte. La osservai. Immaginai dentro di me paesaggi colorati e tramonti neri. Vedevo chiaramente, dietro le palpebre chiuse, il mio capolavoro, ma quando riaprivo gli occhi il bianco si mostrava imperioso e freddo come la neve a natale. La verità era che non ero un'artista. C'era troppo disordine dentro di me. C'erano urla e litigi, schiaffi e dolore. C'era assenza. Con gli occhi chiusi alzai il pennello pregno di rosso e iniziai a disegnare una linea nell'angolo in basso a sinistra. Procedevo dritta:

-Io non sono quello che credi.

-Tu non sai quello che credo.

-Sono qui, dimmelo.

-Non avrebbe senso.

Poi la linea si arcuò e procedé in alto. Andava a zig zag:

-Se non mi parli io come faccio a capirti?

-Se non mi capisci evidentemente non è destino.

-Lascia stare il destino e fai te quello che vuoi.

Mi fermai ma non aprii gli occhi. Presi un altro pennello e sta volta usai il verde. La linea riprese la sua scia in piccole spirali:

-Ti amo, ok?

-Non puoi amarmi.

-Perchè? Perchè devi farti questo?

Ora andava spedita e incontrollata al centro del foglio, dritta e curva al ritmo dei battiti del mio cuore:

-Per amarmi dovresti accettare il pacco completo. La mia isteria, la mia dolcezza, le mie paranoie, la mia insicurezza. Avevo otto anni quando mi presi in giro la prima volta, da sola, per proteggermi dalle prese in giro degli altri. Ho creato intorno a me muri enormi e non puoi entrare così, con un misero ti amo!

-Butto a terra il cielo se non ti basta.

-Sei solo parole.

-E tu sei sola.

Un singhiozzo fece schizzare la vernice verde nell'angolo in alto a destra. Posai il pennello e ne utilizzai un altro. Giallo. Stavolta la linea si muoveva sinuosa mischiandosi agli altri tratti:

-Mi amerai ancora quando sarà troppo difficile?

-Si.

-Mi amerai ancora quando mi odierò?

-Non ti odierai.

-Mi odierò. E mi odierai anche tu. Perchè sono questa. Perchè sono un disastro, una illusione, una delusione, un continuo disordine. Perchè sono nero.

-È come se dentro di te non ci fosse nulla ma tu hai così tanta voglia di farti scoprire che chiunque ti conosca ha l'impellente bisogno di scavarti fin dentro l'anima.

Tremai di rabbia ma non aprii ancora gli occhi. Non ero pronta e non lo sarei mai stata. La linea gialla, a tratti, macchiava la tela senza seguire un vero percorso:

-Così non arriveremo a nulla.

-Credevi di farcela vero?

-È solo colpa tua. Tu e i tuoi continui sbalzi d'umore. Tu e i tuoi continui “io, io, io”. Sempre tu. Ce l'ho messa tutta. Lo sai.

Si. lo sapevo. Infilai le mani nella vernice nera e poi iniziai a sporcare la tela. Le gocce d'acqua quella mattina avevano rinfrescato il mio animo. Credevo quasi di esserci riuscita veramente. Di essere tornata a colori, ma quelle gocce di vernice nera stavano macchiando il mio capolavoro e allora mi decisi ad aprire gli occhi.

Una tela bianca. Linee colorate. Macchie nere.

Cosa vedi?” mi chiese quell'artista “Rabbia, amore, promesse sciupate.” risposi io.

Presi il secchio pieno di vernice nera e lo versai tutto sulla tela.

Ero a colori un tempo. Poi mi sentii bianca. Ora solo nero.


















Pensieri e Parole:

Dedicata alla mia migliore amica. L'artista. <3

   
 
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