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Autore: imperfectjosie    25/10/2016    0 recensioni
«Gli altri sono incazzati con me?» domandò a mezza voce, ignorando apertamente lo sproloquio del maggiore. Atteggiamento che Brian non apprezzò.
Pestò un piede in avanti, indicandosi con la mano tremante di chi stava per perdere tutto.
«No, IO sono incazzato con te»

| Brian/Nick | - bromance, kinda.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brian Littrell, Nick Carter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Backstreet Boys
Pairing: Brian/Nick - bromance, accenni slash quasi inesistenti.
Rating: Yellow
Notes: Niente più Frack, quindi niente più Frick.
Quando due vite si dividono, tocca riavvolgere il nastro per riuscire a salvarne una.
Josie's corner:
  
Hey peanuts! c:
Sono tornata, vi sono mancata? No, vé? Me lo immaginavo HAHA
Comunque, prima di avventurarvi nella lettura - che spero sia di vostro gradimento - ci tenevo a spendere due parole. Non ho mai scritto in questo fandom, il fatto che io ascolti pop-punk/punk/punkrock non significa che non apprezzi altra musica e sono comunque legata agli anni 90, perciò a questo gruppo.
Questa shot inizialmente doveva essere nel fandom dei blink, però poi ho cambiato idea riascoltando alcuni pezzi dei BSB e quindi eccoci qui, con Frick e Frack.
PS: Dovrebbe collocarsi intorno al 2003, ma non tiene proprio conto del passato di Nick, almeno non fedelmente, perciò potete spostare Paris anche più avanti nel tempo e piazzare il racconto un po' dove volete. Anche di recente se vi piace l'idea.
PPS: La storia è liberamente ispirata al pezzo di Shade, che si intitola Patch Adams - come da titolo!
PPPS: Potreste trovare la fic leggermente "incompiuta". La cosa è voluta, mi piace ogni tanto dare al lettore una sua libera interpretazione.
Hope you enjoy the read (:
Josie.

 

Patch Adams
 

E avrò sempre addosso quel grande naso rosso
se mi vuoi sarò il tuo clown
e ti verrò a trovare su quel letto d'ospedale 
anche solo a dirti "Ciao"
e riderò e riderai
anche se dentro non sai quanto mi fa male
ma ci sarò e ci sarai
perché abbiamo ancora un sacco di cose da fare

Shade – Patch Adams

 

 

A Brian non era mai piaciuto il caffè.
Ricordava di doverlo mandar giù quasi a forza durante le svariate ore sul tour bus che procedeva spedito da una città all'altra senza alcuna sosta, salvo qualche imprevisto. Come quella volta in cui si erano ritrovati a piedi, con l'autista che tentava di tranquillizzarli assumendosi l'impegno di porre rimedio personalmente al disastro in cui erano finiti. Ricordava i sessanta minuti passati seduto su un guard rail abbastanza scomodo, le incalcolabili sigarette di AJ e il chiacchiericcio rilassato di Kevin, occupato a parlare di chissà quali argomenti con Howie.
E poi ricordava Nick.
Quell'uragano biondo privo di qualsiasi senso logico, non faceva altro che scorrazzare da una parte all'altra del bordo stradale con un naso rosso finto, una parrucca davvero improponibile schiaffata sulla testa e le sue stupide linguacce. Brian si era ritrovato a sorridere inizialmente, poi a scoppiare letteralmente in una risata piuttosto rumorosa, quando l'immacolato culo pallido del suo Frack aveva toccato l'asfalto con un tonfo sordo, seguito dalle imprecazioni del proprietario e dal ridacchiare degli altri presenti.
Idiota.
Era passata una vita da allora, quasi.
Sorrise amaramente contro il bordo della brodaglia scura tanto odiata, ma che riusciva a tenerlo sveglio, spostando la testa alla ricerca di un colore che non fosse il bianco.
Quel posto puzzava di candeggina e disperazione. Non sapeva nemmeno cosa ci faceva lì, colpa di Kevin.
Lo aveva chiamato nel cuore della notte, farfugliando frasi sconnesse relative ad una overdose di qualcosa. Brian, stropicciandosi gli occhi, non aveva capito un accidente di tutto quell'assurdo discorso, l'unica cosa che voleva era tornarsene nel mondo dei sogni, accanto a sua moglie, ma poi il maggiore, ritrovando un po' di lucidità, aveva tirato fuori un nome preciso, in grado di svegliarlo completamente con la violenza di almeno venti caffè.
Non lo vedeva da anni. Si domandava di chi fosse stata la colpa, magari sua, magari se avesse messo da parte l'orgoglio, Nick avrebbe continuato a girargli intorno con uno stupido naso da clown, facendolo ridere. Rendendolo schifosamente felice.
Però quel giorno qualcosa andò in frantumi. E Brian non trovò la forza per rimettere insieme i cocci.

«Ti sto solo dicendo quello che penso, perché ti voglio bene, lo sai»
La sedia si rovesciò, mentre il corpo di Nick sovrastava l'intera tavolata. Le vene delle braccia tese come corde di violino e gli occhi scuri come il mare in tempesta.
«Vaffanculo, non ho chiesto il tuo parere»
«Quella ti sta rovinando Nick, per favore apri gli occhi» quasi urlò, battendo a sua volta le mani sul tavolo e alzandosi in piedi per affrontarlo.
Il minore strinse forte i pugni.
«Paris mi ama»
«Oh ti prego, Paris ama i soldi» ringhiò immediatamente, quasi divertito dall'intera faccenda.
Il tono ironico infiammò Nick ulteriormente, che assottigliò lo sguardo, prima di agguantare la propria roba dirigendosi a passi spediti verso la porta.
Howie scattò in piedi come una molla.
«No, dai... Nick, dove stai andando?» chiese con calma, preoccupato di conoscere perfettamente la risposta, che comunque non tardò ad arrivare.
«Io sono fuori, ne ho abbastanza. Andatevene al Diavolo» proclamò infine, prima di sbattere il legno con talmente tanta forza, da spaccarne un pezzo.
«Meraviglioso, B! Complimenti» fu il commento di AJ, indicando prima lui, poi la porta con evidente sarcasmo.
Brian rivolse all'amico un'occhiataccia, prima di sospirare pesantemente e sbattere la fronte contro il tavolino. Le mani strette tra i capelli e un'insana voglia di piangere.
Niente più Frack.

E con gli anni, niente più Frick.
Brian non era stato più lo stesso.
Stava ancora rimuginando sui propri ricordi, quando una mano affusolata lo riscosse.
«Mi scusi, non volevo spaventarla. Lei è il signor Littrell?»
Il cantante annuì piano, guadagnandosi un mezzo sorriso dall'infermiera di turno e alzandosi in piedi.
«Sì sono io... come sta?» domandò preoccupato, reprimendo la voglia di urlare.
Detestava tutto di quella situazione. Detestava anche Nick.
Ma quella era una bugia e il fatto che ne fosse cosciente, non faceva altro che renderlo ancora più nervoso.
«Il signor Carter è fuori pericolo, almeno per ora. Attualmente sta riposando, ma se vuole posso fare uno strappo alla regola e lasciarla entrare in stanza» terminò con tono complice. Brian gliene fu grato.
Sorrise divertito, mordendosi un labbro inferiore.
«Bene, venga... da questa parte» gli fece strada, procedendo con cautela verso l'ala ovest dell'ospedale, attenta a non farsi scoprire dal primario di medicina.
La donna si fermò di fronte ad una porta bianca abbastanza spessa, costringendo Brian in una brusca frenata, per non rovinarle addosso. Il castano inarcò un sopracciglio, osservandola voltarsi.
«Dieci minuti, poi ripasso a prenderla» lo avvertì, prima di lasciare che varcasse la soglia e allontanarsi mesta dall'altra parte del reparto.
Brian acconsentì con gratitudine, chiudendosi piano la porta alle spalle.
Il suo sguardo cominciò a vagare per tutta la stanza. Era impersonale, priva di qualsiasi oggetto rilevante, eccezione fatta per un vaso di fiori assortiti posto sul comodino accanto al letto. Non sembrava neppure troppo luminosa. Sospirando, si avvicinò piano, fino a toccare con la punta delle scarpe i piedi della branda.
Si sentiva un completo imbecille. Allungò il collo verso l'ospite della camera, e quando gli occhi misero a fuoco la figura stesa, il suo cuore mancò un battito.
Il biondo risaltava quasi con prepotenza tra il bianco candido delle coperte, il petto di Nick si abbassava a ritmi irregolari, le palpebre chiuse, due flebo piantate nelle braccia e la completa assenza di quel sorriso che a Brian era mancato in maniera quasi dolorosa.
«Cristo santo, Frack» fu il primo pensiero ad avere voce.
Fece il giro del letto, acchiappando distrattamente una sedia e accomodandosi piano. Faceva un caldo terribile là dentro. Si allentò appena il collo della camicia, tirando su le maniche del golfino. Per la prima volta in vita sua, non era in grado di dare un suono alle proprie emozioni.
Ironico, visto che viveva con quello.
Sorrise, osservando il volto pallido di Nick. Per una frazione di secondo maledì Kevin.
Avrebbe potuto chiamare AJ, sicuramente sarebbe stato più utile. E invece no, per qualche sadico motivo, suo cugino aveva pensato a lui. Sapeva dove voleva andare a parare, sapeva perfettamente come scavare in ferite ancora aperte, con l'intenzione di riuscire a guarirle.
Ma la vista di Nick in quelle condizioni, era insopportabile. Brian appoggiò entrambi i gomiti sulle gambe, passandosi le mani in faccia fino ad arrivare alla bocca.
Al Diavolo!”
Lo disse a sé stesso, poi tornò lucido, ingoiando copiose quantità di saliva mista a disagio.
«Nick non-» cominciò con voce malferma, schiarendosi la gola «Mi dispiace. Te lo giuro che mi dispiace. Avevi bisogno di me e io mi sono arreso al primo litigio. Ti ho mollato nella merda, tra le braccia di una persona che ti stava intossicando... io non- Nick per favore, se è vero che stai solo riposando, svegliati adesso e dimmi che sei vivo, perché io così non ce la faccio» si bloccò, sollevando la fronte al soffitto con l'intenzione di ricacciare indietro almeno metà delle lacrime che minacciavano di scivolare sulla mano del biondo. Immobile, non accennava al minimo segno di vita.
Sempre così pieno d'energia e voglia di fare, vederlo ridotto in quello stato per Brian fu troppo da sopportare.
«Ti ho portato una cosa» riuscì ad articolare con voce tremante.
Ficcando una mano nella tasca dei pantaloni, ne estrasse una pallina rossa con un buco al centro. Sorrise, rigirandosela per un po' tra le dita.
«Ti ricordi quel giorno? Io sì... non riesco a dimenticarlo perché è stato in quel preciso istante che ho deciso. Saresti diventato il mio fratellino»
Parlava da solo, se ne era accorto, eppure non gli importava. Incosciamente aveva trovato il modo di togliersi dallo stomaco tutte le parole non dette, tutto ciò che si era tenuto dentro per anni.
Osservando l'oggetto in questione, fece la prima cosa che gli venne in mente. Lo indossò.
Un naso rosso finto, lo stesso di allora. E si aprì in un grande sorriso, tradito da qualche lacrima che cominciava a scivolare veloce sulle guance, fino a macchiargli i pantaloni.
Brian ci stava provando, stava provando ad essere forte.
«Sì lo so, probabilmente faccio pena come pagliaccio» commentò infine, senza però liberarsi dal naso. Gli piaceva quella sensazione, si sentiva più vicino a Nick.
«Non so se hai sentito gli altri, ma... Frack ti devi muovere, devi uscire da qui, ci sono ancora tante cose che dobbiamo fare insieme e non azzardarti a dirmi ancora che ne sei fuori, perché la prossima volta ti ci spedisco io in ospedale» lo minacciò, indicandolo con un dito tremante, poi si leccò le labbra, appoggiando la schiena alla sedia e sospirando. «Cocaina. Sul serio, Nick? Cosa cazzo ti dice il cervello?»
Quasi aveva voglia di gridare, ma si trattenne.
Continuava a fissare il corpo dell'ex compagno. Gli era mancato, voleva stringerlo. Osservandolo attentamente, avvicinandosi appena, notò come fosse cambiato negli anni. Sembrava più uomo, ma portava i segni di una lunga sofferenza.
Anche se chiusi, gli occhi erano scavati, segnati da due indelebili segni scuri. Il volto sciupato, coperto da un sottile velo di barba biondissima, ricordò a Brian che non erano più nel 1999.
Sospirò.
«Di sicuro era più facile starti dietro quando avevi quell'orribile caschetto biondo» commentò ironico, piegando le labbra in un mezzo sorriso stirato.
Scivolò con lo sguardo sui nervi tesi del collo, che pulsavano grazie al battito cardiaco. Quella piccola scoperta suscitò in Brian un enorme senso di puro sollievo.
Era vivo.
Nick era vivo e ciò bastò a fargli rilassare i muscoli almeno un po'. Intrecciò le dita sotto al mento indeciso sul da farsi. Non era mai stato bravo con le parole, almeno con quelle senza melodia.
Continuava a guardarlo sentendosi impotente. Non era riuscito a fare nulla per lui in passato e la storia si stava ripetendo.
C'era stato un tempo in cui i loro stessi amici dubitavano ci fosse solo affetto fraterno da parte sua, forse avevano ragione... in qualche modo, da qualsiasi prospettiva si osservasse il rapporto con Nick, Brian avrebbe mollato qualunque cosa per correre a salvarlo. Eppure non ci era riuscito. Non come avrebbe voluto.
«Mi dispiace. Sei una delle cose più belle di tutta la mia vita e non ho ancora capito come tenerti al sicuro» mugugnò con voce stanca, un po' grazie alla malattia che lo stava lentamente consumando, un po' perché era convinto che se avesse alzato il tono di qualche tacca, sarebbe scoppiato a piangere.
Ma Nick continuava a restare sdraiato su quel maledetto letto, avvolto tra il profumo di cannella tipico della sua pelle e quello acre del disinfettante d'ospedale.
Cocaina.
Non riusciva a credere che un sorriso così buono e due occhi talmente azzurri avessero potuto un giorno finire in quel baratro senza fondo. Paradossalmente parlando, era una cosa che si addiceva di più ad AJ.
Insomma, aveva lottato insieme agli altri per tirare fuori l'amico da quel tunnel, però a conti fatti quella vita si cuciva meglio addosso al moro... invece Nick, Nick era impossibile da concepire.
Così piccolo, così solare e pieno di energia.
Ricordava ancora quel fisico da tredicenne sfidarlo a basket con decisione, per poi finire rovinosamente a terra sconfitto, riempiendo la palestra di una risata cristallina e inconfondibile.
Di quella voce, Brian, era stato geloso.
«Frack ti prego, apri quei dannatissimi azzurrissimi occhi e dimmi qualcosa»
Silenzio.
«Doveva esserci AJ qui, non io»
Fu un pensiero espresso ad alta voce, ma appena si perse nell'aria della stanza, un secondo suono fece capolino e Brian si drizzò a sedere.
«Allora vattene»
Poco più di un sussurrò graffiante, ma al maggiore sembrò la melodia più bella del mondo.
«Nick» commentò con occhi sgranati, avvicinandosi ulteriormente.
La testa del biondo si voltò appena. Sembrava un bambino curioso, un po' confuso e sul piede di guerra. Pallido, privo di forze. A Brian mancò il respiro.
«D-Dove sono? Che ci fai tu qui?»
Non avrebbe potuto fare domande più stupide. Il castano si alzò di scatto in piedi, rovesciando la sedia a terra e facendo sussultare Nick che lo guardava spaesato.
«Te lo dico io cosa ci faccio qui, razza di idiota senza confini! Cocaina. COCAINA, NICK? OVERDOSE, ECCO DOVE SEI, IN UN CAZZO DI OSPEDALE. Adesso mi spieghi, prima che io perda completamente la testa, cosa diavolo ti ha spinto a fare una cosa talmente stupida» terminò, ansimando di rabbia e paura.
Lo sguardo del biondo si rabbuiò, tornò a fissare un punto imprecisato di fronte a lui, grattandosi dove l'ago della flebo stava facendo il proprio lavoro.
«Gli altri sono incazzati con me?» domandò a mezza voce, ignorando apertamente lo sproloquio del maggiore. Atteggiamento che Brian non apprezzò.
Pestò un piede in avanti, indicandosi con la mano tremante di chi stava per perdere tutto.
«No, IO sono incazzato con te»
«Non ne vedo il motivo» rispose con tono spento.
Brian ignorava quello che Nick provava.
Ignorava come si sentisse stanco e solo. Nonostante i fans sparsi in tutto il mondo, dannatamente solo, inutile. Si era detto che se fosse riuscito a spegnere almeno un po' di quella solitudine, tutto avrebbe ricominciato a funzionare. E la cocaina sembrava una via d'uscita estremamente semplice.
«Sentimi bene, perché non te lo ripeterò ancora, sei la cosa più importante che ho, perciò non ci riprovare, oppure giuro su Dio che-» si fermò. Il labbro tremava sotto agli occhi azzurri del minore che in quel momento avevano ripreso a fissarlo.
«Bri» sussurrò.
«Sono serio, Nick. Mai più. Mai più devo sentire il telefono che squilla nel cuore della notte, con Kevin in lacrime che ha letto la notizia su chissà quale sito internet, mai più devo credere che mi serva un cuore nuovo, un'altra operazione, perché il mio fratellino ha deciso di ammazzarsi con le sue stesse mani. Mai più un dolore del genere, una paura così... mai più» concluse infine, osservando un piccolo accenno di sorriso stanco fare capolino su quel viso tanto amato.
Perché lo amava. Come un fratello, come si ama una persona speciale, come forse non era riuscito mai ad amare neppure sua moglie.
«Credevo non ti importasse più granché di me ormai»
«Beh, ti sbagliavi» proclamò con sicurezza, stringendo il pugno destro talmente forte, da piantarsi le unghie nella carne.
La discussione avuta qualche anno prima per Paris, improvvisamente assunse contorni sbiaditi. 
Nick lo guardò attentamente. Non era stupido, sentiva che qualcosa stava andando storto nel suo corpo, ma prima di regalare quella visione a Brian, decise di soffocare gli spasmi, ingoiando copiose quantità di saliva e paura. Si leccò le labbra secche, stropicciandosi un occhio con la mano sinistra e piegò la testa all'indietro, senza mai spostare l'attenzione dal compagno.
«Hey Frick, fammi un favore»
«C-Cosa? Nick... cosa stai-» domandò confuso, allargando le braccia nel vano tentativo di trovare stupidamente ciò di cui il suo amico aveva bisogno.
«Lo so che sono un disastro, che mi caccio sempre in una marea di merda senza fondo, però voglio chiederti una cosa anche se forse non lo merito, è importante»
«Cosa vuoi che faccia?»
La vena di paura del più grande cominciò a pulsare prepotente sulla tempia.
«Quando uscirai da questa stanza, qualsiasi cosa dovesse succedere, non abbandonarmi»
Fece appena in tempo a finire la frase, che un suono quasi assordante inondò i timpani di Brian. L'unica cosa che riuscì a vedere prima di venire trascinato fuori da due infermieri, fu il corpo di Nick scosso da violenti spasmi.
Il naso rosso.
Si era sentito stupido ad indossarlo, così prima che l'altro potesse vederlo lo aveva tolto, nascondendolo in tasca.
Non era comunque la stessa cosa, senza Nick. Si accorse che in quegli anni, ogni risata fatta suonava vuota.
Nella sala d'attesa di un ospedale della Florida, Brian Littrell attendeva il momento in cui quell'insignificante oggetto – almeno ad occhi sconosciuti – tornasse nelle mani del proprietario.
Su quel naso arricciato all'insù, appena sopra ad un sorriso bianco come il latte e proprio sotto a due occhi azzurri come il cielo più limpido, carichi di vita.

 

FIN
 

  
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