Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: VelenoDolce    30/10/2016    1 recensioni
Tino ritorna al paese dopo vent'anni vissuti in america. Il posto non è cambiato, e lui ripensa al suo vecchio amico d'infanzia con cui aveva scambiato promesse e sogni. Cosa ne sarà stato di lui?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lui è tornato. Ho visto quando è sceso dalla macchina, com'è cambiato, cresciuto... è bellissimo. Nascosto tra i pini l'ho guardato entrare in casa, poi uscire e sedersi sul muretto. Avrei voluto urlargli 'non sederti sul muretto a secco, crolla!' come facevano le nostre madri, zii, tutti. Ma sono rimasto fermo, senza fiato, senza parole. Il cuore mi fa male a vederlo, a saperlo così vicino e così lontano.

Stringo i pugni, lui è solo al di là di un vetro. Sono sicuro che non si sia nemmeno reso conto che da fuori si vede tutto. Sono nell'ombra, nascosto, nel posto che mi spetta. Sono un disadattato, un reietto, un rifiuto. Lo guardo sbadigliare e sdraiarsi, vestito, sul piccolo letto. Poggio una mano sul vetro, è così vicino, ma non posso fare nulla, la gola mi fa male, non esce più voce. Un rumore, una delle donne entra in camera e mi vede. Fuggo via. Non voglio che lui si accorga di me. Sarebbe meglio che ricordi il bambino che ero. Il piccolo che correva con lui nella pineta. Il bambino che diceva di amarlo e che aveva fatto tante promesse perse nel vento.

Le mani tremano mentre preparo la mia dose, il mio veleno. Mi tolgo il maglione troppo pesante per questo clima ancora caldo, ma che mi serve a non pensare a quello che c'è sotto. Alle mie braccia orribili, al mio petto scarno, alle costole visibili attraverso la pelle.

Se sono fortunato andrò in overdose e morirò. Libererò mio padre dal peso della mia sconfitta. Guardo la mia camera, ormai nessuno entra più qui. È sporca, disordinata, squallida. È come me.


La luce che entra dalla finestra è fastidiosa, mi stringo nelle lenzuola, cercando di nascondermi. Inutile, come tutto quello che faccio. Sospiro. Vado in bagno, il mio riflesso fa paura anche a me. Un morto che cammina. Mi tolgo pantaloni e slip, entrando sotto la doccia. Ieri devo aver fatto un casino con la siringa, quasi non sento più il braccio, e sono macchiato di sangue. Mi lavo con acqua fredda, perchè mi punisco in questo modo? Infilo qualcosa di pulito, devo andare al funerale. Spero non mi caccino. Vorrei dire a tutti che lui mi ha perdonato per avergli rovinato il campo, che aveva sospirato e mi aveva offerto un mirto quando ero andato a chiedere scusa, quando mi ero inginocchiato piangendo per aver dato fastidio al nonno del mio amore infantile. Lui aveva capito, forse. Era l'unico che aveva veramente capito tutto questo. O forse è solo una mia pia illusione. Non gli ho mai chiesto, non mi ha mai detto nulla.

Mio padre mi guarda male quando entro in cucina e preparo il caffè. Sono il suo più grande fallimento, lo so anche se ha smesso di dirmelo ogni giorno. Ormai sono anni che nemmeno mi parla più. Si limita a guardarmi. Mi sforzo di mangiare qualcosa, non posso rischiare un altro collasso, non oggi. Lui esce per andare nei campi, il suo mondo, non mi ci ha mai voluto. Lo guardo dalla finestra mentre fa partire il trattore, un altro giorno per lui, un altro inferno per me. La foto di mia madre sul ripiano del telefono mi ricorda che almeno qualcuno mi ha voluto, anche se è morta quando ero poco più di un bambino ricordo sempre il suo calore, i suoi abbracci, le carezze. Bevo il caffè, pulisco la cucina.



Guardo i dieci euro nelle mie mani, non sono abbastanza per una dose, non importa. Cammino per il paese, la gente mi evita. Cosa mai gli ho fatto? Sono un drogato, e allora? Faccio del male solo a me stesso, non a loro. Eppure tutti mi scansano, come se avessi una malattia contagiosa. Guardo la moto, dovrei venderla e comprarne un altra. Questa mi ricorda sempre lui e il mio declino. Nel portachiavi c'è ancora il suo pendaglio con il nome. Fabio. Quello che credevo un amico, che ha spezzato la mia anima e il mio corpo in maniera definitiva. Sono passati due anni ormai, e ancora non riesco a dimenticare. Il dolore fisico, il dolore al cuore. Mi fidavo di lui, gli avrei lasciato fare tutto quello che voleva, se solo avesse chiesto. A volte lo sogno ancora, mi sembra di sentire la corda legata ai miei polsi, la sua risata isterica, la sua voce. È morto quella stessa notte, di overdose. Troppo egoista per dividere in parti uguali ha finito per prendere quasi tutto per se. Forse era voluto, forse no. Nessuno mi avrebbe creduto, anche denunciandolo non gli avrebbero fatto nulla. Invece trovarono me che deliravo in preda alla febbre dopo due giorni nudo in quella casa fredda e il suo cadavere poco distante. Ho visto le mie foto postate sui social, sono stato insultato, offeso, cacciato dai negozi peggio di un cane. Mi hanno detto che lo volevo. Come può una persona voler essere legata, picchiata e violentata?

Guardo il portachiavi nella mia mano, vicino al segno della corda e sospiro. Anche questo è un modo per punirmi.



I quaderni, sono tutta la mia vita, tutto quello che sono. Voglio davvero darli a lui? Una piccola lacrima mi scivola sulla guancia. Stringo le mani a pugno. Sì, voglio.

Come sono arrivato qui? Non lo saprei dire. So solo che sono poggiato al cancello e lo guardo, si sarà accorto di me? O sono trasparente per lui come per tutti? Mi guarda , un brivido mi corre lungo la schiena. La borsa pesa sulla mia spalla più di quanto dovrebbe, è solo una mia illusione il suo sorriso? Tremo. Non riesco a smettere, sono quasi in crisi di astinenza ormai. Lui mi parla, ma io ho paura di rispondere. Può vedere quanto sono sbagliato? Quanto sono marcio?

“Ti ricordi di me?” Se mi avesse dimenticato?

“Certo, sono ricordi preziosi.” Sono prezioso solo nei ricordi, non adesso. Chi potrebbe ritenermi prezioso ora?

“Mi impedivano di rispondere alle tue lettere.” Cerco di non piangere, mi tolgo in fretta la borsa, il movimento mi manda una fitta al braccio, è tutto il giorno che sanguina.

“Leggile.” Quasi lo supplico. Alzo gli occhi e mi perdo nei suoi, sono ancora dorati come erano da bambino.

Corro via. Quasi non vedo dove vado, ma non importa. Inciampo e cado, gli aghi di pino mi graffiano le mani. Singhiozzo. L'ho fatto. Gli ho davvero dato tutto me stesso. È un sogno e un incubo insieme. Se mi odiasse? Se mi usasse come... stringo le braccia al petto. No! Lui non mi farebbe mai una cosa simile. Prendo il cellulare.

“Hai tutti i soldi, stavolta? Non accetto pagherò.”

“Ti prego, ho bisogno...” Parlo tra i singhiozzi.

“Se vuoi la dose devi pagare, per una volta potrei anche accettare in natura, che dici?”

Il cellulare mi cade dalle mani, lo sento ridere mentre singhiozzo. Non posso farlo, non voglio che qualcuno mi tocchi.


Entro a casa barcollando, ho la testa pesante, i tremori, passerà, in fondo non ho scelta. Papà è seduto sul divano, mi guarda e un ennesimo singhiozzo mi sfugge dalle labbra. Si volta, ritornando a seguire il programma tv. Anni fa mi sedevo con lui nonostante gli insulti. Ora ho paura che possa tentare di toccarmi. Mi sento le gambe molli, devo reggermi al mobile per non cadere. Il mio sguardo si posa sul suo portafoglio, sul ripiano. Sarebbe facile prendergli i soldi per una dose. Stringo i denti, qualche altro passo e potrò sdraiarmi sul mio letto.

Arrivo in camera e chiudo piano la porta, sento mio padre che si alza, starà controllando se gli ho rubato i soldi? Vorrei poter dire che non ho mai rubato, ma mentirei. L'ho fatto. Non sempre, ma non è una scusante. Mi butto sul letto ancora vestito.

Tino starà leggendo le mie parole? Starà giudicando la mia vita come il fallimento che vedono tutti? Mi sento stanco, sfinito. Piangere è l'unica cosa che riesco a fare. Scuola, amici, tutto quello che ho cercato di fare è finito in dolore. Ed è stata colpa mia. Non sono stato abbastanza, in nulla. Solo nei miei ricordi di bambino trovo il suono della mia risata, sempre insieme alla sua. Tremo appena dal freddo, è reale o è la mia mente? Non importa.

Non riesco a dormire, non riesco a chiudere questa giornata di agonia. Mando un messaggio al mio spacciatore, 'trovo i soldi se mi porti una dose', non risponde, sono le quattro del mattino e io sono ancora qui a rigirarmi nel letto e a piangere, come l'idiota che sono, per una stupida promessa fatta quando ero un bambino di soli otto anni. Ma per me quella promessa era tutto. Lo è ancora. Era un sogno, era una speranza, era la perfezione. Lui è cresciuto, probabilmente ha qualcuna da qualche parte, si sarà dimenticato di quella promessa. O l'avrà presa per quello che era, il piccolo sogno di un bambino. Riprendo a singhiozzare, ho perso tutto.

Il suono del cellulare mi fa alzare il viso dal cuscino ormai bagnato.

“Pronto?” Sarà lo spacciatore? Vorrei solo farmi e dimenticare.

“Vieni qui.” La voce di Tino mi fa mancare il fiato.

“Davvero?” Chiedo incerto, è solo un sogno?

“Verrei io da te, se non fossi certo di perdermi.”

Sorrido tra le lacrime immaginandolo vagare per la pineta a due metri dal sentiero.

“Arrivo.” Sussurro. Mi alzo, ma le gambe non mi reggono, cado. Ansimo appena. Devo andare da lui. Mi vuole parlare. Non so di cosa, non so perchè. Farà male, ma almeno finirà la mia inutile speranza. Scendo di sotto, papà si è addormentato ancora alla tv, lo copro con una coperta e mi azzardo a sfiorargli piano il viso.

Ho deciso, in cuor mio so che oggi è la fine. Quando Tino mi allontanerà andrò dallo spacciatore, gli lascerò fare quello che vuole per due dosi. Poi potrò smettere di soffrire.


**


Ok, forse sono scivolata un po' nell'angst... giusto un pochino... E' che questo personaggino era così carino e coccoloso che dovevo fargli male. Ero partita con un'idea più leggera, ma. Marco ha preso il sopravvento e siamo scivolati, inesorabilmente, in un mare di lacrime.

Spero che, dopo il primo capitolo, qualcuna sia passata anche nel secondo... e ci sarà anche un terzo, credo.

A presto <3

Veleno

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: VelenoDolce