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Autore: nettie    21/10/2016    0 recensioni
Alzò il capo e mi guardò con quei due grandi occhioni vispi che raccontavano la Primavera.
《 Li vedi questi libri? Saranno i nostri fiori quando fuori è Inverno. 》
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Quando vidi sparire la sua ombra altrove, capii che se n’era andata, e capii che io avevo bisogno di un luogo più intimo dove stare per sfogare ogni briciola del male che mi portavo dentro. Fuggii via da quelle quattro mura in un batter d’occhio, chiusi la porta nel silenzio più assoluto e con passo felpato mi incamminai per quei lunghi corridoi, che di notte, deserti, mi rendevano inquieto. Sembravo una bestia brancolante nel buio, ferita e mugolante. Avrei voluto sparire.

Non ero sicuro di ricordare alla perfezione la strada che mi avrebbe portato alla meta, ma decisi di provare senza timore: era l’ultima e l’unica cosa che mi restava da fare. Quando ritrovai quella nicchia, e quando salii nuovamente quella rampa di scale così stretta e ripida, mi sembrò di sentire ancora una volta il suo profumo, di udire i suoi passi scalpitanti salire nervosamente quelle scale di freddo marmo. Mi sembrò udire la sua risatina sorniona, quel cinguettio così zuccheroso, mi sembrò di intravedere le pieghette della sua lunga camicia bianca svolazzare per quell’angusto corridoio. Forse, i suoi occhioni verdi mi stavano scrutando da chissà quale angolo. Arrivai così nella polverosa stanza che era immersa nel buio più totale, solo la luce della luna alta nel gelido cielo donava un po’ di luminosità a quelle quattro pareti umide e tappezzate di libri. Sentivo freddo, così tanto freddo da aver la pelle d’oca e i brividi lungo la spina dorsale. Presi fra le mani lo stesso libro che lei mi lesse tempo prima, quel libro che parlava di poesie e che parlava d’amore, quel libro che amai solo perché era la sua voce a leggermelo, a scandire ogni parola, sillaba, lettera. Mi misi sotto la finestra, rannicchiato in quell’angolo che sentivo mio da sempre, e passai una mano sulla copertina polverosa ed usurata, imitando ogni suo singolo gesto nella speranza di evocare un suo piacevole ricordo. C’era un vago profumo in quella piccola stanzina che tanto mi ricordava di lei, e più sfogliavo le pagine del libro, più sentivo le lacrime salirmi agli occhi. Cercavo di emulare i suoi movimenti, cercavo di invocare la sua presenza solo per avere la sensazione di averla ancora vicino, ma era tutto vano. Troppo scosso e troppo distrutto per piangere e disperarmi, o forse troppo confuso per capire la situazione, decisi di iniziare a leggere nel silenzio più totale, dove i battiti del mio cuore e il mio respiro erano le uniche cose udibili.

I miei occhi scorrevano veloci sull’inchiostro impresso sulla carta giallastra, e cercavo di ricordare la sua voce, di disseppellirla dai vecchi ricordi e riportarla lì con me, come fosse stata ancora vicino la mia figura. Come se il libro fosse stato fra le sue piccole manine affusolate, come se le mie orecchie dipendessero ancora e solo da quel suono idilliaco che era la sua voce. Le mie labbra si muovevano veloci parola dopo parola, ma neanche un gemito soffocato usciva da queste. Non sapevo dove fosse andata, non sapevo che fine avesse fatto. Speravo solo stesse bene. Speravo che .. magari, sarebbe tornata ancora una volta per portare via anche me. Per la prima volta, desiderai fuggire via da quel luogo che per me non aveva mai avuto un vero nome e che mi fungeva da prigione. Mentre leggevo grazie all’ausilio della poca luce lunare, iniziai a metabolizzare lentamente l’improvvisa assenza ingiustificata di Margherita, quasi senza accorgermene. Non so per quanto rimasi lì, ma il tempo non mi sembrò mai abbastanza per assimilare tutto il dolore.

Leggendo, mi accorsi che l’amore era molto simile a quello che mi portavo dentro, che forse l’avevo sempre conosciuto e non me ne ero mai accorto. Pensai che forse, Margherita era l’unica cosa capace di farmi realmente vivere … e di farmi sentire vivo. Me l’avevano strappata via dalle braccia con violenza inaudita, quando io alla fine sentivo solo il bisogno di amarla. Il semplicissimo ed umile bisogno di amarla con tutta l’ingenuità possibile che può avere chi non conosce la parola amore, con tutta l’ingenuità possibile che può avere chi non conosce veramente il mondo. Lei veniva da fuori, aveva lasciato che la gente affilasse le proprie lame su quella sua pelle delicata e ne era rimasta ferita mortalmente. Lei, lei lo sapeva cos’era l’amore? Lo aveva mai provato? Chi, chi aveva mai avuto la sacra occasione di poter venir amato da lei? Mi si strinse il cuore a quelle domande senza risposta.

Quel vuoto che già da un po’ mi portavo dentro iniziò a crescere e a farsi più profondo, mi sentivo un bambino confuso alle prese con un qualcosa più grande di lui, forse impossibile da affrontare. Amore. Che strana parola, ed era ancora più strano il fatto che io non ne avessi mai fatto oggetto dei miei desideri, o quantomeno dei miei pensieri. Solo in quel momento, mi veniva schiaffato in faccia come la più straziante delle realtà. Era ridicolo. Ero ridicolo.

Era incredibilmente ridicolo l’intenso modo in cui la mia anima stava soffrendo, il modo in cui la mia anima stava sanguinando.

Avevo sempre pensato alla morte come un qualcosa di lento e molto lontano per me, ma in quel momento mi sembrava più vicina che mai … e avevo paura fosse l’unico modo per riconciliarmi a Margherita.

Quando alzai lo sguardo dopo ore passate immerse nella lettura notai con piacere che il sole stava sorgendo, e da lì, in quel punto così alto dell’edificio, il cielo sembrava distante un palmo dal mio naso. Avrei voluto urlare il suo nome a tutto il mondo, oltre quelle mura grigie che odiavo più di me stesso. Avrei voluto urlare il suo nome a tutto il mondo, avrei voluto urlare che l’amavo.

No, non volevo più vedere il mondo dietro quei vetri sporchi ed opachi, così forzai il chiavistello arrugginito della finestra fino a farla aprire. Sentii un cigolio, e poi la brezza autunnale mi travolse carezzandomi il volto e spettinandomi i capelli. Osservai l’alba con occhi nuovi, più veri, e quasi fece male dentro.

Pensai che l’unico modo per raggiungere Margherita fosse scappare via di lì per sempre, ma erano pensieri annebbiati e confusi. Non capivo. Mi affacciai al mondo e allargai le braccia, come volessi librarmi al cielo.

Non avevo mai saputo quanto potesse essere pericolosa l’altezza.


“Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare.”

[ Angolo Autrice: 

Eccoci arrivati al capitolo finale. Un grazie speciale a chi ha seguito la storia capitolo dopo capitolo, e a chi vorrà lasciare un parere finale. 

-nettie.
   
 
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