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Autore: njaalls    30/10/2016    2 recensioni
Il peggiore incubo di Bellamy è sé stesso, ma Clarke non ha paura.
Raccolta os/flash fic/drabble di missing moments, what if, AU (modern, Teen Wolf, ecc).
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Break up in a small town.
 
Prompt: Everyone thinks we came to this party as a couple because our costumes match AU
Prompt: ’I wanna say, "that guy!" but I can't/ It's my fault, I let her go/ I never thought that she would get down with somebody I know/ I guess that's just how it goes/ When you break up in a small town.’ (Sam Hunt)


Probabilmente è quello che succede quando si proviene da una piccola città, si cresce, le prime storie d’amore nascono e finiscono e poi ci si ritrova da soli, il cuore infranto e una valigia pronta per il college. Tanto andrà meglio.
Bellamy è appena tornato dopo sette mesi e non credeva, fino al giorno prima, che in così poco tempo potessero cambiare tante cose, iniziando dalla gente, dalle persone che ha frequentato per una vita e che era convinto conoscere. Ora, un drink in mano e una sensazione di disagio addosso, non sa più cosa pensare, mentre si chiede, se non avrebbe dovuto aspettarselo. Probabilmente sì, e lo sa, perché si sono lasciati da un po’ e lei ha tutto il diritto ora di pretendere una nuova vita, una nuova forza e soprattutto qualcuno che la ami di nuovo. Ma Bellamy ha mai smesso?
Ha mai smesso di pensare ai loro abbracci, al loro primo appuntamento, alle serate davanti alla tv a guardare documentari più o meno educativi, mangiando torta al cioccolato e porcherie varie da supermercato? Ha mai smesso di pensare ai compiti in classe in cui si scambiano risposte, ai sabato sera al parco dietro casa con gli amici o al solito posto che ha iniziato ad occupare nel giardino di casa sua, quando Marcus le ha regalato un’auto contro il volere di Abby? No, Bellamy non ha mai smesso di pensarci e non ha nemmeno provato ad allontanare le emozioni e le sensazioni e non lo sta facendo nemmeno ora, mentre seduto al bancone del locale la guarda ballare con addosso un costume aderente in maniera provocante, con qualcuno che non è lui.
Qualcuno che avrebbe dovuto essere suo amico, si ripete, e Bellamy non l’avrebbe mai fatto, se le parti fossero state invertite. Ma, come tante altre cose, se lo sarebbe dovuto aspettare.
La guarda ballare nei pantaloni sintetici ed è sempre una stella luminosa anche in mezzo alla confusione, ai corpi sudati degli estranei e alle luci psichedeliche del locale. Qualcuno poggia sul suo braccio una mano e lui la sente appena, ma con un sorriso, si volta ugualmente verso Raven.
«Non sarebbe dovuto venire» urla ne suo orecchio, per sovrastare il rumore assordante della musica commerciale e dei bassi. «Mi dispiace»
«Avrebbe fatto qualche differenza?»
«Bhe, i vostri costumi non sono coordinati per nulla» lo rimbecca, indicandogli di nuovo la bionda che in pista si agita a ritmo. È un secondo quello in cui Bellamy guarda di nuovo Clarke ballare con Finn Collins e se ne pente nell’istante in cui le sue iridi scivolano loro addosso. «Io lo chiamo destino»
«Io lo chiamo Octavia, invece, che ne dici?» sbotta Bellamy, alzandosi di scatto dallo sgabello intorno al banco in cui sono seduti: gli occhi di tutti i suoi amici, compresi quelli di sua sorella, sono fissi su di lui. Evita di guardare Jasper o Monty, John o la stessa Raven, lanciando un’occhiataccia ad O che chiude la bocca, stringendo la mascella quadrata. «È stata lei a convincermi a vestirmi così, e mi chiedo come posso anche solo aver accettato» prende un profondo respiro, per poi poggiare il bicchiere sulla superficie fredda del tavolo e alzare la mani in segno di resa. «Ho bisogno di una sigaretta, ora torno»
E si allontana dai suoi amici, da sua sorella, dal tipo travestito da Iron Man e dalla ragazza che a qualche metro da lui ondeggia con i fianchi pronunciati e i capelli ricci per l’occasione a ritmo di musica, dentro un costume da Sandy Olsson. C’è un istante in cui Clarke lo vede e si arresta quasi istintivamente, urtando per sbaglio Finn: Bellamy abbassa il capo e allora si allontana con il suo chiodo alla Danny Zuko e uno sguardo nostalgico dipinto addosso.
Avrebbero potuto essere una coppia, stringere i denti e non lasciarsi andare, invece ora si ignorano e lei sta con un altro: forse è quello che succede quando si rompe in una piccola città. Uno dei due trova sempre il modo per ricominciare, con qualcuno che si conosce da una vita. Bellamy con Finn ci giocava solo da quando era bambino, alla fine, e non se lo aspettava, ma avrebbe dovuto.
La serata è gelida, le mani gli tremano mentre cerca a tentoni l'accendino e non lo trova. Impreca nell'esatto istante in cui la porta che ha chiuso un attimo prima, si riapre lasciando che i bassi e la musica esplodano in strada.
Quando si volta, Jasper sta guardando lui e alza le sopracciglia come per salutarlo, ma la verità è che erano seduti allo stesso tavolo di amici solo pochi istanti prima. Poi lo raggiunge sul ciglio del marciapiede e gli allunga l'accendino rosso che ha comprato la settimana prima.
«Me lo hai prestato» gli ricorda l'amico e Bellamy annuisce. «Mi sono dimenticato a ridartelo»
«Non lo avresti fatto, se non avessi dato di matto prima» gli dice il maggiore dei due e l'altro annuisce con il sorrisino di uno che è stato colto in flagrante.
«Beccato» scherza Jasper e dà una scrollata di testa. «Ma gli amici lo fanno. Ti restituiscono gli accendini, anche quando non vorrebbero, solo per farti stare meglio. Ora Jasper Jordan è qui e la tua serata sta cominciando a sorridere, no?»
Bellamy ridacchia e scuote la testa esasperato perché quei ragazzini, più che amici, sono la sua famiglia: lui, che è il più grande,  è il fratello maggiore della situazione da tempo immemore e, per loro, farebbe  l'impensabile.
Restano in silenzio e le due sigarette si consumano troppo velocemente, mentre altra gente entra ed esce dal locale e loro invece battono i piedi sullo stesso pezzo di cemento più e più volte.
«Penso che sia quello che succede quando si rompe in una piccola città» mormora ad un certo punto Bellamy a nessuno in particolare, forse a se stesso, ma sa che Jasper sta ascoltando e va bene, oppure resterebbe in silenzio. «Lei con un altro che, inevitabile, conosci da una vita, e non ci puoi fare niente perché è tutta colpa tua. Non puoi tornare indietro, o pretendere che ti perdoni, se sta cercando di andare avanti e dimenticati»
Jasper al suo fianco annuisce e resta in silenzio, quando per l'ennesima volta alle loro spalle la porta di ingresso si apre e hanno smesso di voltarsi da ormai un paio di minuti.
«Lei e Finn litigano parecchio, comunque» butta lì l'amico, lanciando il mozzicone di sigaretta con una scrollata di spalle. «E Maya dice che spesso a lavoro lei ignora le sue chiamate. Come si dice? Guai in paradiso, no? E, poi, tu sei Bellamy Blake, fai tutto quello che cazzo ti pare e quella ragazza lì dentro, con dei pantaloni alla Sandy Olsson e una scollatura da capogiro —scusa se lo dico, amico— non si è mai tirata indietro quando si è trattato di te. Dovresti corre dentro quel maledetto locale e riprendertela. Conquistarla di nuovo»
«L'ho mollata, Jasper» esala Bellamy con una risata un po' nervosa, lasciando il mozzicone dentro un bicchiere pieno di un liquido giallo, abbandonato vicino ad un lampione. Non chiede dove l'amico abbia trovato quel discorso di incoraggiamento, se in un film, o chissà dove. Alla fine, è di Jasper che si parla. «Non vorrà saperne più di me per principio»
«Sul serio? Potrebbe scegliere Finn Collins a te?»
«Lo ha già fatto»
«Glielo hai lasciato fare» insiste, obbligando un barlume di speranza ed euforia ad insinuarsi nel petto del maggiore.
Bellamy ci pensa un paio di istanti, prima di alzare un sopracciglio verso l'amico e «Dici che tornerebbe con me?» chiede.
«Intendi subito o con il tempo?» domanda l'altro senza dare all'altro il tempo di rispondere. «Se non è cambiata —e non lo è—, penso che prima ti farà soffrire un po'. Ma, sì, tornerebbe con te»
Il più grande dei due annuisce, pondera ogni azione e annuisce ancora. Jasper si incammina verso l'ingresso e apre la porta, lasciando che i bassi e la musica lo investano come un'onda. Sorride al suo amico, al fratello maggiore che i suoi genitori non gli hanno dato, e poi scompare inghiottito dalla folla.
Bellamy ci pensa ancora un secondo, sorride al vuoto e scrolla le spalle, lasciandosi ogni insicurezza alle spalle. I capelli mossi sono scombinati sulla fronte, quando a grandi passi segue la scia di Jasper e si lascia sopraffare dai corpi e ne cerca uno in particolare.
Sulla pista da ballo non ci sono più le gambe di Clarke Griffin che ballano in miniera audace dentro dei pantaloni così stretti da metterle in risalto ogni forma. Quando si guarda intorno, Bellamy la scorge inevitabilmente, con quei capelli dorati che assorbono i colori delle luci psichedeliche, mentre conversa amabilmente con Octavia e Raven.
È un secondo di assoluta pazzia quello che lo investe e sa che i loro costumi non sono coordinati per nulla, anche se c'è lo zampino di suo sorella e, alla fine, apprezza lo sforzo. Le raggiunge a grandi falcate, la musica che conduce il battito del suo cuore e l'adrenalina che lo fa stare bene, lo rende forte, allegro e capace di fare qualsiasi cosa. I suoi passi scompaiono coperti dalla musica e lei non lo sente arrivare, nemmeno lo vede, perché gli dà le spalle. È quando poi la mano di Bellamy afferra il suo gomito, che si volta, un'espressione confusa sul volto, che ben presto si trasforma in sorpresa.
Esala il suo nome con tono normale, come si parlerebbe ad un amico, un vecchio conoscente con cui si è rimasti in discreti rapporti, ma lui la sente appena. Prima che possa anche solo pensare altro, scostarsi dalla sua presa o corrugare le sopracciglia, la bacia.
Le sue labbra pongono una certa resistenza contro quelle di Bellamy solo nei primi istanti, poi ogni fibra del corpo di Clarke si rilassa, fino ad abbandonarsi completamente.
Bellamy la bacia con studiata lentezza, ma senza esasperare il gesto, e poggia il palmo della propria mano sulla sua guancia, assaporando le sue labbra che sanno di birra e di qualcosa di più dolce, forse un drink alla fragola. Gli lascia un retrogusto che in altre circostanze gli farebbe storcere il naso, perché Bellamy è un tipo da menta, vodka classica e, sì, birra, però sorride lo stesso sulle sue labbra e quando si allontana ha gli occhi che brillano, elettrizzati, colmi di qualcosa che Clarke non vede da tanto. Troppo.
È un istante quello in cui lei ricambia, gli angoli della bocca che si sollevano e le luci colorate che danno ai suoi occhi mille false sfumature. Poi, in una nuova versione di Grease, Sandy colpisce Danny e c'è il suo naso che emette un suono sordo, che non lo spaventa nemmeno, nonostante quel crack se lo senta comunque addosso come con una fitta. Se lo tasta spaesato e le sue mani restano sporche di sangue, perché Clarke gli ha appena mollato un pugno e se l'è meritato, Bellamy lo sa.
Al loro fianco Octavia esclama qualcosa e poggia una mano sulla schiena del fratello piagato in avanti, intanto che il resto degli amici è indeciso se ridere, scegliere per chi fare il tifo o se provare a proteggere uno dei due dalle esagerate dimostrazioni d'affetto dell'altro; poi Bellamy sorride a Clarke e lei ricambia in maniera complice.
Il pugno di Finn negli istanti dopo —deve essere sincero— gli fa meno male ed è quasi più delicato, quando le sue nocche bianche per la stretta approdano contro il labbro di Bellamy, che per tutta risposta ride.
I loro amici avrebbero detto che Finn Collins è tante cose, ma di certo non uno violento: eppure se ne devono ricredere quando afferra il maggiore dei Blake per il colletto del chiodo e lo sbatte al muro. Sono tutti così scioccati, che il panico fa sì che —anziché bloccarli— ognuno lasci il proprio posto e intervenga per sedare quella piccola divergenza che potrebbe scatenare un vero inferno. E Bellamy sembra sempre avere una particolare predisposizione per giocare con il fuoco.
L'ultima cosa che Clarke ricorda è il maggiore dei Blake che continua a sorridere, illuminato dalle luci psichedeliche, e lei che gli lancia un'occhiataccia non abbastanza credibile prima di seguire Finn e cercare di farlo ragionare.


Quella sera non è lei a disinfettare le ferite di nessuno dei due, perché sa che non è nemmeno lei ad aver bisogno di tempo, di spazio e comprensione, che è cosciente di amare ancora Bellamy e che con Finn le sembrava sbagliato fin dall'inizio. Mentre quei due, crede, necessitino sicuramente di una buona dormita e una dose di tranquillità. Hanno bisogno di riflettere e non sarà lei a mettere loro pressione.
Quella sera Clarke, al ritorno a casa, è un concentrato di euforia e entusiasmo, anche se non dovrebbe e ha appena rotto un cuore e un naso a due ragazzi diversi. Poi si guarda allo specchio e sa che non ha scelto per caso quel vestito, che Octavia è una brava spia e un'ottima complice.

  
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