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Autore: Roiben    31/10/2016    2 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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La Strada Verso Casa





capitolo 1 – Libero




2027 d.c. – gennaio




Stringe i denti, digrignandoli con forza, e con le unghie della mano libera si aggrappa tenacemente all'erba gelata che riesce a sentire oltre la fenditura nel terreno.


Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.


Ringhia, quando uno strattone gli fa perdere per un momento la presa sull'esterno e lo trascina giù di nuovo. Non abbastanza da farlo cadere, non abbastanza perché possa arrendersi anche questa volta.


«No» esala con voce rauca e affaticata.


Scalcia rabbiosamente, un piede si libera e cerca un appiglio più solido nel cedevole terreno sotto di sé, le dita pallide si contraggono spasmodicamente e affondano nella brina che la notte precedente ha lasciato.


Se solo riuscisse a issarsi un poco più in alto, solo un poco. Il suo corpo trema, provato dalla tensione troppo a lungo sopportata. Con uno sforzo, dettato più dalla disperazione che dalla speranza, strappa un braccio dalla morsa che lo ha ostinatamente intrappolato fino a quel momento e, prima che sia troppo tardi, sfrutta quell'impercettibile vantaggio raggiungendo l'aria aperta con entrambe le mani.


Sibila di dolore, mentre il suo corpo viene stritolato nel tentativo di bloccare la sua arrancante avanzata, ma assottiglia le palpebre in risposta. Non intende mollare la presa a pochi passi dalla libertà, da una libertà agognata durante gli ultimi, lunghissimi e oscuri quindici anni.


Può già intravvederlo, il fievole luccichio dell'alba che si riflette sui cristalli di ghiaccio nella radura lì attorno. È vicino, così vicino, così... Un grido soffocato abbandona le sue labbra secche. Qualcosa, dentro di lui, brucia, come una lama arroventata piantata in profondità nel fianco, là dove c'è invece il guizzo oscuro di un'ombra che tortura la sua anima (sempre che ne sia rimasta ancora un po' da fare a pezzi, a questo punto).


I suoi occhi dorati si chiudono, ma non a causa di una possibile resa come potrebbero aspettarsi i suoi carcerieri. Ha unicamente bisogno di qualche istante per concentrarsi, un momento per poter meglio radunare le sue poche forze.


Le sue labbra si storcono in un agghiacciante ghigno e, un momento dopo, dalla profonda fessura nello scuro terreno si affaccia il volto stravolto e sofferente di quella che appare, in tutto e per tutto, come una creatura appena uscita da un incubo. Ed effettivamente è proprio di questo che si tratta: Pitch Black, un tempo meglio conosciuto come Nightmare King.


Ma è trascorso molto tempo da allora, troppo forse. Ciò che ne rimane e che giace a terra, riverso sull'erba gelata e debolmente illuminato da un'alba opaca, è appena un'ombra, tutto quello che resta di uno spirito dopo essere rimasto imprigionato sottoterra per quindici anni alla mercé di Incubi e Ombre molto più oscure dell'ombra stessa.


Rimane immobile per molto tempo, mentre il sole si muove lentamente nel cielo, divenendo più luminoso e rendendo le ombre del sottobosco più nette. Si potrebbe pensare che si sia assopito, ma al contrario è perfettamente sveglio e vigile, catalogando ogni rumore e decidendo se esso rappresenti o meno un possibile pericolo per sé. Quando riapre gli occhi ha evidentemente deciso che, per il momento, è al sicuro, ma che sarebbe certamente più saggio allontanarsi da quel luogo, prima che faccia ritorno l'oscurità e con essa le più temibili Ombre.


Con non poca fatica si rimette in piedi e, traballante, si avvia verso il limitare della foresta, nella speranza di trovare un luogo sicuro nel quale trascorrere un po' di tempo, tempo di cui necessita per recuperare, almeno in minima parte, le proprie energie. Al momento, infatti, non pensa di essere abbastanza in forze né per viaggiare attraverso le ombre e neppure per percorrere lunghi tratti di strada a piedi. Già si sente esausto dopo aver fatto quella breve camminata che lo ha condotto alla periferia del paese.


Si accascia contro la ruvida corteccia di uno degli ultimi alberi in vista e sospira piano. I suoi occhi si soffermano a osservare la vita che anima il pomeriggio di quel piccolo paese. Tra poche ore tutti quegli umani faranno ritorno alle loro accoglienti dimore, lasciandosi alle spalle il freddo dell'inverno appena sopraggiunto e facendosi coccolare dal calore all'interno di mura conosciute.


Trema. È strano: riesce a percepire sgradevolmente la rigida temperatura invernale. Non dovrebbe essere così, poiché lui è uno spirito e gli spiriti non soffrono il freddo. Ma ora è debole, le sue energie sono state consumate fino a lasciare solo una pallida imitazione di sé. E allora sì, sente freddo, e vorrebbe avere una casa alla quale fare ritorno, proprio come ce l'hanno gli umani di quel paese, con un camino a riscaldarla, con un giaciglio morbido sul quale riposare. Invece poco dopo, ormai stremato, si addormenta appoggiato al terreno gelato e al ruvido tronco.




Le paure e le sciagure, fanno sentir freddo d'inverno.” (Proverbio italiano)






  
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