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Autore: xAcacia    23/10/2016    0 recensioni
Amelia non stava passando un bel periodo, era passato ormai un anno e mezzo da quando il padre le era stato portato via, e non dalla morte. La madre si stava per sposare con Jason, un uomo molto dolce, pronto a fare il padre... che però Amelia già aveva.
Eppure quando venne a sapere che i 5 Seconds of Summer avevano deciso di passare un paio di settimane proprio nella sua città, la vita non le sembrò più così tanto brutta. Ma dopotutto il suo passato era ancora il suo presente e sarebbe stato anche il suo futuro, fino a quando tutto non sarebbe tornato come un anno e mezzo prima. Purtroppo però niente sarebbe più stato come prima.
Era da un po' ormai che era incastrata nel passato, ma in quel momento la vita sembrò sorriderle almeno un po', perché forse Michael Clifford non stava solo giocando con lei, ma faceva sul serio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 38
L'orgoglio di papà
 
Entrai nella stanza piena di poliziotti, ma soprattutto quella stanza era caratterizzata da tavoli rotondi, dove le persone potevano parlare con il carcerato. Era la prima volta che andavo a trovare mio padre da sola, mi sentivo così a disagio, tutti i poliziotti mi guardavano e sapevo che volevano chiedermi la carta d’identità per ricontrollare che io fossi maggiorenne, per poi guardare da qualche altra parte. Mio padre mi stava aspettando proprio all’ultimo tavolo, mi avvicinai lentamente e quando mi vide i suoi occhi, tanto simili ai miei, s’illuminarono.
- Piccola mia – sussurrò prima di stringermi forte a lui. Era ancora lui, ma non aveva quel profumo che sembrava accompagnarlo nella vita da quando avevo pochi anni. – Vieni, sediamoci – aggiunse guardando i poliziotti vicino a noi. Si sedette e lo imitai, in silenzio. – Allora, piccola mia, come stai? Mi sei mancata così tanto – continuò prendendomi le mani.
– Bene emh… e tu? – chiesi io abbassando lo sguardo sulle nostre mani, le mie così piccole e le sue così grandi. Mi sembrava una stupida domanda, non poteva stare bene, non in quel posto.
– Sto bene. Dimmi un po’, Michael come sta? La mamma mi ha detto che sembrate stare di nuovo insieme. È passato da tanto tempo da quando vi siete visti l’ultima volta, o sbaglio? Sono passati… forse mesi? Avete chiarito? Proprio ieri ho sentito, in cortile, un uomo che si lamentava della cotta che aveva sua figlia di diciassette anni nei confronti di questo Michael Clifford. – Ridacchiò. – Ho riso così tanto!
Sorrisi. – Sì… stiamo insieme. Questa volta è definitiva la cosa. Se va bene, rimaniamo insieme, se va male.. ci lasciamo una volta per tutte – risposi io facendo spallucce. – È un.. tuo amico quello che ha una figlia con la cotta per Mike?
– Oh, no – rispose subito lui scuotendo la testa. – No, non siamo amici. Sai, non stiamo nella stessa cella, quindi ci vediamo ogni tanto di sfuggita. Oggi però ho voluto parlarci un po’. Sua figlia sembra essere un po’ come te, sai? Timida e sempre con la testa per aria.
Risi. – Dobbiamo assolutamente farla conoscere a Mike, allora! – esclamai ridacchiando, ma non volevo ridere, volevo piangere. Perché non potevamo fare niente, nemmeno far conoscere questa ragazza a Mike. Il motivo era semplicissimo: mio padre non poteva uscire da là. La conversazione andò avanti, ma era spinta dalla sola forza di volontà e per niente facile.
– A volte ci penso, al fatto che vorrei tanto conoscere questo Michael – disse lui guardandomi negli occhi. – Purtroppo però non credo sia una buona idea farlo venire qua. Già si sentirebbe a disagio a conoscere il padre della sua ragazza, figuriamoci il padre carcerato della sua ragazza.
– Papà… – mormorai io con le lacrime agli occhi. Abbassammo entrambi lo sguardo e non dicemmo niente per un po’ di tempo. Non sapevo come fare, lo volevo far entrare un po’ di più nella mia nuova vita, ma era impossibile in quel modo. Eppure, potevo cercare di fargli vedere degli spruzzi della mia vita. – Guarda – dissi quindi, presi una foto che tenevo sempre nel mio portafoglio e gliela feci vedere.
Mio padre la prese in mano e sorrise. – Oh – bofonchiò guardando la foto con le lacrime agli occhi. – Questo deve essere Cassian, non è così? – chiese lui puntando il dito sull’enorme cane che dormiva accoccolato accanto a me sul divano. – E questo… questo deve essere Michael – disse a bassa voce guardando il ragazzo che sembrava schiacciato dal cane, e sorrideva alla telecamera in un modo un po’ tirato, guardando un punto indistinto tra me e Cassian. – Avevi proprio ragione: è molto strano come ragazzo – borbottò lanciandomi un’occhiata.
Risi. Mio padre era un uomo elegante, che amava i completi eleganti e i capelli in ordine. Purtroppo non poteva più permettersi quel tipo di abbigliamento, ma quei capelli erano ancora abbastanza in ordine e, nonostante tutto, la postura e il modo di fare rimanevano quelli di un uomo di classe ed elegante, che aveva fatto un solo enorme sbaglio. – È particolare, ma ti piacerebbe – replicai io sorridendo alla foto. Nella foto Michael aveva i capelli rossi fuoco sparati in tutti i versi tranne quello giusto, la maglietta nera e dei pantaloni più stretti del solito. Nella foto non si vedeva, ma mi ricordavo benissimo quei pantaloni, soprattutto quando si girava ed abbassavo lo sguardo. – Ha dei forti principi. Lo sapevi che crede molto nel matrimonio?
– Non sembra il tipo, ma sono l’ultima persona che può avere pregiudizi – rispose lui sorridendo alla foto. – Ha degli occhi buoni – bofonchiò guardando il mio ragazzo con una strana aria. – Ti tratta bene, vero? Prima sembravate odiarvi. Non ti tratta più come prima, vero?
– Assolutamente no – ribattei io sorridendogli tristemente. Ripensai a tutte le cose che aveva fatto per me, comprese quelle brutte che però lui vedeva come cose belle. Sì, mi trattava veramente bene ormai. In realtà, era da tanto tempo che mi trattava bene. Erano tante piccole cose, che poi, messe tutte insieme, mi facevano capire che mi trattava nel modo migliore di tutti. – Mi tratta molto bene, già da un po’. Mi… mi vuole bene, lo percepisco.
– E tu lo ami – disse mio padre sorridendomi con le lacrime agli occhi. – Non avevo mai visto la mia bambina tanto presa da un ragazzo. Nemmeno quel… come si chiamava? Finn, mi sembra. Nemmeno con quel Finn eri così presa, eppure era il tuo primo ragazzo!
– Sì, lo amo – affermai io ridendo. – Anche Michael mi ama – aggiunsi dopo un po’, e lo vidi sorridere. Sperai che fosse vero, c’era ancora una piccola parte di me che gridava di non fidarmi di quel ragazzo, ma ormai non potevo più ascoltarla. Grande sbaglio.
– Sono contento, tesoro mio. Sono tanto felice per te – replicò mio padre. – Mi piacerebbe tanto… Sì, mi piacerebbe tanto almeno sentirlo per telefono. Credi che potrebbe andargli bene? Vorrei sentire almeno la sua voce.
Il mio primo istinto fu quello di dirgli di no, per qualche strana ragione, ma non potei fare a meno di sorridere e annuire. – Certo, è una buona idea, sicuramente accetterà – risposi io. – Sai, Cassian…
– Chase! – urlò un poliziotto avvicinandosi a noi. – È ora di tornare in cella, Chase – borbottò lanciandomi l’ennesima occhiataccia.
– Certo – sussurrò mio padre abbassando lo sguardo. Si alzò dalla sedia e dovetti fare la stessa cosa. – Quindi… aspetto una vostra chiamata – borbottò alzando per pochi secondi gli occhi su di me. – Ciao, bambina mia – mi salutò abbracciandomi. Mi diede un bacio sui capelli e poi, dopo che il poliziotto lo aveva preso per le braccia, se ne andò a testa alta, da uomo elegante qual’era.
 
Michael non era a casa, sicuramente aveva capito dal messaggio acido che gli avevo mandato che volevo rimanere da sola, quindi fu una buona cosa. Rimasi sul divano a guardare la televisione spenta per un tempo indeterminato. Tutto quello che volevo fare era rimediare e fare quello che facevo prima: avevo ancora le mie ventiquattro ore. Ma questo avrebbe dato fastidio a Michael? Non lo sapevo, molto probabilmente sì.
Qualcuno citofonò più volte alla porta e aprii senza nemmeno chiedere chi era. Doveva essere Jennifer, perché solo lei poteva insistere in questo modo davanti a un citofono. Entrò parlando a vanvera, questo significava solo una cosa: era là per un motivo ben preciso. – Quindi, fammi capire, tu torni insieme a Michael Clifford facendomi vincere un’altra volta la scommessa, e lo devo venire a sapere da quel tuo nuovo amico?
Ridacchiai. – Sorpresa! – esclamai alzando le mani al cielo. – Ci siamo viste solo ieri, mi sembra – borbottai io andandomi a sedere sul divano, dove mi raggiunse Cassian, non dando l’occasione a Jennifer di sedersi sul mio stesso divano. Guardò il cane per un po’ di tempo e poi, sbuffando, si andò a sedere sulla poltrona. – Per caso, stava là con Calum e gli altri?
– Sì, non te l’ha detto? – chiese lei aggrottando la fronte. Scossi la testa, soprappensiero. – Oh, non mi dire che avete già litigato un’altra volta?! Dio, siete veramente una cosa impossibile. A volte penso che non potete stare insieme, veramente, basta! Non fate altro che litigare, ma dove la trovate tutta questa forza per strillarvi addosso ogni santo giorno?! Per non parlare della fiducia..
– Jen! Non abbiamo litigato – risi io. – Abbiamo solo deciso di… staccarci un po’. Questa mattina sono andata a trovare mio padre e, quando mi sono svegliata, ancora stava dormendo, così ho deciso di non svegliarlo. Non sapevo dove fosse andato, ma non entro in ansia se non so ogni singolo posto in cui va.
– Dovresti – rispose lei alzando l’indice. – Quel ragazzo ha una strana capacità di far perdere la testa alle ragazze. Ma, a proposito di perdere, ieri ti ho visto proprio bene, mia cara amica. C’è qualcosa di cui vuoi parlare alla tua cara, migliore ed unica amica?
Risi. – Jen, se vuoi sapere le cose basta che me lo chiedi direttamente – replicai io alzando gli occhi al cielo.
– Va bene – mi fermò lei. – Hai fatto sesso con Michael Clifford?
Scoppiai a ridere. – Ci stavo arrivando – borbottai io guardandola. – Sì, Jen, sono andata a letto con Mike.
Fece una smorfia disgustata. – Ha fatto tanto male, vero? Capirai, immagino che gli avrai fatto passare le pene dell’inferno a quel povero ragazzo. Hai una soglia del dolore pari a meno centocinquantamilioni – aggiunse lei posando una mano sulla fronte, esasperata.
Gli lanciai un cuscino. – Sono stata piuttosto in silenzio, non mi sono lamentata! – esclamai io. – E sì, ha fatto malissimo. Non mi avevi detto che mi avrebbe fatto così male! Potevi almeno avvisarmi, mi sarei preparata mentalmente.
– Tesoro, senza offesa, ma hai fatto passare diciannove anni della tua vita senza fare sesso per la semplice paura di donare una cosa tanto bella a una persona. Se solo ti avessi detto che ti avrebbe fatto ancora più male del previsto, ci saremmo ritrovate a fare questo discorso all’età di cinquant’anni.
Sbuffai. – Quanto sei esagerata – bofonchiai stringendo a me Cassian.
– Oh, no. Semplicemente ti conosco – sogghignò lei guardandomi maliziosamente. – Quindi? Voglio i dettagli! È stata una cosa programmata? No, non credo, sennò me l’avresti detto. È stato bravo? Non mi dire che è goffo tanto quanto nella vita reale!
– Jennifer! – gridai io spalancando gli occhi. – Mike non è goffo! E sì, è stato bravo, eravamo solo un po’.. timidi e confusi. Non è stata una cosa programmata, in realtà mi aspettavo un finale completamente diverso quella sera: pensavo che mi avrebbe lasciata una volta per tutte.
– Timidi e confusi? – chiese lei aggrottando la fronte. – Avevate bevuto?
– No! – esclamai ridendo. – No… diciamo che ho usato… l’effetto sorpresa?
Rimase in silenzio per un po’ senza capire, continuò a guardarmi con la fronte aggrottata, poi sussultò e si mise una mano sulla fronte. – Non gli hai detto che eri vergine?! – urlò lei, prima di scoppiare a ridere. – Oh, povero lui! Poverino!
– Smettila! – esclamai dandole uno schiaffo. – Non credo… di essere stata così pietosa – borbottai incrociando le braccia e mettendo il broncio. Il fatto era che non avevo nessuna conferma, ma volevo credere che fosse così, perché non avrei sopportato altro.
Jennifer posò una mano sul mio ginocchio e mi guardò intensamente negli occhi. – Sarà sicuramente stato così, Amy – replicò guardandomi. – Non potrebbe essere altrimenti. Prima di tutto, perché è una cosa naturale, ma soprattutto perché vi amate tanto.
Accennai un sorriso ma ero ancora molto insicura. – Lo spero – bofonchiai abbassando lo sguardo, rossa in viso.
Jennifer prese il suo cellulare e iniziò a digitare qualcosa, stava sicuramente leggendo qualcosa perché il suo sguardo vagava avanti e indietro sulla schermata del cellulare, poi sussultò e alzò lo sguardo su di me. Aggrottai la fronte e feci per chiederle cosa fosse successo, ma mi precedette. – Tesoro, io… da quando mi sono messa definitivamente con Calum, mi sono iscritta a delle pagine di giornali per ricevere notizie sulla band, e… ho… trovato questo – balbettò lei facendomi vedere il cellulare.
Mi avvicinai e presi il cellulare, in ansia. All’inizio sembrava uno di quei soliti articoli sui ragazzi e sulle ragazze che avrebbero voluto incontrare, c’erano un sacco di menzogne come sempre, come per esempio Michael che affermava di essere single, anche se poteva essere un’intervista vecchia. Quello che mi colpì però fu un pezzo in particolare: il finale. Diceva che Michael sembrava essersi riavvicinato alla sua ex, cioè me, e che avevano scoperto cose incredibili sul mio conto e su quello della mia famiglia. Già da quella frase capii che era troppo tardi: avevano scoperto il mio segreto. Infatti, poche righe dopo, trovai proprio quella notizia: “sembrerebbe che il padre di Amelia Chase sia stato arresto più di due anni fa. Non è ancora chiaro il motivo, alcuni dicono che si tratti di una rapina, altri di violenza domestica, e altri ancora addirittura di omicidio”. Mi rifiutai di leggere il seguito, chiusi gli occhi e posai il cellulare accanto a Cassian. L’articolo era stato pubblicato nemmeno un’ora prima, questo significava che molto probabilmente mi avevano seguita fino all’entrata del carcere. Presi coraggio e andai a vedere le foto che avevano allegato. C’erano foto in cui c’eravamo io e Michael in giro, altre dove uscivo dall’albergo dove alloggiavano i ragazzi con un sorriso fin troppo largo, e poi quelle di ore fa, dove andavo in carcere, la faccia pallida e gli occhi lucidi.
Proprio in quel momento il mio cellulare iniziò a squillare, ma nemmeno lo presi in considerazione. Jennifer si stava muovendo nervosamente sulla poltrona, non sapendo cosa fare, e quando alzai gli occhi su di lei spalancò i suoi. – Mi dispiace così tanto – mormorò lei con le lacrime agli occhi. – Amy, davvero, risolveremo tutto. Sono sicura che potresti addirittura denunciarli. Non ti preoccupare, davvero, sono solo degli schifosi paparazzi.
Il cellulare ricominciò a trillare, sul tavolino. – Oh, Dio – mormorai chiudendo gli occhi e nascondendomi il viso con le mani. – Non ci posso credere. Non ci posso credere – continuai, la gola stretta e la voce che mi tremava. Sinceramente, me l’aspettavo. Ero stata per troppo tempo la ragazza di Michael, era solo questione di tempo e avrebbero saputo tutto di me, ma viverlo era tutto un altro conto. – Devo… Devo rimanere da sola. Puoi andare, per favore?
– Sei sicura? – chiese Jennifer avvicinandosi a me. – Posso rimanere. Ci vediamo qualche film, piangiamo un po’ e poi potremmo andare a mangiare qualche cosa piena di calorie.
– No. No – risposi io freddamente. – Ho bisogno di rimanere da sola.
E così Jennifer se ne andò, lasciandomi un bacio sulla guancia e una veloce stretta alla spalla. Aveva le spalle ricurve e la testa bassa, ma le mani strette in pugni mi fece capire che era anche arrabbiata, e non con me. Passai un po’ di tempo a non provare niente, apatia pura. Guardai davanti a me, senza pensare a niente, senza provare niente. Spensi il cellulare alla decima chiamata di fila, senza nemmeno controllare l’emittente. Non sapevo cosa pensare, prima sapevo solo che sarebbe accaduto ma speravo il contrario. La speranza era inutile, mi aveva fatto credere all’impossibile fino all’ultimo, eppure “quell’ultimo” sembrava troppo poco. Era passato troppo poco tempo.
La porta principale si aprì, svegliandomi da quello che mi pareva un sonno a occhi aperti, quindi mi alzai e m’incamminai verso la camera da letto, per chiudermi dentro. Tuttavia, Michael mi abbracciò da dietro, impedendomi di andare avanti. Mi strinse così forte che per alcuni secondi mi sembrò impossibile respirare, dondolava a destra e a sinistra continuando a sussurrarmi: – Mi dispiace. Mi dispiace così tanto.
In quel momento iniziarono a ronzarmi troppe parole, troppe frasi. “Omicidio”, “padre di Amelia Chase in carcere”, “rapina a mano armata”, “violenza domestica” e di nuovo “omicidio”. Scoppiai a piangere, sussultando a ogni respiro, e continuai a piangere con lui che mi stringeva da dietro fino a quando non ce la feci più e cercai di sedermi a terra.
 – No, no, no – sussurrò Michael posando le labbra sul mio orecchio. – Vieni, sediamoci sul divano – aggiunse e, continuando a tenermi da dietro, indietreggiammo fino a quando non ci fu il divano dietro di noi. A quel punto, mi trascinò con sé su di esso e mi mise in braccio a lui. – Andrà tutto bene. Sistemerò tutto io, tu non dovrai pensare a niente. Andrà tutto bene, amore mio – ricominciò a mormorarmi posando il mento sulla mia testa. Mi sentivo una bambina in braccio al suo papà, e questo mi fece piangere ancora di più. – Lo so, sono stati stronzi, ma non la passeranno liscia. Te lo garantisco.
– Hanno scritto cose orribili – dissi io, la mia voce smorzata dalla sua maglietta. – Omicidio. Violenza domestica! Mio padre non mi avrebbe mai fatto del male. Mai. Mio padre non farebbe mai del male a nessuno, figuriamoci alla sua famiglia.
– Lo so, sono sicuro che tuo padre sia un uomo fantastico, è per questo che dobbiamo combattere per lui e per la sua immagine – rispose lui baciandomi i capelli. – Andrà tutto bene, amore mio.
 
Quel giorno non andammo in albergo, non vedemmo altre persone, restammo soli e in silenzio. Fino ad un certo punto. Sì, perché Michael mi fece alzare dal divano, prese le chiavi della mia macchina e ci mettemmo in viaggio. Non sapevo ancora la destinazione, non avevo proprio idea cosa volesse fare. Quasi uscimmo da Chicago, a quel punto mi prese un colpo, perché avevamo Cassian in  macchina e mi venne in mente che non poteva affrontare un viaggio tanto lungo. Pensai all’aereo e ad un ipotetico viaggio insieme, e Cassian. Era un cane che, nonostante la sua età, forse poteva affrontare tranquillamente un viaggio, ma non ero comunque tranquilla. Quando però capii che non stavamo andando all’aeroporto, allora ritornai al punto di partenza. Mike non accennava a dirmi di cosa si trattasse, così ad un certo punto smisi semplicemente di preoccuparmi.
Guardava i cartelli stradali, questo significava che non sapeva la strada, quindi aveva imparato a memoria il percorso. Una cosa era certa: stavamo in autostrada.
Si fermò dopo più di un’ora di viaggio, in un luogo dove non c’era niente e nessuno. Mancavano solo le palle di fieno che passavano davanti a noi per rendere il posto ancora più inquietante. – Se volevi uccidermi bastava l’angolo dietro casa di Lydia – borbottai io guardandomi in giro.
Ridacchiò. – Se è per questo mi bastava anche casa nostra. Avrei potuto ucciderti e poi dare fuoco alla casa. Oppure, dare fuoco alla casa e basta. Ucciderti prima non farebbe altro che alimentare i sospetti dei poliziotti – rispose lui.
Lo guardai storto. – Certo che sai come tranquillizzarmi – ironizzai io. – Se mi vuoi lasciare basta dirlo. Non farò la matta psicopatica, lo giuro.
– Non giurare, sei da manicomio. Ti comporti da psicopatica ventiquattro ore su ventiquattro, non puoi non comportarti come tale se l’amore della tua vita ti lascia – replicò lui sorridendomi.
Sbuffai dal naso. – L’amore della mia vita – gli feci eco io, eppure ebbi un piccolo sussulto al cuore. – Non sei così importante.
– Vedi? Sei psicopatica! Io sono così importante – esclamò lui prima di farmi avvicinare a lui e baciarmi la tempia. – E adesso andiamo. Dobbiamo fare una cosa importante – aggiunse poi, prendendomi per mano e avanzando.
Il mio cuore fece un altro balzo. – Non mi vorrai mica chiedere di sposarti, vero? – chiesi io, titubante. Quel giorno era strano, sembrava più dolce del solito e non era soltanto per la notizia che stava facendo il giro del mondo, sembrava esserci altro. E, come una bambina piccola, l’idea di ricevere una proposta mi elettrizzava. Iniziai subito a pensare ai preparativi.. Poi capii che non poteva essere così stupido. Perché sarebbe stato stupido sposarci a quest’età, soprattutto perché avevamo una relazione così altalenante.
Si fermò di scatto e si girò verso di me con una strana luce negli occhi. – Perché, mi diresti di sì? – chiese lui. Sembrava serio, troppo serio! Sembrava volerlo veramente, iniziarono a venirmi tanti dubbi e il panico quasi prese il sopravvento.
Avvampai e lo guardai per tanto, tanto tempo negli occhi. – Non dovrei – bofonchiai perdendomi in quei occhi straordinari, che ogni volta mi facevano male al cuore.
– “Non dovrei” non è un “no” – mi fece notare lui sorridendo ancora di più. – Mi sposeresti veramente, Amelia Emory Chase? Una ragazza cinica come te, che a malapena crede nell’amore e che odia il significato del matrimonio… Farebbe questo enorme passo con uno come me?
Trattenni il fiato. – Forse lo farei solo con te – sussurrai continuando a guardarlo dritto negli occhi.
S’irrigidii per un tempo che mi sembrò l’eternità, e quasi mi rimangiai tutto, poi però si avvicinò a me in un secondo e mi baciò con una tale passione che mi fece dimenticare anche il luogo inquietante, ma anche assolutamente bellissimo, dove ci trovavamo. Mi strinse a lui baciandomi più affondo, quando sentii che stavamo per andare oltre al bacio, feci per allontanarlo, eppure mi precedette. Mi sorrise, rosso in viso, e abbassò lo sguardo a terra. – Stiamo perdendo tempo. Andiamo – disse semplicemente, prima di ricominciare a camminare, mano nella mano.
Arrivammo in un punto che mi sembrò identico a quello dov’eravamo poco prima. Non era un bosco, era un terreno immenso. Eravamo sicuramente fuori città, in campagna, Cassian continuava a correre da una parte all’altra, con il prato alto che a volte lo nascondeva. Era un bellissimo sogno. Eppure era vero! – Per caso, ti vuoi trasferire qua? Perché se così fosse, Cassian sarebbe sicuramente molto felice di questa idea! – ipotizzai io.
– Ma vuoi assaporare il sapore della sorpresa o vuoi morire di ansia? – chiese lui guardandomi male. Rimasi in silenzio alzando le sopracciglia. – Ecco, allora aspetta altri cinque minuti!
Rimasi in silenzio altri cinque minuti. Ce la feci. Poi si fermò in mezzo all’enorme terreno e si girò verso di me, gli occhi che trasmettevano solo felicità. Mi guardai intorno e ridacchiai. – Non sto capendo, Michael – dissi io guardandolo, incuriosita.
– Urla – rispose semplicemente lui.
– Cosa? – chiesi io ridendo. – Perché dovrei urlare?
Alzò gli occhi al cielo. – Non ti ricordi? – chiese lui, e quando lo continuai a guardare senza dire niente, aggiunse: – Quando stavamo al lago! Stavamo tornando a casa e tu mi dissi che a volte avevi semplicemente bisogno di urlare fino a non avere più voce. Per tutto questo tempo questa frase non ha fatto altro che assillarmi, però pensavo che stessi meglio. Da un po’ di giorni però ha ricominciato ad assillarmi, così ho fatto un po’ di telefonate e sono riuscito a trovare questo posto. Questo terreno non è di nessuno, così ho pensato “perché no”?
Se lo ricordava. Si ricordava tutto. Sorrisi e quasi mi vennero le lacrime agli occhi. – Mi hai veramente portato qua per questo?
– Sì, non è ancora il momento di ucciderti – borbottò lui sbuffando. – Magari se ne riparla tra qualche anno, quando saremo sposati, avrò una bellissima amante con venti anni in meno di te e non ti sopporterò più.
– Ehi! – esclamai io dandogli una botta sul petto. – Quella sciacquetta non sarà niente in confronto a me. Sarà solo sesso. A quel punto, capirai di aver sbagliato e che io sono sempre stata e sempre sarò l’amore della tua vita, quindi tornerai da me, ma sarà troppo tardi: io avrò già trovato un altro bellissimo uomo!
Fece una smorfia disgustata. – Non hai perso tempo, vedo.
– Perché perderlo per un uomo che non mi apprezza? – chiesi io.
– Perché questo uomo ti apprezza e ti apprezzerà fino a quando non morirai in un letto, accanto a sé – rispose lui avvicinandosi a me. – E bé… a quel punto avrò modo di apprezzarti nella prossima vita, dove sarà tutto molto più semplice.
Sorrisi. – Cazzo! Speravo che, sopportandoti in questa vita, non avrei dovuto fare lo stesso anche in quella dopo. A quanto pare mi sbagliavo – scherzai io.
Scoppiò a ridere. – Oh, principessa, mettiti bene in testa una cosa: non ti lascerò mai e poi mai andare via – rispose posandomi le mani sui fianchi. – Questo ormai dovresti averlo capito da tanto tempo. A quanto pare, quella con problemi di comprendonio sei tu, non io.
Feci una mezza risata ricordandomi come gli avevo risposto tanto tempo fa, quando per lui ero ancora “Lina” e lui sembrava essere sempre di più uno stronzo colossale. – Mmh, no. Quello con problemi al cervello sei sempre stato tu, mi dispiace.
– Bé, uno psicopatico come me poteva trovarsi solo una sociopatica come te – replicò lui.
– Ah, sociopatica, eh?! – esclamai io ridendo.
Smise di sorridere immediatamente. – Ti lascerei andare – mormorò lui abbassando lo sguardo. – Ti lascerei andare se tu lo volessi veramente. Potrei tornare da te, non è quello… Lo farei senza problema. Ma tutto sarà scritto qua dentro – continuò indicandomi i miei occhi. – Posso tornare, per te lo farei trecentocinquantamila volte. Ma non potrei mai obbligarti a stare insieme a me. Ogni volta che ci siamo lasciati, non siamo mai stati secchi e decisi. Quindi so che… se e quando mi vorrai lasciare… non solo non mi guarderai in questo modo, ma sarai anche convinta e metterai un punto definitivo. A quel punto sì, ti lascerei andare.
Ci guardammo per tanto tempo. Vederlo così triste e fragile mi faceva male, ma era bello sentire queste cose. Perché sì, mi amava, ma non era quell’amore che non ti lasciava andare. No, lui mi amava abbastanza da lasciarmi andare. – Intanto che ne dici se non ci pensiamo? – proposi io. – Insomma, dobbiamo ancora sposarci, avere dei bambini, poi a quel punto tu mi tradirai con la sciacquetta e a quel punto inizieremo a pensare a questa cosa.
Sorrise. – Sì, è una buona idea – replicò lui. Fece un respiro profondo e guardò il cielo sopra di noi, pensieroso. Forse aveva già capito che in realtà la fine della nostra relazione era alle porte, al contrario di me. Forse aveva un piccolo presentimento, perché con noi le cose erano sempre andate più male che bene. Era pensieroso e cupo, ma quando ritornò a guardarmi mi sorrise e mi convinsi che era sincero. – Quindi… sei pronta?
Mi guardai intorno e gli sorrisi. Cassian ormai si era sdraiato non molto lontano da noi, con la lingua di fuori e il fiatone. – Spaventerò Cassian – dissi quindi.
– No, non lo farai. È un cane intelligente, non scapperà. Penserà soltanto che sei una psicopatica – ribatté lui guardando Cassian. – Al mio tre, ok? Mi raccomando, urla più che puoi, va bene? – chiesi io.
Scoppiai a ridere. – È una pazzia, lo sai, vero?
–  Una pazzia non ha mai fatto male a nessuno – rispose lui, convinto. Mi prese le mani, intrecciò le nostre dita e mi sorrise. – Uno... Due… Tre!
Lo guardai e urlai così forte che mi fece veramente male la gola. Urlai forte e per tanto tempo. Michael iniziò a ridere forte e continuò a incitarmi a continuare, fino a quando non ce la feci più e mi azzittii. Mi sentii immediatamente meglio. Un po’ matta, ma comunque meglio. Mi sentii esattamente come speravo di sentirmi: più leggera. Lo guardai sorridendo, poi lo abbracciai, e rimanemmo così per tanto tempo.
 
Tornammo a casa poco dopo. Facemmo mangiare Cassian e poi preparammo un po’ di pasta. Luke e gli altri ci invitarono ad andare in albergo da loro, ma nonostante il fantastico pomeriggio, non me la sentivo di stare tra la gente. Loro erano miei amici, non erano “la gente”, tuttavia non me la sentivo lo stesso. Quindi rimanemmo a casa tutta la sera.
– Sai – iniziai io mettendo un episodio di The 100, – mio padre vorrebbe parlarti al telefono.
Michael rimase in silenzio per un po’ di tempo, con tanto di occhi spalancati. – Davvero? – chiese.
Annuii. – Sì, mi ha detto che, siccome non se la sente di farti andare là, allora vorrebbe almeno conoscerti per telefono – risposi io sorridendogli dolcemente. – Uno di questi giorni potremmo parlarci insieme, che ne dici? Dopotutto, ha ancora una chiamata questa settimana.
– Ma certo, per me va bene – replicò lui sorridendomi dolcemente.
E così successe. Pochi giorni dopo, mio padre chiamò e iniziai a dirgli: – Ehi, papà! Qua accanto c’è proprio Michael. Se vuoi, te lo passo. – Mio padre ovviamente non se lo fece ripetere due volte.
A quel punto passai il telefono al mio ragazzo, che sembrava molto agitato, e se lo mise vicino all’orecchio. – Buonasera, signore – lo salutò lui, facendomi quasi ridere. – Sì, è un piacere anche per me. Sua figlia è fantastica e mi ha parlato molto bene di lei. Oh, va bene, mi scusi… Emh, volevo dire: scusami. Sì, abbiamo una piccola casa dove stiamo insieme quando ho l’occasione di venirla a trovare. Certo, dirò ad Amelia di fare delle foto da farti vedere. Non è niente di ché, ma è confortevole. No, in questo non è affatto cambiata: è ancora una frana a cucinare!
– Ehi! – esclamai spingendolo. – Non sai cucinare nemmeno tu!
– Le cose basilari le so cucinare! – ribatté lui ridendo. – Sono serio, è riuscita a bruciare il bacon!
Andarono avanti a prendermi in giro per tutti e dieci i minuti che concessero a mio padre. Michael aveva ancora quella bellissima luce negli occhi, e quando risentii mio padre capii che gli era piaciuto molto Michael, molto di più di Finn comunque. Non faceva altro che lodarlo, e così anche Mike! Era assurdo, mancava solo una cena a casa dove mi prendevano in giro fino alla fine della serata! Purtroppo però.. questo non sarebbe mai accaduto. Non così presto, almeno. Speravo ancora in quel futuro insieme: per la prima volta sognavo un matrimonio per legare le nostre anime fino alla morte, e dei bambini con quei suoi occhioni verdi. Non era affatto una cosa da Amelia Chase, non la vecchia Amelia. Più stavo con Mike, però, e più diventavo romantica e… sì, forse anche positiva.
  
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