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Autore: Raymox    21/10/2016    1 recensioni
STORIA A OC | ISCRIZIONI CHIUSE
Un ricco uomo d'affari viene ritrovato impiccato nel suo garage. Tutto farebbe pensare ad un suicidio, ma qualcosa fa sospettare alla polizia che non si tratti solo di questo. Le prove non mentono, qualcuno ha commesso un delitto.
Voglio lanciarvi una sfida: saprete trovare l'assassino prima che io ve lo sveli? Cercate di scoprirlo!
Genere: Introspettivo, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Noah
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Capitolo 2
 
 
§
 
« Scott, abbiamo un movente, abbiamo la scena di un suicidio e abbiamo un morto che non presenta altri segni di colluttazione se non quello di una corda sul collo; cosa ti fa credere che sia un omicidio?» chiese scettico Aaron al suo collega che rimaneva impassibile. Sul volto dell’ispettore si dipinse un piccolo sorriso, come per sottolineare la sua superiorità, e annunciò: « È sul secondo punto che ti sbagli: non abbiamo la scena di un suicidio ». Aaron assunse un’espressione perplessa, ma tutto ciò che ottenne fu un “seguimi”. L’uomo obbedì e lo accompagnò dal gruppo di agenti dove l’ispettore capo Walt Brown discuteva con un poliziotto.
« Signor Brown, le dovrei parlare » disse e lo portò lontano dagl’altri agenti, vicino al garage. Walt era un uomo alto, con i capelli biondi pettinati allo stesso modo di Aaron, con un simpatico nasino a punta. Non era esattamente il tipo d’uomo con cui si fa amicizia, ma quando serviva era sempre disponibile.
Quando furono abbastanza distanti, Scott si mise di fronte all’uomo che li aveva seguiti senza emettere un fiato.
« Allora Scott, voleva parlarmi del suicidio? Stiamo per...» cominciò Walt, ma non riuscì nemmeno a terminare la frase che l’ispettore rispose fulmineo: « Non è stato un suicidio ».
L’altro lo guardò perplesso, fissandolo intensamente con i suoi profondi occhi celesti; non capiva. « Prego?» chiese poi.
« Qualcuno vuole far credere che Noah si sia ammazzato, ma ha tralasciato un particolare » rispose entrando nel garage. Sentiva che entrambi i suoi ascoltatori fremevano dalla curiosità, anche se non lo davano a vedere. Scott adorava far incuriosire le persone, lo considerava uno spasso, ma loro continuavano semplicemente a guardarlo e a ascoltare. Il signor Brown si grattò il capo, seccato.
« Be’, illuminaci » proferì Aaron, incrociando le braccia, stanco di vedere l’ispettore crogiolarsi del loro interesse.
« Osservate lo sgabello » disse Scott indicando l’oggetto a terra. I due uomini lo guardarono per qualche secondo, ma, invece di capire, diventarono più scettici.
« È un normale sgabello, non ci vedo niente di strano » dichiarò Walt tornando a fissare l’ispettore. Lui era un ufficiale di polizia con anni di esperienza nel settore, ma come ogni agente era convinto che non si trattasse di omicidio, ma non fraintendete, a lui piaceva risolvere crimini, era una passione, un hobby personale.
« Quelle sono le impronte di Noah, lo abbiamo constatato » aggiunse Aaron riferendosi alle tracce che erano ancora visibili sulla sedia.
L’ispettore sbuffò spazientito e si chinò per avvicinarsi all’oggetto, e puntò il dito verso il pavimento al di sotto di esso.
« Osservate. Non ci sono tracce di terra » fece notare ai due, che ancora non afferravano. « Se la vittima avesse fatto cadere lo sgabello a terra, » continuò Scott « il fango si sarebbe sparso davanti e sotto, ma non ve n’è traccia » spiegò lui, rivelatore.
« Questo ci suggerisce...» cominciò Aaron « ...che non è caduto, ma è stato appoggiato per farlo sembrare un suicidio!» terminò Walt, sgranando gl’occhi dalla sorpresa. Non sembrava preoccupato perché ci fosse un assassino in libertà, anzi pareva contento.
Sul volto di Scott si dipinse un sorrisetto soddisfatto. L’ispettore capo si girò e tornò verso il gruppo di agenti gridando felice, ma allo stesso tempo autoritario: « John, avverti la centrale; c’è un assassino da prendere!». In un attimo gli agenti si mobilitarono per continuare ricerche di altre prove in tutta la casa, mentre altri ascoltavano le spiegazioni di Brown, che esponeva le nuove scoperte.
 
« Senti, io aspetto qui fuori » disse Aaron con una certa insicurezza. Si era fermato poco prima di varcare la soglia della porta dell’ospedale, che si era già aperta automaticamente. Si trovavano lì per effettuare una ricerca accurata di particolari che potevano essere sfuggiti ai poliziotti sul corpo di Noah e magari scoprire qualche indizio che li avrebbe aiutati a risalire all’assassino. In quel momento, però, Aaron si era fermato. Scott lo guardava perplesso « Hai paura degli ospedali?» chiese.
« Io non ho paura degli ospedali » rispose l’altro denti stretti.
« E allora qual è il problema?»
Il vice ispettore, un po’ imbarazzato, rispose: « Gli obitori mi mettono in soggezione ».
Scott, per non ferire i sentimenti del suo compagno, tentò di trattenersi dal ridergli in faccia, anche se era palese che avesse trovato quella sua affermazione molto divertente.
« Sì si, ridi pure » disse irritato Aaron.
L’altro non resistette più ed esplose in una grassa risata « Aaron Cleverty, l’unico ufficiale di polizia che ha paura di un obitorio » lo sbeffeggiò entrando da solo nell’edificio. Lui c’era rimasto molto male, ma non poteva entrare in un luogo pieno di cadaveri, gli facevano ribrezzo.
L’ispettore, ancora sghignazzante, scese nei piani inferiori dove si trovavano le camere mortuarie. Lì lo aspettava un uomo che lo avrebbe aiutato nell’autopsia del corpo, un altro poliziotto, che incontrò in un corridoio lungo e dai muri completamente bianchi, interrotti solo da alcune porte, anch’esse bianche. Nemmeno si fermò ad ascoltare quel John Adams che si presentava e lo elogiava dicendogli di essere un grande detective mentre lo rincorreva come un cane. Lui rispondeva con semplici e distratti “ Davvero?” o “Grazie”.
Arrivarono nella stanza dove il corpo di Noah era steso su un lettino, coperto da un telo fino a sotto il collo. La sua pelle era molto chiara, ma ancora in perfette condizioni, poiché conservata dal freddo e l’isolamento della stanza. John era rabbrividito alla visione del corpo; pur godendo di uno stomaco di ferro, motivo per cui si trovava lì, non amava la visione dei cadaveri.
« L’ora del decesso è tra le 12:00 e le 2:00 » lo informò l’agente di polizia.
I due si misero ai lati opposti del cadavere, lo scoprirono dal lenzuolo e cominciarono ad esaminarlo: Scott controllava ogni singola parte del corpo in cerca di indizi o segni particolari mentre John riportava su un taccuino ciò che diceva l’ispettore. « Certo che è molto basso » esordì a un certo punto John commentando la statura di Noah, che effettivamente era più piccolo dell’ispettore e dell’agente.
Era evidente il segno della corda sul collo, ancora rosso, e degli ematomi sulle ginocchia con qualche graffietto. Il resto del corpo sembrava pulito, ma un particolare attirò l’attenzione dell’ispettore: delle tracce di corda di ramia sotto un unghia. Aveva capito come era deceduto, aveva capito come era stato ucciso.
In poco meno di cinque minuti aveva raccolto ogni informazione che gli poteva tornare utile e con un cenno del capo disse a quell’agente sempliciotto che era ora di andare. Lui si grattò la testa dai capelli bruni, un po’ dubbioso data la rapidità di quell’autopsia, e lo seguì. Ogni poliziotto lo pensava; lui era rapido, forse troppo, ma in ogni caso riusciva a fare bene il suo lavoro.
Stava tornando da Aaron quando dalla fine del corridoio spuntò una donna, abbastanza alta dalla pelle chiara e il fisico slanciato. Ad ogni passo i suoi capelli biondi, quasi argentati, ondulavano restando, però, composti.
Quando fu più vicina, Scott poté notare un naso a punta e degl’occhi blu molto profondi e intensi. Lei non degnò nemmeno di uno sguardo i due uomini che invece erano incuriositi da quella strana apparizione. L’ispettore si domandava chi fosse, mentre John era perlopiù preso a guardare alcune parti di lei che io preferirei non dire.
« Non è carino » disse Scott notando che John si era voltato a guardare il didietro della ragazza. Il poliziotto, messo a disagio da quell’affermazione, si ricompose.
All’entrata dell’ospedale, Scott sentì alcuni dottori che parlavano di un falso allarme o di qualcosa del genere. « Eppure hanno detto che c’era un emergenza, non capisco » bofonchiava un dottore  ad un’infermiera, anche lei un po’ stranita.
Usciti dall’edificio trovarono Aaron intento a parlare al cellulare. « Non mi interessano le vostre promozioni. Grazie e arrivederci!» diceva alquanto irritato alla persona dall’altra parte, per poi attaccare.
« Che ti prende, Aaron?»
« Queste offerte di “gas e luce a prezzi stracciati” mi faranno diventare pazzo ».
Dopo qualche secondo di silenzio John disse:« Be’, io vado a portare questo in centrale » annunciò sventolando il taccuino sul quale c’erano scritto il resoconto dell’ispettore « Se avete bisogno, io sono disponibile » concluse per poi salutare i due.
« Hai scoperto qualcosa?» chiese Aaron dopo che John fu andato via.
« Oh, Aaron, io ho scoperto come è morto » disse fiero, facendo crescere la curiosità dentro il suo compagno che stava tutt’orecchi: « Bene, sentiamo!» disse eccitato.
Scott cominciò la sua spiegazione: « Sul corpo della vittima c’era ovviamente il segno della corda dovuto non solo all’impiccagione, ma anche a qualcos’altro. Ho trovato delle tracce di ramia sotto le unghie, ciò significa che ha tentato di liberarsi dalla corda. Quale suicida tenterebbe di liberarsi?»
« Magari ha cambiato idea quando era troppo tardi » suppose Aaron.
« Poco probabile. C’erano anche delle escoriazioni sulle ginocchia, secondo me dovute a una colluttazione. In sintesi, quando l’assassino gli ha messo la corda al collo lui ha cercato di divincolarsi combattendo con le unghie, ma non ci è riuscito e allo stremo delle forze e caduto  in ginocchio e dopo è morto. »
« Quindi è possibile che ci siano delle impronte sulla corda; dobbiamo farla esaminare » propose Aaron, credendo di aver trovato una svolta a quell’enigma.
« L’hanno già fatto e non hanno trovato niente. L’assassino deve aver usato dei guanti. » rispose l’ispettore distruggendo l’euforia che era sopraggiunta al compagno.
« Bene, qual è il prossimo passo?» chiese Aaron.
« C’è una persona molto curiosa con cui mi piacerebbe parlare » cominciò l’ispettore lasciando intendere al suo secondo di chi si trattasse.
« Allora andiamo a parlare con il signor Flammer » proferì Aaron.
 
§
 
Fu molto semplice trovare l’abitazione di Travis, considerando che la polizia disponeva della collaborazione di Lisa, una vera banca dati; avevano riferito che aveva saputo rispondere in qualche secondo a tutte le domande – indirizzi, numeri di cellulare un identikit dettagliata di tutti i suoi collaboratori - che gli avevano posto senza nemmeno pensarci qualche secondo. Aaron pensò che dovesse essere una persona molto intelligente mentre Scott non sembrava molto sorpreso.
Travis abitava in una villa a due piani con un modesto prato circondato da una bassa staccionata che, più che servire come protezione da eventuali ladri, era una decorazione.
Superato in piccolo cancelletto, suonarono il campanello dell’abitazione.
Scott notò che Aaron si stava sistemando i capelli.
« Che diamine stai facendo?»
« Mi sistemo un po’. Metti che ha un’amica a casa; non mi posso mica presentare tutto spettinato » rispose lui vanitoso.
Dopo alcuni secondi, la porta si aprì rivelando un ragazzo molto giovane, con dei capelli biondi e arruffati, dalla pelle chiara con qualche lentiggine sulle guancie e con un fisico snello. Non era molto alto, in confronto Aaron era un gigante. Indossava una camicetta azzurra rigata con un simpatico papillon rosso e dei pantaloncini azzurri.
L’uomo di squadrò con i suoi occhi color nocciola. « Ospiti! » disse sarcasticamente sapendo che i suoi due visitatori erano tutt’altro.
Poco dopo i due poliziotti erano in salotto, osservando l’arredamento molto minimale della stanza. La sala era illuminata dalle portefinestre che davano sul giardino dietro la casa. C’era un tavolino che stava esattamente nel mezzo e tre poltrone bianche intorno.
« Ha una casa molto accogliente » proferì Aaron, più per cominciare la conversazione che per complimentarsi per l’arredamento, mentre Travis portava un vassoio con tre tazze di tè sopra.
« Non è casa mia. L’ho affittata per un po’ » rispose lui mantenendo uno strano sorriso dipinto in faccia. « Prego, sedetevi » li invitò indicando le due poltrone davanti a loro mentre lui si sedette sulla terza, appoggiando i vassoio sul tavolo.
L’ispettore si accomodò mentre l’altro fece per afferrare una tazza. « Io non lo farei » disse Scott bloccando il suo compagno appena prima che l’afferrasse. Lui non capì subito.
« Non credo che quel liquido sia tè, ma grasso di cucina. Il nostro amico ama fare scherzi alla gente » affermò lui « infatti si sta chiedendo perché il suo cuscino scorreggione non abbia funzionato » disse tirando fuori dalla giacca un cuscino di plastica rosa per poi appoggiarlo sul tavolino. « Non per offendere la sua maestria negli scherzi ma il rosa sul bianco è troppo evidente; solo uno stupido non lo noterebbe » affermò. Subito dopo si udì un peto e l’attenzione si spostò su Aaron che si era appena seduto. Travis sghignazzò sotto i baffi.
« Non dire niente » intimò Aaron al suo compagno.
« Non ho detto niente »
« Ma lo hai pensato »
Lui rimase un momento in silenzio. « Sì, l’ho pensato » confessò poi.
Il signor Flammer a quella scena si era sbellicato dalle risate, ma aveva represso il desiderio di ridergli in faccia.
« Bene, torniamo seri. Ha saputo della morte di Noah, giusto?» chiese Scott.
« Sì, un tragico incidente. Sinceramente non mi sarei mai aspettato che si sarebbe suicidato »
« Io non ho parlato di suicidio »
« Cosa vuole dire? Che è stato ammazzato?» chiese Travis, mostrandosi un po’ agitato dalla cosa.
L’ispettore si sistemò la giacca e gli riferì che la polizia aveva motivo di ritenere che fosse stato un omicidio e che molte volte era stato fatto il suo nome.
« Be’, non mi stupisce; per i miei colleghi io sono una canaglia, un bastardo. Ma ci sono abituato » disse non mostrando di essere intristito dalla cosa, anzi sorrideva. Non doveva essere un tipo molto amichevole.
« Le dispiacerebbe dirci dov’era ieri sera tra le 12:00 e le 2:00?» continuò Scott.
« Ero a una cena. Sono tornato più o meno alle due di notte e dopo mezz’ora stavo già dormendo » affermò lui. L’ispettore annuì.
« C’è qualche testimone che lo può confermare? » chiese Aaron.
Il ragazzo ci pensò un po’, cercando di ricordare. « Quando sono arrivato a casa c’era un tizio con un cane, un labrador mi sembra, chiedete a lui » disse distratto.
« La domestica della casa di Noah, la signorina Louise, ci ha detto che avevate avuto un’accesa discussione. Ci può spiegare?» continuò Scott.
« “Accesa discussione” mi sembra un po’esagerato. Stavamo semplicemente discutendo del futuro dell’azienda farmaceutica, ma lui aveva idee assurde, voleva addirittura scaricare qualche socio e filarsela con i soldi, ma io mi sono opposto e me ne sono andato » spiegò lui, poi un ghigno gli si dipinse in volto « Voi, però, non sapete che anche Louise aveva qualcosa contro Noah » disse lasciando intendere che sapeva qualcosa di compromettente.
« Di cosa si tratta?» chiese Aaron incuriosito da quell’affermazione.
Travis appoggiò i gomiti sulle ginocchia in modo da essere più vicino possibile ai due e li fissò: « La signorina Louise vi ha detto che Noah aveva molti debiti? Be’, lui aveva smesso di pagarla da più di cinque mesi e lei ormai non sperava più che avrebbe ricominciato a pagarla; si stava già organizzando per trovare un altro lavoro, ma ormai la sua condizione finanziaria era in seri guai: per questo lei odiava Noah. Inoltre si lamentava spesso quando andavo alla villa che quello fosse un lavoro schifoso » concluse.
L’ispettore lo trovò molto interessante. Probabilmente era questo che nascondeva Louise; non voleva far sapere che lei odiava il suo capo, sarebbe stato imprudente.
« Come si è fatto quei graffi, signor Flammer?» chiese Scott riferendosi a dei segni sul suo braccio che sembravano essere recenti.
Lui lo guardò e rispose beffardo: « Ve l’ho detto: io sono una canaglia ».
 
« Quel tipo non mi piace per niente; non ho fretta di rivederlo » disse Aaron una volta superato il cancelletto. Erano usciti in fretta da quella casa poiché la compagnia di quel ragazzo non era gradita dai due uomini.
« Lui invece lo vorrebbe tanto, specialmente te » affermò Scott guardando il suo compagno che gli chiese il motivo di quell’affermazione. « Perché lui è gay, e tu, a quanto pare, gli sei piaciuto » rispose abbozzando un sorriso compiaciuto.
 
Angolo Autore
Ok, mettete giù forconi e forchette e lasciatemi spiegare.
La mia decennale assenza non è dovuta ad un calo di voglia, ma alla mancanza di tempo. So che sembra una scusa per non farmi lapidare, ma vi giuro che è così! In questo periodo, che va da adesso fino a maggio, sarò molto impegnato tra studio, sport e altre cose, ma soprattutto lo studio, e c’è gente che dice che il liceo classico sia semplice! “Basta studiare” dicevano.
Tornando alla storia, vi avverto: cominciate a leggere con attenzione perché ho cominciato a spargere indizi qua e là e se volete scoprire chi sarà il misterioso assassino, continuate a seguire questa orribile storia!
Ringrazio tutti coloro che, nonostante il mio ritardo, hanno letto questo capitolo.
Ci si vede!
 
  
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