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Autore: Mayfly    25/10/2016    0 recensioni
Che cosa succede quando due persone, un ragazzo e una ragazza, completamente diverse, ma con un passato e una parte di presente in comune si incontrano?
Lui l'aiuterà a salvarsi da sè stessa e dalle sue paure?
Lei accetterà di farsi aiutare da un ragazzo sconosciuto? Si fiderà di lui?
Questo racconto parla di un amore che nasce dai piccoli gesti e parole non dette, in un contesto pieno di pericoli e vicoli bui.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Corri. La mia testa mi dice di correre, mentre il mio cuore, impazzito, mi dice di fermarmi, potrei morire d'infarto se continuassi così , ma non posso arrestare la mia corsa: un uomo grande e grosso, un armadio ambulante, mi sta alle calcagna e non da segno di arrendersi. 
 Sono in uno schifoso vicolo laterale di Penny Road, c'è una recinzione giusto davanti a me. Vado a una certa velocità e riesco a saltarla facilmente. Il mio cuore batte sempre più velocemente. Corri, ci sei quasi. Mi dico. Non è la verità, ma mentire ora è la cosa più facile. L'armadio tira fuori una calibro 50 dall'elegante giacca che indossa. Merda! È riuscito a raggiungermi troppo in fretta! Aumento il passo. Dove sono? Mi smarrisco per un secondo. E poi mi vanto di conoscere Londra come le mie tasche....
Vedo un vicoletto secondario non illuminato, sembra uno schifo, ma sembra anche la mia unica salvezza. Mi ci fiondo e osservo l'armadio proseguire la sua corsa all'inseguimento del nulla. Mi rassereno e riprendo fiato. Che stupido! Penso. Porca miseria che corsa! E solo per queste caspita di foto! 
Il mio lavoro non è ancora concluso. Devo portarle alla Casa.

-Ciao! - Sento una voce provenire dall'oscurità, chi sarà mai? Il mio cuore, che si era momentaneamente calmato, riprende la sua folle corsa. Non è possibile che sia un altro di loro...ho fatto attenzione, c'era solo l'armadio a guardia del parcheggio.
-Chi...chi va lá? -  Chiedo timorosa alla voce estranea.
Sento una persona avvicinarsi e istintivamente tocco il coltello che porto sempre con me. Sicuramente un ragazzo, lo si capisce dalla voce, giovanile, ma baritonale.
-Ti...ti ho spaventata? Sembravi in pericolo a giudicare dalla canna della pistola di quel tizio....- dice la voce, mentre una silhouette maschile viene fuori dalla penombra. Un ragazzo alto, slanciato, dai capelli ricci, neri e ribelli e gli occhi, chiarissimi e di un colore indefinito che risplendono nel buio della stradina. Decisamente molto sexy. -Ah, dimenticavo, sono Ben. -
-ehm... ciao, io sono Alex, o almeno, mi chiamano così!-
-Come sarebbe a dire "ti chiamano così?"- Sorride leggermente.
-Storia lunga.- 
-Non ho niente da fare per tutta la notte.- Mi risponde Ben con un sorrisetto malizioso stampato sulla sua bella faccia, finalmente visibile alla luce artificiale di un lampione scassato. Due zigomi prorompenti e delle labbra bellissime che non conoscono mi propongono un appuntamento.
-Se proprio devo raccontarti la storia della mia vita almeno andiamocene via da questa merda di vicolo.- Dico sorridendo. Sto ancora ansimando.
-Non insultare casa mia!- Mi risponde con fare scherzoso e poi continua. -Okay, ma il posto lo scelgo io.-
Non sembra un ragazzo di strada a prima vista. Pantaloni, camicia e giacca seminuovi . Abiti normali per un ragazzo normale. Ma il suo modo di fare...il mio stesso modo di fare, sono inconfondibili. Quando vivi per strada saper attaccare bottone è un must, e sapere quali sono le persone giuste con cui farlo è il must dei must. Lui appare simpatico e di bell'aspetto, sembra che abbia studiato, almeno un po', e pare che si chiami Ben. Per ora è tutto quello che so su di lui.
-Va bene mi fido. E dove vorresti portare una ragazza indifesa?-
-Una ragazza indifesa, con un coltello, vestita di nero e inseguita da un orco armato di cannone!-
-Pur sempre una ragazza però!- 
Lui ride. Un fantastico sorriso.
-Conosci bene Londra?- Si sta avvicinando lentamente verso di me. Ora lo vedo meglio, è ancora più alto di quanto non sembrasse e la sua pelle è bianca come il latte.
-Molto bene.- Sorrido, sono nervosa davanti a lui, e non perché potrebbe rappresentare un potenziale pericolo, ma per un altro motivo che non mi è dato sapere.
-Scommetto che però dove stiamo andando non ci sei mai stata.- Mi sfida e si avvicina ancora di più a me. La cosa sorprendente è il suo profumo. Riesco a sentire l'odore della sua pelle: dopobarba e caramelle.
-E dove stiamo andando?- Abbasso le difese e mi appoggio al muro, lui mi rende la mano e io la afferro e lo seguo. Lo conosco da cinque minuti, ma mi sto fidando ciecamente, sento che posso farlo, sento che posso concedermi una pausa dalla mia vita.
-Lo scoprirai tra poco.- Conclude.
Lui cammina alla mia destra e mi guida per dei vicoli della città di cui non sapevo nemmeno l'esistenza mentre la pioggia ci accompagna. Svoltiamo a destra, a sinistra e poi a destra di nuovo, prima di prendere una strada dritta piuttosto stretta. 
-Spero tu non soffra di claustrofobia! - esclama Ben improvvisamente, mentre una bellissima fossetta gli appare sulla guancia sinistra.
-No, non sarebbe adatto al mio lavoro.- Bella mossa, penso. Ora dovrai raccontargli anche dello schifo che fai per vivere, così lui se ne andrà come tutti. Così finirà tutto in dieci minuti.
-Quale lavoro?-
-Se te lo dicessi poi dovrei ucciderti.- Rido, per non sembrare cupa e per nascondere la verità della frase. Se Loro sapessero mi ucciderebbero, garantito. Riesco già a sentire la voce di Greg:" Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te stronzetta, tu ci ripaghi così? Sbandierando ai quattro venti la tua vita e quindi noi, la tua unica famiglia?" 
Lui si è bloccato e mi fissa, forse si chiede di cosa io stia pensando. A volte capita di incappare in una strada controversa quando si invita una tizia che scappa da un armadio armato in un posto appartato nei vicoli.
-Non ne avresti il coraggio.- Fa un'espressione buffa e io sorrido sommessamente. 
-Non credo tu voglia scoprirlo!- No credimi, non vuoi davvero scoprirlo. E nemmeno io voglio farlo.
-E invece si. - Con voce quasi cavernosa continua -Che cosa fa una bella ragazza dai capelli rossi come te a cacciarsi nei guai?-
-Beh, prima di rispondere dovrei capire se mi posso fidare, rischio la vita sai?- Mi faccio più cupa e lui se ne accorge. Se solo sapessi, Ben.
-Ti puoi fidare. Parola di scout!- Ride di nuovo. Non capisco perché rida sempre. Infondo è un povero bastardo che vive in uno schifo posto. Un povero adorabile bastardo.
Mentre il ragazzo pronuncia quelle parole capisco che siamo arrivati. Non avevo più fatto attenzione alla strada. Ha smesso di piovere, evento raro a Londra e così rimango sorpresa da quello che vedo: è un altro vicolo, solo che questo è bellissimo. Un tetto di stelle meravigliose illuminano i miei occhi.
-Caspita! È fantastico.- Dico quasi tra me e me. Non avevo mai fatto molto caso al cielo. "Non distrarti!" Diceva sempre Greg durante l'addestramento.
-Già è vero! E ora, visto che siamo arrivati raccontami la storia della tua vita.- un sorriso enorme gli si stampa in faccia e io capisco che posso dirgli tutto. Sembra davvero un bravo ragazzo, come in strada non ne avevo mai visti. Come io non sono. 
-D'accordo, d'accordo- Decido che posso raccontargli tutto, tanto, che importanza ha? -Non ricordo il mio vero nome, nessuno lo usava mai. Probabilmente nemmeno ce lo avevo. La situazione a casa mia era insostenibile, sempre se una catapecchia di cartone e fango si possa chiamare casa,così  a nove anni me ne sono andata, volevo essere diversa, ma evidentemente non ci sono riuscita...- Sospendo il pensiero e lui sembra capire, o almeno credo. -..mia madre si faceva e mia sorella guadagnava soldi usando il suo corpo. Non ho mai conosciuto mio padre. Dopo anni passati in strada, da sola, ho imparato ad arrangiarmi, ma stavo male e avevo bisogno di aiuto. Avevo bisogno di una casa, una famiglia, qualcuno, ero solo una bambina...così Loro mi hanno raccattata dalla strada, curata, vestita, nutrita e mi hanno dato un nome, Alex.-
-Chi sono Loro? -
-Sono una maledizione, Ben. Sono i DragonFly. I DragonFly sono un'organizzazione segreta con il compito di risolvere e creare problemi di ogni tipo. 
Loro si definiscono l'associazione che fa del male a fin del bene comune, ma se stiamo a vedere fanno bene solo a loro stessi e ai loro clienti. 
Questa "associazione" esiste da sempre, è vecchia quanto l'uomo, è nata il Cina, ma con il passare degli anni si è espansa sempre di più. Ora prende tutti gli stati del mondo sotto un unico capo. Nessuno sa chi sia, Lui nomina uomini o donne che comandino vari stati, ed essi a loro volta, nominano capi per ogni città. Nessuno ha mai visto il grande Maestro, come si fa chiamare, ma tutti sanno che lui si definisce un consulente criminale. Per qualsiasi affare ti puoi rivolgere a lui. Indirettamente, si capisce. -Vorrei anche dirgli di Greg, in che stato mi aveva trovata e perché ero stata salvata, ma sinceramente me ne vergogno troppo. Vorrei dirgli la verità, ma ormai è questa la verità, quando menti a te stesso per tanto tempo, quella diventa la verità.
 -Lo sai, potrei aver firmato la mia condanna a morte in questo momento avendoti raccontato tutto questo. Ma infondo non mi interessa.-
-Come, non ti interessa di vivere?- Ha smesso di ridere e mi fissa dritto negli occhi. Sento qualcosa di strano dentro di me. Quei suoi occhi così limpidi sembrano lacerare il mio petto e arrivare al mio cuore, per poi strapparmelo definitivamente.
-Non così. - Dico soltanto. 
-Perché non smetti?- I suoi occhi continuano a insinuarsi tra la mia carne, ma questa domanda assesta il colpo di grazia e io metaforicamente stramazzo a terra in agonia.
-Non...io non lo so.- In realtà lo so. È solo che, un altra volta, me ne vergogno. Esprimo solo in parte le mie intenzioni. -Non so nemmeno se potrei farlo, insomma Loro mi pagano l'affitto, mi hanno pagato gli studi, mi hanno...salvata per così dire- Ricambio il suo sguardo, mentre delle lacrime rigano il mio viso, lui se ne accorge e mi guarda compassionevole e poi con il pollice destro mi asciuga una lacrima. È un gesto così intimo...molto più intimo di tanti altri. -Non fraintendermi, vorrei, ma non posso, non ora. Devo completare quello che ho iniziato, prima.-
-Scusami...io...- Sembra realmente dispiaciuto. Che stupida che sono, perché gli ho raccontato tutto questo, ora se ne andrà.
-Non fa niente, mi hai chiesto di raccontarti la mia vita e beh, questa è. Ora raccontami la tua.- Sorrido di nuovo, mentre cerco di ricacciare dentro delle lacrime che sfuggono al mio controllo. -Di te so solo il tuo nome.-
-Ahah okay, pensavo di scamparla ma....- Ride di gusto. Siamo seduti per terra contro al muro uno vicino all'altro. Lui non se n'è andato, è rimasto e io per la prima volta da anni sono di nuovo felice, ed è così strano e fantastico. 
-Allora? Racconti o no?- 
-Meglio non far arrabbiare un sicario armato!-
-Ma dai ahah è solo per protezione il coltello...-
-Come no, e ti aspetti che ti creda....- Sorride. Stiamo scherzando, cosa totalmente nuova per me, e a quanto pare pure per lui, a volte è un po' impacciato, ma così è ancora più divertente. -Okay, va bene la smetto. Allora, mi chiamo Ben come sai, il mio cognome è Carlton, avevo una bella famiglia e abitavo nella City, poi i miei genitori sono morti, incidente stradale, così io e mio fratello, Mark, siamo stati divisi e dati in affidamento. Non l'ho più rivisto.-
-E come ci sei finito in quel vicolo?-
-Sono scappato. Famiglia violenta.-
-Mi dispiace.-
-È passato tanto tempo ormai.-
-Quanti anni dovrebbe avere tuo fratello adesso?-
-27 anni, ne abbiamo 6 di differenza.- I suoi occhi sembrano velati di un dolore antico.
-Ti piacerebbe ritrovarlo?- 
-Ovvio. Ma come faresti?- Sembra non credere che sia possibile, ma lo sorprenderò.
-Ho degli agganci ovunque, mi sono fatta un nome sai? Dicono sia una delle migliori agenti della DragonFly.- Dico con evidente finta fierezza.
-Come ti chiamano scusa?- Ride di nuovo.
-Devo proprio dirtelo?- Rido anche io.
-Si.-
-...The Woman.- L'imbarazzo arrossa le mie guance, non mi piace questo epiteto, anzi si può dire che lo odio.
-La Donna? Perché?-
-Non lo so, non l'ho inventato io, se l'avessi fatto mi sarei chiamata la ragazza! Ho solo 19 anni.- Rido ancora.
-La Donna fa più effetto.- Sorride pensoso.
-Già, forse hai ragione.- Sorrido anche io.
Appoggio la testa sulla sua spalla. È più muscolosa di quanto mi aspettassi. Restiamo così per un tempo indefinito. È notte fonda, l'una o le due penso, ma non ho sonno, sono solamente felice.

Un tuono riempie l'assordante silenzio della notte, mi ridesto dalla trance e mi alzo velocemente. Inizia a piovere fortissimo.
-Proprio ora un temporale?- Chiedo a nessuno in particolare mentre iniziò a correre seguendo Ben.
-Forza, muoviti, corri!- Urla lui sorridendo mentre mi tende la mano. Lo seguo per le strade strette. Giriamo a destra, a sinistra, a destra di nuovo, percorriamo un tratto rettilineo e poi di nuovo a sinistra e a destra e a sinistra. 
Si ferma di scatto, sistemandosi il cappuccio dell'ormai zuppa felpa nera sulla testa. 
-Io sono arrivato.- Mi informa.
-Se vuoi puoi venire da me...non pensare niente di male eh, solo per un tè e magari una coperta...- Dico con un certo imbarazzo, vorrei solo aiutarlo, vive in un vicolo di merda, voglio solo offrirgli un tetto, niente di più. Forza, fatti aiutare. Voglio fare almeno un'opera buona, per te.
-Tranquilla, non voglio darti fastidio, o crearti problemi.-
-Nessun problema, davvero. Loro non lo consentirebbero, ma lo sai che a me non interessa.-
-A me si. Non voglio metterti in inutili pericoli, visto che ti ci metti già da sola...-Un bellissimo sorriso gli si apre sul viso, mostrando delle bellissime fossette che si dilungano per tutta la lunghezza delle guance. -So dove riparami, non è la prima volta che piove a Londra!- 
Rido anche io e lo guardò con dolcezza. Sono zuppa, lo è anche lui. A me aspetta una casa, una doccia e una coperta e a lui...a lui una strada gelida e bagnata. Non me lo merito, non sono una "brava ragazza diplomata", sono solo diplomata. Lui si meriterebbe una coperta.
-Okay, facciamo così, io ora vado a casa e ti porto una coperta calda e tu domani accetti un tè caldo.-
-Se mi offri anche i biscotti ci sto!-
-Certo, anche i biscotti!-
Lo salutò e scavalco la recinzione.
Mentre mi incammino sotto la pioggia scrosciante una domanda mi rimbomba nel cervello e non mi lascia stare. Come un ricordo orribile o imbarazzante che arriva sempre nei momenti sbagliati. Che cosa ha in serbo il destino per me?

Finalmente a casa, uno squallido appartamento che tengo pulito con tutte le mie forze. Apro il portone, la padrona di casa, la signora Smallwood, dorme, io mi incammino per le scale cercando di non far troppo rumore. Arrivata al primo piano, apro la porta. L'aria di casa mi avvolge e improvvisamente mi sento fortunata di quelle due stanze, quel salottino e quella misera cucina che possiedo, o meglio che Loro possiedono per me.
Mi asciugo le suole delle scarpe sullo zerbino prima di entrare, e cerco la coperta più grossa e calda che possiedo. Eccola, è caldissima, quasi un piumone. La avvolgo in un telo di nylon per non farla bagnare sotto la pioggia, arraffo l'ombrello e varco nuovamente l'uscio. 
Scendo velocemente e silenziosamente le scale, apro il portone ed esco. L'intensità della pioggia sta diminuendo, meno male, penso. 
Apro l'ombrello nero, stringo forte a me la coperta e mi dirigo verso il Vicolo Di Ben. 
Percorro un paio di strade trafficate per poi addentrarmi nel budello di Londra. Giro a sinistra in Penny Road e salto la recinzione, eccomi.
Mi addentro nel buio del vicolo, vedo una tettoia, la raggiungo. Eccolo lì, si è già addormentato, è senza maglia, troppo bagnata per dormirci, e un lenzuolo di flanella avvolge i suoi pettorali. Lo fisso attentamente per qualche minuto, voglio imprimere i dettagli del suo viso nella mia testa, non so esattamente perché. Tiro fuori la coperta dal nylon e gliela sistemo addosso, lo guardo con dolcezza mentre mi allontano. 

Camminando verso casa un nuovo quesito mi ingombra il cervello. Che cos'è l'amore? 

Eccomi di nuovo a casa, sono stremata e stanca. Ho ancora quelle foto, domani le porterò alla Casa, ora voglio solo dormire. Mi levo i vestiti bagnati e li metto in bagno, mi asciugo i capelli alla bene e meglio e mi infilo il pigiama, la doccia me la farò domani mattina. Mi levo gli scarponcini neri, le calze e mi spalmo sul mio comodo letto a due piazze. 
Mentre la mia mente vaga tra sogno e realtà penso a Ben, addormentato su un materasso logoro in un vicolo, e così continuo a ripetermi: Non te lo meriti. Più lo dico e più ci credo. Gli avrei trovato una casa o pagato una stanza d'albergo, non importa cosa diranno Quelli, non è ammissibile che un ragazzo così fantastico debba vivere sotto una tettoia, in un vicolo, dietro la recinzione di Penny Road. Potranno anche ammazzarmi, lo so che vado contro le regole "non legarti a nessuno" dicono, ma non mi interessa, lo devo aiutare. E devo anche uccidere il Golem. Mia madre e mia sorella sono morte per colpa tua bastardo! Ti troverò e ti ucciderò! Fosse l'ultima cosa che faccio! 
Detto questo, già vago in un sogno, anzi un incubo, il solito, il Golem che le uccide. Devo trovarlo. Questo è l'ultimo pensiero razionale che riesco a fare prima di cadere in un sonno profondo e disturbato da incubi e fantasmi del passato. 


Angolo dell'autrice:
Bene, questo era il primo capitolo di questa storia, che è quasi un esperimento, solitamente scrivo ff, ma questa volta ho voluto cimentarmi nella scrittura di qualcosa di originale. Per scrivere mi sono ispirata alla canzone "This is war" dei 30 seconds of mars. Ascoltatela perché è veramente molto bella!
Parlando del capitolo... Alex è la protagonista, scopriamo che ha un passato controverso e triste e abbiamo un indizio rilevante sul suo lavoro. Mentre svolgeva una "missione" incontra il nostro Ben, che vive in un vicolo e che scatena in lei qualcosa che la fa cambiare piano piano...
Un grazie a tutti quelli che hanno letto questo capitolo, cercherò di aggiornare ogni martedì e anche prima, se riesco. Un bacio a tutti!
-Carly 
 
   
 
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