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Autore: Son of Jericho    31/10/2016    4 recensioni
Sequel di "How can I know you, if I don't know myself?"
Sono trascorsi due anni da quando il sipario è calato sullo spettacolo alla Hollywood Arts. La vita per i ragazzi sta andando avanti, tante cose sono cambiate, e sta arrivando per tutti il momento di affrontare responsabilità, problemi e sorprese.
E mentre impareranno cosa significa crescere, si troveranno faccia a faccia con il tormento più profondo: i sentimenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andre Harris, Beck Oliver, Cat Valentine, Jade West, Tori Vega
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bade - Cuori tra le fiamme'
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Premessa / Angolo dell'autore:
Salve a tutti! La storia che sto per presentarvi, Diamond Dreaming Eyes, è il sequel di "How can I know you, if I don't know myself?", pubblicata al link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3143056&i=1
Per chi non l'avesse letta, il mio consiglio è di recuperarla prima di iniziare questa, in modo da avere così qualche nozione in più sui fatti che saranno narrati.
Diamond Dreaming Eyes è ambientata due anni dopo il primo racconto, e riprenderà e seguirà le vicende di Beck&Jade, Freddie&Sam, Robbie&Cat e Andre&Tori attraverso i loro rispettivi percorsi.

Vi propongo questo primo capitolo, il prologo, come anteprima, in attesa della pubblicazione definitiva della storia.

Auguro a tutti una buona lettura!


 

I - 10.12 (Prologo)

 

Los Angeles, 10 Dicembre, ore 01:25

 

Una stella piangeva dal cielo, poteva sentirla.

Seduto sullo scalino del portico, Freddie osservava distratto la pioggia cadere impetuosamente alla luce di un lampione. La grondaia lo riparava dall’acqua, e lui si lasciava cullare dal martellare delle gocce sull’asfalto e dal ruggito di qualche auto. I brividi che provava non erano dati solo dal freddo.

Non sarebbe riuscito a prendere sonno, si era rassegnato. Almeno, non dopo ciò che lei gli aveva rivelato quel giorno.

E adesso, immerso nella quiete di una notte tra tante, non poteva fare a meno di ripensarci.

Anche la sera in cui era arrivato pioveva. Un ironico segno di benvenuto, mentre l’aereo atterrava e lui si univa al flusso di passeggeri, prima ordinati allo sbarco, subito dopo pronti a separarsi ognuno per la propria strada.

Si era ritrovato subito solo. Solo, esattamente com’era stato negli ultimi anni.

In passato era andata bene così, perché per quanto fosse stato da deboli, lasciare tutto com’era gli aveva permesso di rimanere al sicuro da tutto quello che temeva.

Ripresentarsi lì invece aveva significato fare un passo indietro, ritrattare una decisione all’epoca dolorosa e sofferta.

Allora si era fidato di se stesso, si era convinto di aver fatto bene. Questa volta no.

Ormai faticava persino a ricordare perché si trovasse a Los Angeles. Si stava chiedendo se volare fino a lì fosse stata la scelta giusta, se potesse ancora trovare un posto da chiamare “casa”, se avesse davvero senso ripartire da quella città dopo averla evitata per tanto tempo.

In verità non si sentiva più sicuro di niente, e forse nemmeno sapeva cosa potesse sperare. I suoi sogni e le sue aspirazioni erano rimasti indietro, non lo avevano seguito, oggi come quattro anni prima.

Com'era la battuta di quel famoso film?

"Non può piovere per sempre", diceva un eroe.

Vero, così com’è vero che nel cuore di alcune persone, certi temporali non si placano mai.

E lui, dell'eroe, non aveva un bel niente.

 

*****

 

In un appartamento lontano appena un paio di isolati, Beck Oliver stava riposando serenamente al termine di una giornata di lavoro. La serranda abbassata aveva fatto precipitare la camera nell’oscurità, e dalla finestra soltanto filtravano soltanto pochi fasci di luce, a disegnare strisce argentate sul pavimento.

A un tratto un fastidioso e insistente rumore strappò il ragazzo dal mondo onirico. Beck si rigirò nervosamente nel letto, cercando di mettere a fuoco cosa fosse.

Si voltò verso il comodino e intravide un intenso bagliore proiettato sul soffitto, accompagnato dal ronzio della vibrazione. E mentre allungava pigramente la mano per afferrare lo smartphone, si maledisse per non averlo spento e lasciato in cucina.

Con gli occhi ancora socchiusi se lo portò all’orecchio. – Pronto? –

La sua voce era ancora impastata, quella dall’altro capo invece sembrava bella vispa. - Beck? –

Il canadese mugugnò qualcosa.

- Scusa se ti disturbo a quest’ora, è solo che… -

- Ma chi sei? – lo interruppe bruscamente.

L’altro esitò un secondo. – Sono Freddie. –

- Freddie? - ripeté confuso – Che succede? –

Adesso si era fatto più incerto. – Possiamo vederci? –

- Adesso? Cavolo, amico, sono le… – Beck contrasse la fronte e sbirciò lo schermo. – Le due del mattino! Io domattina devo alzarmi presto. E’ così importante? –

- Sì, lo è. Dobbiamo parlare. –

Beck si tirò faticosamente su e si stropicciò le palpebre. – E va bene. Dove sei? –

- Sotto casa tua. –

Te l’avevo detto che era importante, Beck.

 

*****

 

- Mi hai mentito! - Faceva male anche solo pensare a quelle parole, e lo faceva ancora di più sapendo di doverle pronunciare contro di lei.

Confusa e infreddolita, Tori si bloccò sulla soglia. I vestiti e i capelli fradici, per il temporale che si stava abbattendo per le strade. Le gocce che colavano dal cappotto stavano formando una pozza ai suoi piedi. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quello del ragazzo, mentre vento e gelo le percuotevano la schiena.

Andre la stava aspettando, immobile di fronte a lei. Il tono colmo di rancore, gli occhi annegati nella delusione. La stava fissando come fosse un’estranea.

Nascondendo il tremore della mano, Tori si chiuse la porta alle spalle. – Di che stai parlando? –

Gli sfuggì un sospiro. Non credeva sarebbero arrivati a quel punto. – Dove sei stata? –

- Ero da Jade. –

- Ha chiamato Cat un’ora fa, ti cercava. –

- Te l’ho detto, ero… -

- Smettila di prendermi in giro, ti prego. - la voce si stava incrinando, come corrosa da un boccone troppo amaro da buttare giù. – Cat era con Jade. Aveva bisogno di te, e tu non c’eri! –

Tori cercava di mantenere la calma, ma il respiro era sempre più rarefatto e il suo cuore sembrava battere al contrario. Un sottile rivolo di pioggia iniziò a calarle dalla fronte fino a inumidirle l’occhio, per poi andare a posarsi sulle labbra.

Si stavano perdendo dentro un silenzio che avrebbe potuto durare tutta la notte.

Era difficile capire cosa stessero provando l’un l’altro, ognuno perso nelle proprie elucubrazioni, senza curarsi se fossero giuste o sbagliate.

E malgrado fossero consapevoli della criticità del momento, nessuno dei due si dimostrava in grado di dire ciò che sarebbe servito.

- Pensavo tu fossi l’ultima persona al mondo da cui potermi aspettare una cosa del genere. Evidentemente mi sbagliavo. – Andre le voltò le spalle, mentre il tono si faceva ancora più aspro, quasi macchiato dalla crudeltà. – Buonanotte. –

Sbatté la porta di camera con rabbia. Forse avevano ragione gli altri: nel bene o nel male, il loro rapporto non era come lo aveva sempre immaginato.

 

*****

 

Freddie aveva bisogno di parlare con qualcuno, e sapeva che nel momento del bisogno avrebbe potuto contare su Beck. Sarebbe rimasto ad ascoltarlo, così come aveva fatto lui, a parti invertite, tanto tempo prima.

I pomeriggi trascorsi in quel pub dalla vaga aria irlandese riaffioravano, mentre Freddie gettava fuori tutto ciò che lo stava opprimendo.

Erano seduti al tavolo della cucina, uno di fronte all’altro. Due tazze di caffè fumante facevano da contorno al racconto.

Beck, in canottiera e boxer, risentiva ancora della brusca sveglia. Con la mano immersa tra i capelli e le palpebre pesanti, cercava comunque di seguirlo con attenzione.

Suonavano familiari le parole dell’amico, eppure doveva ammettere di non averlo mai visto così e di non averlo mai sentito esprimersi in quei termini.

Qualcosa lo stava tormentando. E quando Freddie gli rivelò cos’era successo quella mattina, Beck ebbe chiaro cosa fosse.

- Mi dispiace, amico. So quanto tenevi a lei. – fu soltanto in grado di commentare. Era uno dei pochi a conoscere l’intera storia alle spalle di Freddie, e almeno in parte, comprendeva il suo stato d’animo.

Freddie si portò la tazza alla bocca e distolse lo sguardo. Avrebbe dovuto essere felice per lei, eppure non lo era. Non stava nemmeno provando ad esserlo.

Essere felice avrebbe voluto dire mostrare maturità. E lui, a quanto pare, era molto meno maturo di quanto credesse.

Un ragazzo intelligente, gran studioso, onesto e riflessivo, gli ripetevano da sempre. E per cosa? Poteva dire di essere davvero così?

Era un codardo, ecco cosa. Il mondo era andato avanti e la sua vita fremeva per fare lo stesso, ma lui aveva preferito tenerla legata sotto una campana di vetro. L’università, la macchina, il lavoro: tutte illusioni pur di non affrontare ciò che avrebbe potuto essere. Aveva pensato che rifiutare ogni cambiamento e lasciare tutto com’era gli avrebbe permesso di stare meglio.

Aveva scoperto di essersi sbagliato. Era stata la paura a parlare. La paura di un bambino che non vuole crescere, non quella di un ragazzo adulto e maturo.

Carly se n’era andata e lui non aveva fatto niente.

Spencer e Gibby se n’erano andati e lui non aveva fatto niente.

Sam se n’era andata… e nemmeno in quel caso era stato in grado di fare niente.

Perciò era giusto che fosse andata a finire così. In fondo, se lo meritava.

 

*****

 

Jade aveva sempre adorato le tenebre, le donavano pace e le conferivano una particolare forza.

Non quella notte, però. Distesa con gli occhi sbarrati a fissare il nulla, era come se un fuoco amico stesse cercando di intaccare la sua dura corazza. Nel buio della sua camera, poteva avvertire il peso del dolore che le persone cui voleva bene stavano attraversando.

Poteva sentire Cat piangere nella stanza accanto, i singhiozzi sommessi e le lacrime a bagnare il cuscino. Una dolce ragazza a cui stavano strappando via la fiducia negli altri e nel mondo, con la sola colpa di essere innocente in un mare di squali.

Il terreno svanisce da sotto i piedi, quando realizzi che una persona non è quella che avevi idealizzato.

Ripensò anche alla telefonata di Andre di un paio d’ore prima. Aveva percepito la frustrazione nella sua voce, e le sembrava di poterla avvertire anche adesso. Poche parole ma, ne era convinta, sufficienti per condizionare in maniera irreversibile il rapporto tra lui e Tori.

Nessuno è perfetto, e uno sbaglio, per quanto piccolo, in certe occasioni può significare molto. La sincerità non dovrebbe essere un’opzione in un rapporto.

Hollywood era destinata a non dormire, e Jade non sapeva cosa fare.

Fin da piccola aveva imparato a vedere la vita con occhi cinici, ad affrontarla con la testa alta e i pugni chiusi, così da mostrarsi più forte di lei. Ma sapeva che non sempre le cose vanno come previsto.

A volte la persona a cui affidi tutta te stessa e che credi fondamentale per la tua felicità, può rivelarsi la più potente fonte di sofferenza. Quando non riconosci più chi hai davanti, e non ricordi nemmeno perché ti sei innamorata.

Aveva provato sulla sua pelle che, in quei momenti, il passato non importa più, il presente è un inferno e il futuro è un orizzonte sfocato.

Jade si era ritrovata una profonda cicatrice sul cuore a dimostrazione di tutto questo, che ancora oggi non aveva smesso di fare male.

E che tutti i giorni le ricordava perché non credeva più nell’amore.

 

*****

 

Anche di notte le strade principali di LA erano trafficate come in pieno giorno. Mentre Freddie percorreva a ritroso i due isolati dalla casa di Beck, immaginava che, se era la quiete ciò che stava cercando, era decisamente nel posto sbagliato. Gli sfrecciò accanto una cabrio con quattro ragazzi esaltati, probabilmente diretti alla spiaggia e quasi certamente ubriachi. Per fortuna aveva smesso di piovere.

Erano rimasti a lungo in silenzio, lui e Beck, al tavolo della cucina. Non che ci fosse poi molto da dire, dopo quello che gli aveva raccontato. Il canadese aveva capito che, piuttosto che una risposta, Freddie aveva bisogno di sfogarsi e soprattutto di pensare. Ascoltandolo, Beck si era chiesto cosa avrebbe fatto al suo posto, cosa gli avrebbe suggerito l’istinto. Non era riuscito a rispondere neanche a se stesso.

Serviva tempo per accettare la notizia e una mente lucida per reagire. E se esisteva qualcuno che poteva farcela, quello era Freddie Benson.

Freddie rientrò al suo appartamento quando gli orologi segnavano quasi le tre. Dormire era ancora fuori discussione.

Senza accendere le luci, prese qualcosa dal frigorifero e andò in soggiorno. Si sedette al tavolino e accese il portatile, mentre lasciava che lo sguardo vagasse per un po’ fuori dalla finestra.

Aprì Skype e attivò la webcam. C’era un’altra persona che avvertiva disperatamente il bisogno di sentire. Guardò l’orologio: non avrebbe corso nemmeno il rischio di svegliarla, in fondo in Italia era già mattina inoltrata.

Fece partire la videochiamata al contatto Carly Shay.

Ebbe un certo effetto rasserenante l’apparizione del volto della ragazza sul monitor, qualche secondo dopo.

- Ciao, Carly. – esordì rigido.

- Ciao, Freddie! – lei sembrava veramente felice di vederlo. – Mi hai trovata appena in tempo, stavo per uscire. Come stai? -

Freddie si sforzò di abbozzare un sorriso. – Mi concedi un minuto? Vorrei parlare un po’ con te. –

- Certo… - l’amica aggrottò la fronte, preoccupata. – Che succede? Va tutto bene, tesoro? –

Freddie esitò di fronte a quella domanda. Evidentemente, la luce soffusa e la sgranatura della webcam non erano bastate a nascondere il suo sguardo assente.

Era deluso, ecco cosa avrebbe voluto rispondere. I suoi timori alla fine si erano avverati, e quello che avrebbe dovuto essere un passo verso il domani, si era rivelato un passo nel vuoto. Si sentiva smarrito. E sentiva anche di aver perso un’importante parte di sé.

- Si tratta di Sam. E di me. –

C’erano parecchie cose da raccontare.

 

 
   
 
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