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Autore: sara_gi    26/10/2016    4 recensioni
Dal testo:
Come si fa a raccontare una storia di dolore, di amore e di sangue? Di sacrificio? Come si racconta la storia di qualcuno che si è macchiato di peccati così grandi da essere imperdonabili? Come si racconta il coraggio di chi imbocca consapevolmente una strada oscura e terribile per salvare un'intera Galassia? E come può essere compresa chi, pur scoprendo chi e cosa lui sia, sceglie di stargli accanto? Nonostante tutto il dolore che lui aveva portato, tutto il sangue di cui si era macchiato. Sapere e rimanere con lui.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kylo Ren, Luke Skywalker, Nuovo personaggio, Poe Dameron, Principessa Leia Organa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota di apertura dell'autrice

Salve! Mi chiamo Sara e questa è la prima Fanfiction che pubblico qui su EFP.
Volevo segnalare che, all'interno di questa storia è contenuto un accenno a due location prese non dai film di Star Wars
ma da altri due "prodotti" del brand: l'mmorpg "Star Wars: The Old Republic" e il libro "La tregua di Bakura".
La prima location è il pianeta Odessen (facente parte dell'ultima espansione del gioco) e la seconda è Bakura stessa.
Grazie e buona lettura!


Nota aggiuntiva
Ho ricodificato la storia per sistemare il font corsivo
che va solo in alcune parti. E aggiunto l'immagine
del titolo. L'anteprima mi da tutto giusto: spero rimanga così!
In caso ripristinerò la versione precedente ;)
Grazie, Sara









Qual è la cosa più difficile quando si racconta una storia? L'obbiettività, penso. Soprattutto quando la storia ti riguarda da vicino. Soprattutto quando è vera...

Come racconti una storia senza lieto fine? Come si fa a raccontare una storia di dolore, di amore e di sangue? Di sacrificio? Come si racconta la storia di qualcuno che si è macchiato di peccati così grandi da essere imperdonabili? Come si spiega a chi ascolta che l'ha fatto perchè gli altri potessero avere una vita felice? Perchè potessero avere una vita, punto. Come si racconta il coraggio di chi imbocca consapevolmente una strada oscura e terribile per salvare un'intera Galassia? E come può essere compresa chi, pur scoprendo chi e cosa lui sia, sceglie di stargli accanto? Nonostante tutto il dolore che lui aveva portato, tutto il sangue di cui si era macchiato. Sapere e rimanere con lui. Per quell'unica stilla di luce ancora viva in lui. Per quell'unica scintilla accettare tutto il resto. Amare il mostro. Ed esserne riamata indietro.


La terra tremava tutto intorno a lui, scrollando la neve dagli alberi che lo circondavano, facendola turbinare nel vento impetuoso che impazzava sul mondo che si stava disintegrando. Doveva muoversi, ne era consapevole, doveva raccogliere quella poca forza che ancora restava nel suo corpo martoriato e trovare il modo di lasciare il pianeta prima dell'inevitabile fine. Eppure l'incredulità lo teneva ancorato al terreno ghiacciato. L'impossibile era appena successo: era stato battuto. E peggio, era stato battuto da qualcuno che non possedeva che una rudimentale capacità di combattimento. Lui, Maestro e Comandante dell'Ordine di Ren era stato sconfitto, il suo orgoglio e il suo corpo feriti, la sua spada spezzata.

Il pensiero della sua arma lo riscosse, allungò una mano fino all'elsa infranta e ormai inutilizzabile, un gemito di sollievo sfuggì alle sue labbra quando le sue dita si strinsero intorno al cristallo incrinato che aveva alimentato la sua arma fino a poco prima: era ancora intatto. Un mezzo sorriso gli piegò le labbra mentre si rialzava faticosamente, la spada si poteva ricostruire, era solo plastacciaio e circuiti, nulla di valore. L'unica cosa preziosa era quel cristallo, uno dei pochi cristalli rossi per natura e non artificio. Un cristallo così potente da poter focalizzare una lama anche crepato, una lama imperfetta ma temibile, come colui che la impugnava.

Sostenuto dall'enorme volontà che da sempre era parte di lui iniziò a camminare ignorando il dolore pressante al fianco e alla gamba, per non parlare del volto e della spalla. Non ora, continuava a ripetersi, non ora: prima doveva lasciare il pianeta. Muovendosi con tutta la velocità possibile, attingendo alla Forza a piene mani per sostenersi, raggiunse uno dei tanti campi di addestramento sparsi per il pianeta: doveva trovare un velivolo. Sapeva che ogni campo ne aveva qualcuno, usati per addestrare le nuove reclute al volo, sperava solo che i terremoti e gli smottamenti in atto non li avessero danneggiati tutti. La fortuna gli arrise: in mezzo ai pochi, fragili tiefighter stava una delle navette sperimentali da combattimento che il Primo Ordine stava testando. Era un modello nuovo, più resistente dei tie ma altrettanto veloce e maneggevole e dotato di iperguida. Lottando contro la pesantezza del suo stesso corpo e i sussulti del pianeta morente salì a bordo del velivolo e lo avviò subito, prendendo quota quasi immediatamente, spinse i motori al massimo puntando verso lo spazio aperto a tutta velocità per allontanarsi il prima possibile dall'esplosione imminente. Fece a mala pena in tempo ad alzare gli scudi prima che la deflagrazione del pianeta lo investisse scaraventando il suo caccia in un volo impazzito e senza direzione assieme a tonnellate di roccia e altri detriti che fino a pochi istanti prima erano un pianeta. La carambola impazzita in cui si ritrovò intrappolato erose quella poca presa che aveva sui suoi sensi, ebbe appena la prontezza di chiamare a se la Forza e avvolgere la nave in un cuscino protettivo prima di sprofondare nel buio dell'incoscienza.


Il sogno non lo lasciava. La visione che da sempre accompagnava le sue notti e guidava i suoi giorni si ripeteva all'infinito davanti a lui mostrandogli tutti i suoi sbagli, tutte le vite che erano costati, tutte le debolezze di cui si era macchiato. Si aggirava per quel sogno come un fantasma, un'ombra oscura, ferito e furioso, obbligandosi a guardare ancora e ancora ciò a cui la sua debolezza aveva portato: pianeti distrutti, miliardi di morti, il dolore e le lacrime dei sopravvissuti. Tutto per colpa sua, perchè non era riuscito a vincere la propria debolezza, a fare ciò che la visione gli aveva mostrato, seguire la strada tracciata per lui e che lui solo poteva percorrere...

Un lamento uscì dalle sue labbra riarse dalla febbre mentre ancora una volta la visione si ripeteva. Quanto ancora? Per quanto ancora avrebbe dovuto testimoniare la propria inadeguatezza?

Qualcosa di fresco e delicato venne passato sul suo volto e poche gocce d'acqua fatte cadere tra le sue labbra per placarne la sete. Un profumo di erbe, un tocco leggero sulle ferite e il dolore che, misericordiosamente, si alleviava lasciandolo sprofondare in un sonno profondo e senza sogni. Almeno per un po', almeno fino a quando la potenza della visione non lo richiamava a se, gettandogli ancora una volta in faccia la propria debolezza.


Si svegliò di soprassalto, guardandosi intorno, combattendo lo stordimento e la debolezza dovute alla febbre alta che lo aveva consumato per giorni. Dov'era? Da quanto tempo era lì? Come c'era arrivato? Domande senza risposta. Osservò l'ambiente che lo circondava, le pareti imbiancate a calce, il pavimento di legno e la finestra che si apriva su un cielo di un tenue verdazzurro e comprese di essere su un pianeta, in una casa, dati i mobili semplici che arredavano la stanza. Cercò di alzarsi e con sorpresa scoprì di provare meno dolore del previsto, tastò il fianco incontrando una fasciatura, altre bende coprivano le ferite alla gamba, alla spalla e al braccio destro. Portò una mano al volto ma si fermò prima di toccarlo: un rumore leggero di passi in avvicinamento aveva catturato tutta la sua attenzione. Si preparò a difendersi da chiunque stesse arrivando, non aveva armi ma la Forza non lo lasciava mai veramente disarmato. Ma il suo proposito evaporò nel momento in cui la porta si aprì lasciando entrare una ragazza che portava un vassoio coperto di unguenti e erbe. Era giovane e snella, le forme tornite, capelli rosso fuoco intrecciati a incorniciare un volto pallido su cui spiccavano labbra rosse e occhi violetti. Lui trattenne il fiato sorpreso, era... Lei?

La ragazza si immobilizzò appena si accorse che lui era sveglio, spalancò gli occhi vedendolo seduto e si affrettò ad avvicinarsi al letto.

- Non dovresti fare sforzi! - gli disse sistemando il vassoio sul tavolo accanto – Non ti sei ancora ripreso. - concluse posandogli una mano leggera sulla spalla per farlo coricare.

Lui oppose resistenza guardandola in volto, la ragazza arrossì lievemente sotto quell'esame attento, l'intensità dello sguardo di lui era qualcosa a cui non era preparata.

- Dove mi trovo? -

Nemmeno alla voce. Non era preparata neppure a quella voce calma ma imperiosa, una voce giovane ma che era abituata a ricevere immediata risposta. Se ne rese conto vedendogli corrugare la fronte alla sua esitazione nel parlare. Lui fece per ripetere la domanda.

- Edonia. - disse lei precipitosamente – Sei su Edonia, la seconda luna di Ilum.-

- Edonia?- ripetè lui, lo sguardo perso fuori dalla finestra.

Era ancora nel sistema della Base, si diede dello sciocco: era ovvio, non avendo attivato l'iperguida non poteva essere arrivato troppo lontano. Era comunque sorprendente essere arrivato fino a Ilum che in quel periodo era nel punto più lontano dalla stella del sistema.

- Eri vicino a Adum vero?- la voce della ragazza lo riscosse.

- Cosa?- chiese perplesso.

- Lo abbiamo visto esplodere più di dieci giorni fa, il tempo è impazzito per giorni, abbiamo avuto pioggia e tempeste così forti da scoperchiare le case dei versanti occidentali dei monti. Qui per fortuna siamo in una valle e le montagne ci hanno riparato. Almeno un po'.-

- E' così che si chiamava quel pianeta? Adum?-

- Sì. E' così che è segnato sulle nostre carte.-

Lui rimase in silenzio ancora qualche istante immerso nei suoi pensieri poi lo vide irrigidirsi.

- Che cosa hai detto?! - le chiese quasi con ferocia.

- Cosa? - lei fece un involontario passo indietro.

- Quando è successo? Quando è esploso il pianeta? -

- Tra poche ore saranno tredici giorni esatti.- lo vide spalancare gli occhi – Tu sei precipitato a bordo valle circa due giorni dopo. Per fortuna gli uomini del villaggio sono stati rapidi a raggiungere il tuo velivolo e tirarti fuori: è esploso poco dopo.-

- Esploso?! - era bloccato lì?

- Sì, esploso. Per fortuna stava piovendo forte e le fiamme non si sono propagate. Ti hanno portato qui, più morto che vivo. Avevi perso molto sangue dalla ferita sul fianco e bruciavi di febbre, per giorni hai delirato, ho più volte temuto che non ce l'avresti fatta. Invece ieri finalmente la febbre se n'è andata e hai iniziato a riposare tranquillo.-

Lui l'agguantò per il polso tirandosela vicino fino a che i loro volti furono a pochi centimetri.

- Deliravo? - chiese con un ringhio - Cosa ho detto? Ripetimelo! - ordinò al cenno affermativo di lei.

- Mi fai male. - si lamentò lei in un sussurro spaventato.

- Parla.- le rispose secco allentando appena la morsa sul suo polso.

- Per lo più ciò che dicevi era incomprensibile, a volte però...- esitò, lui la scosse – A volte chiamavi tua madre, in qualche occasione tuo padre. Altre volte chiedevi perdono perchè eri stato inadeguato in qualcosa. Sembravi preda degli incubi.-

Il volto di lui era divenuto una maschera di pietra nel sentire quelle parole. Aveva chiamato sua madre, perfino suo padre. Si sentiva intimamente disgustato da se stesso: come, come mai avrebbe potuto trovare la forza di proseguire sulla strada che era tracciata per lui?! Come se ancora chiamava i suoi genitori come un bambino spaventato?! Il volto di suo padre gli passò fuggevole davanti agli occhi, lo sguardo di accettazione e puro amore che gli aveva rivolto nell'ultimo istante di vita, la sua carezza sul volto... Basta! Si intimò in silenzio. E' così che doveva andare!

- Ti senti bene?- la voce preoccupata della ragazza lo riscosse.

Si accorse di stare ansimando, preda delle emozioni, la mano ancora avvolta attorno al polso sottile di lei che lo guardava allarmata. Non per paura ma per la preoccupazione. Invece di essere spaventata da lui era preoccupata per lui. Gli venne quasi da ridere.

- Chi altri sa?- chiese – Chi altri mi ha sentito delirare? -

- Nessuno. - rispose sicura lei – Sei stato affidato a me: nessun altro ha il permesso di entrare nella stanza di un malato o di un ferito, solo chi ha il compito di curarlo.-

Quasi che l'accenno al suo ruolo l'avesse riscossa lei si alzò e iniziò a preparare unguenti e bende per cambiargli le fasciature. Iniziò dal volto, togliendo da sopra la ferita i residui di unguento con un panno umido e morbido e poi stendendo un nuovo strato di pomata, mentre lavorava commentò con sollievo che la ferita stava guarendo bene. Sarebbe rimasta ovviamente la cicatrice, ma era abbastanza sottile e ben rimarginata da non essere troppo visibile, gli disse. Ferita dopo ferita si prese cura di lui cambiando le bende e rassicurandolo sullo stato di guarigione: entro pochi giorni sarebbe stato in grado di alzarsi e muoversi liberamente.

- La mia nave è andata distrutta, sono comunque bloccato qui. - commentò scontroso.

- A sei ore di speeder da qui c'è Ellada, la città più grande di Edonia: c'è uno spazioporto, potrai prendere una nave lì per tornare a casa.- lo rassicurò lei.

A casa. Quelle parole lo colsero alla sprovvista. Quanto tempo era che non aveva una casa? Quale posto poteva considerare casa? La Base era andata distrutta e comunque non si qualificava, la sua ammiraglia? Il Tempio dei Cavalieri di Ren? Una fugace visione della casa dov'era nato gli attraversò i pensieri cogliendolo impreparato: sua madre seduta vicino alla finestra a leggere, suo padre sul divano che scarabocchiava appunti di modifiche per il Falco su fogli a caso e Chewbacca vicino a lui bambino, intento ad insegnargli a riparare il motivatore di un droide. Il ricordo durò solo un istante, come un'holografia accesa e subito spenta, ma la vista della semplice pace e felicità dipinte sul suo stesso volto più giovane furono come l'ennesima pugnalata. Sono debole, si ripetè, sono un debole.

- Devi riposare.- la voce di lei lo riportò nuovamente al presente, la guardò: gli stava porgendo un bicchiere colmo di un liquido rossastro – E' decotto di innula selvatica, ti aiuterà a dormire.-

- Non voglio dormire.- fu la risposta secca di lui, dormire voleva dire sognare...

- Ma il tuo corpo ne ha bisogno, e anche la tua mente.- lui fece per parlare ma lei gli posò un dito sulle labbra – Non sognerai, te lo prometto.- gli disse quasi gli avesse letto nel pensiero.

Lui la fissò per qualche istante poi prese lentamente il bicchiere osservando il liquido. Lasciarsi andare a un sonno indotto da una droga poteva essere pericoloso, sarebbe stato alla mercè di chiunque fosse in quella casa. Un sonno senza sogni. Vuotò il bicchiere in un sol sorso, senza altro pensiero che quello: un sonno senza sogni...

La ragazza lo aiutò a stendersi e rimase seduta sulla sedia accanto al letto finchè si fu addormentato, gli sistemò le coperte e passò una mano sulla sua fronte per assicurarsi che non ci fosse febbre, sospirò sollevata quando la sentì fresca. Fece per alzarsi ma si fermò sentendolo mormorare qualcosa, lo guardò e vide che gli occhi si muovevano veloci sotto le palpebre. Lanciò un'occhiata al bicchiere ormai vuoto stupita che l'innula non gli impedisse di sognare, decise di non lasciarlo solo e presa una sua mano tra le proprie iniziò a cantare sottovoce l'antica ninna nanna che la sua gente si tramandava da secoli. Il tocco delle sue mani e il suono della sua voce sembrò calmare il sonno di lui che presto prese a respirare lentamente e profondamente, finalmente in pace.


- Non conosco il tuo nome.- le disse lui un paio di giorni dopo, quando la vide arrivare con la colazione.

- Aniron, - disse lei intimidita – mi chiamo Aniron.-

- Aniron...- ripetè lui ascoltando il suono della propria voce, era una parola aliena il nome di lei, ma delicata, come colei che lo portava.

- E tu?- lui la guardò – Qual è il tuo nome?- gli chiese.

- Kylo.- rispose dopo qualche istante di esitazione – Il mio nome è Kylo.-

Il tintinnio delle stoviglie sul vassoio che lei aveva in mano attirò l'attenzione di lui che la osservò perplesso prima, in allarme dopo: la ragazza era impallidita e gli occhi erano enormi pozze d'acqua violetta mentre lo guardavano senza vederlo, lo sguardo su qualcosa che era nella memoria di lei. Lui si maledisse, ora avrebbe dovuto ucciderla perchè non parlasse. Aveva dato per scontato che nessuno in quel luogo avesse mai sentito parlare di lui, un altro errore che sarebbe costato sangue.

Si alzò dal letto per avvicinarsi a lei, pronto a colpire, ma la ragazza mal interpretò il suo gesto e gli fece cenno di non preoccuparsi.

- Sto bene, davvero.- disse cercando di riprendere controllo di se – E' solo che non pensavo che fosse un vero nome...-

Lui si fermò interdetto, cosa intendeva? Non aveva reagito così perchè sapeva chi era? La vide guardare verso lo scrittoio sotto alla finestra per poi voltarsi subito altrove.

- Cosa c'è?- le chiese con quel tono di comando che ormai lei conosceva.

- Nulla, davvero! E' solo...- si interruppe incerta - Tu hai viaggiato molto per la Galassia? Hai visto tante cose? Anche strane? - gli chiese senza un apparente senso logico.

- Sì. - le rispose riprendendo a avvicinarsi – Ho visto molte cose, molte strane anche. Perchè?-

Lei posò il vassoio passandosi poi le mani sul grembiule che le copriva l'abito da casa, guardò di nuovo per un attimo lo scrittoio, poi tornò a guardare lui.

- Ho... Ho sognato quella parola.- disse dopo un attimo – Il tuo nome.-

- Cosa?- si stupì lui, che fosse una Seer?

Aniron esitò ancora un istante prima di avvicinarsi allo scrittoio e, da uno dei cassetti, tirò fuori un blocco da disegno. Lo aprì sfogliando velocemente alcune pagine poi glielo mostrò. Il disegno a carboncino ritraeva un neonato addormentato, le ciglia scure che disegnavano delle perfette mezzelune sulle guance paffute, la boccuccia lievemente aperta nell'abbandono del sonno e le manine che stringevano nei pugnetti la copertina stropicciandone il ricamo. Lui ci mise un momento a mettere a fuoco quel particolare, il particolare più importante: un secondo disegno accanto al primo mostrava la copertina ben stesa col ricamo perfettamente visibile, una serie di lettere che componevano un nome. Ma quelle stesse lettere, in parte nascoste, mosse e deformate dalle mani del bimbo si accostavano diversamente formando un altro nome. Lui conosceva quella coperta, l'aveva vista decine di volte ascoltando sua madre raccontargli tra le risate quanta fatica aveva fatto per completare quel semplice ricamo. Sulla copertina stesa si leggeva il nome “Ben Solo” ma, tra le mani del bimbo, quel nome diventava “Kylo”.

Il ragazzo guardava incredulo quel disegno, aveva visto abbastanza holografie di se stesso da neonato da riconoscersi in quel disegno, lei lo aveva ritratto con un'accuratezza magistrale. E la coperta... In quel disegno lui stringeva tra le proprie mani il proprio fato. Se mai gli fosse servita un'ulteriore prova che quello era il suo Destino, ora l'aveva. Guardò la ragazza che lo osservava preoccupata, tornò all'immagine poi, colto dall'ispirazione, voltò le pagine del blocco per vedere gli altri disegni. Si scostò di modo che lei non riuscisse a toglierglieli di mano e il respiro gli si bloccò in gola alla vista della sua maschera che lo fissava dalla pagina. Era decisamente un'artista dotata di talento, quella ragazza. Il disegno sembrava così reale che ci si aspettava di vederlo muovere, sfogliò veloce altre pagine e vide passare davanti a se momenti della sua vita, luoghi che avevano un significato per lui, ed eventi che non ricordava, che forse dovevano ancora accadere.

“La Forza è potente in questa ragazza” si ritrovò a pensare.

Racchiusa in quel blocco da disegno c'era buona parte della sua storia. Per quanto non vi fossero ritratti di lui adulto a volto nudo, in tutto il blocco era documentata la sua vita. Ci mise un attimo a focalizzare le date scritte in basso a destra dei fogli e si accorse che le immagini non erano in sequenza cronologica: il disegno di lui neonato era di quasi due anni prima, quello dell'interrogatorio del pilota della Resistenza aveva solo qualche giorno, l'immagine di lui che camminava nei boschi della Base cacciando le sue prede era vecchia di tre anni. Si accorse con stupore che il disegno raffigurante lui che lasciava l'Accademia di suo zio portava la data effettiva del fatto. Il tratto era più acerbo, in quel disegno, più infantile: all'epoca lei doveva essere stata una bambina... Ma c'erano disegni ancora più antichi. E ce n'era uno ripetuto più volte, in più momenti. L'unico in cui compariva anche lei: raffigurava la ragazza spaventata che fissava una figura minacciosa che faceva per colpirla mentre una lama, la sua lama crepitante, lo trapassava da dietro. Accanto si vedeva il proseguo della scena: lei che lo guardava incerta mentre lui le porgeva rassicurante la mano invitandola a seguirlo.

Si ricompose rendendosi conto che lei lo stava ancora fissando. Le restituì il blocco da disegno e la guardò riporlo nel cassetto da cui lo aveva estratto.

- Hai talento.- le disse tornando a sedersi sul letto.

- Non... Non mi chiedi chi sia la figura mascherata degli altri disegni?-

- Non penso tu lo sappia. Sbaglio? - le scosse il capo – Da quanto fai quei sogni?-

- Da che ho memoria.- andò a sedersi accanto a lui – Da piccola mi terrorizzavano. La cosa buffa è che il personaggio più spaventoso è in realtà l'unico che non ho mai temuto. - sorrise lievemente – Lui mi salva da ciò che mi minaccia. L'ha sempre fatto.-

- Perchè?- chiese lui – Perchè ti salva?-

- Non lo so.- rispose perplessa – Non me l'ha mai detto.-

- Ti parla?! Cosa dice?- chiese al cenno affermativo.

- “Vieni con me”. Me lo dice ogni volta quando mi porge la mano. E quando la prendo vedo tutte le altre cose.-

- Perchè accetti di andare con lui? Ha appena ucciso un uomo, cosa ti fa pensare che non ucciderà anche te?-

- Lo so e basta.- mormorò lei incontrando lo sguardo di lui – Lo sento. Ha senso per te?-

- Più di quanto pensi.- rispose lui distogliendo lo sguardo.


Altri due giorni passarono, lui si sentiva sempre più un forze, riusciva a muoversi senza dolore e la sua connessione con la Forza, che era stata incerta e annebbiata nei primi giorni dopo il risveglio, era nuovamente potente come lo era sempre stata. Ma se il suo corpo guariva velocemente non si poteva dire lo stesso del suo spirito, ogni notte la visione tornava e ogni volta al risveglio lui si sentiva un poco più miserabile. La ragazza notava l'incupirsi dell'umore di lui, sapeva che non era bene per un convalescente lasciarsi andare a pensieri cupi così decise che fosse venuto il tempo per lui di lasciare quella camera almeno per qualche ora. Quella mattina invece del vassoio della colazione gli portò una cesta di vestiti.

- Ho pensato che ti avrebbe fatto bene iniziare a muoverti un po' più di quel che puoi fare qui dentro.- gli disse posandogli la cesta accanto – I tuoi abiti sono stati lavati e, per quanto possibile, riparati. Ma se preferisci ti ho portato anche alcuni indumenti dei nostri. - gli mostrò dei pantaloni e una camicia – Temo ti andranno un poco larghi: sono di mio padre che è più robusto di te. Purtroppo sei troppo alto per quelli di mio fratello.- concluse con tono di scuse.

- Grazie.- disse lui dopo un istante – Accetto i vostri abiti: sarà più semplice per tutti abituarsi a me se non sembrerò troppo diverso.-

Lei sorrise con approvazione, non sapeva che lui aveva un altro motivo per evitare di indossare la propria armatura: temeva che lei riconoscesse il taglio di quel vestito avendolo disegnato centinaia di volte nell'arco della vita. Si ricordò però di un dettaglio e frugò nelle tasche del proprio abito nero immobilizzandosi incredulo nel trovarle vuote. No! Pensò.

- Qualcosa non va?- gli chiese lei.

- Avevo un oggetto con me!- la guardò concitato – Una pietra rossa.-

- Oh, sì, certo.- lei si avvicinò allo scrittoio e apri un altro cassetto porgendogli poi il suo cristallo – Lo avevi stretto in mano, è stato complicato convincerti a lasciarlo andare. Temo però che nell'incidente si sia incrinato.- concluse con voce dispiaciuta.

- No.- la rassicurò lui – Era già così.-

- Ha un grande valore per te, vero?- gli chiese notando come le dita di lui si fossero strette protettive su quell'oggetto.

- Sì. - non aggiunse altro e lei non indagò oltre.

- Ti lascio così puoi prepararti, quando sarai vestito scendi di sotto: la colazione è pronta.- concluse con un sorriso andandosene.


Il suono di risa guidò i suoi passi fuori dalla camera, fino alle scale e poi di sotto alla cucina. Si fermò sulla porta, fuori vista, ad osservare la scena di semplicità quotidiana che si svolgeva dinanzi ai suoi occhi: Aniron che sistemava stoviglie sulla tavola, un sorriso indulgente a piegarle le labbra mentre guardava una versione più giovane di lei stessa, bionda e con gli occhi azzurri, ridere dicendo qualcosa. Ai fornelli, girata parzialmente di schiena, una dona più anziana, bionda anch'essa scuoteva il capo con finta esasperazione per le parole della più giovane. La luce del sole entrava dalle due finestre illuminando l'ambiente caldo e accogliente, lui si sentiva fuori posto, perchè avrebbe dovuto intromettersi in quel quadro di vita domestica? Non ne faceva parte. Prese la decisione di ritirarsi nuovamente al piano di sopra ma, prima che potesse muoversi, Aniron alzò lo sguardo dal tavolo incontrando il suo.

- Ben alzato!- gli sorrise facendogli cenno di avvicinarsi alla tavola.

Lui fece qualche passo in avanti con un cenno di saluto. La donna, palesemente la madre delle due ragazze, gli regalò un sorriso caldo e materno indicandogli una sedia.

- Accomodati, ragazzo mio. La colazione è pronta!- gli disse vivace per poi osservarlo bene da capo a piedi e schioccare la lingua con disapprovazione – Ahi ahi, non so da dove tu venga, figliolo, ma non si prendono abbastanza cura di te! Sei davvero troppo magro!- gli posò davanti un piatto colmo – Ecco, comincia con questo. Vediamo di rimetterti in forze presto!- concluse lasciandogli una carezza sulla testa.

- Grazie...- mormorò lui preso alla sprovvista.

Quanto tempo era passato da quando qualcuno gli aveva mostrato tanta considerazione e calore? Un improvviso quanto inaspettato nodo in gola gli rese difficile deglutire per qualche istante, tenne gli occhi fissi sul piatto consapevole che, se li avesse alzati, le tre donne avrebbero potuto vederli luccicare di lacrime trattenute. Riprese controllo di se e iniziò lentamente a mangiare, si scoprì più affamato del previsto e si dedicò con più vigore al compito di svuotare il piatto, ignaro dello sguardo di approvazione della donna più anziana che, con discrezione, gli posò accanto un altro piatto colmo di piccoli panini dolci e qualche conserva di frutta. Dopo qualche istante di silenzio, sentendosi osservato, sollevò lo sguardo incontrando gli occhi azzurri della ragazza più giovane che gli si era seduta davanti. Perplesso da quell'esame sollevò un sopracciglio fissandola finchè lei sorrise con approvazione.

- Sei davvero carino! - disse con tutta la naturalezza del mondo – Non una gran bellezza ma molto carino, mi piaci!- concluse lasciandolo a bocca aperta.

- Aineela!- esclamarono in coro le altre due, Aniron con costernazione e la madre in tono di avvertimento.

- Cosa?! E' la verità!- si difese la più giovane.

- Prendi questo.- disse la madre mettendole un cesto in mano – Vai a portare la colazione a tuo padre e tuo fratello. Fila!- esclamò adirata.

Afflosciando un poco le spalle, col viso basso e un adorabile broncio a piegarle le labbra, la ragazzina prese il cesto e uscì dalla porta della cucina borbottando qualcosa di intellegibile. Kylo la seguì con lo sguardo chiedendosi come una creaturina così gracile potesse essere anche così sfacciata e impudente.

- Ti chiedo perdono per la mia figlia più piccola, ragazzo.- gli disse la donna attirando la sua attenzione – E' da quando è nata che tentiamo di farle capire che non è sempre il caso di dire ciò che pensa. Come hai potuto notare non ci stiamo riuscendo.- detto ciò uscì anche lei dalla cucina diretta all'orto visibile attraverso l'uscio.

- Non importa, dico davvero.- disse lui rivolto a Aniron che fissava il pavimento, il ritratto della mortificazione – Non ha detto nulla di male, in fondo.- lei sollevò appena lo sguardo annuendo poco convinta – Mangia con me.- la invitò allora lui spingendo i panini dolci verso di lei.

Aniron esitò un momento poi prese posto sulla sedia lasciata dalla sorella, iniziò a piluccare uno dei panini più per fargli compagnia che per reale desiderio di mangiare. In realtà aveva già fatto colazione e, anche così non fosse stato, il comportamento di Aineela le avrebbe probabilmente tolto la fame. Sospirò sconsolata prima di rendersi conto che lui la stava osservando.

- Non capisco dov'è il punto, Aniron.- le disse sinceramente perplesso.

- Non... Non si fa, ecco.- iniziò lei esitante – Non è educato fare apprezzamenti o critiche a un'altra persona. Soprattutto quando è poco più che uno sconosciuto. Se non impara a comportarsi... Finirà per restare sola.-

Prima che lui potesse replicare un sospiro dalla porta attirò la loro attenzione: Aineela entrò a passo lento andandosi a sedere accanto a loro.

- Mi dispiace Aniron.- disse a voce bassa – Non lo faccio apposta, semplicemente la mia bocca si attiva prima del cervello.- concluse demoralizzata.

- Lo so 'Neel, ma devi imparare.- la sorella maggiore posò una mano su quelle dell'altra – Gli anziani lasciano correre per ora, perchè sei ancora giovane. Ma tra un paio d'anni...-

- Imparerò, te lo prometto.- la più giovane alzò fieramente la testa guardando la sorella – A partire dal tuo Dub'i'dath mi comporterò bene. Non metterò a rischio il tuo futuro, te lo assicuro.-

- Non è per me che sono preoccupata, sciocchina!- sorrise Aniron.

- Lo so, ma il mio comportamento potrebbe nuocere anche a te dopo la cerimonia.-

- Quale cerimonia?- chiese lui curioso attirando l'attenzione delle due.

- Il Dub'i'dath.- rispose Aineela mentre Aniron distoglieva lo sguardo arrossendo – Tra pochi giorni mia sorella compirà venti anni e al volgere del mese ci sarà la sua cerimonia di entrata nell'età adulta. - continuò la più giovane – Da quel momento i giovani di Edonia potranno corteggiarla: da qui a un anno sarà una donna sposata!- concluse con un sorriso.

- Ragazze è tempo che andiate al mercato.- intervenne la madre rientrando, le due si alzarono e salutatolo lasciarono la casa – In realtà – riprese la donna appena l'uscio fu chiuso – penso che Aniron non rimarrà con noi che per poche settimane, dopo la cerimonia.- lo guardò sorridendo – Ci sono già giovani che le ronzano intorno, seppure a debita distanza. Una volta celebrato il Dub'i'dath non tarderanno a farsi avanti.-

Per qualche motivo quelle parole lo infastidirono, eppure non era sicuro che fosse lei... Accorgendosi che la donna si aspettava una replica di qualche genere sorrise brevemente.

- E' senz'altro bella abbastanza da aver attirato l'attenzione di ogni giovane della zona.- commentò con finta noncuranza.

- Bella?!- si stupì la donna – La trovi bella? Ma pensa...- proseguì al cenno affermativo di lui – I vostri criteri di bellezza devono essere ben diversi dai nostri allora.- sorrise – Con quei capelli rossi, la pelle così chiara e gli occhi di quell'impossibile viola abbiamo sempre temuto che nessun ragazzo l'avrebbe guardata.- spiegò vedendo la sua perplessità.

Lui annuì per indicare che aveva capito poi, con la scusa di fare due passi per testare la propria forza, uscì dalla porta che dalla cucina dava sull'orto. La donna gli consigliò di non allontanarsi essendo la prima volta che su muoveva dopo essere stato tanto a letto poi lo lasciò andare.

Fuori Kylo camminò fino ad un albero carico di piccoli frutti tondi di un delicato tono arancio, c'era una panca sotto l'albero e, sentendosi un poco malfermo si sedette. Trovava difficile da sopportare quello stato di debolezza, comprendeva lo shock subito dal suo corpo a causa del colpo di balestra e delle altre ferite, ma non sopportava il sentirsi così impotente. Lui, che era sempre stato quello che tutti temevano, quello dal cui cammino togliersi o venir schiacciati, ora era ridotto l'ombra di se stesso, costretto a sedersi dopo non più di cinquanta metri di camminata.

Appoggiò la schiena al tronco dell'albero e, chiusi gli occhi, prese lunghi lenti respiri, sprofondando in quello stato di concentrazione profonda che gli consentiva di prendere piena coscienza di se e del proprio corpo. La Forza accorse immediatamente al suo richiamo e lui lasciò che lambisse il suo corpo come onde di risacca, accelerando la guarigione delle sue ferite e il ritorno della sua forza. Il respiro rallentò fino a farsi più profondo di quello del sonno, la natura intorno a lui riluceva dietro alle sue palpebre chiuse, tutt'uno con lui nella Forza. Poi, in mezzo a quella natura brillante, sorse una stella di luminosità tale da accecarlo, il respiro gli si fermò in gola nel vedere quella fonte di luce avvicinarsi, aprì di scatto gli occhi mascherando appena la sua sorpresa nel trovarsi davanti Aniron.

- Pensavo ti fossi addormentato.- disse la ragazza sorridendogli.

Lui continuò a fissarla con intensità, incapace di alleggerire il proprio sguardo, non ora che l'aveva vista attraverso la Forza, non ora che sapeva quanto potere dormiente si celava dietro quel volto delicato e quegli occhi luminosi.

Lei era potente, non quanto lui ma nessuno lo era, forse solo suo zio poteva rivaleggiare, non certo Snoke o ogni altro, neppure la ragazza che lo aveva battuto in quel duello. Ma Aniron... Lei si avvicinava molto al grado di potere che avrebbe potuto fare di lei una dei Jedi più grandi della storia. Se i Jedi fossero esistiti ancora... Per un attimo, solo un istante, immaginò di condurla al tempio dei Cavalieri di Ren e addestrarla. Sarebbe stata senz'altro un'allieva magnifica. Ma poi il pensiero del Primo Ordine e di ciò che Snoke avrebbe chiesto a quella ragazza gli fecero accantonare l'idea: non gli avrebbe consegnato quella ragazza, mai. La sua visione non lo chiedeva e lui non lo voleva fare. Ciò che lui voleva... Si stupì del proprio pensiero, da molto tempo aveva reputato poco importante ciò che lui voleva rispetto a ciò che doveva fare. Ma in questo caso non c'era nulla di più importante del suo desiderio. Si rese conto che forse, ma solo forse, lei era davvero la sua oasi, quell'unica creatura in tutta la Galassia che avrebbe guardato quell'abisso nero che era la sua anima e non sarebbe fuggita inorridita. Quella persona che sola avrebbe potuto dargli la forza di andare avanti, la visione gli aveva promesso quel sostegno, lo cercava da tanto... Aveva sperato fosse quell'altra; quando quell'ufficiale gli disse che una ragazza era stata coinvolta nella fuga del droide, sperò. Ma gli era bastato incontrarla in quel bosco su Takodana per sapere che non era lei, non somigliava neppure lontanamente a quella figura che la visione gli aveva mostrato. Aniron sì, invece. Per quanto non ne fosse completamente certo, lei somigliava al suo ricordo della visione.

Si rese conto di essere rimasto immobile e silenzioso, tenendola prigioniera del proprio sguardo per minuti interi, prese un respiro profondo per controllarsi e distolse il volto guardando la casa e non la ragazza che, pallida e incerta lo osservava ancora, probabilmente chiedendosi perchè l'aveva guardata in quel modo per tutto quel tempo. Ma, per sua fortuna, lei era troppo timida ed educata per chiedergli spiegazioni. O forse attribuiva il suo comportamento al fatto che lui fosse straniero, che avesse altre usanze.

- Dovresti riposare.- gli disse sottovoce.

Lui annuì appena e si alzò in piedi, vedendolo un poco instabile lei accorse infilandosi sotto il suo braccio per sostenerlo. Lui si irrigidì un istante poi, con un altro sospiro, rilassò il corpo e le permise di aiutarlo a raggiungere la camera in cui aveva passato gli ultimi giorni.


Quattro giorni dopo Kylo si ritrovò suo malgrado seduto a cena ad una tavolata di più di quaranta sconosciuti. Era il compleanno di Aniron, gli spiegarono che nella vita di un giovane di Edonia esistevano tre compleanni importanti: il terzo, con cui si entrava nell'infanzia, il sedicesimo con cui si entrava nella giovinezza e il ventesimo, l'età adulta. E dei tre questo era il più importante. Così, cercando di ignorare gli sguardi ammiccanti che i giovani maschi presenti scoccavano alla festeggiata, subì la cena e le chiacchiere di quella gente. Gli anziani gli avevano dato il benvenuto nella comunità, dicendogli che era un ospite gradito e che poteva restare finchè avesse voluto. Aveva dovuto sforzarsi per non scoppiargli a ridere in faccia. Se solo quei cari vecchietti avessero saputo chi lui era in realtà! Se avessero anche solo immaginato le cose che lui aveva fatto... Con ogni probabilità lo avrebbero ucciso nel sonno quando era troppo debole per difendersi. Era tuttavia strano sentirsi il benvenuto, era una sensazione quasi dimenticata. I sorrisi e la gentilezza di tutti quegli sconosciuti che si interessavano alla sua salute, esprimendogli il sollievo di vederlo ristabilito. Erano sinceri. Neppure nella sua prima giovinezza aveva sperimentato quella sensazione di accettazione; certo era sempre il benvenuto ovunque, ma la sensazione che così fosse solo per via di chi erano i suoi genitori o suo zio non lo aveva mai abbandonato. Qui invece, tra questa gente semplice, era stato accolto e accettato per se stesso.

A distoglierlo dalle sue riflessioni, a fine cena, furono le richieste sempre più rumorose che le persone intorno a lui rivolgevano a Aniron, in realtà la richiesta era una: le stavano chiedendo di cantare. Una degli anziani, seduta poco distante da lui, gli spiegò che era tradizione ringraziare gli Dei per i giorni concessi alla loro vita alla fine di ogni evento importante. E visto che lei era la festeggiata spettava a lei intonare il canto. Kylo si scoprì intrigato all'idea di sentirla cantare: sapeva che aveva una voce dolce, ma non aveva idea di come potesse suonare nel canto. Fu portato uno strumento a corde e sistemato accanto al fuoco in mezzo alle quattro tavolate che ospitavano i commensali. Aniron si sedette con un sorriso incerto, lui sapeva che la sua timidezza le rendevano difficile essere così tanto al centro dell'attenzione. La ragazza prese un respiro profondo per calmarsi poi, posate le dita sulle corde, iniziò a trarre una melodia dolce dallo strumento e, dopo qualche battuta, unì la propria voce a quel suono. Lo stupore che lo investì lasciò il ragazzo con occhi e bocca spalancati, la voce di Aniron aveva una potenza nel canto tale da essere una sensazione fisica. Brividi gli corsero lungo la schiena mentre il suono di quella voce lo accarezzava, trasportandolo in luoghi che non conosceva ma che si scoprì ansioso di esplorare. Era lei, doveva essere lei, fate che sia lei, pregò. Non si accorse di starla osservando con un'intensità tale da poterla quasi toccare, né si accorse del padre di lei che lo guardava, che osservava il modo in cui lui guardava sua figlia, con uno sguardo intento che divenne rassegnato nel momento in cui si accorse che Aniron aveva alzato gli occhi e risposto a quello sguardo. Si voltò verso la moglie che gli fece un piccolo cenno accompagnato da un sorriso lieve: aveva visto anche lei. In realtà erano giorni che notava come la loro bambina, che bambina non era più, guardava lo straniero e come lui guardava lei, l'intensità con cui scrutava il volto e le movenze della ragazza. Aveva sospirato realizzando che i giovani di Edonia sarebbero rimasti delusi, lei aveva già fatto la sua scelta e non era nessuno di loro. Si ritrovò a pregare gli Dei e le stelle perchè quello straniero, letteralmente piovuto dal cielo, fosse la persona giusta per sua figlia, e che lei potesse vivere una vita felice seppure lontana da loro.


I giorni ripresero a passare tranquilli, Kylo prese l'abitudine di camminare a lungo, sempre più lontano su per i fianchi dei monti, per testare la propria ripresa. Era soddisfatto di accorgersi di essere tornato quasi in perfetta forma, le trance di Forza lo aiutavano a guarire più in fretta, così come le cure che Aniron non aveva mai smesso di prestargli. Ogni giorno gli preparava infusi e decotti di erbe che lo aiutassero a rimettersi in forze, le ferite si erano rimarginate, solo le cicatrici testimoniavano l'ordalia attraverso cui era passato. Sapeva che presto avrebbe dovuto raggiungere la città e prendere una nave, non sarebbe riuscito a nascondere la propria presenza nella Forza ancora per molto, non con Snoke che lo cercava con la meticolosità con cui lo stava cercando. Il Leader del Primo Ordine era furente per il fatto che non si avevano notizie di lui, poteva sentirlo. Dopo tutto aveva speso anni nel suo addestramento, le sue capacità gli erano utili, ed era potente, più di chiunque altro. Se solo Snoke avesse saputo la verità, che non era stato lui a convincerlo a passare al Lato Oscuro, che lui stava semplicemente seguendo la propria visione... Immaginò che non sarebbe stato contento. E lui pregustava il momento, per ora ancora lontano nel futuro, in cui avrebbe rivelato la verità a quel mostro deforme, sbattendogli in faccia la fallacità dei suoi metodi e il fatto che lui, Kylo Ren, non era il burattino che Snoke pensava, al contrario: era il burattinaio.

Le parole di suo padre gli tornarono in mente, le parole che gli aveva detto su quel ponte, quel maledetto ponte su cui aveva dovuto ucciderlo. Sorrise amaro al panorama montuoso che lo circondava a perdita d'occhio.

- Non ti preoccupare papà,- mormorò al vento – non avrà la possibilità di schiacciarmi, morirà molto prima.-

- Davvero?- la voce genuinamente curiosa lo pietrificò.

Si voltò di scatto guardandosi intorno, non vide nulla e si diede dello sciocco: era ovvio che non fosse lì, Han non era uno Jedi. Scosse la testa, ci mancava solo che iniziasse ad avere le allucinazioni, aveva probabilmente camminato troppo. Fece per avviarsi verso la casa che lo ospitava quando un lieve brillio ai margini del suo campo visivo lo costrinse a voltarsi di nuovo.

- Ciao, figliolo.- gli disse quella che sembrava proprio l'apparizione di Han.

Il ragazzo lo guardò incredulo, aveva già sperimentato un'apparizione di forza una volta, sapeva cosa stava vedendo. Ma non era possibile, perchè...

- Tu non eri uno Jedi.- disse.

- No. No per carità, certo che non lo ero!- rise l'uomo.

- Come..? Allora come puoi essere qui ora?!- era forse un trucco di qualcuno?

- Lunga storia corta: un vecchio amico ha deciso che la mia presenza potesse essere necessaria. Sai come funziona la Forza, no? Anche chi non è in grado di usarla si unisce ad essa nella morte. Così il vecchio non ha fatto altro che cercarmi e darmi un po' di lezioni su come sfruttare la mia condizione. A quanto pare, una volta morti, non solo i Jedi possono andarsene in giro ad apparire alla gente.- concluse con quel suo sorriso canagliesco.

- Sei qui. Sei davvero qui...- mormorò il ragazzo ancora incapace di venire a patti con ciò che vedeva.

- Sì Ben, sono davvero qui.-

- Non chiamarmi così! - scattò Kylo prima di potersi fermare – Non è più il mio nome.- aggiunse con voce più calma – Non lo è mai realmente stato.- l'immagine del disegno di lui neonato in mente.

L'uomo annuì con comprensione, facendo qualche passo su quel prato pur senza smuoverne l'erba, poi si voltò per guardare di nuovo il figlio in faccia.

- Sai, la morte è strana. Si diventa saggi nella morte. O forse semplicemente la mole di cose che si scoprono è tale che ti ritrovi in posizione di vantaggio. - incontrò lo sguardo del ragazzo – Ora so, figliolo. Avresti dovuto dircelo...- aggiunse poi con un sospiro.

- No. Avreste reagito come reagivate sempre: finte rassicurazioni che un'alternativa si poteva trovare, riunioni fino a notte fonda con lo zio e chiunque altro potesse “aiutare” e, soprattutto, tenendomi chiuso da qualche parte perchè io “non potessi fare niente di stupido”.- scosse la testa – Questo è il mio destino, la strada che è stata tracciata per me. E io la percorrerò fino in fondo. - lo guardò – Ho già sacrificato troppo per fermarmi ora. Non chiedermelo neppure.-

- Ma, ragazzo, così distruggi la tua vita!-

Kylo rise senza allegria – La mia vita, ah! Cosa importa?! Lo sai cosa c'è in ballo! -

- Importa a me! Sei mio figlio, non è giusto che ti accolli questo peso da solo! -

- Non sarò solo per sempre...- mormorò il ragazzo guardando verso la valle.

- Oh... Sì, giusto.- Han fece un sorrisino saputo – E' carina la ragazza.- Kylo si girò a guardarlo con un sopracciglio alzato – Eri ferito, stavi quasi morendo: pensi davvero che non sia venuto a vedere come stavi?- chiese con finta offesa – E poi mi sono accertato delle tue condizioni durante la convalescenza. Così ho, come dire, notato il modo in cui la guardi. E il modo in cui lei guarda te.- il ragazzo sollevò anche l'altro sopracciglio – Non dirmi che non te ne sei reso conto! Santo cielo, ragazzo, sei mio figlio: dovresti avere occhio per quei dettagli!- il ragazzo sbuffò con derisione tornando a guardare la valle – Sì, bèh, sei anche figlio di Leia...- di nuovo quel sopracciglio sollevato – Tua madre è una donna in gamba ma in queste cose non è mai stata troppo sveglia. Voglio dire, si è accorta di amarmi quando mi hanno sbattuto in carbonite!-

- Ah, giusto.- il ragazzo si lasciò andare a un sorriso sincero – Glielo hai rinfacciato per il resto della vita, me lo ricordo.-

- Già, mi piaceva sottolineare il fatto con lei.- rise l'uomo – Discutere di quell'evento era il nostro modo di dire che non ci eravamo dimenticati del passato. Che era ancora tutto come allora.-

- Un gran casino?-

- Sì!- rise Han – Esattamente!- sorrise al figlio – Non fare il suo errore, non aspettare che te la portino via prima di dirle cosa provi. Potresti non avere la possibilità di riaverla indietro.-

- Non lo farò.- lo rassicurò Kylo – Nel momento stesso in cui avrò la conferma che è lei colei che mi è stata promessa intendo legarla a me.-

- E come la otterrai quella conferma?- indagò l'uomo.

- Non lo so ancora, ma ho la sensazione che sia solo questione di ore.-


Il giorno seguente Aniron preparò un cesto per il pranzo e insieme si avviarono verso il rottame della nave che lo aveva portato fin lì. Era una camminata lunga, per questo la ragazza si era premunita di portare del cibo: l'avrebbero affrontata con calma, con tutto il tempo a disposizione per andare e tornare. Secondo il padre della ragazza era bene che lui controllasse se qualcosa dei suoi effetti personali era sopravvissuto allo schianto. Inutile dire che non avrebbero trovato nulla, l'unico effetto personale che aveva con se al momento della fuga era il cristallo, ma la prospettiva della lunga camminata in compagnia della ragazza gli avevano fatto accettare senza esitazione.

La giornata era piacevolmente tiepida, il sole nel cielo terso scaldava la pelle senza però scottare, la ragazza gli disse che in piena estate poteva essere faticoso camminare sotto la luce diretta del sole, ma non in quel periodo dell'anno. Era incredibile pensare che la luna di un pianeta coperto di ghiacci perenni come Ilum fosse così diversa dal proprio pianeta. L'intera superficie della luna era coperta da mari liquidi e continenti verdi e fertili, un piccolo paradiso in quel sistema composto da pianeti freddi. Anche la Base era stata fredda, terribilmente.

Camminando a passo tranquillo per i boschi che coprivano i bordi della valle e le pendici dei monti fino a metà, chiacchierarono della festa di compleanno di lei e dell'imminente cerimonia. Aniron era agitata all'idea di dover attraversare l'intera cerimonia da sola, gli spiegò che solo le ragazze che compivano vent'anni quel mese avrebbero presenziato a quel rito specifico. E lei era l'unica nata nel quinto mese del proprio anno. Quel dettaglio era rilevante, lui lo sapeva, sottolineava una volta di più l'unicità di quella ragazza. Lui si ritrovò a rassicurarla, a dirle che tutto sarebbe andato bene. Poi, un po' per distrarla e un po' per tastare il terreno fece qualche battuta sui ragazzi presenti alla festa di compleanno, su come avevano fatto di tutto per attirare la sua attenzione durante la serata. Fu sollevato di vederle storcere il naso a quel pensiero, dopo qualche istante lei gli confessò arrossendo che non desiderava le attenzioni di nessuno di loro.

- Rifiutali.- disse lui pragmatico.

- Rifiutarli?!- rise lei – E' così che si fa da voi? Se una ragazza non vuole le tue attenzioni te lo dice?- chiese stupita, lui annuì – Qui no.- riprese abbassando gli occhi sul sentiero che stavano percorrendo – Io sono obbligata a accettare la loro corte, anche se non sono interessata a loro, e sperare che prima o poi qualcuno che mi piace si faccia a vanti.-

Lui la fermò posandole una mano sul braccio – E c'è qualcuno la cui corte accetteresti?-

- Cosa?- esalò lei sorpresa, lui fece per ripetere ma lei lo precedette – Siete tutti così diretti, voi che venite da stelle lontane? - chiese interdetta.

- No, non tutti. Ma io sono abituato ad andare al punto.- la guardò con un sorriso appena accennato – A che pro non chiedere? A che pro rimanere nel dubbio quando con una semplice domanda puoi fugarli tutti?-

- Sei coraggioso.- disse lei abbassando nuovamente lo sguardo – Io non riuscirei a farlo, avrei paura della risposta, avrei paura che fosse diversa da quella che desidero.-

- Comprensibile.- concesse lui, poi le sollevò il volto perchè lo guardasse negli occhi – Ma non è forse peggio arrovellarsi nel dubbio? Nutrire speranze fondate magari su illusioni e poi scontrarsi con la realtà facendosi molto più male?-

Lei parve riflettere prima di annuire – Sì, forse è vero, è peggio così. Ma la paura rimane.-

- La paura si può vincere.- rispose lui sicuro – O la si può sfruttare a tuo vantaggio. Il dubbio porta solo a conseguenze peggiori...-

Rimasero a guardarsi ancora qualche istante prima di riprendere il cammino.

Raggiunsero il caccia nella tarda mattinata, pur sapendo di non averne reale motivo il ragazzo si mise ad aprire tutti i comparti con meticolosità, come se cercasse davvero i propri effetti. La ragazza si sedette sotto un albero poco lontano osservandolo frugare tra i rottami, chiedendosi cosa stesse cercando con tanta attenzione. Intanto lui era salito nella cabina, i segni del fuoco erano chiaramente visibile, si rese conto che davvero doveva la vita agli uomini che lo avevano tirato fuori di lì: non sarebbe mai riuscito a sopravvivere a quella devastazione. Facendo attenzione alle lamiere contorte raggiunse il sedile del pilota e controllò i due scomparti laterali trovando una sorpresa: nello scomparto di destra trovò le credenziali di un pilota. Le prese aggrottando le sopracciglia, perchè erano lì? La base era sotto attacco, nessuna missione di allenamento si sarebbe mai svolta con un attacco in corso. Più sorprendente ancora fu l'id sulla tessera: FK5573. La serie FK non faceva parte delle reclute: erano soldati e piloti esperti, combattenti rodati. Quella cosa non aveva senso, perchè l'id di un pilota attivo era in un velivolo sperimentale posteggiato in un campo di addestramento fuori dalla base? Seguendo il sussurro di Forza infilò una mano sotto il sedile ed estrasse la scatola blindata che vi era riposta. Ogni velivolo che partiva in missione ne aveva una con dentro i dettagli criptati della missione e del pilota. In caso di abbattimento la scatola sarebbe sopravvissuta e i dati all'interno avrebbero guidato la squadra di recupero al completamento della missione. Osservò la scatola fino a trovare la serratura, il tastierino aveva numeri e simboli, una sequenza sbagliata avrebbe distrutto la scatola e il suo contenuto. Lasciò fluire la Forza immergendosi nella serratura, vedendo le giuste connessioni e facendole scattare. Con un blip e un piccolo sbuffo di condensa la scatola si aprì, Kylo fissò il contenuto per cinque minuti buoni non capacitandosi di ciò che vedeva: la pistola di suo padre. Riandò con la mente a quel ponte, a quell'ultimo incontro con lui, rivide il corpo di suo padre cadere nel baratro dell'oscillatore: la pistola era attaccata alla sua cintura com'era sempre stata da che ricordava. Com'era possibile che neppure un'ora dopo quella stessa pistola fosse chiusa in quella scatola su un caccia pronto a partire? Gli fu evidente in quel momento che la Forza lo aveva guidato a quel preciso campo di volo, a quel preciso caccia. Aveva molte domande ma avrebbero dovuto aspettare il suo ritorno all'Ordine per poter trovare risposta.

Agganciandosi la pistola al fianco estrasse il chip di credito e il datalink criptato dalla cassa e se li fece scivolare in una delle tasche. Avrebbe chiesto ad Aniron un datapad in prestito per poterlo decrittare e leggere, più tardi in camera. Diede un'altra occhiata in giro senza aspettarsi di trovare altro poi, sentendo la ragazza chiamarlo per mangiare, scese dal caccia e la raggiunse.

- Hai trovato la tua pistola! - si sorprese lei.

- Sì, per fortuna la cassetta di sicurezza sotto al sedile è sopravvissuta all'esplosione: era chiusa lì dentro.- esitò un attimo – Era la pistola di mio padre.- disse poi.

- Te l'ha data per il viaggio?-

- No. Mio padre è morto.- confessò con semplicità.

- Mi dispiace...-


La camminata di ritorno fu molto più silenziosa, ma, per certi versi, più rilassata. Entrambi persi nei propri pensieri tenevano un passo tranquillo, Kylo aveva l'accortezza di rallentare quando lei restava un poco indietro, dopo tutto per ogni suo passo lei doveva farne due... Sorrise lievemente nel constatare questo dettaglio, lei era uno scricciolo che gli arrivava solo al petto, sottile e delicata come le creature delle fiabe che sua madre gli leggeva da bambino. Eppure aveva una forza d'animo che faceva impallidire quella di molti guerrieri, gli venne in mente suo padre e le parole con cui aveva descritto la moglie e si chiese se era una caratteristica degli uomini della loro famiglia quella di scegliere donne dall'aspetto fragile ma in realtà forti.

Quando giunsero alla casa lui le chiese il datapad in prestito e si ritirò nella sua stanza. Gli ci volle quasi un'ora per decodificare il file contenuto nel datalink, ma alla fine lo vide comporsi sullo schermo del pad, si trattava di un messaggio breve, tre frasi criptiche anche se decrittate:

“Fase uno completata. Trasferimento avvenuto. Segretezza totale mantenuta.”

Fissò quelle parole chiedendosi cosa potessero voler dire, in che modo si legassero alla pistola di suo padre. Il destinatario di quello scarno messaggio era niente meno che Snoke in persona, questo voleva dire che, di qualunque cosa si trattasse, era bene che lui lo scoprisse.


Il mattino dopo la casa ferveva di attività. Quando scese per la colazione si stupì di sentire mille rumori ma di non vedere nessuno, in cucina c'era Ainani, la madre di Aniron, intenta a mescolare tre diverse pentole, anche il forno era in piena attività e sul banco da lavoro della cucina altre due donne stavano preparando ingredienti per almeno altre quattro pietanze. Quando la donna lo vide lo salutò con il consueto calore prima di fargli un po' di spazio sul tavolo ingombro e passargli pane e confetture. Lui si guardò intorno perplesso da tutto quel che vedeva poi, non vedendo arrivare le ragazze le chiese dove fossero tutti.

- Aniron è al Tempio da prima dell'alba.- gli disse senza voltarsi dai fornelli – Oggi è il giorno della sua cerimonia. Mio marito e Xjad stanno allestendo la piazza insieme agli altri uomini, Aineela invece sta dando gli ultimi ritocchi all'abito di sua sorella.-

- Cosa succede in questa cerimonia?- chiese lui genuinamente incuriosito.

- Oh! Già tu non sai, mi ero scordata che sei qui da poco!- gli indirizzo un sorriso materno – In pratica Aniron passerà la giornata al Tempio pregando perchè gli dei le concedano una buona vita e un buon compagno con cui condividerla. Dopo di che, verso metà del pomeriggio, le donne che sono mogli e madri si raduneranno al Santuario e mentre la prepareremo per il Dub'i'dath, lavandola e vestendola, ognuna di noi le offrirà un augurio e un consiglio. A quel punto il tramonto starà sfumando nella notte e il resto del villaggio e di tutti coloro che giungeranno dagli altri villaggi si riuniranno intorno alla grande piazza, i fuochi verranno accesi, e i tamburi scandiranno il suo passaggio tra di essi, ogni fuoco una fase della vita, quelle già attraversate e quelle che devono ancora venire. Il percorso la porterà dall'esterno del cerchio di fuochi all'interno finchè sarà al centro. A quel punto il sacerdote invocherà la benedizione degli Dei su di lei e la cerimonia avrà termine. - si guardò intorno – Verranno tutti qui.- sorrise – Mi sa che devo preparare più pietanze!- rise.

Lui si trovò suo malgrado a offrirsi di aiutare ma Ainani e le altre due rifiutarono, dicendogli di non preoccuparsi per loro perchè presto altre donne le avrebbero raggiunte.

Non sapendo che fare e per non essere di intralcio, uscì di casa e a passo lento raggiunse la grande piazza, l'attività qui era ancora più frenetica che in casa. Vide Xodel e Xjad, il padre e il fratello di Aniron, si avvicinò deciso a fare qualcosa per far passare il tempo ma anche loro rifiutarono il suo aiuto: si era appena ripreso da un grande trauma fisico, gli dissero, non doveva fare lavori pesanti. Si ritrovò così senza nulla da fare e con un'intera giornata da far passare, dovette fare uno sforzo per non urlare per la frustrazione. Prese il sentiero che costeggiava il Tempio e si fermò all'altezza del sacrario. Sapeva che lei era lì, fissò quelle mura per un minuto intero poi cedette: sprofondando nella Forza protese la propria coscienza verso quella luce brillante che sapeva essere lei, la raggiunse e circondò, trasmettendole conforto sentendola sola e intimorita. Percepì quasi fisicamente il corpo della ragazza rilassarsi, la sua mente tendersi inconsciamente verso quel calore che le stava portando sollievo. Lui sorrise lievemente a quella risposta, non era addestrata ma l'istinto la guidava sulle strade della Forza, le lasciò un ultima carezza confortante prima di ritirarsi nuovamente nei confini del proprio corpo. Riprese a camminare allontanandosi dal villaggio e dal richiamo di lei, inoltrandosi nel bosco decise di testare le proprie forze, il proprio corpo e il proprio spirito. Il primo raccogliendo un bastone della giusta dimensione e lunghezza e iniziando tutto il ciclo di allenamento con la spada che, da ormai molti giorni non impugnava. Il suo spirito impedendosi di estendere la propria coscienza di nuovo verso di lei. Sapeva, sentiva, che in qualche modo la cerimonia di quella sera gli avrebbe tolto i dubbi sull'identità di Aniron, sul suo essere o meno la ragazza che a volte la visione gli mostrava.

Il sudore colava sulla sua fronte e lungo il suo corpo ma ignorò i primi segni di stanchezza rifiutandosi di interrompere l'allenamento prima dello standard consueto. Tolse la camicia e attingendo alla Forza per sostenersi sprofondò più profondamente nella concentrazione dell'addestramento, tornò a essere il Comandante dei Cavalieri di Ren, il guerriero temuto e idolatrato da coloro che lo seguivano. Lasciò che quei movimenti ripetuti per anni fino a raggiungere la perfezione si riappropriassero del suo corpo, tendendo i tendini e gonfiando i muscoli in quella danza di morte di cui era Maestro. Nella sua mente il bastone era divenuto una lama di energia rossa e crepitante, instabile e letale, e il ronzio di quell'arma guidava parate e stoccate, piroette e affondi abbattendo uno dopo l'altro immaginari nemici che gli si affollavano intorno, sempre più rapida sempre più precisa e micidiale. Il respiro controllato da anni di disciplina, portò avanti quella danza finchè, con un ultimo affondo, l'ultimo nemico cadde e la spada tornò ad essere un bastone.

Crollò in ginocchio e si lasciò scivolare a terra stendendosi sulla schiena per placare il tremito che improvvisamente si era propagato per le sue membra esauste, il respiro si spezzò per qualche istante, poi, con abilità consumata, ne riprese il controllo e si lasciò sprofondare nella trance di Froza per riprendersi dall'esaustione.

Seminascosta dietro un albero ai margini della radura dove lui ora riposava, Aineela si trovò, per la prima volta nella sua vita, ad invidiare Aniron. La madre l'aveva mandata a portare il pranzo agli uomini, aveva preparato un piccolo cesto anche per Kylo, Xjad le aveva indicato la direzione presa dallo straniero e lei era andata a cercarlo perchè mangiasse. Era giunta ai margini della radura a metà dell'allenamento di lui, l'aveva visto muoversi rapido e letale, il corpo magro ma forte come un giunco d'acciaio, lucido per il sudore, il volto intenso e concentrato, gli occhi puntati su qualcosa che poteva vedere solo lui. Uno spettacolo esaltante e terrificante insieme. Si era spesso chiesta chi fosse quello straniero precipitato nelle loro vite, ora sapeva che era un guerriero. Ed era invidiosa di sua sorella. Perchè lei era giovane ma aveva occhi per vedere e una mente sveglia per capire e non le era sfuggita l'attrazione che correva tra Aniron e Kylo. E sapeva, sentiva, che lui l'avrebbe portata via con se, quando fosse ripartito. L'unica consolazione era che, essendo un guerriero, l'avrebbe anche protetta. Sospirò poi, facendo il minor rumore possibile, si avvicinò al ragazzo che, esausto, si era addormentato al centro della radura. Gli posò accanto il cesto del pranzo e, prima di allontanarsi, osservò da vicino quel corpo e quel volto, le cicatrici che disegnavano una mappa di battaglie su quella pelle per altro candida. Si diede una scrollata mentale e, silenziosa com'era venuta, se ne andò. Allontanandosi pregò che, quando fosse venuto il suo momento, il destino potesse fare incontrare anche a lei qualcuno come lui. Non si accorse che Kylo si era sollevato su un gomito osservandola allontanarsi conscio dei suoi pensieri.

“Non augurarti uno come me, bambina.” pensò lui “Non farti questo: non lo meriti...”


I fuochi ardevano alti, rischiarando il cielo notturno e i volti di quanti si erano radunati lì per assistere alla cerimonia. Un canto corale sommesso in avvicinamento attirò l'attenzione di Kylo alla porta del Tempio da cui una processione stava uscendo. Una quarantina di donne vestite di bianco si avvicinavano cantando, in mezzo a loro, nascosta dalle loro figure agli occhi di chi assisteva camminava l'unica giovane, vestita di rosso. Quando la processione raggiunse la piazza le donne si fermarono, alzarono le braccia formarono archi sotto cui Aniron si avviò mentre i tamburi e gli strumenti a corda scandivano il ritmo di una melodia antica, ipnotica, quasi tribale. Aniron sbucò da quella galleria umana e, avvicinandosi al primo fuoco, iniziò a danzare leggiadra, passi leggeri e piroette scandite dal ritmo della musica che la condussero da un fuoco all'altro, i lunghi capelli sciolti si inanellavano in ricci naturali e selvaggi il cui colore si accendeva di scintille alla luce delle fiamme. Kylo era senza parole: era bellissima, ed era lei. Perchè era così che la sua visione gliel'aveva mostrata, un abito cremisi, capelli lunghi al vento e l'espressione intensa del viso e degli occhi. Ora aveva la conferma, la sua oasi, la sua donna. Lei era dinanzi a lui e danzava percorrendo il cammino iniziatico della vita. I loro sguardi si incrociarono per un istante ed un lieve, quasi impercettibile, sorriso le aleggiò per un attimo sulle labbra. Qualcosa nella sua danza cambiò, ma parve accorgersene solo lui, lo sentì dentro di se e nella connessione con lei nella Forza: ora Aniron stava danzando per lui e per lui solo. Dovette farsi violenza per non entrare in quel cerchio di fuoco e portarla via con se, non poteva farle questo: quella cerimonia era importante per lei. E lui sapeva senza ombra di dubbio che lei lo avrebbe seguito solo a patto che lui rispettasse i costumi tra cui era cresciuta.

La danza della ragazza giunse al termine nell'esatto centro del cerchio di fuochi, dalla sua posizione in mezzo alle due ali di donne, il sacerdote allargò le braccia, le mani verso il cielo e con voce stentorea invocò su di lei la benedizione degli Dei, augurandole una vita lunga, fruttuosa e piena di gioia. Il ragazzo si sentì quasi in colpa in quel momento, sapeva di non poterle promettere nessuna di quelle tre cose, ma giurò di fare il possibile per dargliele. Dopo essersi inchinata al sacerdote, Aniron si voltò verso il padre che con passo sicuro la raggiunse al centro dei fuochi e, posatale una mano sul capo, annunciò con la formula rituale che sua figlia era cresciuta, che era una donna. Poi l'abbracciò e le diede un bacio sulla fronte. Gli altri presenti eruppero in un grido festoso poi, come se fosse stato dato un segnale iniziarono ad allontanarsi dalla piazza dirigendosi alla casa della ragazza. Kylo fu uno degli ultimi a lasciare la piazza, sembrava incapace di staccare gli occhi da lei che, circondata dai genitori stava parlando con gli anziani. Fu Xjad a riscuoterlo dalla sua contemplazione, dicendogli che dovevano avviarsi: gli ospiti dovevano essere tutti alla casa prima che lei arrivasse di modo da darle il benvenuto.

La festa stava durando da ore ormai. Ainani era stata di parola e aveva preparato, con l'aiuto delle altre donne del villaggio, decine di pietanze per saziare l'appetito di tutti quegli ospiti. Aniron camminava tra le panche e i capannelli di gente in piedi, parlando con tutti, sorridendo a tutti, era la sua serata e stava facendo del suo meglio per godersela, o per lo meno per farlo credere agli altri. Kylo sentiva la sua stanchezza, il desiderio di essere lasciata sola, per riflettere su quello che dall'indomani la aspettava. Sapeva che era preoccupata per gli eventuali corteggiatori ma di quello si sarebbe occupato lui se la situazione fosse diventata difficile. Il ragazzo avrebbe voluto avvicinarsi e parlarle ma, a meno di non dare spettacolo e rapirla, non era probabile ci sarebbe riuscito molto presto. A venirgli inaspettatamente in aiuto fu Aineela, gli passò accanto e senza farsi accorgere gli sussurrò di rientrare in casa e aspettare. Decise di seguire il consiglio, tanto stare lì fuori era inutile e, più, snervante.

Il silenzio dell'interno era quasi assordante dopo il chiasso di voci e risate del giardino, si appoggiò alla parete del sottoscala prendendo un respiro profondo, godendosi quella pace insperata. Guardò l'orologio sulla parete di fronte alle scale chiedendosi quando gli ospiti se ne sarebbero andati e lei sarebbe rientrata; inaspettatamente la porta della cucina si aprì e lui sentì la voce di Aineela che si stava scusando per aver rovesciato qualcosa. Fu Aniron a risponderle ridendo dicendole che doversi assentare qualche momento per asciugare il vestito era in realtà un regalo. Disse alla sorella di tornare fuori a divertirsi e che lei l'avrebbe raggiunta di lì a qualche minuto. Kylo lasciò che l'oscurità intorno a lui lo inghiottisse di modo che lei non potesse vederlo fino a che non gli fosse stata vicino, quando gli passò accanto allungò una mano prendendo quella della ragazza per fermarla. Aniron sobbalzò sorpresa per poi sorridere quando lo riconobbe.

- Kylo! Come mai non sei...-

Non la lasciò finire. Passandole una mano dietro il collo chinò la testa e la baciò. Sapeva di stare infrangendo le regole, nessun corteggiatore poteva farsi avanti fino al giorno seguente. Ma, in fondo, è già domani, si disse consapevole che la mezzanotte era passata.

La ragazza rimase immobile per un momento, colta di sprovvista da lui, dal suo bacio, pietrificata dall'audacia del ragazzo. Poi però il calore e il sapore di quelle labbra raggiunsero i suoi sensi e, chiusi gli occhi, si lasciò andare alla sensazione di venir baciata dall'unico ragazzo, l'unico uomo che le fosse mai piaciuto. Sollevò le mani passandogliele dietro il collo, affondando le dita nella massa di capelli scuri di lui, saggiando la consistenza della sua pelle coi polpastrelli. Un gemito lieve scappò dalle labbra del ragazzo sentendo la sua risposta, le fece inclinare il volto per approfondire il bacio e le passò l'altro braccio intorno alla vita per stringerla più vicino. Persero la cognizione del tempo, fu la necessità di respirare a riportarli alla realtà, ansimando stretti l'una all'altro rimasero in quella pozza di oscurità tentando di riprendere il controllo dei reciproci respiri, consci che nel momento in cui si fossero mossi non sarebbero più stati in grado di parlarsi o di toccarsi per ore. Fu lui il primo a riprendere il controllo, le labbra posate sulla tempia di lei, chiuse gli occhi sapendo che doveva lasciarla andare. Fece un passo indietro senza lasciarle le mani perchè non si sentisse abbandonata e le sorrise, lei ancora con gli occhi sgranati lo guardava meravigliata. Poi, quasi fosse giunta ad una decisione, le labbra tumide piegate in un lieve sorriso parlò:

- Sì, c'è.- disse.

Lui corrugò la fronte perplesso – Che cosa?- chiese.

- Mi hai chiesto se c'era qualcuno la cui corte avrei accettato.- disse lei riferendosi alla loro conversazione del giorno prima – Sì, c'è qualcuno.-

- Davvero?- si finse meditabondo, il sorriso ancora sulle labbra – E chi?-

- Tu.- fu la semplice, disarmante risposta.

L'emozione a scomporgli i lineamenti lui piegò ancora il capo baciandola di nuovo, un bacio leggero questa volta, che sapeva di dolcezza e di qualcosa di così grande da non poter essere contenuto oltre.

- Domani mattina.- le disse sottovoce guardandola – Al pascolo est. Usa una scusa per andare là da sola. Dobbiamo parlare.- concluse accarezzandole una guancia.

- Va bene, uscirò subito dopo colazione.- promise lei.

Si separarono consapevoli che non potevano rimandare oltre: se lei non fosse tornata fuori al più presto sarebbero venuti a cercarla, gli sorrise ancora poi, dopo avergli stretto per un istante la mano che ancora tratteneva la sua, se ne andò.

Rimasto solo decise di non tornare alla festa, ne aveva abbastanza di chiacchiere frivole e commenti sui potenziali corteggiatori che Aniron avrebbe avuto. Al momento temeva non sarebbe riuscito ad impedirsi di reagire male se avesse sentito ancora quel discorso. Fece per muoversi quando sentì l'uscio aprirsi di nuovo, un istante dopo Aineela comparve nell'arco della porta, si guardarono per qualche istante.

- Grazie...- disse lui con un lieve cenno.

- Prego.- la vide tentare di sorridere senza riuscirci – La tratterai bene vero?- gli chiese con le lacrime agli occhi – La renderai felice? Me lo prometti?-

- Quello che posso prometterti,- disse dopo un istante di riflessione – è che farò quanto è in mio potere per far sì che tua sorella abbia una vita serena e felice. Non posso prometterti che sarà sempre così, ma posso giurarti che farò il possibile.-

La ragazza valutò per un momento le sue parole poi annuì – Non lasciarla ai ragazzi di qui, nessuno di loro la merita.- detto questo si voltò uscendo da dove era entrata.


Non dormì molto quella notte. Ne passò buona parte sfogliando il blocco da disegno di lei, osservando la precisione talvolta crudele con cui aveva documentato ogni suo peccato. Non poteva aspettare neppure un solo altro giorno prima di rivelarsi a lei, non era giusto nei suoi confronti. Non avrebbe neppure dovuto baciarla senza prima dirle chi era, ma non ci era riuscito: quando se l'era vista davanti nell'atrio buio, i capelli sciolti, l'abito rosso, la sua visione incarnata, l'unica cosa a cui era riuscito a pensare era che la voleva. Il suo egoismo aveva avuto la meglio e l'aveva stretta tra le braccia, aveva quasi sperato che lo respingesse, che si appellasse alla tradizione che lui stava infrangendo. Invece lei aveva risposto al bacio, e più: aveva confessato di desiderarlo.

Quando infine giunse il mattino si alzò e, per la prima volta da quando era in quella casa, invece degli abiti che gli avevano prestato, indossò la propria armatura. I gesti di allacciare e sistemare ogni strato sicuri ed automatici, apprezzò il lavoro di riparazione che era stato fatto: i danni del duello quasi non si vedevano. Indossò anche i guanti e, al fianco, invece della spada agganciò la pistola di suo padre, fece scivolare il cristallo in una delle tasche, al sicuro, e scese di sotto. Ainani e Aineela rimasero a bocca aperta nel vederlo entrare in cucina così vestito, la donna più anziana fu la prima a riaversi.

- Santo cielo, ragazzo mio, sembri quasi un'altra persona!-

- E' così che vestono i guerrieri del tuo pianeta?- chiese Aneela senza pensare.

- Sì.- le rispose con un mezzo sorriso facendole capire che sapeva lo aveva visto allenarsi.

La ragazzina ebbe la buona grazia di arrossire prima di guardarlo di nuovo – Parti?- chiese.

- No, Aineela. Se non sono di disturbo resterei ancora qualche giorno.- concluse guardando la donna più anziana.

- Ma certo che puoi restare Kylo! Qui sei a casa.- gli rispose con quel suo bellissimo sorriso da mamma.

Il ragazzo fece un cenno di ringraziamento prima di dirigersi alla porta e uscire nell'orto.


Percorse il tragitto verso il pascolo est aggredendo il sentiero con quel suo passo lungo e veloce, così caratteristico che chi lavorava con lui ne riconosceva anche solo il suono. La sua ripresa era quasi totale, stimava che, allenandosi quotidianamente come aveva fatto il giorno precedente, nell'arco di altri cinque giorni sarebbe tornato in perfetta forma. Tenne la mente occupata con queste futili considerazioni fino a che arrivò alla sua meta e la vide. A una cinquantina di metri da lui Aniron gli dava le spalle, stava raccogliendo erbe canticchiando tra se, i capelli rossi non più stretti nella treccia che le circondava il viso ma riuniti in una coda morbida e bassa, i riccioli che svolazzavano liberi nella brezza. Lui sollevò il cappuccio dell'armatura e prese ad avvicinarsi, fu probabilmente l'intensità del suo sguardo puntato sulla ragazza che la fece girare verso di lui. La vide immobilizzarsi e portare una mano alla bocca, la sorpresa che le allargava gli occhi. Sapeva che in quel momento lei stava vedendo non lui ma la figura del suo incubo. Glielo leggeva negli occhi, quegli occhi violetti che si muovevano rapidi cogliendo i particolari del suo vestito, del suo passo e, infine, del suo volto. Si fermò a due passi da lei lasciandosi guardare, dandole il tempo di venire a patti con ciò che stava vedendo senza parlare, senza farle fretta.

- Sei tu.- sussurrò infine lei – Sei davvero tu.-

- Sì.- fu la sua semplice risposta.

- La spada.- disse indicando il suo fianco e la pistola.

- Il cristallo è tutto ciò che, per ora, ne resta. La ricostruirò.-

- La maschera.-

- Non l'avevo indosso quando ho lasciato il pianeta.-

- Chi...- esitò – Chi sei?- gli chiese incontrando i suoi occhi.

- Kylo Ren. Maestro e Comandante dei Cavalieri di Ren.-

- Non capisco.- disse lei, gli occhi lucidi, mentre colmava la poca distanza tra loro e, abbassatogli il cappuccio, prendeva tra le mani il suo volto – Non capisco!-

Lui sollevò le proprie mani prendendo le sue, posò un bacio su entrambi i palmi e se le appoggiò sul petto, sul cuore.

- Tutto ciò che hai visto, ogni sogno, ogni disegno, è tutto reale. Io sono il Mostro dei tuoi incubi Aniron, ma sono anche l'uomo che ti ha atteso per molto, molto tempo. E che è venuto qui oggi a mettere la sua vita nelle tue mani, non posso e non voglio fingere di essere qualcun altro, non voglio mentirti: hai diritto di sapere chi è colui che ti ha rubato il primo bacio e che, se lo accetterai, si legherà a te con il più potente dei vincoli. Ma non posso prometterti che la mia vita cambierà: il mio destino è stato scritto e io devo percorrere la strada tracciata.-

- Perchè?- chiese lei, le lacrime che le rigavano le guance.

- Come te anche io possiedo il dono della visione. Molto, molto tempo fa la visione mi mostrò il futuro, i due futuri possibili per la Galassia. In uno i popoli della Galassia morivano e i pianeti si coprivano di macerie, nell'altro i popoli della Galassia prosperavano e i pianeti risplendevano di vita.- la lasciò allontanandosi di un passo, lo sguardo rivolto al villaggio a fondovalle – La visione era chiara e impossibile da fraintendere: perchè la Galassia potesse prosperare io sarei dovuto diventare il Mostro, lo spauracchio dei bambini e il terrore dei loro padri.- tornò a guardarla – Ho fatto cose terribili nel nome di quel futuro che non vedrò. Mi sono macchiato di peccati indicibili, ordinando e facendo cose che...- si interruppe distogliendo nuovamente lo sguardo.

- Perchè tu?- chiese lei, la voce incrinata dal dolore che gli leggeva sul volto.

- Perchè la Forza scorre potente nella mia famiglia.- la guardò di nuovo – Mio nonno era potente, mio zio lo è ancora di più, ed io...- sospirò – Io forse lo sono anche più di lui. Deve esserci equilibrio perchè ci sia prosperità. Mio zio ha scelto di essere la luce che porta speranza, lasciando involontariamente a me il compito di essere l'oscurità che quella luce deve combattere.-

- Tuo zio?-

- Luke Skywalker.- la vide allargare gli occhi nel riconoscere il nome – Perfino su questa luna isolata conoscete il suo nome e sapete cos'ha fatto.- sorrise senza allegria.

- Solo.- la sentì mormorare – Ben Solo.- lo guardò incredula - Sei sempre stato tu, perfino quel disegno riguarda te!-

- Sì, quello è il nome che mi diedero i miei genitori. Ma, come ben sai, già allora il mio Destino era segnato. Io sono Kylo, lo sono sempre stato. Ben Solo era un'illusione.-

- Non finirà? Mai?-

- Non lo so.- sospirò - La visione per ora arriva solo alla morte di Snoke e alla distruzione del Primo Ordine, oltre non vedo. Immagino sia perchè sarà un periodo di cambiamenti così grandi e rapidi che è difficile vedere ora cosa accadrà.- lei fece per parlare, una luce di speranza negli occhi – No Aniron!- la precedette lui – Non cullarti nell'aspettativa che il mio ruolo cambi. Perchè quasi sicuramente non sarà così, non avrebbe senso fosse così, non dopo tutto quello che ho fatto fino ad ora e quello che ancora dovrò fare prima della sconfitta del Primo Ordine. Non... Non mi sarà permesso tornare a casa, non alla casa che ho lasciato tanto tempo fa.-

- E da me? Potrai tornare da me? Perchè?- chiese al cenno affermativo di lui.

- Perchè tu, amor mio, sei l'oasi di pace che mi è stata promessa.- la vide chiudere gli occhi al nomignolo e si riavvicinò – Mi sono sentito da subito attratto verso di te, ancor prima di vedere i tuoi disegni. Dopo di quello ho iniziato a nutrire la speranza che fossi tu colei che mi era stata promessa, le somigliavi, somigliavi al ricordo di quella visione, ma non avevo modo di confermarlo. Poi, ieri sera, vestita di carminio, coi capelli sciolti e quell'espressione intensa, mi sei comparsa davanti così come avevi fatto nella visione. E ho capito che non mi ero sbagliato: eri davvero tu.- le carezzò il volto con le dita – Così bella... Non potevo fingere oltre di essere qualcun altro, non con te.- concluse facendo di nuovo un passo indietro.

Aniron rimase ferma, guardando il volto di lui, leggendo in quegli occhi e in quell'espressione tutte le verità che già conosceva, ogni ricordo dei suoi sogni che le passava dinanzi mostrandole ancora una volta tutto ciò che lui aveva fatto, tutto il sangue che aveva versato, tutti i peccati di cui si era macchiato. Eppure... Eppure in mezzo a tutte quelle scene di orrore l'unica che rimaneva impressa nella sua mente era quella mano tesa verso di lei. E la sensazione di sicurezza e appartenenza che quel gesto le faceva provare.

Non le importava ciò che lui aveva fatto, si rese conto. Non le importava sapere che in futuro forse si sarebbe macchiato di altri peccati, forse addirittura peggiori di quelli già commessi. Forse, in fondo anche lei era un mostro, perchè l'unica cosa che importava per lei era quella mano tesa che ora era finalmente reale. Kylo le porgeva la mano senza dire nulla, un'offerta che lei era libera di rifiutare senza conseguenze per se. Se non quella di perderlo. E questo era un pensiero che la ragazza non poteva sopportare. La sua mente prese atto della decisione del suo cuore nel momento in cui prese quella mano guantata, accettando con quel gesto lui e tutta la sua oscurità. Il ragazzo la tirò a sé, abbracciandola stretta, lasciando che le lacrime di lei bagnassero la sua armatura prima di chinarsi e asciugarle con le labbra. Un bacio dopo l'altro fino a giungere alla bocca di lei e perdersi nella pace che quel semplice tocco riusciva a dargli.

Rimasero sul pascolo per il resto della mattina, parlando del futuro, di quella che sarebbe stata la loro vita almeno fino al compimento della visione. Lui le disse che avrebbe provveduto a far si che lei potesse essere al sicuro e che avrebbe trovato il modo di andare da lei ogni volta che fosse stato possibile farlo.

- Se il Primo Ordine scopre la tua esistenza...- le disse a un certo punto – Non possono controllare me, Aniron, nessuno può e lo sanno. Attraverso te avrebbero un modo e a soffrirne le conseguenze saresti tu. Non posso portarti con me quando tornerò da Snoke.-

- Vuoi che resti qui?- gli chiese, disposta a fare quanto necessario per stare con lui.

- No.- rispose subito lui – Per quanto so che forse vorresti avere la tua famiglia accanto, restare qui preclude la possibilità di rivederci prima della fine di tutto. Questa luna è troppo periferica, troppo distante dalle rotte su cui mi muovo abitualmente.- le spiegò vedendola perplessa.

- Dove vuoi che ti aspetti?-

- Andremo via da qui e ti porterò in un luogo sicuro, poi dopo che sarò partito manderò qualcuno a prenderti, qualcuno di cui so di potermi fidare.-

- E quando ci rivedremo?-

- Un passo alla volta, Aniron.- la guardò con una luce di scuse negli occhi – Dovrò tornare al Primo Ordine e vedere cosa è successo durante la mia assenza, probabilmente riconsolidare la mia posizione. Muoversi prima potrebbe portarli a te e non me lo perdonerei mai. Di tutti i miei peccati, perdere te perchè sono stato avventato è l'unico per cui non potrei mai condonare me stesso.-

Lei annuì, poteva a vere pazienza – Quando partiamo?-

- Dopo il matrimonio, immagino.- sorrise vedendola sgranare gli occhi – Pensi davvero parlassi tanto per dire prima?- posò la fronte su quella della ragazza - Desidero legare la mia vita alla tua.-

- Lo desidero anch'io.- sussurrò lei – E sono pronta ad aspettare il tuo ritorno tutto il tempo necessario. E se questo vuol dire che potremo vederci solo pochi giorni, poche ore, tra lunghe separazioni non importa. Verranno tempi migliori.-

Tornarono verso valle e lui l'accompagnò fino alla porta di casa prima di salutarla e avviarsi verso i campi dove sapeva avrebbe trovato il padre della ragazza, deciso a fare le cose per bene almeno in quel frangente della sua vita. Per lei.

Aniron rimase sulla porta a guardarlo allontanarsi, lo strano tessuto di cui era fatta l'armatura che riluceva sotto il sole, il passo lungo e sicuro di chi è abituato al comando, ad essere temuto se non rispettato, il vento che gli scompigliava i capelli scuri. Si sentiva strana, felice, incredula, eccitata e spaventata tutto nello stesso istante. Persa in quel marasma di emozioni entrò in cucina e non si avvide subito della madre e della sorella che la osservavano. Ainani guardò il volto della figlia e seppe cosa era successo. Attese che Aniron sollevasse gli occhi e incontrasse i suoi, che si accorgesse di non essere sola, e sorrise.

- Ti ha chiesto di andare con lui.- non era una domanda.

- Sì...- fu la risposta appena percettibile.

- E tu hai accettato.- di nuovo non una domanda.

- Sì.- rispose ancora Aniron, ma questa volta con sicurezza, ricambiando serena lo sguardo della madre.

- Dov'è andato?- chiese Aineela.

- A parlare con papà.- le rispose la sorella, lasciando infine che il sorriso che non si era accorta di trattenere le illuminasse il volto.

Kylo trovò l'uomo nei campi come previsto. Stava parlando con due dei braccianti indicando i terreni appena dissodati, probabilmente programmando la semina. Fu uno dei due ad attirare l'attenzione del capo sulla figura nerovestita ferma ai bordi del campo. Xodel si voltò a guardarlo dapprima sorpreso poi, mentre si avvicinava, Kylo vide la comprensione farsi strada nello sguardo dell'uomo che gli si fermò davanti, scrutando il volto, l'atteggiamento e l'abbigliamento del più giovane, soppesandolo come nessuno si era mai permesso di fare prima.

- Tu non sei solo un ragazzo.- disse l'uomo, un dato di fatto.

- No.- confermò Kylo.

- Lei lo sa?-

- Sì, non le avrei mai mentito.-

- Capisco.- fece un cenno col capo invitandolo a seguirlo – So perchè sei qui, ragazzo, sono giorni che so che saresti venuto.- si fermò all'ombra di un albero voltandosi a guardarlo in volto – Sono perfino sorpreso che tu abbia aspettato fino ad oggi.-

- Le vostre tradizioni sono importante per sua figlia, sarebbe stata una mancanza di rispetto verso di lei infrangerle.-

- Sì, è vero.- annuì lui con approvazione – Non so molto di te, ma non è nostro costume interrogare gli stranieri. - lo guardò serio – Puoi prenderti cura di lei? Provvedere alle sue necessità? Darle una casa e la sicurezza che questa comporta?- chiese.

- Sì, signore, posso. I beni materiali non saranno mai un problema. Per il resto posso solo dire che farò il possibile perchè sia serena.-

- Non usi la parola felice. Perchè?- indagò intrigato l'uomo.

- La felicità è qualcosa che dura un battito di cuore e che qualunque ostacolo può distruggere. La serenità è la certezza che gli ostacoli possono essere superati, che tutto va bene.-

- Sei saggio.- sospirò l'uomo – Troppo saggio per essere così giovane.- tornò a guardarlo serio – Non fingerò di non sapere che le cicatrici che porti addosso sono quelle di chi ha visto campi di battaglia. E non fingerò che questo non mi preoccupi. Quello che so per certo, però, è che il volto di mia figlia si trasforma quando ti guarda, e che il modo in cui tu guardi lei...- si interruppe – Hai la mia approvazione, ragazzo. Ma non lascerete questa luna senza prima essere sposati!- concluse con fermezza.

Kylo sorrise – Non ne avevo la minima intenzione. Ma non abbiamo molto tempo.-

L'uomo annuì, promise di recarsi subito al Tempio perchè fosse fissata la prima data propizia, dopo di che posò una mano sul braccio del più giovane, stringendolo con calore.

- Benvenuto nella nostra famiglia, figlio mio.- disse sorridendogli.

Lasciato l'uomo al suo compito Kylo tornò verso casa. Sperò che la data venisse fissata nell'immediato futuro: il tempo a sua disposizione si stava esaurendo rapidamente e, prima di rientrare nell'Ordine voleva poter spendere qualche giorno con Aniron. Organizzare il loro futuro.

Non fu sorpreso di trovarla ad accoglierlo sulla porta di casa, lo guardava con occhi velati d'ansia e lucidi di felicità. Non le lasciò il tempo di parlare: la baciò sussurrandole sulle labbra che era stato approvato. La ragazza si strinse a lui, l'ansia che evaporava per lasciare posto al calore della certezza: sarebbero stati insieme. Senza dire altro lo fece entrare in cucina e sedere al tavolo dove Ainani gli mise davanti il pranzo, la donna spedì poi le ragazze in soffitta col compito di portare nella camera padronale il baule di famiglia, poi guardò Kylo.

- Hai stabilito un record, ragazzo mio: nessuna fanciulla era mai stata chiesta in sposa il giorno dopo il suo Dub'i'dath.- lui sorrise guardando il piatto – Ma ho la sensazione che se hai aspettato fino a oggi sia solo per rispetto alle nostre tradizioni, sbaglio?-

- No, signora.- confermò lui.

- Apprezzo che tu lo abbia fatto, davvero.- si sedette davanti a lui – So che mio marito ti avrà già fatto tutte le domande del caso, ma ce n'è una la cui risposta desidero sentire da te.- lui la invitò con un cenno a proseguire – Riconosco le armi che hanno lasciato il segno su di te, perfino quella.- disse indicando il volto di lui – Mia figlia sarà in pericolo?-

- Farò in modo che sia al sicuro.- la guardò dritta negli occhi – Nessuno la toccherà. Mai. Dovessi ridurre la Galassia in macerie per impedirlo.-

- Sì...- annuì lei quasi tra se – Sì, so che puoi farlo, lo sento.- mormorò.

- La Forza scorre nella vostra famiglia, non è così?- la donna lo guardò – Non è solo Aniron.-

- No.- sospirò la donna – No, non è solo lei. Mia figlia non lo sa ma... Mio nonno era un Maestro Jedi.- confessò lasciandolo stupito – Sfuggì alla purga dell'Impero e si ritirò qui, su Edonia. Salvò quanto potè dal Tempio Jedi di Ilum e poi nascose tutto, assieme alla sua spada e alla sua identità. Divenne un contadino, prese moglie e visse per molti anni.- sospirò – Vorrei poter dire che fu felice ma non è così: il senso di colpa per essere sopravvissuto non lo ha mai abbandonato. Si è operato per rendere migliore la vita di questa comunità, per insegnare i valori di pace e giustizia ai suoi figli e ai suoi nipoti pur senza mai rivelare la verità su di se.-

- Come sai la verità, dunque?- chiese perplesso.

- Da bambina ero peggio di Aneela.- confessò con un sorriso – Un maschiaccio che diceva tutto quello che pensava e faceva tutto quello che le passava per la testa. Un giorno mio nonno si assentò, a volte lo faceva: spariva sulle montagne per giorni, poi tornava e la vita proseguiva come se non si fosse mai mosso. Quella volta lo vidi partire e lo seguii. Un giorno intero di cammino, poi due, tre. Finchè all'alba del quarto giorno, quando ormai pensavo che non si sarebbe fermato più, lo vidi fare la cosa più incredibile possibile: tese la mano alla parete di pietra della montagna e quella si aprì. La mia esclamazione di sorpresa mi tradì e lui finalmente si accorse di me, pensavo sarebbe stato furioso perchè l'avevo seguito ma, mi disse, sapeva che un giorno io avrei scoperto la verità su di lui. Mi permise di entrare nella grotta con lui, mi mostrò i tesori che vi aveva raccolto, perfino la sua spada. Mi insegnò come aprire e chiudere la grotta e mi fece promettere che mai ne avrei parlato, almeno finchè fosse giunto uno straniero che conosceva la Forza.- lo guardò – Immagino parlasse di te. Mi disse che avrei dovuto raccontare la storia allo straniero e seguire la sua decisione.- lo guardò in attesa.

Kylo congiunse le mani sul tavolo, riflettendo.

Il tesoro a cui la donna si riferiva era quasi sicuramente composto da Datacron Jedi, materiale raro e preziosissimo. L'impero si era dato un gran daffare per trovarne e distruggerne la maggior parte possibile, e il Nuovo Ordine non era da meno, con l'unica differenza che gli oggetti non venivano distrutti ma consegnati a Snoke. Il che forse era peggio. Ma... C'era chi di quel tesoro poteva fare buon uso. La visione lo prese, mostrandogli una nuova schiera di Guardiani di Pace pronti a difendere la prosperità della Galassia. Decise.

- C'è qualcuno a cui dovrai consegnare quel tesoro, Ainani.- le disse guardandola negli occhi – Qualcuno che lo userà nel modo giusto.-

- Chi?- chiese incuriosita: era chiaro che non parlava di se stesso.

- Luke Skywalker.- fu l'inaspettata risposta.

- Luke... Luke Skywalker?!- lui annuì – Mi prendi in giro?!-

- No. Dovrai dare un messaggio per lui ad Aniron, di modo che glielo consegni. Lui verrà.-

- Mia figlia incontrerà Skywalker?- chiese incredula.

- Se tutto andrà come spero, verrà addestrata da lui.-

- No!- esclamò la donna – Mia figlia non andrà in battaglia!-

- Certo che no!- gli rispose interdetto lui – Ma la sua connessione con la Forza è grande, troppo perchè la si lasci senza addestramento. Se non impara come schermarsi potrebbe venir scoperta dalle persone sbagliate.- la vide rilassare le spalle, considerare le sue parole – Deve imparare per potersi proteggere. Le insegnerei io stesso ma...- si interruppe – Per quanto lo desideri non è mio compito.-

- Sei tu, vero?- chiese lei inaspettatamente – La figura nerovestita dei suoi disegni.- chiarì.

- Sì...- rispose lui abbassando lo sguardo – Come sai di quei disegni?- Aniron gli aveva detto che non li aveva mai mostrati a nessuno.

- Mia figlia pensa che nascondere il blocco nello scrittoio della camera degli ospiti che nessuno usa sia una buona idea.- commentò la donna con un lieve sorriso – Non penso realizzi che quando faccio le pulizie le faccio ovunque. Ho visto quel blocco riempirsi piano piano di disegni, ho imparato a conoscere e riconoscere le figure ricorrenti. La tua è quella che compare di continuo. Quando ti portarono qui, più morto che vivo, Aniron venne scelta per le sue abilità curative e mandata a prendere le erbe e gli unguenti necessari. Fui quindi io a spogliarti dell'armatura. Pensi forse che non l'abbia riconosciuta?-

Kylo guardava la donna senza parole – E nonostante questo mi hai accolto in casa tua?- chiese.

- Mi fido della mia prima impressione, del mio istinto. Quello che avevo davanti era un ragazzo morente. Un ragazzo troppo giovane per ritrovarsi col corpo martoriato da quelle ferite e l'anima martoriata dagli incubi. Non so chi tu sia in realtà, Kylo. – disse pronunciando per la prima volta il suo nome - Ma il mio istinto mi dice che quella maschera, quella che porti nei disegni di mia figlia, serve tanto a intimidire gli altri quanto a proteggere il vero te.-

- Ho fatto e farò cose... Discutibili.- disse lui dopo qualche istante – Ma nessuna di queste lascerà il segno su Aniron. Lo giuro.- concluse serio guardandola negli occhi.


Tre giorni dopo, nel pomeriggio, venne celebrato il matrimonio. Nonostante il poco tempo per i preparativi tutto era stato fatto a dovere e gente da quattro villaggi venne a celebrare gli sposi dimostrando quanto la famiglia della ragazza fosse benvista da tutti. Il giorno prima, accompagnato dal futuro suocero, Kylo aveva raggiunto Ellada dove, usando il chip di credito non tracciabile trovato nella cassetta con la pistola del padre, aveva comprato due cose: una piccola astronave e un anello nuziale. L'anello era di metallo prezioso intrecciato a formare un nodo che, gli avevano spiegato, simboleggiava l'eternità. Prima di partire per la città, ancora chiuso in camera aveva usato la Forza per trovare una parte del suo cristallo che potesse staccarsi senza comprometterne l'integrità: era una scheggia piccola e lucente che lui fece incastonare al centro di quel nodo. Il cristallo della sua spada era il tesoro più prezioso che possedeva, non aveva mai raccontato ad Aniron perchè ma lei era consapevole di questo fatto. Così, quando la ragazza si vide infilare al dito un anello che ne conteneva un frammento gli occhi le si riempirono di lacrime comprendendo il significato profondo di quel semplice gesto.

I festeggiamenti si protrassero fino a sera inoltrata quando, tra canti di buon augurio e risate i novelli sposi vennero accompagnati fino ad un piccolo cottage ai margini del bosco ovest. Ainani aveva spiegato al ragazzo che era tradizione che le fanciulle della valle trascorressero lì la loro prima notte di nozze e lui non si era opposto. Quando finalmente la porta si chiuse e loro vennero lasciati soli, lui chiamò la Forza a se per isolare la casa, perchè nessuno potesse né vedere né sentire ciò che accadeva all'interno. Solo allora si staccò dalla porta e con passi lenti si avvicinò a quella che ora era sua moglie, che lo guardava con un misto di felicità e paura. Si fermò a qualche passo da lei e, come in ogni sogno di lei le porse la mano, rimanendo fermo ad aspettare la sua decisione. La ragazza lo guardò un istante prima di avvicinarsi, prendere quella mano, e stringersi a lui che l'avvolse in un abbraccio serrato.

Lasciarono Edonia poco dopo l'alba seguente. Aniron aveva abbracciato a lungo i genitori, il fratello e la sorella sapendo che, probabilmente, quella era l'ultima volta che li vedeva. Per lo meno per molto, molto tempo. Ainani consegnò alla figlia un foglio di carta sigillato, dicendole di dare quel messaggio a Luke Skywalker, la ragazza era rimasta sconcertata da questa richiesta ma la madre le aveva sorriso dicendole che avrebbe capito poi. L'uomo e la donna avevano poi fatto le ultime raccomandazioni alla coppia di novelli sposi, Ainani aveva scambiato uno sguardo di comprensione col ragazzo che le aveva sorriso rassicurante. Ed erano decollati.

Il volo durò meno di quanto Aniron si sarebbe aspettata, Kylo le aveva detto che erano diretti ad un luogo sicuro, quello che lui aveva definito il suo rifugio segreto, ma non le aveva detto che anche quello si trovava nelle Regioni Sconosciute. Quando uscirono dall'iperspazio trovò ad accoglierli un pianeta verdazzurro, il bianco di qualche banco di nuvole che festonava gli strati più alti dell'atmosfera. Kylo guidò con sicurezza la nave nell'avvicinamento al pianeta sorvolando poi una lussureggiante foresta fino a dei picchi montani, lì, con una manovra ardita e precisa, perse quota infilandosi tra due picchi e lei vide davanti a loro un complesso di costruzioni dall'aria imponente. Lui fece scende la nave in una piccola conca e spense i motori. Quando scesero la ragazza si accorse che quella conca era stata attrezzata come campo d'atterraggio e che un ponte di metallo la collegava alla struttura in parte scavata nella roccia. Il ragazzo la prese per mano conducendola all'interno di quello che sembrava un vecchio hangar illuminato solo dalla luce che entrava dall'immensa imboccatura circondata da pietra viva. Si addentrarono nella struttura e la ragazza non potè fare a meno di stupirsi nel vedere allineati contro le pareti della sala centrale dei computer e, al centro, quello che sembrava un tavolo olografico. Lui la guidò lungo un corridoio fino ad una stanza ampia che conteneva tutto ciò che ci si aspettava da dei quartieri privati in una base militare: computer e comunicatori ma anche un ampio letto, armadi e un piccolo bagno ben attrezzato. C'era perfino un droide di forma umanoide, sembrava una vecchia unità protocollare perfettamente mantenuto e funzionante. Il droide stava dando il benvenuto a Kylo dicendogli quanto fosse contento di vederlo, il ragazzo gli fece un cenno poi indicò Aniron.

- Lei è la tua nuova padrona, da questo momento in avanti servirai lei con la stessa cura con cui servi me, chiaro?- gli disse in tono che non ammetteva repliche.

- Ma certo Padrone!- il droide quindi si voltò verso di lei – Saluti, io sono C2-N2, maggiordomo di questa base. Benvenuta a casa Padrona.- concluse con tono gioviale.

La ragazza lo guardò perplessa, non era abituata ad avere a che fare con droidi, soprattutto con droidi protocollari: al villaggio nessuno li aveva. Lo ringraziò e rifiutò la sua offerta di mangiare o bere qualcosa, stava ancora smaltendo il suo primo volo in iperspazio e temeva si sarebbe sentita male. Il droide li lasciò soli esortandoli a chiamarlo per qualunque necessità.

- Ma che posto è questo?- chiese lei meravigliata, non potendo contenere oltre la curiosità.

- Una vecchia base militare abbandonata.- le rispose lui con un sorriso – Qualche millennio fa questa era la base di un'alleanza segreta nata per sconfiggere un impero che stava rischiando di distruggere la Galassia.-

- Mi stai dicendo che l'Impero non è stato il primo a provarci?-

- Stelle, no!- rise lui sedendosi al tavolo – La storia di questa Galassia è piena di guerre combattute per la conquista o per la salvezza. Tremilacinquecento anni fa circa Odessen, questo pianeta, era il centro nevralgico di una di queste guerre. E come spesso succede con i luoghi così importanti, quando non servì più la storia si dimenticò della sua esistenza.-

- Stai dicendo che non è segnato sulle mappe? Nonostante fosse così importante?-

- Esatto. Immagino che all'epoca fosse utile che non fosse segnato perchè così quell'impero non lo poteva trovare. E dopo... Penso avessero cose più importanti da fare che ricordarsi di inserirlo.-

- E tu come lo hai trovato?- chiese la ragazza sedendoglisi davanti.

- E' successo sei anni fa.- disse lui, lo sguardo perso sulla parete – Avevo appena ricevuto la mia investitura nei Cavalieri di Ren e Snoke volle che iniziassi il percorso per diventarne il Comandante. Il sentiero iniziatico per quel ruolo prevede molte cose, tra cui il ritrovamento di quello che viene definito “catalizzatore”.-

- Che cos'è?-

- Nessuno lo sa, per ogni Comandante è un oggetto diverso. Ma quell'oggetto risuona nella Forza in esatto contrappunto alla Corrente di Forza del Comandante. Qualcuno dice che ne aumenta il potere, ma non è così: rende solo più semplice usarlo. Cercare il catalizzatore però è un viaggio difficile e spesso molto lungo, prima di partire ho meditato per giorni sondando la Forza alla ricerca di un qualcosa, un sussurro che mi desse un'indicazione. L'unica cosa che vidi fu una zona di spazio sconosciuto su una mappa. Nessuna indicazione, null'altro che un'area di spazio vuoto. Partii da solo, con un caccia e l'ordine di non tornare finchè non avessi trovato ciò che cercavo.- la guardò sorridendo – Fu uno dei periodi migliori ch'io possa ricordare, libero da obblighi, codici o finta sottomissione. Ma fu anche un periodo difficile perchè l'attrazione verso quel qualcosa che era destinato a me era forte e non riuscire a trovarlo era snervante. Mi ci vollero settimane di volo casuale e meditazioni nella Forza poi, finalmente, vidi il punto dove andare e arrivai qui. Sorvolai il pianeta sapendo che c'era un punto preciso dove dovevo atterrare, così scoprii questa base. Passai un po' di giorni esplorandola, riattivando generatori e riparando droidi. E leggendo i diari del comandante di quell'alleanza lontana.- indicò l'ambiente intorno a loro – Questi erano i suoi alloggi, lì nel computer ci sono ancora i suoi file, una lettura interessante.-

- Mi piacerebbe leggerli.- sorrise lei.

- Puoi farlo quando vuoi: non sono criptati. Evidentemente si sentiva sicuro abbastanza da non doverli nascondere. Era un tipo in gamba, direi. O meglio, una tipa.-

- Era una donna?-

- Sì.- ridacchiò – Una Maestra Jedi, per la precisione. Ci crederesti?-

- E il catalizzatore?- lo incitò a continuare.

- Ah... Il catalizzatore.- sorrise, lo sguardo di nuovo distante – Il quinto giorno di esplorazione della base trovai la porta che dava sulla foresta a valle. Sentivo il richiamo del catalizzatore così mi inoltrai tra gli alberi, mi ci vollero quasi due ore di cammino per scoprire dov'era: davanti a me si apriva l'imboccatura di una grotta. E davanti ad essa c'erano le due creature più formidabili che avessi mai visto. Per mia sfortuna non si dimostrarono amichevoli, e per mia ancor peggiore sfortuna non erano le uniche presenti in quella grotta.- rise – Dovetti lottare per guadagnare ogni singolo passo in quell'antro.- disse scuotendo la testa.

- Perchè lo trovi divertente?- chiese lei perplessa.

- Perchè lo fu.- lui la guardò – So che sembra assurdo ma quella fu forse la prima volta da che avevo iniziato il mio addestramento, e parlo da prima di Snoke, in cui mi trovai davanti la possibilità di essere sconfitto e quindi la gioia selvaggia della vittoria.- scosse la testa al ricordo – Non mi era mai capitato un combattimento così impegnativo, così stimolante. Quando alla fine arrivai in fondo alla grotta, sudato, ferito ed esausto mi sentii vivo come non mi era mai successo. E davanti a me la mia ricompensa.- si frugò in una tasca estraendone il cristallo – Una formazione cristallina dal colore sanguigno che vibrava di Forza. Così potente da stare a mala pena insieme. La osservai a lungo cercando il modo di staccarne un frammento senza mandarla completamente in pezzi. C'era una venatura, un'incrinatura che correva lungo tutto il cristallo, sapevo che se lo avessi anche solo toccato nel modo sbagliato si sarebbe sbriciolato. Così feci l'unica cosa che potevo fare, mi sedetti davanti al cristallo e sprofondai nella Forza, tastandolo e frugandolo attraverso quel tocco delicato, fino a trovare il cuore pulsante della formazione. Ne seguii le asperità naturali, i punti di separazione dal resto del cristallo, piano piano allargandoli fino a liberare quella parte destinata a me.- l'espressione si incupì – Nonostante questo, nonostante tutte le mie precauzioni, la formazione cristallina non sopravvisse: andò in frantumi lasciando tra le mie mani solo questo pezzo. Il mio.- concluse.

- E poi?- incalzò lei dopo qualche istante di silenzio.

- Poi tornai alla base, medicai le mie ferite e dormii quasi un giorno intero. Dopo di che mi dedicai alla costruzione della spada destinata a contenere questo cristallo. Il che mi ricorda...- disse alzandosi e facendole segno di seguirlo – E' tempo che questo cristallo torni a dare vita ad una lama.-

Raggiunsero quello che sembrava un laboratorio, in parte tecnico e in parte medico. La ragazza si guardò attorno affascinata poi seguì il marito fino ad un banco di lavoro. Vide molti oggetti che non conosceva ma che sembravano molto famigliari a lui. Il ragazzo le fece cenno di sedersi a un capo del banco mentre lui si mise a frugare tra quei componenti selezionandone piano piano alcuni.

- Devo ricostruire la mia spada perchè sia identica a quella distrutta. Nessuno deve sapere che è una copia, darebbe adito a domande a cui non voglio dover rispondere.-

- Vuoi che ti faccia uno schizzo di com'era?- chiese lei con un sorriso malandrino.

- No, grazie.- rise lui – Credo di ricordarmela.-

- Ma se ancora non avevi una spada come hai combattuto nella grotta?- gli chiese dopo qualche minuto di riflessione.

- Avevo la spada. Solo non questa.- indicò la mensola davanti al banco – Avevo quella lì.-

Lei si alzò in punta di piedi per poterla vedere, con scarsi risultati. Accorgendosi della sua difficoltà Kylo la prese e gliela porse.

- Stai attenta se la vuoi accendere.- l'avvisò.

- Posso?!- si stupì lei.

- Sì, certo.-

La ragazza studiò qualche istante l'impugnatura, molto più semplice rispetto a quella che sognava poi puntando la spada davanti a se l'accese. Una lama di energia di un viola intenso si attivò ronzando lievemente, la ragazza mosse lentamente l'arma facendo attenzione a non toccare nulla con la lama. Si accorse che lui guardava quel fascio di energia solida con una punta di nostalgia.

- Anche per quel cristallo faticai.- disse – Ma non fu per niente divertente.- concluse voltando le spalle alla lama purpurea.

Senza fare domande Aniron la spense limitandosi a commentare che anche quella spada era bella. Lui accetto la lode limitandosi a dire che era bella solo perchè aveva il colore degli occhi di lei, facendola arrossire, e riprese a lavorare. Il resto della giornata passò così, lui intento a costruire la sua spada e lei ad osservarlo. Di quando in quando gli faceva domande su ciò che stava facendo o su aspetti della sua iniziazione, lui le rispondeva senza farsi pregare, felice che fosse interessata a capire come funzionavano le spade laser e felice che volesse sapere della sua vita. Per qualche motivo aveva pensato che, conscia di ciò che lui aveva fatto nel corso degli anni, sarebbe stata reticente a parlarne.

Non aveva idea di quando si fosse addormentata, la ragazza sollevò il viso dalle braccia che aveva appoggiato al banco di lavoro e corrugò la fronte: Kylo non era lì al lavoro. Poi un ronzio persistente e ritmato penetrò nella sua coscienza ottenebrata dal sonno e si voltò verso lo spazio aperto al centro del laboratorio, pietrificandosi. Rapido, aggraziato e letale lui stava testando la sua nuova spada contro nemici immaginari. Lei rimase ipnotizzata dalla lama rossa e crepitante che descriveva archi di morte nella semioscurità. Non si rese neppure conto di essersi alzata e starsi avvicinando a lui, gli occhi puntati su quella lama che aveva popolato i suoi sogni fin dall'infanzia. Lui si accorse del suo avvicinarsi e si fermò, osservandola tenere gli occhi fissi sulla spada, la sollevò girandola di fianco perchè lei potesse vederla bene e, quando la ragazza fu abbastanza vicina, la spense e gliela porse. Aniron esitò un momento prima di accettarla, nel momento in cui le sue dita si chiusero sull'elsa la scheggia incastonata nel suo anello brillò, così come una luminescenza rossa si propagò dagli sfoghi laterali della spada. Sorpresa lei alzò gli occhi di scatto per guardare lui, il quale le sorrise.

- Questo cristallo è legato a me, e quella scheggia è legata al cristallo. Reagiranno sempre alla reciproca vicinanza. Così come l'anello reagirà alla mia.- disse sfiorandolo e strappandogli un altro brillio – Quando partirò noterai che la scheggia perderà luminosità, rimarrà lucida e bella da vedere sotto la luce ma sarà spenta, in un certo senso. Ma quando ci incontreremo di nuovo la vedrai riprendere vita. - sorrise – Così saprai sempre quando mi sto avvicinando.-

- Oh, Kylo...- sospirò lei senza parole abbandonandosi tra le sue braccia.

- Ci sono altri due motivi per cui ho voluto incastonare quella scheggia nel tuo anello.- le sollevò il viso perchè lo guardasse – Il primo è che se dovesse iniziare a brillare in un luogo in cui non è previsto che ci incontriamo ma che potrebbe essere un bersaglio dell'Ordine voglio che tu salga sullo speeder o sulla nave più vicina e scappi via più veloce che puoi. Continua ad allontanarti finchè la gemma sarà di nuovo spenta e non voltarti indietro.- lei annuì comprendendo il significato dell'avvertimento – Il secondo – continuò lui – è che ho voluto legare te e la mia spada. L'istinto mi ha detto di farlo, e il mio istinto non sbaglia.-

- Cosa comporta il fatto che siamo legati?-

- Che questa spada non sarà mai in grado di colpirti. Perchè per il cristallo sarebbe come colpire se stesso: impazzirebbe. Con ogni probabilità la spada esploderebbe, senz'altro si spegnerebbe. Ma in ogni caso non potrebbe essere usata per farti del male.-

- E' la tua visione vero? Tu hai visto la tua spada alzata contro di me.- disse lei posandogli una mano sulla guancia.

- Snoke. - disse lui – In uno dei futuri possibili. E' molto da lui l'idea di usare la mia stessa arma per punire la mia “trasgressione”. Ma se dovesse succedere, il suo piano gli si rivolterà contro. E tu sarai al sicuro.- concluse restituendole la carezza.


Non ne parlarono più. Passarono i seguenti quattro giorni passeggiando per i boschi intorno alla base, esplorando la base stessa, parlando di mille argomenti e condividendo momenti di complice silenzio. Lui era consapevole di dover partire, aveva rimandato fino a che aveva potuto ma ora era giunto il tempo. La sera del quarto giorno iniziò a preparare le cose per il viaggio, Aniron si avvicinò e lo aiutò senza parlare, sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Questo non lo rendeva più facile, certo, ma non voleva fare scene, non voleva renderglielo ancora più difficile.

Quella notte fecero l'amore con passione e con dolcezza. Sapevano entrambi che sarebbero passati probabilmente mesi prima che fosse possibile per loro rivedersi. Rimasero ore svegli, abbracciati, senza nulla da dire perchè nulla avrebbe reso più semplice la separazione. Quando giunse l'alba si avviarono alla pista di atterraggio dove la nave che li aveva portati lì ora avrebbe portato via lui. Kylo caricò qualche provvista e fece i controlli di prelancio, poi scese di nuovo e si avvicinò alla ragazza abbracciandola stretta.

- Non allontanarti dalla base, va bene? I boschi sono pericolosi da sola.-

- Lo so, starò buona.- gli sorrise, gli occhi lucidi – Non devi preoccuparti per me.-

- Ci vorrà qualche giorno penso perchè vengano a prenderti. C2 si occuperà di tutte le tue necessità.-

- Va bene, aspetterò.- esitò un momento - Chi verrà, Kylo? Non me lo hai mai detto.-

- Mia madre.- fu la sorprendente risposta – L'unica persona nella Galassia che abbia il potere di proteggerti è lei. Inoltre so che ti adorerà e si prenderà cura di te.-

- Ma... E se non le piacessi invece?- chiese preoccupata.

Lui rise – Impossibile! Sei tutto ciò che avrebbe voluto in una figlia.- rispose sicuro.

La baciò, un bacio profondo pregno di amore e di disperazione. Sapeva che sarebbe stato ancor più difficile ora proseguire sul sentiero che era stato tracciato per lui, perchè per lei avrebbe voluto poter diventare l'uomo che meritava. Ma per darle un futuro doveva invece continuare ad essere la figura dei suoi incubi. Si separarono, lui le accarezzò una guancia posando la fronte sulla sua, un altro bacio leggero prima di fare un passo indietro. Lei tentò di sorridere poi gli porse la maschera. Aveva scoperto che la maschera di lui era stata disegnata e costruita da Kylo stesso in quella base, e così come aveva ricostruito la spada così aveva fatto con la maschera.

Lui la guardò ancora un attimo, poi prese la maschera e la indossò, sollevando il cappuccio dell'armatura. Il respiro si mozzò nel petto della ragazza guardandolo in quel momento. Eccolo. Il suo incubo e il suo sogno. Sollevò una mano posandola sul lato della maschera, quasi potesse carezzare la guancia lì nascosta. Lui coprì la mano di lei con la propria guantata poi se ne andò.

Aniron rimase sul ponte a vederlo decollare, una mano a trattenere i capelli e l'altra alzata nel saluto, osservò il velivolo alzarsi, intravvide la maschera di Kylo da dietro il vetro, poi un rombo di motori e, in un attimo, la nave sparì nel cielo terso. La ragazza iniziò a piangere, profondi strazianti singulti le scuotevano il petto mentre si accasciava a terra incurante del vento che le frustava il viso inondato di lacrime. Sapeva che lui doveva partire, l'aveva sempre saputo. Ma saperlo non aveva reso più facile vederlo andare via...

Sulla nave lui percepiva ogni emozione di lei, eco delle proprie. Dovette farsi violenza per non voltare la nave e tornare indietro. La visione era tornata la notte prima: doveva andare o sarebbe stato peggio. Prese lunghi, lenti respiri per calmarsi intanto che impostava la rotta, poi, dopo averle inviato un'ultima carezza nella Forza, attivò i motori luce e saltò. Ora veniva un'altra parte difficile: comporre il messaggio per Leia. Aveva poco più di mezz'ora prima di uscire dall'iperspazio per la correzione di rotta, sapeva di doverlo mandare in quel momento: era l'unico non pericoloso. Rimase cinque minuti a fissare il programma di messaggi che doveva usare, lo stesso su cui avrebbe comunicato con Aniron ogni volta che fosse stato sicuro. Chiuse gli occhi cercando le parole e il coraggio per scrivere a sua madre. Mai come in quel momento si sentì davvero un mostro, dopo tutto quello che le aveva fatto e fatto passare ora si apprestava a chiederle aiuto. Non ne aveva diritto, lo sapeva. Ma sapeva anche di non potersi rivolgere a nessun altro. Così, usando quella sincerità che spesso gli serviva da arma, scrisse. Finì giusto in tempo, uscì dall'iperspazio, inviò il messaggio, inserì le nuove coordinate e, appena il segnale di messaggio inviato si accese saltò di nuovo diretto al suo inferno.


Leia Organa Solo, principessa di Alderaan e Generale della Resistenza, era seduta a leggere in quello che C3-P0 pomposamente chiamava “l'ufficio del Comandante”, quattro pareti con una scrivania, qualche sedia e un computer. Fu proprio quest'ultimo ad attirare la sua attenzione informandola con un bip che aveva ricevuto un messaggio. La donna mise da parte il rapporto di ricognizione che aveva in mano e attivò lo schermo solo per restare basita dinanzi alla notifica che aveva ricevuto un messaggio sulla casella a cui solo tre persone, oltre a lei, avevano accesso. Si era data per anni della sciocca per non aver mai chiuso quella casella: Han non la usava preferendo l'holonet, Luke non si era mai messo in contatto durante il suo esilio volontario e Ben... Ben non aveva motivo di scriverle, pensava. Ma ora, vedendo proprio l'identificativo di suo figlio lampeggiare nella casella dei messaggi ricevuti, pensò che tutte le sue certezze erano appena andate al diavolo. Poi la colpì la realizzazione che Ben era ancora vivo. Dopo il racconto di Rey, di come era finito il duello, di come il pianeta stava andando in pezzi... Aveva pensato di aver perso anche lui. Definitivamente. Erano otto anni che suo figlio se n'era andato. Otto anni da che aveva lasciato l'accademia di Luke per unirsi alla causa distruttiva di Snoke e del Primo Ordine. In otto anni non aveva mai dato sue notizie, ed ora, ad appena un mese dai fatti della Base Starkiller... Leia non sapeva se sentirsi più sollevata che le avesse scritto o più spaventata perchè lo aveva fatto.

In preda a emozioni contrastanti non si era accorta che qualcuno era entrato nell'ufficio e la stava chiamando. Fu una mano che si posava sulla sua a strapparla all'incredulità e farle voltare lo sguardo sul nuovo arrivato. Luke, recuperato dalla sua isola in mezzo al nulla da Rey non più di dieci giorni prima, la guardava preoccupato chiedendole cosa c'era che non andava.

- Oh, piantala tu!- scattò lei improvvisamente arrabbiata – Tutto non va! Non è andato per anni! Ora te ne accorgi?!-

Gli occhi azzurri dell'uomo si incupirono di colpa – Leia...- iniziò ma lei lo fermò.

- Scusami.- gli disse – E' solo che...- non trovando parole indicò lo schermo.

- Quello... E' l'id di Ben!- disse l'uomo sorpreso.

- Non aveva mai scritto.- disse lei, gli occhi che si velavano di lacrime – Ho aspettato per otto anni che lo facesse, invano. E ora...- lo guardò angosciata – E se scrive per... Vantarsi di quel che è successo?- chiese spaventata.

- Leia.- la richiamò con fermezza il fratello – Non pensarlo neppure. Altre volte avrebbe potuto farlo e non l'ha fatto.-

- Ma le altre volte non era suo padre...- rispose lei a voce bassa.

- Vuoi che lo apra io?- si offrì l'uomo.

- No.- disse lei dopo un momento – No, è mio figlio. Spetta a me.-

Così dicendo si voltò verso lo schermo e, dopo un attimo di esitazione aprì il messaggio:

So che sarai sorpresa di ricevere notizie da me. So che probabilmente hai avuto la tentazione di cancellare il messaggio senza leggerlo, ma so anche che non l'hai fatto. Un'altra cosa che so è di non aver diritto di importunarti, non in un momento come questo, non dopo quello che è successo. Ma tu sei l'unica in tutta la Galassia a cui io possa rivolgermi e, con impudenza, chiederti aiuto. C'è qualcuno che vorrei tu andassi a prendere e tenessi al sicuro. Qualcuno cui io devo la vita ma, soprattutto, lei è l'unica cosa che mi permette di fare ciò che devo senza perdermi completamente.

Si chiama Aniron e so che te ne innamorerai, così come ho fatto io, nel momento stesso in cui la incontrerai. Lei sa di me tutto ciò che c'è da sapere, anche più di quanto sappia tu. O Snoke.

Immagino che a quest'ora lo zio sia tornato al tuo fianco, forse sta leggendo questo messaggio da sopra la tua spalla come faceva un tempo. Addestrala, Maestro Jedi. Fa in modo che possa difendersi da tutto ciò che minaccerà la sua vita da ora in avanti. Troverai che è un'allieva veloce e brillante. Fa di lei la luce che possa contrastare la mia oscurità. E forse, un giorno, sconfiggerla.

K.

p.s.: Tutto ciò che lui ha sentito è stata sorpresa, ma non dolore. Non lo avrei mai permesso.

Allegate c'erano coordinate iperspaziali e planetarie.

Leia lesse e rilesse quelle righe con un senso di estraniazione, come se non fosse davvero lei a leggerle, come se lei non fosse lì. Si rese conto di stare piangendo quando sentì la mano di Luke asciugarle una guancia.

- Cosa sta succedendo Luke?- gli chiese addolorata.

- Non lo so.- sospirò lui rileggendo ancora una volta il messaggio – Forse lei avrà qualche risposta.- disse indicando il nome della ragazza.

- Forse.- poi coprì le labbra con le dita per soffocare un singhiozzo – L'ultima riga...-

- C'è ancora speranza, Leia.- le disse il fratello con un lieve sorriso – Forse non lo abbiamo del tutto perduto. C'è ancora speranza per lui.- concluse abbracciandola.


Aniron era nel laboratorio della base intenta a osservare la vecchia spada di suo marito. Tentò di arrivare a prenderla ma era troppo in alto per lei, o forse bisognava dire che lei era troppo bassa per arrivarci, pensò con una smorfia. Colta da illuminazione chiamò C2 che si professò estasiato di poterle essere utile, il droide riuscì a prendere la spada senza alcuno sforzo, gliela passò e la lasciò sola di nuovo. La ragazza attese che si fosse allontanato poi attivò la spada osservando la lama di luce viola, le piaceva il colore di quella lama ed era curiosa di sapere la storia di come aveva trovato un cristallo di quel colore. Ma lui si era incupito ripensando a quel tempo così lei non aveva chiesto nulla. Spense la luce del banco di lavoro per osservare la luminosità della lama al buio, era bella quasi quanto quella rossa, decise. La spense ritrovandosi al buio e si diede della stupida per non aver riacceso la luce prima. Stava per riattivare la lama per farsi chiaro quando si accorse di una cosa strana: la scheggia dell'anello stava brillando lievemente e dalla spada si emanava un lieve lucore violetto. Aniron fissò i due oggetti perplessa, stavano reagendo? Allontanò la mano sinistra dalla spada vedendo il brillio di entrambi gli oggetti affievolirsi, le riavvicinò ed ecco riaccendersi il tutto. Reagivano! A tentoni trovò e attivò la luce del banco di lavoro e osservò la spada da vicino, la luce del banco era forte per questo la volta precedente né lei né Kylo si erano accorti di quel particolare. Possibile che anche quel cristallo fosse così profondamente legato a Kylo da reagire alla scheggia dell'altro? E se così era, non era un peccato che rimanesse dimenticato in quella base abbandonata? Le sarebbe piaciuto poterglielo far avere.

Un rumore sopra la sua testa la fece sobbalzare, cosa stava succedendo? In quella la vecchia unità astromeccanica che abitava la base insieme a C2 e pochi altri droidi entrò nel laboratorio pigolando che una nave era appena atterrata e che C2 era andato a ricevere gli ospiti. Aniron sapeva che qualcuno doveva venire a prenderla ma sapeva anche che sarebbero dovuti passare almeno altri due giorni, secondo la stima di Kylo. Decisa a non correre rischi infilò la spada sotto a un cumulo di pezzi di ricambio e impugnò la pistola di suo suocero che Kylo le aveva lasciato perchè la desse a sua madre. Spense la luce del banco di lavoro e silenziosamente si avvicinò all'imboccatura del corridoio da cui sapeva avrebbe potuto vedere “gli ospiti” senza essere vista.

C2 stava facendo strada a due uomini, uno giovane l'altro no, e a una donna alta più o meno come lei dai capelli castani striati di grigio acconciati in un modo simile a come li portava lei prima della cerimonia. L'uomo più giovane si guardava in giro con interesse commentando con la donna la struttura che li circondava mentre l'altro uomo era fermo, come in attesa. Poi, improvvisamente si voltò verso di lei e i loro sguardi si incontrarono. L'uomo sorrise, un sorriso di approvazione e gli altri due, seguendo lo sguardo di quest'ultimo, si voltarono a guardarla a loro volta.

Rendendosi conto di essere ancora ferma nella penombra del corridoio, abbassò la pistola e si avvicinò esitante al terzetto. Si concentrò sulla donna, scrutandola con la stessa attenzione con cui la scrutava lei, cercando qualcosa di famigliare in quei lineamenti finchè, con un lieve groppo in gola sorrise.

- Avete gli stessi occhi.- disse alla donna – Non il colore, ma il taglio...- cercò di sorridere ma le lacrime la tradirono.

Senza dire una parola la donna fece un passo avanti avvolgendola in un abbraccio che sapeva di accettazione e di casa. Si ritrovarono a piangere abbracciate strette sotto lo sguardo perplesso dell'uomo più giovane e quello commosso di quello più anziano.

Si ricomposero a poco a poco e si guardarono di nuovo, poi Leia sorrise.

- Sei davvero bellissima.- le disse con un sorriso.

- Anche lui lo dice, ma non gli ho mai davvero creduto. Da dove vengo, io sono considerata appena passabile.- rispose con una lieve risata.

- Se un terzo parere aiuta, concordo col Generale.- intervenne l'uomo giovane.

Aniron si voltò con un sorriso ma la sorpresa le spalancò gli occhi – Tu sei il pilota!- disse.

Gli altri si guardarono perplessi: era vero che Poe era un pilota ma lei come lo sapeva?

- Mi conosci?- le chiese l'interessato.

- Non... Non proprio.- abbassò lo sguardo – Ti ho sognato, tempo fa. La tua visita presso il Primo Ordine.- concluse tornando a guardarlo.

- Oh.- fece lui – Non esattamente il mio momento migliore.- sdrammatizzò.

- No, è vero. Ma necessario.- rispose lasciandoli interdetti.

Si accorse che l'uomo più anziano la osservava con intensità, Leia colse quello scambio e si fece avanti.

- Lui è mio fratello, Luke.- glielo presentò.

- Skywalker...- sussurrò Aniron sorpresa.

- Sì, sono Luke Skywalker.- confermò lui con un sorriso – E tu sei..?-

- Aniron. Aniron R...- si bloccò lanciando un'occhiata al pilota – Mi chiamo Aniron.- concluse distogliendo lo sguardo.

- Poe potresti per favore controllare quanto spazio c'è nella stiva della navetta? - intervenne Leia – Non ho pensato a controllare che fosse vuota: Aniron ha del bagaglio.-

- Sì certo, Generale.- disse lui perplesso prima di allontanarsi.

- Stavi per dire Ren, vero?- chiese poi alla ragazza appena furono soli.

- Sì... Da dove vengo io le donne prendono il cognome del marito quando si sposano. Ma ho pensato che per.. Poe?- l'altra annuì – Quel cognome sia legato a brutti ricordi.-

- Siete sposati.-

- Sì, da quasi sette giorni...- una lacrima traboccò dalle sue ciglia.

- Oh, cara.- la donna più anziana l'abbracciò di nuovo – So cosa vuol dire vedere il proprio uomo partire e non sapere quando lo rivedrai.- aspettò che lei si fosse ripresa – Aniron lui ha scritto che conosci la sua vita e, nonostante questo, ti sei legata a lui?-

- Ero destinata a lui. E lui a me.- disse con semplicità – Ma posso capire che abbiate tante domande. Venite, c'è un luogo dove possiamo sederci e parlare.-

Li guidò lungo il corridoio da cui era venuta ma, invece che girare a destra verso il laboratorio, li condusse a sinistra. L'ambiente arioso in cui entrarono ricordava un Tempio. C'erano statue dinanzi cui meditare e una cascata sul fondo della sala creava un sottofondo di pace, il sole entrava da una spaccatura nella roccia sopra la cascata illuminando l'ambiente. C'erano panche foderate di materiale morbido vicino alla conca d'acqua, lì sedettero. Poi, dopo qualche istante di silenzio per riordinare le idee, Aniron iniziò a raccontare a partire dall'esplosione del pianeta nel cielo, il velivolo precipitato, la lotta per strappare la vita di Kylo alla morte, le ferite, la febbre che lo aveva consumato, il delirio. E poi la convalescenza e le lunghe passeggiate, la scoperta di sentirsi felice solo ad incontrare lo sguardo di quel ragazzo, lo shock di scoprire di conoscere il suo nome, il racconto dei suoi incubi, la cerimonia. Il rendersi conto che il ragazzo, l'uomo davanti a lei, era lo stesso che popolava i suoi sogni fin da che aveva memoria. La sincerità di lui nell'ammettere tutte le sue colpe e, infine, la verità su Kylo. Raccontò loro della sua visione e della sua decisione di non dire nulla a nessuno, di come avesse accettato di diventare il mostro perchè la Galassia potesse avere un futuro prospero, il senso di colpa per ogni esitazione che aveva poi portato a conseguenze peggiori, risparmiare un pugno di vite e perderne miliardi.

L'uomo e la donna ascoltavano attoniti quel racconto, incapaci di venire a patti col fatto che quel ragazzo avesse fatto una scelta simile da solo, senza parlarne con loro per far si che non tentassero di dissuaderlo dal percorrere quello che riteneva essere il sentiero tracciato per lui. La cosa più difficile fu raccontare della morte del padre di lui, spiegare perchè avesse dovuto prendere quella vita. E quanto gli era costato farlo. Consegnò alla donna in lacrime la pistola del marito dicendole che Kylo le aveva chiesto di farlo. Leia pianse ancora, per l'uomo che aveva amato e per il figlio che aveva pensato perso per tanto tempo. Quando si fu calmata ringraziò la ragazza poi, vedendo l'espressione corrucciata del fratello gli chiese cosa lo turbasse così tanto.

- E'... Complicato.- disse lui cercando le parole per spiegarsi – Ora più che mai mi chiedo se sia possibile redimerlo, visto che non è mai davvero caduto.- la sorella lo guardò esitante – Leia tuo figlio non è stato sedotto dal Lato Oscuro come pensavamo. Lui ha coscientemente e volontariamente intrapreso la discesa verso l'oscurità, agendo meticolosamente per assicurare la propria caduta, per assicurarsi di seguire quella visione e cambiare o proteggere il futuro.- sospirò – Non sono certo sarà mai possibile vederlo tornare a casa.-

- Non tornerà.- intervenne la ragazza – Non a quella casa.-

- Cosa vuoi dire?- le chiese la donna.

- Sono parole sue: ha fatto e farà cose che gli impediranno di tornare al luogo da cui è partito. Ha detto che, dopo tutto quello di cui si è macchiato, soprattutto dopo gli eventi alla Base, non avrebbe senso se la visione gli indicasse di tornare a casa. Ha detto che è più probabile che, una volta ucciso Snoke e sconfitto il Primo Ordine, divenga lui quello da distruggere...-

- Non facciamo ipotesi.- intervenne Luke prima che la sorella parlasse ancora – Ora il nostro compito è quello di fermare il Primo Ordine, dopo di che vedremo come si evolverà la cosa. Leia. - disse richiamando l'attenzione della donna – C'è bisogno di te, senza il suo Generale, la Resistenza è persa. Devi cercare di rimanere concentrata. Ricorda cosa diceva Yoda: il futuro è sempre in movimento. Possono succedere molte cose.- concluse rassicurante.

La voce di Poe che li chiamava mise fine all'argomento. La ragazza raggiunse di corsa il corridoio rispondendo per guidarlo da loro. Il pilota confermò che c'era spazio nella stiva della navetta e che quindi non ci sarebbero stati problemi per il bagaglio della ragazza, a meno che non volesse portare con se l'intera base, lei lo rassicurò dicendo che aveva solo un baule.

- Quindi tu sei Aniron.- disse l'uomo con interesse.

- Sì, sono Aniron.- rispose lei titubante.

- Bene. E chi sei?- gli chiese con un sorriso.

La ragazza si voltò di scatto verso gli altri due in cerca di aiuto.

- E' la nipote di mio marito.- disse Leia attirando l'attenzione dell'uomo.

- La nipote del Generale Solo? Wow.- rispose lui tornando a guarda la ragazza con un sorriso – E' un vero piacere conoscerti.- disse facendole una sorta di baciamano.

La ragazza lo guardava a occhi spalancati, chiedendosi come cavarsi d'impaccio senza offenderlo. Fu nuovamente Leia a venirle in aiuto.

- Poe?- chiamò facendo voltare l'uomo che ancora tratteneva la mano della ragazza – E' sposata.- concluse serafica.

L'uomo afflosciò le spalle facendo ciondolare la testa in avanti per un istante prima di raddrizzarsi e sorridere di nuovo alla ragazza.

- Ho fatto la figura dell'idiota, vero?- le chiese.

Aniron rise e scosse la testa – In realtà sono lusingata.- lo rassicurò.

- Sposata...- commentò con finta esasperazione – Ma tu guarda se potevo mai avere fortuna con una donna!- scoppiò a ridere di cuore contagiando presto anche gli altri.


Abituarsi alla vita nella base della Resistenza fu sorprendentemente semplice per Aniron, scoprì che le veniva naturale fare amicizia con tutti, parlare senza problemi di lei, almeno di quella parte della sua storia che poteva raccontare senza rivelare le verità pericolose, e interessarsi alla vita degli altri. Lei che a casa era sempre stata timida e introversa, in quell'ambiente così diverso si scoprì cambiata, in maniera positiva.

Scoperte le sue abilità curative a la sua conoscenza delle piante officinali venne impiegata come apprendista nell'infermeria della base imparando a usare gli strumenti moderni e tecnologici e affiancando ad essi le terapie naturali. Scoprì che molte delle piante che conosceva esistevano anche su quel pianeta, di altre ve n'erano sostitutive, e così come a lei veniva insegnata la medicina moderna, lei si ritrovò ad insegnare quella tradizionale agli altri assistenti. In molti casi, quando le scorte di particolari medicinali scarseggiavano, avere alternative poteva salvare vite.

Cenava spesso con Leia nell'ufficio di quest'ultima. Lì parlavano a lungo, la donna era sinceramente interessata a conoscere quella giovane che era la moglie di suo figlio. Aniron dal canto suo era deliziata di scoprire, giorno dopo giorno, di apprezzare e provare affetto per quella donna forte che era la madre di Kylo. Parlavano spesso anche di lui, Leia faticava ad accettare la verità, per quanto assurdo fosse avrebbe forse preferito che suo figlio avesse subito il fascino del Lato Oscuro piuttosto che scoprire che, pur non essendo così, ne stava percorrendo l'oscuro cammino. La ragazza comprendeva i sentimenti della suocera e cercava di alleviare la sua pena come meglio poteva, non era facile poiché quel dolore era anche il suo.

Una gradita sorpresa fu l'amicizia con Poe. Messi da parte gli atteggiamenti galanti da corteggiatore, divenne per Aniron un buon amico. Sembrava rendersi conto più di chiunque che la ragazza potesse sentirsi un pesce fuor d'acqua lì alla base così, nei primi giorni dopo il suo arrivo, si mise d'impegno nel presentarle persone con cui lei potesse fare amicizia e nel farla familiarizzare con la routine della base. Tra le prime persone che le presentò ci fu quello che era ormai diventato il suo migliore amico: Fin. Aniron conosceva quel volto, anche lui era comparso nei suoi sogni ma ebbe la prontezza di non darlo a vedere. Un altro viso famigliare fu Rey, presentatale da Fin poco dopo averlo conosciuto. Aniron pranzava spesso con loro tre, condividendo anche parte del tempo libero sopratutto con Rey, che ancora non aveva un ruolo definito nella Base della Resistenza, e con Fin, che era convalescente da una brutta ferita.

Fu proprio durante uno di quei pranzi che lei chiese come fosse rimasto ferito, si pentì di averlo fatto nell'istante stesso in cui le parole di Rey la investirono.

- Ren.- disse la ragazza pronunciando quel nome come si pronuncia una maledizione – Quell'animale gli ha aperto in due la schiena con la spada.-

- Sì, beh...- intervenne pacato il nero vedendola impallidire – Non è brutto come sembra. Alla fine sono guarito e presto potrò iniziare l'addestramento qui.-

- Non è brutto come sembra?!- esclamò Rey – Fin sei quasi morto! Ha giocato con te per cinque minuti e ti ha lasciato a terra in fin di vita senza nemmeno degnarti di un secondo sguardo!-

- Non ha giocato con me! Mi sono difeso egregiamente.- si impuntò lui – L'ho anche ferito!-

- Ferito?- intervenne Aniron con un lieve tremito nella voce.

- Sì, sulla parte alta del braccio destro.- disse indicando il punto.

- E un attimo dopo lui ti ha aperto in due.- intervenne l'altra.

- Bèh, scusa sai se non ho la Forza a darmi una mano.- rispose lui piccato.

- No, hai ragione.- si calmò l'altra – Avrei fatto la tua stessa fine se lui non l'avesse nominata ricordandomi che potevo usarla...-

- Quell'errore gli è costato caro.- intervenne Poe con un sorriso orgoglioso: aveva già sentito la storia.

- In che senso?- chiese ancora Aniron.

- Sono riuscita a calmarmi abbastanza da... Entrare in sintonia con essa, come ha detto il Maestro Luke. Così facendo sono riuscita a coglierlo di sorpresa e ferirlo abbastanza da poter scappare.-

- Oh, sì!- si inserì allegro il nero – Lui mi avrà anche aperto la schiena ma tu, ragazza, gli hai aperto la faccia!- concluse gioviale dando una pacca sulla spalla a Rey.

A quelle parole Aniron si alzò in piedi di scatto e, mormorata una scusa, scappò letteralmente dalla mensa, non reggendo oltre le loro parole.

Gli altri tre la guardarono andar via sorpresi, Rey e Fin si scambiarono uno sguardo perplesso poi l'esclamazione di Poe insieme al suo gesto di darsi uno schiaffo sulla fronte attirarono la loro attenzione.

- Che bestie che siamo!- disse il pilota costernato.

- Che vuoi dire?- chiese perplesso Fin.

- Voi sapete chi è in realtà Ren, no?- chiese il primo.

- Il figlio di Han.- rispose sottovoce Rey.

- Già.- annuì il pilota – E chi è lei?- chiese retorico indicando la porta da cui Aniron era uscita – La nipote di Han Solo!- gli altri due si guardarono, improvvisamente capendo – Di sicuro lei conosceva Ren prima che diventasse... Quel che è ora!- concluse il pilota.

- Oh, ma cavolo...- Fin si coprì la faccia – Come minimo giocavano insieme da bambini!-

- E lei probabilmente lo adorava.- commentò Rey, gli altri due la guardarono – E' probabile: a noi ragazze piace l'idea di avere un fratello maggiore, o un cugino, pronto a proteggerci. Il nostro eroe.- spiegò.

- Siamo tre insensibili.- Poe si alzò – Vado a scusarmi.-

- Veniamo anche noi.- dissero gli altri due seguendolo.

Trovarono la ragazza seduta sulla cima di una delle collinette artificiali che mascheravano gli hangar della base. Lo sguardo perso sull'orizzonte, con qualche lacrima che le rigava lenta le guance appariva il ritratto della tristezza. Sentendosi anche peggio di come si erano sentiti poco prima nel realizzare la loro indelicatezza, i tre si avvicinarono a passo lento.

- Scusaci.- disse Poe a voce bassa attirando la sua attenzione, le si sedettero intorno – Non abbiamo realizzato che tu probabilmente lo conosci, che hai ricordi di lui com'era. E che sentirlo descrivere come l'abbiamo descritto noi...-

- Immagino fosse molto diverso una volta.- disse Rey con un sorriso comprensivo.

- In realtà no.- rispose lei dopo qualche istante di silenzio, sorprendendoli – Kylo è sempre stato Kylo. Solo che veniva chiamato con un altro nome.- concluse lei riportando lo sguardo all'orizzonte.

- Nel senso che compiva azioni spaventose e crudeli anche prima?- chiese Fin senza quasi rendersene conto, coprendosi poi la bocca con una mano, costernato.

Incredibilmente Aniron si lasciò andare a una lieve risata, seppure triste.

- Le sue azioni...- sospirò tornando a guardare Fin – Non sono mai sbagliate le azioni quando sono guidate dalla Forza. Ricordalo.-

- Cosa vuoi dire?- chiese Rey con un'espressione tra l'incredulo e il raccapricciato – Tu forse non sai quello che lui ha fatto...-

- Ogni cosa.- la interruppe l'altra spostando lo sguardo su di lei – Più di quel che potete sapere voi, o chiunque altro.-

- Come?- chiese Poe sorpreso.

- L'ho sognato.- Aniron alzò gli occhi al cielo azzurro, perdendosi in contemplazione – Quasi ogni notte della mia vita. L'ho visto compiere cose...- sospirò e abbassò di nuovo lo sguardo su di loro – Ma quello che sfugge a tutti è l'interezza del quadro.- fu la sorprendente conclusione.

- Che cosa intendi?- chiese Rey ancora con quell'espressione, non poteva credere che potesse esserci qualcuno pronto a difendere il mostro che l'aveva torturata e aveva quasi ucciso Fin.

- Aniron.- intervenne quest'ultimo – Io facevo parte del Primo Ordine. L'ho visto di persona fare quel che fa e, credimi: non c'è un quadro da guardare.- concluse sicuro.

- Davvero?- sorrise lei guardandolo di nuovo – Fin, ricordi la tua prima missione di combattimento?- lui annuì, l'orrore negli occhi – Tu, pensando a quel momento vedi il massacro di un villaggio. Vuoi sapere cosa vedo io?- gli altri tre le prestarono la massima attenzione – Io vedo la tua decisione di lasciare l'Ordine prendere forma in quel momento, con quel massacro. Tu hai scelto in quel preciso istante di disertare, questo ti ha portato a salvare la vita a lui – indicò Poe – il quale era stato catturato e costretto suo malgrado a rivelare dov'era la mappa, il suo droide. Il quale nel frattempo si era imbattuto in una giovane mercante di rottami – spostò lo sguardo su Rey – che decise di aiutarlo a riunirsi al suo padrone. Voi siete scappati dalla nave di Kylo e precipitati sul pianeta dove tu Fin hai raggiunto un avamposto, casualmente quello in cui Rey aveva condotto BB-8. Le truppe dell'Ordine sono arrivate costringendovi a scappare, portandovi casualmente a rubare il Falcon che ha portato Han a trovarvi. Lui vi ha condotti su Takodana dove tu – Rey – hai trovato la spada di Luke Skywalker e dove Kylo ti ha rapita, spingendo lui – Fin – a dare tutta la sua collaborazione alla Resistenza e a organizzare la spedizione che ha portato lui Han e Chewie sulla Base con l'intento di salvarti. Ma tu ti eri già salvata. Lo scontro mentale con Kylo ti aveva aperto gli occhi sulla tua connessione alla Forza. E quella hai usato per liberarti. Dopo di che vi siete riuniti ma non siete fuggiti: l'attacco della Resistenza non stava andando bene, dovevate aiutare. Così siete arrivati all'oscillatore, Han e Chewie hanno piazzato le cariche ma poi hanno esitato a farle saltare. Perchè Kylo era lì. Azione e conseguenza: Kylo ha colpito Han e Chewie ha reagito attivando il detonatore. E l'arma, quell'arma che era il più grande punto di forza del Primo Ordine e che stava per distruggere un altro sistema stellare e la Resistenza, è andata in pezzi.- li guardò, notando le loro espressioni incredule – Ecco ciò che vedo io.-

- Wow.- fece Poe dopo qualche minuto – Vista così sembra quasi che Ren ci abbia aiutati.-

- Incredibile, vero?- sorrise Aniron annuendo – Questa è la natura della Forza.-

- Ha ucciso suo padre.- sottolineò testarda Rey.

- E salvato sua madre e tutti gli altri alla base della Resistenza.- Aniron la guardò con intensità – Ogni atto porta conseguenze. L'atto in se è spesso una conseguenza di qualcos'altro.-

- Ha ucciso suo padre.- ribadì Rey alzandosi in piedi – Nulla di quello che potrai dire mi indurrà a perdonargli quel gesto.-

- Non penso si aspetti il tuo perdono.- rispose l'altra con un sospiro – O quello di chiunque altro. Neppure il proprio...-

Rey non rispose, scosse la testa ancora una volta e se ne andò arrabbiata. Fin la richiamò un paio di volte ma Poe gli disse di lasciarla andare, di lasciare che si calmasse. Lui annuì poi incrociò gli occhi violetti di Aniron che, dopo un attimo, sospirò di nuovo con un sorriso mesto.

- La tua amica deve imparare che la vita, la Forza, non è o bianca o nera. Se non viene a patti con questa verità le sue azioni potrebbero portare a conseguenze peggiori di quelle dei nostri nemici.- concluse.

I tre rimasero sulla collinetta ancora un po' parlando delle missioni di volo di Poe e del prossimo addestramento di Fin. Da quel giorno non toccarono più l'argomento che li aveva portati alla discussione di quel pomeriggio ma, in qualche modo, non poterono più evitare di cercare il “quadro” in ogni evento.


I giorni ripresero a scorrere quieti, il lavoro all'infermeria era per fortuna minimo poiché non c'erano stati grandi scontri della Resistenza col Primo Ordine. Ad un certo punto, giorno dopo giorno Aniron iniziò a non sentirsi bene, tenne controllata la propria dieta e le proprie abitudini ma non riusciva a capire cosa le provocasse quel malessere generale, così decise di farsi visitare da uno dei medici della base. La donna le fece alcune domande sulle sue abitudini e poi le fece alcune analisi ed una visita con lo scanner corporeo. Alla fine della visita, con i risultati degli esami in mano, si sedette davanti alla ragazza.

- Leggo sulla tua cartella che sei sposata.- attese il cenno affermativo – Quanto tempo è che non vedi tuo marito?- le chiese circospetta.

- Trentatré giorni.- rispose la ragazza perplessa – Perchè?-

- Perchè, mia cara,- iniziò la dottoressa aprendosi in un sorriso – sembra proprio che tu sia incinta. Di trentacinque giorni esatti.-

- Incinta?- sussurò Aniron, la donna annuì.

Non si rese conto che le lacrime avevano iniziato a rigarle le guance mentre un sorriso immenso le schiudeva le labbra illuminandole gli occhi. Era incinta, sarebbe stata madre. E Kylo padre! Quel pensiero le spalancò ancora più gli occhi, sarebbe stato contento? Ripensò all'unica volta in cui avevano parlato dell'argomento, ancora su Edonia e ricordò lo sguardo di desiderio malinconico che lui aveva parlando di un figlio loro. Sì, si disse, sarebbe stato contento. Preoccupato più di quanto non fosse per la loro situazione, ma felice. Di slancio la ragazza abbracciò la dottoressa che scoppiò a ridere poi corse via: doveva dirlo a Leia!

Trovò la donna nel suo ufficio, due comandanti di squadriglia erano lì, valutando la missione che stava per partire. Tutti e tre alzarono lo sguardo di scatto, sorpresi quando lei irruppe nell'ufficio senza bussare. Rendendosi conto solo in quel momento di quel che stava facendo, Aniron si bloccò sulla porta arrossendo e mormorando delle scuse. Fece per andar via ma Leia la richiamò dicendole che la riunione era quasi finita e poteva aspettare lì. Poi tornò a prestare attenzione ai due militari confermandogli ordini e piani di volo, quelli scattarono nel saluto e se ne andarono, scoccando occhiate perplesse alla ragazza.

- Cosa succede, bambina?- chiese la donna preoccupata appena la porta si fu chiusa.

- Io... Scusa non ho pensato...- iniziò.

- Non ti scusare, è chiaro che è successo qualcosa.- incalzò l'altra.

Improvvisamente intimidita e a corto di parole Aniron spostò il peso da un piede all'altro, non sapendo come iniziare l'argomento. La donna più anziana le fece cenno di sedersi davanti a lei poi, con un cenno rassicurante l'invitò a parlare.

- Ecco... Erano un po' di giorni che non mi sentivo bene.- iniziò prendendola larga – No, no! Sto bene! - aggiunse in fretta vedendo l'altra allarmarsi – Davvero! Sono andata a farmi visitare proprio ora, ed è tutto a posto. Solo...- si interruppe mordicchiandosi un labbro.

- Solo?- incalzò Leia impaziente.

- Sono incinta.- rivelò l'altra, di nuovo con quel sorriso abbagliante – Di trentacinque giorni. - Leia fece il giro della scrivania in un lampo avvolgendo la ragazza in un abbraccio – Sono incinta Leia, sarà padre.- mormorò rompendo poi in singhiozzi stretta all'altra donna.

Si accorse con sgomento che anche Leia stava piangendo ma, da come la abbracciava era chiaro che erano lacrime di gioia. La porta si aprì e richiuse in un attimo mentre Luke, attirato dall'onda emotiva che aveva attraversato la sorella, si precipitava verso le due.

- Cos'è successo?!- chiese preoccupato vedendole preda delle lacrime.

- E' incinta!- riuscì ad articolare Leia tra un singhiozzo e l'altro – Sarò nonna!-


La cosa più strana del vivere in una base militare segreta, in questo caso della Resistenza, era che nessuno faceva domande. Tutti sapevano che era sposata, e nell'arco di pochi giorni che era incinta, ma nessuno le aveva mai chiesto dove fosse suo marito. Davano per scontato che, se non era lì, era probabilmente in qualche missione, forse una spia o un infiltrato sotto copertura. Quindi si limitavano a gioire con lei per la lieta notizia ma nessuno le chiedeva cose del tipo “E il padre come l'ha presa?”, immaginando che forse lui nemmeno lo sapeva.

Queste considerazioni attraversavano la mente della ragazza due mesi dopo mentre camminava per la base diretta alla mensa. Nel suo caso poi, il fatto di non ricevere domande era un'autentica benedizione.

Quando aveva dato la notizia a Leia, una volta calmatesi entrambe dallo sfogo emotivo, si erano sedute e, con il consiglio di Luke ad aiutarle, avevano deciso di non cercare di far avere la notizia a Kylo. Subito Leia avrebbe voluto scrivergli, usando la casella segreta di messaggi, ma Aniron si era opposta. Ci era voluto un po' per far comprendere le sue ragioni alla donna più anziana ma, alla fine Leia aveva dovuto convenire con lei che, in quel momento, quella notizia sarebbe solo servita a distrarre il ragazzo, oltre che a fargli pesare ancora di più la sua decisione. La ragazza sapeva che, se lui non si era ancora messo in comunicazione con lei, voleva dire che non era prudente farlo, che forse la sua posizione nell'Ordine rischiava di venir compromessa. E, per quanto potente, se Snoke gli avesse mandato contro l'intero Ordine difficilmente il ragazzo sarebbe sopravvissuto. Luke le aveva dato ragione, e Leia si era rassegnata.

Su una cosa però era stata adamantina: Aniron avrebbe lasciato la base della Resistenza per un luogo segreto e più sicuro. Con lei sarebbero andati solo Rey, in qualità di amica e compagna di studi, Luke, che aveva finalmente accettato di riprendere il suo ruolo di Maestro e addestrare le due ragazze, Fin, come guardia, e Poe. La ragazza protestò che Poe era un pilota troppo in gamba per rinunciare a lui ma Leia non volle sentire ragioni. Si sarebbero dovuti spostare spesso forse, e l'unico pilota in grado di far volare qualunque mezzo a disposizione in caso di fuga era Poe Dameron. Venne scelta anche una dottoressa per accompagnarli, la stessa che l'aveva visitata e che, scoprì Aniron, era al servizio di Leia dai tempi di Alderaan e dell'Alleanza Ribelle contro il primo Impero. Leia si fidava di lei sia come medico che come donna.

Ci vollero quasi quattro mesi per trovare e allestire il rifugio adatto, nell'arco dei quali una sorpresa aveva lasciato chi più chi meno basiti: Aniron aspettava due gemelli, anche se era ancora impossibile determinarne il sesso. Poi i cinque partirono.

Luke partì per primo, da solo, con la scusa di visitare un Tempio antico di cui aveva letto durante la sua lontananza ma, in realtà, diretto alla casa natale della ragazza: preparando i bagagli quest'ultima aveva ritrovato, sul fondo del baule, il messaggio che sua madre le aveva chiesto di consegnare all'uomo e così aveva fatto. Non sapeva cosa c'era scritto in quella lettera, sapeva solo che lo sguardo di Luke quando l'aveva letto si era acceso di stupore prima e di speranza poi. Le aveva detto che quando l'avesse raggiunta al nuovo rifugio le avrebbe spiegato tutto poi, dopo aver preso in consegna il messaggio di Aniron per i suoi genitori, era partito. Due giorni dopo erano partiti Fin e Rey accompagnati da Chewie sul Falcon.

Il Wookiee, scoperta la gravidanza della ragazza, era diventato la sua ombra. Le aveva spiegato che lui aveva un debito di vita con Han e che fino a che fosse stato vivo era legato a lui e ai suoi discendenti. Inoltre, dopo aver scoperto la verità su Kylo, si sentiva anche responsabile per averlo quasi ucciso. Saputa la verità aveva riconsiderato tutto ciò che era successo ed era giunto alla conclusione che il ragazzo si fosse comportato da vero guerriero e che quindi fosse degno del suo rispetto. Rimaneva imperdonabile ai suoi occhi che avesse ucciso Han, ma le motivazioni dietro ai gesti erano qualcosa di importante e altamente valutato dagli Wookiee nel giudicare colpe e meriti. Così ora, proteggere lei e i suoi bambini, era divenuto il suo scopo di vita. Aniron era commossa da tanta fedeltà.

Quello stesso giorno, a darle un momento di pura gioia fu il ricevere, per la prima volta da che si erano separati, notizie da Kylo. Era nel suo alloggio, stava finendo di preparare le cose che avrebbe portato via con se quando un lieve blip del computer la richiamò alla piccola scrivania accanto alla porta. Pensava fosse un messaggio di Leia che la invitava a mangiare con lei, invece ad aver blippato non era il sistema di comunicazione interno: era la casella il cui codice di accesso avevano solo lei e Kylo. Il messaggio era brevissimo, un asettico “Tutto sotto controllo”, ma per lei significava il mondo. Ora sapeva che lui stava bene, che la sua posizione non era minacciata e quindi, che forse presto avrebbe ricevuto altre notizie. Rispose con un altrettanto semplice “Anche qui”, sapeva che lui avrebbe capito tutto ciò che non c'era scritto. Avvisò Leia del contatto e la donna si mostrò sollevata, per scrupolo controllò la casella su cui una volta aveva scritto a lei ma non fu sorpresa di non trovare nulla di nuovo.

Infine anche Aniron, la dottoressa e Poe partirono. La dottoressa e la ragazza lasciarono la base su una piccola navetta da trasporto mentre Poe partì da solo un'ora prima di loro con un caccia senza insegne e ben armato. Era stata fatta girare la notizia che lo mandavano a compiere una missione esplorativa accurata dei territori sotto il controllo del Primo Ordine e che quindi sarebbe stato via a lungo. Invece per Aniron era stata usata la scusa più banale e credibile: la gravidanza stava mettendo a rischio la sua salute e quindi la dottoressa aveva ritenuto opportuno un cambiamento d'aria. Nessuno l'aveva trovato strano.

Bakura fu la location scelta per il nascondiglio della ragazza. Popolato quasi interamente da umani e sufficientemente periferico da essere di poco interesse per il Primo Ordine, era stato valutato un buon posto dove inserire la loro piccola comunità. Chewbacca e Leia conoscevano il pineta poiché lo avevano visitato ai tempi della Ribellione, la donna aveva considerato che ad Aniron sarebbe piaciuto essendo abbastanza simile al suo mondo natale. Attraverso una rete di prestanome Leia aveva acquistato nel continente chiamato Prytis una fattoria alle pendici di una delle montagne più distanti dalla capitale. Circondata da boschi, con un laghetto e frutteti di namana tutt'intorno era un posto incantevole, la casa era grande abbastanza per tutti loro e la foresta tutt'intorno era un buon posto dove tenere nascoste le navi. Il Falcon era stato mimetizzato con una rete di copertura che dall'alto lo faceva sembrare un boschetto appena più folto del resto, anche il caccia si era trasformato in un grosso cespuglio di rovi. L'unica nave in vista, seduta sulla piccola pista di atterraggio nei terreni della casa era la navetta a quattro posti su cui erano arrivate Aniron e la dottoressa Naala.

Poe, Fin e Chewie passarono i primi giorni ad allestire la rete di sorveglianza tutt'intorno ai terreni della casa e nei boschi che la circondavano, nel seminterrato avevano sistemato la sala controllo e computer, il loro piccolo centro operativo lo avevano definito. Intanto Aniron e Rey avevano fatto un giro meno di controllo e più di esplorazione dei dintorni e la prima aveva indicato all'altra tutte le piante medicinali che riconosceva. La dottoressa invece aveva allestito una sala medica completa in una delle stanze del pianterreno, non che prevedesse di averne grande bisogno, non prima del parto di Aniron ma, da buon medico preferiva essere preparata.

Per non destare sospetti negli abitanti della zona, subito accorsi a dare il benvenuto ai nuovi vicini, era stata creata una storia di copertura secondo cui Poe e Rey erano fratelli e Aniron e Fin i rispettivi coniugi, lasciando alla dottoressa il ruolo della mamma. Luke invece, quando fosse arrivato, avrebbe interpretato il ruolo di zio per Aniron. Dissero di essersi trasferiti lì da Dantooine perchè le leggi imposte in quel che era l'ultima rimanenza dell'Impero erano diventate insostenibili. I Bakurani si mostrarono molto comprensivi: ricordavano bene cosa voleva dire vivere sotto il giogo Imperiale e diedero il benvenuto alla nuova famiglia.

Luke arrivò dieci giorni dopo, portando con se il tesoro di Ainani: come sospettato da Kylo era composto da quattordici Datacron Jedi. Un patrimonio inestimabile. L'uomo passò i primi giorni studiandoli, leggendo i documenti scritti e interagendo con gli ologrammi senzienti di maestri e maestre racchiusi in quelle device altamente avanzate. Poi, appena ebbe organizzato il materiale, riprese l'addestramento delle due ragazze.

La cosa che più mancava ad Aniron era la presenza di Leia. Si rendeva perfettamente conto che la donna era necessaria altrove, ma dopo cinque mesi di quotidianità, non avere più la possibilità di parlarle come prima fu difficile. Soprattutto perchè era l'unica con cui poteva parlare liberamente di Kylo. Certo lì c'erano Chewie e Luke ma non era la stessa cosa: per il Wookiee il ragazzo era un guerriero che aveva fatto delle scelte importanti, anche se molte non le approvava, per Luke invece... Per Luke era una nota dolente poiché riteneva se stesso colpevole per la scelta silenziosa fatta dal ragazzo. Pensava che se fosse stato un Maestro e uno zio migliore, più presente, forse Kylo si sarebbe confidato con lui e, insieme, avrebbero potuto trovare un altro modo di proteggere il futuro della Galassia. Le disse una volta di considerarsi un fallimento come Jedi e come uomo, come Jedi perchè non aveva visto ciò che stava realmente succedendo e come uomo perchè non si era accorto dello strazio interiore di suo nipote. Rendendosi conto di quanto quell'argomento lo mettesse in crisi, Aniron non lo aveva più sollevato. Così si era rassegnata a tenere per se ogni pensiero riguardante suo marito, ogni preoccupazione per la sua sicurezza, ogni sogno che faceva. Ancora alla base aveva dovuto iniziare un secondo blocco da disegno perchè il primo era ormai completamente pieno. Un giorno parlando con Leia era venuto fuori il discorso dei suoi disegni così glieli aveva mostrati, la donna aveva sfogliato quella carrellata di orrori con espressione attonita per poi commuoversi fino alle lacrime davanti al disegno di lui neonato. Vedere la copertina stropicciata che indicava già il nome che lui avrebbe scelto era stato ciò che l'aveva fatta crollare, perchè ribadiva ancora una volta quanto tutto ciò che era accaduto era stato prestabilito molto prima di quanto tutti immaginavano.

A parte Luke e Chewie, nessuno di quelli con lei sapeva la verità su Kylo, sul perchè lui fosse diventato il loro peggior nemico, così la ragazza teneva per se quei disegni e, quando si svegliava da una delle sue visioni, usciva di casa e camminava tra i boschi fino a trovare un angolo tranquillo dove mettere le immagini su carta. Faceva sempre attenzione a che nessuno si accorgesse di quando usciva e, grazie alla Forza, riusciva ad evitare che il sistema di sorveglianza scattasse quando lo attraversava. Il suo primo pensiero fu quindi che la Forza dovesse aver deciso così, il giorno in cui Poe la trovò intenta nel suo lavoro, seduta su un tronco caduto, il suo posto preferito.

L'uomo si era svegliato prima del solito quella mattina ed era uscito a fare un giro di controllo. Si fidava di C1 e BB-8 che tenevano la griglia di allarme sotto controllo nello scantinato, ma pensava sempre che un paio d'occhi non guastavano. Fu così che vide Aniron uscire di casa da sola, con atteggiamento guardingo, ed inoltrarsi nel bosco. Perplesso da quel comportamento decise di seguirla. La ragazza era rapida nonostante fosse ormai al sesto mese di gravidanza e un paio di volte la perse di vista. Alla fine però la raggiunse e rimase perplesso vedendola seduta a disegnare, l'espressione concentratissima mentre tracciava linee sicure col carboncino, si avvicinò senza fare rumore fermandosi alle sue spalle per vedere cosa lei stesse disegnando. Spalancò gli occhi nel vedere la scena che lei stava delineando: un giovane uomo vestito con un'armatura fatta di un qualche tessuto, un'armatura che lui conosceva bene, stava trafiggendo un soldato con una spada dalla lama instabile e l'elsa a crociera, anche quella spada lui la conosceva bene. L'espressione del volto di quel giovane uomo era glaciale, solo gli occhi esprimevano una rabbia a mala pena repressa che gli provocò un brivido lungo la schiena. Aspettò che lei desse gli ultimi ritocchi al disegno, delineando tra le altre cose la sottile cicatrice sul volto di lui prima di parlare.

- Quindi è quello il volto sotto alla maschera.- disse sottovoce.

Con un ansito spaventato la ragazza si voltò incontrando gli occhi dell'uomo.

- Mi sono sempre chiesto che faccia avesse.- concluse lui ostentando tranquillità.

- Poe...- le lo fissava con occhi enormi.

- Ti ho vista uscire e mi sono preoccupato. I boschi possono essere pericolosi.-

- Oh...- lei abbassò lo sguardo – Grazie. Hai avuto un pensiero gentile.-

- Ma non gradito, vero?- lei lo guardò e lui le sorrise – Non hai l'aria contenta di vedermi.-

- Non è per te! - si affrettò a dire – Sono sempre contenta di vederti, lo sai: sei ormai da mesi il mio migliore amico.- gli sorrise – E' solo che...- si interruppe.

- Che in casa nessuno sarebbe felice di sapere che sogni Ren e che disegni ciò che vedi?-

- Già...- sospirò sedendosi di nuovo e facendogli segno di accomodarsi anche lui – In realtà il Maestro Luke lo sa, ma parlare di Kylo con lui è straziante: si accolla tutte le colpe. Ma gli altri... Rey da in escandescenza solo a sentirne parlare e Fin...- si interruppe.

- Fin lo ha visto all'opera di persona e ha paura.-

- Sì.- lo guardò – Tu no, invece. Perchè Poe? Eppure dei tre tu sei l'unico ad essere stato davvero torturato da lui.-

- Siamo in guerra.- fu la serafica risposta – Io sono suo nemico e lui è il mio. Se le parti fossero state invertite non credo mi sarei fatto molti scrupoli a fargli quel che ha fatto a me. Non è...- cercò la parola – Personale, capisci? Non mi ha torturato per il piacere di farlo, senza motivo o scopo. Non mi avrebbe torto un capello se io avessi detto subito di BB-8. Ha fatto quel che doveva per assicurare un vantaggio al suo schieramento. E' ciò che faccio anche io. Quanti soldati, quanti piloti ho ucciso? Te lo sei mai chiesta?- lei scosse la testa – Io sì. Non ci sono Santi in guerra, Aniron.- concluse serio.

- Sei saggio.- disse lei facendolo ridere.

- Solo realista, temo. Ma è la verità. In altre circostanze, se io fossi stato convinto della loro causa per esempio, saremmo stati alleati e, probabilmente, lo stimerei per le sue capacità di guerriero.-

- Il modo in cui maneggia quella spada è la cosa più affascinante e terrificante ch'io abbia mai visto. La spada in se lo è. Ma vedergliela in mano...- disse lei senza rendersene conto, lo sguardo perso in un ricordo.

- Tu lo hai visto.- un'affermazione che attirò il suo sguardo allarmato – E non dico in sogno: tu hai visto di persona il modo in cui combatte.- concluse Poe.

Non c'era accusa nel suo tono, né nel suo sguardo. Ma era chiaro dall'espressione dell'uomo che non avrebbe accettato altro che la verità. La ragazza lo guardò dritto negli occhi per momenti interi, valutando l'uomo che conosceva, la mente e il cuore che aveva imparato ad apprezzare. Quindi, fidando nel suo istinto e nella mente di quell'amico, decise di essere sincera.

- Sì, Poe. L'ho visto.- disse sostenendo il suo sguardo – Ero con lui quando ha ricostruito la spada.-

- Cosa?!- l'uomo la guardava basito – Com'è possibile?!-

- Io l'ho curato quando è rimasto ferito e l'ho guardato riprendersi e ritornare ad essere se stesso. L'ho visto allenarsi fino a crollare a terra esausto, imponendosi di rialzarsi e continuare fino a ritrovare la forza che aveva prima di venir quasi ucciso. L'ho visto ricostruire quella spada che è la sua arma di elezione e tornare ad allenarsi con essa, finalmente integro.- abbassò gli occhi triste – E l'ho visto andare via...-

- Tu lo ami.- fu l'incredula realizzazione di Poe – Ne sei innamorata!-

- Sì.- disse lei con semplicità, restituendo lo sguardo – Lo amo. Lui è tutta la mia vita.-

- Ma... Ma...- era senza parole – Non puoi! Tu.. Lui...- boccheggiava – Voi siete...-

- No!- rise lei, improvvisamente capendo quale fosse l'obiezione di Poe – Non siamo parenti! Leia ti disse che ero la nipote di Han per giustificare il fatto di avere tanta famigliarità con qualcuno che tu non avevi mai visto. Capisci che al primo incontro dirti “Lei è la moglie di mio figlio” sarebbe stato un po' difficile.-

- Moglie? Moglie?!- esclamò alzando il tono di voce per la sorpresa – Siete sposati?! Lui...- abbassò gli occhi al pancione di lei – E' lui tuo marito?! Il padre di questi due bambini? Lui?!- chiese attonito.

- Sì. Lui.- abbassò gli occhi al disegno che ancora aveva tra le mani e carezzò lievemente il volto di Kylo – Lui.- mormorò ancora.

- Oh, stelle!- bofonchiò Poe scuotendo ancora il capo – Ora le ho davvero sentite tutte...- sollevò di nuovo la testa di scatto a guardarla – Sa dei piccoli?-

- No.- lei scosse la testa – Non c'è un modo sicuro per farglielo sapere.-

- Ma bisogna!- la guardò – Se sapesse di loro potrebbe decidere di abbandonare l'Ordine e schierarsi con noi! Sarebbe un alleato formidabile e...- si interruppe – Perchè scuoti la testa?-

- Non cambierà schieramento Poe, non può.-

- Perchè no? Voglio dire, è piuttosto potente, non credo riuscirebbero a fermarlo.-

- Non è quello. Nessuno potrebbe fermarlo se volesse andarsene. Ma non può farlo, altrimenti sarebbe con noi da tempo.-

- Non capisco.- la guardava perplesso.

Aniron sospirò e, dopo un attimo di esitazione, iniziò a raccontare la verità su Kylo e sulla sua visione. Poe l'ascoltava con gli occhi spalancati mentre lei gli spiegava i motivi e le azioni del ragazzo, e quello che lui aveva sacrificato. Alla fine il pilota rimase in silenzio a lungo, digerendo ciò che aveva appena sentito, ripensando a quella conversazione avuta tanto tempo prima con quella ragazza sul quadro generale delle azioni di Ren. Spingendosi oltre e vedendo altre connessioni che prima non aveva notato. Alla fine scosse la testa lentamente, incredulo.

- Il Generale lo sa?-

- Sì, certo. E' stata la prima a cui l'ho raccontato.-

- Le si sarà spezzato il cuore.- commentò Poe – Scoprire una cosa del genere è quasi peggio che l'alternativa.- si passò le mani sul volto – Mi sento come se mi avessero ribaltato la terra da sotto i piedi.- disse con un mezzo sorriso.

- Sei davvero una persona eccezionale, Poe Dameron, lo sai vero?- disse lei guardandolo con affetto e apprezzamento.

- Non mi sento molto eccezionale al momento.- si sminuì lui.

- Ma lo sei.- ribadì lei sicura catturando la sua attenzione – Pochi altri avrebbero reagito così compostamente a una rivelazione del genere. E non parlo della questione visione ma di prima, del fatto che ho confessato di amarlo e tu hai avuto da ridire solo sulla nostra presunta parentela.- sorrise triste – Chiunque altro mi avrebbe dato della pazza o della stupida. Perfino della traditrice. Amare il Mostro. Che terribile peccato!-

- Non si sceglie chi amare.- disse lui passandole un braccio confortante dietro alle spalle – E se è vero che ti ricambia vuol anche dire che tanto Mostro poi non è.- la guardò sorridendo – I mostri non sono famosi per la loro capacità di amare, sai?- concluse.

- Spiegalo a Rey...- commentò con una smorfia lei.

- Ah, Rey. E' una cara ragazza. Ma avevi ragione: deve imparare a scindere tra ciò che è ideale e ciò che è reale.-


Le settimane passarono tranquille. A Luke era bastato uno sguardo ai due che rientravano da quella passeggiata per capire cos'era successo e, con un semplice cenno del capo, aveva fatto capire alla ragazza che approvava la sua scelta di raccontare tutto al pilota. Non avevano mai più affrontato l'argomento: era troppo alto il rischio che gli altri sentissero. E per quanto si fidassero di tutti i presenti come amici e compagni di lotta, quella verità era qualcosa che non tutti erano in grado di comprendere o accettare.

Il momento del parto si stava avvicinando, Aniron passava di continuo dall'euforia al terrore. Sapeva come nascevano i bambini, essendo una guaritrice aveva assistito a decine di parti nella sua valle su Edonia. Ma essere lei la protagonista del fatto le metteva ansia. La dottoressa Naala cercava di rassicurarla quanto più possibile conscia che uno stato d'ansia avrebbe potuto compromettere la facile conclusione del parto in se. Alla fine, su richiesta della ragazza acconsentì a mandare un messaggio a Leia pregandola di raggiungerli prima del termine della gravidanza. Aggiunse una nota personale in cui spiegava che la ragazza aveva spesso lamentato la mancanza di Leia e che probabilmente la vedeva come una madre sostitutiva. La sua presenza quindi avrebbe fatto un'enorme differenza per lo stato mentale della ragazza durante il parto, essendo impossibile per lei avere accanto il conforto del marito.

Ricevuto il messaggio Leia aveva programmato la sua assenza assieme ai capi della Resistenza poi, circa quattro giorni prima della data prevista per il parto, Poe era venuto a prenderla con la navetta della dottoressa. Per non farsi riconoscere non era sceso e non si era fatto vedere, era atterrato, presa a bordo la donna e ridecollato nell'arco di pochi minuti. Durante il viaggio la donna gli chiese di raccontarle di quei mesi su Bakura, lui le fece un rapporto alquanto dettagliato, facendola ridere a volte per qualche dettaglio della quotidianità con un Maestro Jedi e un Wookiee, poi, dopo un attimo di esitazione, la informò che era a conoscenza della verità su suo figlio. Leia fu stupita che Aniron avesse deciso di raccontargli la verità ma non ebbe nulla da dire: si fidava di lui non solo come pilota ma soprattutto come uomo. Poe le spiegò com'era successo e lei si limitò ad annuire, aggiungendo che avrebbe voluto vedere quel disegno per sapere se suo figlio era cambiato molto negli ultimi otto anni.

Non ne ebbe il tempo appena atterrata: sorprendendo tutti la ragazza era entrata in travaglio prima del previsto. Per fortuna Leia arrivò che era nella prima fase del parto quindi potè esserle accanto dall'inizio, sostenendola e rassicurandola attraverso quella prova. Un primo parto, per giunta gemellare, avrebbe potuto prendere moltissimo tempo. E per quanto la dottoressa fosse pronta ad intervenire con un cesareo, se fosse stato possibile era preferibile che il tutto avvenisse in maniera naturale. Aniron per prima lo desiderava. Essendo l'infermeria piccola non fu concesso di restare ad aiutare neppure a Rey così la ragazza si ritrovò seduta nella sala comune circondata da uomini, e un Wookiee, agitati e preoccupati. Dopo dieci minuti di osservazione perplessa iniziò a prenderli in giro dicendo che sembrava fossero loro i padri dei nascituri.

- Non sarò il padre,- rispose Fin piccato – ma sono di sicuro lo zio!-

- Abbiamo diritto a essere nervosi.- aggiunse Poe concordando con l'amico.

Luke dal canto suo sprofondò in una trance meditativa per evitare di lasciarsi andare all'ansia. Ricordava chiaramente la figura da idiota che aveva fatto ventisette anni prima quando era stata Leia a partorire. E se all'epoca era poco più che un ragazzo, per quanto già eroe di guerra e Cavaliere Jedi, e quindi era stato “perdonato” da chi aveva assistito, ora era decisamente troppo vecchio per poter replicare. Così lasciò che la Forza lo calmasse e, attraverso essa, si tese verso quella ragazza dandole quanto più sostegno poteva.

Aniron seguiva alla lettera le istruzioni della dottoressa, aveva piena fiducia in lei e, avere Leia accanto, le aveva restituito la serenità che le serviva per superare quella prova con lucidità. Avvertiva il lieve contatto incoraggiante di Luke e ringraziò le stelle e tutti gli Dei per averle dato una famiglia così affettuosa. Dentro di se anelava alla presenza di suo marito, sapeva che non era possibile, e sapeva di doversi trattenere dal cercarlo nella Forza: non era ancora abbastanza brava a schermarsi e il rischio che qualcun altro avvertisse il contatto era troppo grande. Eppure la sua mente e il suo cuore non potevano fare altro che gridare il suo nome mentre le spinte sempre più potenti del parto le attraversavano il corpo facendola gridare di dolore.

Leia, intimamente consapevole di quello che passava per la mente della ragazza, le stringeva la mano incoraggiandola a spingere quando le contrazioni si facevano più forti, scambiando occhiate con la dottoressa che annuiva rassicurante. Infine i bimbi nacquero. A distanza di due minuti uno dall'altra vennero alla luce prima il maschietto e poi la femminuccia. Piccoli e perfetti come solo dei neonati possono essere, con la pelle arrossata dallo sforzo del parto e un ciuffo di capelli neri con riflessi fulvi sulla testa. Piansero per non più di un minuto prima di addormentarsi beati tra le braccia della madre che piangeva preda a una gioia immensa. La ragazza alzò lo sguardo sulla suocera, anch'essa in lacrime.

- Diglielo Leia.- sussurrò, esausta – Ora devi dirglielo. Chiedigli di scegliere i nomi.- aggiunse.

La donna annuì e la lasciò alle cure della dottoressa.

Venne intercettata subito fuori dalla porta dagli “zii” ansiosi e si fermò a rassicurarli che tutto era andato alla perfezione e che di lì a qualche minuto la dottoressa avrebbe portato fuori i bimbi perchè potessero vederli. Poi, scambiato uno sguardo d'intesa con Luke, si allontanò.

Rimase seduta davanti allo schermo del piccolo computer nella camera della ragazza per minuti interi senza sapere come iniziare quel messaggio. Sapeva che suo figlio non avrebbe gradito il non essere stato subito informato della gravidanza di Aniron, ma sperava avrebbe capito perchè era stato tenuto allo scuro...


Chi conosceva Kylo Ren sapeva che, quando lo si vedeva camminare per i corridoi della nave con quel passo, era meglio togliersi dai piedi alla svelta. L'alternativa poteva essere... Poco piacevole.

Da quando mesi prima era ricomparso dopo essere stato dato per morto sulla Base Starkiller il suo carattere, già non bellissimo prima, era a dir poco peggiorato. E se prima faceva paura vederlo all'opera o in uno dei suoi momenti di rabbia, ora era una presenza terrificante anche quando era tranquillo. Perfino il Generale Hux aveva perso molti degli atteggiamenti di superiorità che prima teneva con lui. Il fatto era dovuto in parte all'insoddisfazione del Leader Snoke per il fatto che Hux fosse scappato dalla Base morente senza aver ritrovato Ren, dato per morto ma invece molto vivo, e in parte per il fatto che Ren stesso gli aveva dimostrato la sua gratitudine per essersi disinteressato della sua sorte. Hux ne avrebbe portato il ricordo indelebile per il resto della sua vita.

Al suo ritorno Ren era rimasto a conferenza con Snoke in un incontro a porte chiuse per quasi due ore. Quando ne era emerso aveva portato la sua ammiraglia su Kuat e, in un tripudio di forza, mistica e bruta, aveva conquistato quasi interamente da solo l'immenso cantiere navale che da millenni “sfornava” le migliori navi da battaglia della Galassia. Con pugno di ferro aveva poi imposto il blocco totale sia del pianeta che del cantiere e aveva consegnato al direttore dei lavori il progetto di una nave speciale di sua personale creazione. Il Direttore era sbiancato vedendo cosa era richiesto e la data di consegna obbligata specificata sul progetto. Aveva tentato di protestare che non era materialmente possibile consegnare un tale lavoro in un tempo così breve. Inutile dire che era rimasto senza parole, e respiro, a neppure metà della frase. Ren se l'era tirato vicino e gli aveva intimato, per il suo bene, di renderlo possibile. Il direttore aveva in qualche modo annuito, gli occhi spalancati per il terrore che si riflettevano nelle profondità della maschera di Ren.

Dopo quella vittoria spietata e assolutamente incredibile, che aveva strappato una risata dalle labbra deformi di Snoke, il giovane condottiero si era dedicato all'acquisizione di qualunque pianeta le cui risorse potevano servire. Dava una possibilità di resa ad ogni pianeta, una sola. Se veniva colta il Primo Ordine avviava l'occupazione “pacifica” del pianeta. Se veniva respinta... Le conseguenze erano drastiche.

Guidato dalla sua visione Kylo stava facendo tutto ciò che era necessario per portare avanti il suo compito col minor numero di vittime possibile. E se questo voleva dire bombardare un pianeta dall'orbita facendo migliaia di morti, allora così fosse. Meglio qualche migliaia che diversi milioni. Dopo tutto se avesse guidato personalmente la squadra di recupero inviata su Jakku un anno prima, l'avamposto sarebbe stato raso al suolo completamente ma probabilmente il sistema di Hosnian sarebbe rimasto integro. E se su Takodana non si fosse accontentato di rapire la mercante di rottami ma avesse messo a ferro e fuoco tutto fino a scovare il droide forse suo padre sarebbe stato ancora vivo. Lezione imparata.

C'era di positivo che, se non altro, il Primo Ordine non era più in possesso dell'arma Starkiller. Dopo tutto ci erano voluti quattro anni di perlustrazione per trovare un pianeta adatto ad ospitarla e altri venti di costruzione per renderla operativa, oltre a diversi miliardi di crediti: difficilmente l'Ordine ne avrebbe potuto costruire un'altra.

Così ora, avendo ben più di prima da proteggere, seguiva la visione passo a passo, facendo su se stesso quanta e più violenza di quella che riversava sugli altri.

Quel giorno si era svegliato con la sensazione che qualcosa non andasse. Aveva controllato il sistema di messaggi segreto ma non aveva trovato nulla. L'ultimo contatto con sua moglie risaliva a quasi due mesi prima. Un altro scambio breve e criptico che però gli aveva dato la forza di andare avanti sulla strada tracciata. Considerò se scriverle di nuovo ma temette fosse troppo presto: non voleva usare quella casella troppo spesso, se qualcuno l'avesse scoperta sarebbero potuti arrivare a lei. Così, con un sospiro, aveva spento il computer e, indossata la maschera e i guanti si era avviato al ponte per proseguire il suo “lavoro”. Eppure nell'arco della giornata quella sensazione di ansia e urgenza non lo avevano abbandonato, anzi erano andate intensificandosi finchè, non potendo più reggere oltre, aveva raggiunto i suoi alloggi intimando di non venir disturbato per nessuna ragione nella Galassia, ed era sprofondato in una meditazione di Forza deciso a scoprire cosa c'era che non andava. Era rimasto in trance per ore senza però riuscire a trovare la fonte di turbamento. Aveva provato a raggiungere il fantasma di suo padre ma da qualche giorno non si faceva né vedere né sentire. Aveva percepito l'eco lontana di Snoke, soddisfatto di quel che leggeva sui rapporti, troppo distratto da tutte le sue vittorie per prestargli attenzione, Kylo sorrise: com'era facile manipolare quel mostro deforme e abbietto.

Il cicalino del computer lo richiamò al presente. Non sapeva da quanto stesse bippando ma, finalmente, quel suono persistente aveva fatto breccia nella sua concentrazione. Digrignò i denti rendendosi conto che qualcuno lo stava disturbando, palesemente disobbedendo al suo ordine. Si avvicinò al computer attivando lo schermo con malagrazia, pronto a raggiungere e punire severamente il trasgressore quando la realizzazione di quale casella di messaggi stesse chiamandolo lo pietrificò. Aveva usato quella casella una sola volta, mesi prima, per scrivere a sua madre ed ora proprio il suo id brillava sullo schermo. Era successo qualcosa ad Aniron. La certezza lo travolse: era l'unico motivo per cui Leia avrebbe potuto scrivergli. Fece violenza su se stesso per non aprire il messaggio su quel computer, sapeva che veniva controllato dal sistema centrale della nave. Il fatto che era stato aperto un messaggio da una casella non registrata, e quindi non autorizzata, avrebbe fatto scattare un allarme. E per quanto nessuno su quella nave si sarebbe mai sognato di fargli domande, se la cosa fosse giunta al suo orecchio, Snoke avrebbe preteso spiegazioni.

Chiuse la casella e attivò il sistema di comunicazione ordinando che venisse preparato il suo caccia personale, poi indossati maschera e guanti si diresse all'hangar. Non era una novità per fortuna che a volte lui prendesse quel caccia e sparisse per ore, a volte giorni. Di solito quando tornava poi guidava le truppe in una vittoria, quindi tutti davano per scontato che quei suoi voli in solitaria fossero delle perlustrazioni tattiche. E spesso infatti lo erano. Solo due volte si era trattato di una scusa per raggiungere il suo rifugio e scrivere alla moglie.

Usò le ore di volo per cercare di riposare, conscio che se fosse davvero successo qualcosa sarebbe potuto servire il suo intervento. Ogni sua mossa avrebbe dovuto essere precisa e segreta. Invece di un salto iperspaziale tradizionale, per risparmiare tempo, Kylo fece un salto di Forza, pilotando, cioè, la propria nave a mano nell'iperspazio guidato dalla Forza per evitare gli ostacoli. Era una pratica difficile e pericolosa, una minima distrazione avrebbe potuto mandarlo a volare in mezzo a una stella o a un pianeta, con le prevedibili conseguenze. Ma era anche il modo migliore per risparmiare tempo, voli di giorni potevano essere coperti in ore.

Atterrò su Odessen dopo aver attraversato un terzo della galassia in sei ore, ghignò pensando che suo padre sarebbe stato fiero di lui. Entrò nella vecchia base senza quasi degnare di uno sguardo C2 subito accorso a dargli il benvenuto, raggiunse la sua camera intimandogli di non disturbarlo fino a che l'avesse chiamato poi, liberatosi della maschera, accese il computer. Esitò solo un istante a leggere il messaggio di sua madre poi, gli occhi che si allargavano increduli mano a mano che procedeva nella lettura, lo aprì.

Figlio mio, è con immensa gioia che ti scrivo per darti una notizia che, per la tua stessa sicurezza, ti è stata tenuta nascosta fino ad ora. Oggi, pochi minuti fa di fatto, sei diventato padre di due gemelli: un maschio e una femmina. Sia loro che tua moglie stanno bene.

Oh, Ben! Sono così belli! Aniron non riesce quasi a smettere di piangere per la felicità, che sarebbe tanto più grande se tu fossi qui. Ma è stata proprio lei a voler tenere tutto segreto fino a questo momento. Penso il suo terrore per la tua sicurezza superasse il desiderio di darti la notizia di essere incinta. Ma ora mi ha chiesto di dirtelo. Finalmente può condividere con te questa gioia.

Se le cose fossero diverse... Oh, figlio mio. Perchè non me lo hai mai detto?! Avrei capito, sai? Non lo avrei accettato, certo. Ma ti avrei capito. Ora devo solo trovare il modo di aiutarti a salvare questa Galassia senza perdere te nel processo. Non posso perderti, Ben, non possiamo perderti. I tuoi figli hanno il diritto di crescere con un padre, di avere una famiglia, per quanto diversa.

Aniron ti chiede di scegliere i nomi per i vostri bambini.

Aspettiamo la tua risposta.

Con affetto

Mamma

Kylo rimase dieci minuti a fissare quelle parole. Il sentimento che provava andava al di là dell'incredulità, o di qualunque altra sensazione. Si rese conto improvvisamente di star trattenendo il respiro così si costrinse a riprendere controllo di se. Lesse ancora una volta il messaggio, prendendo nota del fatto che la preoccupazione di Aniron per lui era molto più profonda di quanto avesse pensato. Terrore, lo aveva definito sua madre, ed era chiaro che fosse davvero così. Si sentì in colpa, aveva giurato di fare il possibile per darle serenità e invece... Le parole “oggi, pochi minuti fa” attrassero la sua attenzione, controllò l'ora di invio del messaggio e si rese conto di cosa aveva provocato lo stato di disagio in cui aveva versato per tutto il giorno: Aniron stava partorendo, pur inconsciamente la sua connessione con lei lo aveva percepito.

Si lasciò andare contro lo schienale della sedia, lo sguardo fisso a contemplare il nulla, la mente che vagava in mezzo alla realizzazione. Era padre. Aveva dei figli. Sua moglie gli aveva dato dei figli. Un sorriso inconscio, così luminoso da essere accecante gli piegò le labbra trasformando il suo viso, nessuno vedendolo in quel momento avrebbe potuto accostare lui a quella figura spietata che aveva condotto le truppe in guerra. In quel momento era solo un giovane uomo che aveva appena realizzato di aver visto tutti i propri desideri avverarsi.

Alzò nuovamente gli occhi allo schermo e, dopo qualche altro minuto di riflessione, si accinse a rispondere.


Leia era consapevole che averebbero potuto volerci giorni prima che suo figlio vedesse il messaggio, nonostante questo tornò a controllare il computer spesso. Fu quindi colta di sorpresa quando, appena sette ore dopo il parto, il lieve cicalio dei messaggi le diede il benvenuto quando aprì la porta della stanza di Aniron. La ragazza era ancora in infermeria, la dottoressa voleva tenerla in osservazione per le prime dodici ore per essere assolutamente certa che non sorgessero complicazioni post partum. Dopo tutto dare alla luce dei gemelli non era uno scherzo, soprattutto per una primipara.

Svelta la donna raggiunse il computer attivando lo schermo e aprendo il messaggio, il cuore che le batteva forte nella realizzazione che suo figlio aveva risposto. Lesse quelle poche righe e non se la prese realizzando che non erano indirizzate a lei, commossa per quello che c'era scritto. Stampò il messaggio e, con un sorriso umido, lo portò alla ragazza che tese subito la mano per ricevere quel foglio. Nuove lacrime, di sollievo, felicità e tristezza insieme, le rigarono il volto nel leggere la risposta di Kylo, e la sua promessa.

Chiama lui Ljus perchè divenga la luce che io non sono e lei Gidae perchè divenga la speranza che io non devo perdere.

Grazie per avermi dato una casa a cui tornare.

K.



Fine
(per ora)




Nota di chiusura dell'autrice

Per chi se lo chiedesse: Ljus è la parola svedese per luce mentre Gidae è la parola coreana per speranza.
Per il momento la storia di Kylo e Aniron si chiude qui. Nel momento in cui sarà rilasciato il secondo film,
in base agli eventi, vedrò se la trama mi darà l'ispirazione per riprendere in mano questa coppia.
O se riprenderli in mano comunque e andare AU ;)
Spero sinceramente il racconto vi sia piaciuto, sentitevi liberi/e di commentare.
Grazie!
Sara
 

 
  
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