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Autore: Soffidivento    01/11/2016    0 recensioni
Sono sicura che tutti voi conosciate Slenderman, l'Operatore.
E penso che sia impossibile non conoscere i proxy che, come bambini sperduti, eseguono i suoi ordini e combattono le sue battaglie.
Ma non credo proprio che conosciate la storia di tre ragazzi emarginati dai loro simili e trascurati dallo stesso Slender, e soprattutto di una di loro la cui reputazione venne infangata nello stesso istante in cui divenne una proxy.
Perché per un servo dell'Operatore non vi è infamia peggiore dell'essere un proxy per scelta.
-
Sono tornata! Ok, dopo quella sottospecie di schifezza che avevo pubblicato l'altra volta eccomi qui con una versione nuova e rivisitata. Ci ho messo davvero molto impegno quindi... perché non entrate e date un'occhiata?
Genere: Drammatico, Horror, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Slenderman
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cavolo ho avuto un mucchio di problemi a pubblicare questo capitolo :') ma ora tutti i dialoghi dovrebbero finalmente essere visibili. Prima di lasciarvi alla lettura però devo dire un'ultima cosa o meglio devo ringrazia colei che mi ha aiutata a tirar questo capitolo fuori dal cilindro. Arigatou sensei! :3


La porta alle sue spalle si chiuse con un leggero tonfo lasciando che il tepore, contenuto nell’appartamento, sciogliesse ogni tensione sostenuta dai suoi muscoli.
Fece cadere tutti i volumi che le sue braccia si erano ostinate a reggere precariamente durante tutto il tragitto e si accasciò contro lo stipite sospirando.  
Lanciò un’occhiata alle numerose biografie sparse per il parquet chiaro: Heinrich Cartman, Carl Jung, Otto Rank e altri ancora, gli psicologi più importanti di tutti i tempi. Ora poteva affermare che la conoscenza aveva un peso non indifferente.
-Che noia studiare, non è vero?- le suggerì una voce di fianco a lei attirando la sua attenzione, scrutò il suo interlocutore con la coda dell’occhio riconoscendo in lui un ragazzo suo coetaneo con dei lunghi capelli bianchi che la guardava pendolando a mezz’aria proprio sotto al suo naso. La ragazza abbassò ancora lo sguardo e sospirò irritata.
-Che fai? Non mi parli?- chiese quella candida visione non ricevendo risposta. La ragazza raccolse il materiale didattico dal liscio tavolato del pavimento per poi dirigersi verso una stanza in fondo al corridoio.
-Oi, Noha, sei arrabbiata?- domandò ancora quello continuando a svolazzarle accanto con i suoi abiti lattei. La giovane adagiò meglio che poteva la sua pila di tomi su di una scrivania voltandosi poi verso uno specchio affisso alla parete opposta con l’intenzione di mettere a confronto i volti degli unici abitanti presenti in quell’abitazione.
Lei non sembrava avere nulla di speciale, il suo aspetto era modesto e comune: due grandi occhiali da vista poggiati sul naso coprivano degli occhi color carbone, i suoi lineamenti erano piuttosto rudi ma i lunghi capelli ricci dalle sfumature cioccolato le donavano la femminilità che il volto le negava.
Era tutto il contrario della creatura che la affiancava: lui aveva dei capelli lisci e morbidi raccolti in maniera più o meno ordinata lungo le spalle, la pelle era diafana e il volto quasi femminile con due grandi iridi lattescenti completamente sgranate.
A guardarli non si poteva far a meno di pensare che al simbolo cinese dello Yin e dello Yang, questo era quello che si consideravano: due facce opposte della stessa medaglia.
Noha si rassegnò e con un ultimo sospiro gli rivolse la parola senza però staccare gli occhi dal loro riflesso: -Bentornato Christopher.- Lui soddisfatto le rivolse un largo sorriso fluttuando a testa in giù come se fosse circondato da gelatina -Ciao Noha!- le disse ancora una volta seguendo i suoi passi che si dirigevano verso la cucina dell’appartamento.
-Comunque no, studiare non è per niente noioso.- lei riferendosi alla domanda iniziale. L’essere marmoreo rimase perplesso a quelle parole -Come può essere interessante studiare psicologia?- chiese candidamente mentre la sua gemella dai colori inchiostro riscaldava qualche fetta di pizza in un forno a microonde. -Beh, si apprendono cose molto importanti…- spiegò lei con proverbiale pazienza -Ad esempio che tu non esisti.- Concluse chiudendo lo sportellino dell’elettrodomestico incredula di star ancora parlando con quella che considerava nient’altro che un’allucinazione. La figura levitante cambiò improvvisamente espressione del volto rivolgendole uno sguardo che la trapassò da parte a parte, un sorriso quasi impercettibile gli solcò il volto -Se non esistessi potrei fare questo?- Subito, a quelle parole a Noha le si annebbiò la vista facendosi in fine tutto nero.
 
 
 
 
 
 
Quel luogo era invaso da uno strano torpore e l’odore ferruginoso del sangue appestava l’aria rendendola irrespirabile. I suoi sensi ancora intontiti sembravano essere totalmente impazziti e richiamavano in maniera confusionaria la sua attenzione da tutte le direzioni. Guardò incredula le sue mani schizzate di quel liquido viscoso che iniziavano a tremare mentre continuava a tenerle a mezz’aria davanti a se. Le pupille misero a fuoco un punto indefinito di fronte a sé facendole notare la presenza di quello che sembrava essere uno specchio… -No!- urlò non appena vide il suo riflesso.
La pelle era diafana immersa nella luce grigia che filtrava dalla finestra, i suoi occhi erano totalmente sgranati: due profonde occhiaie nerastre solcavano il suo volto mentre le iridi totalmente dilatate sembravano essere state immerse nell’inchiostro. Portò le dita tremanti al volto chiazzandolo di color carminio. Delle lacrime rotolarono giù per le sue guance dagli innaturali e setosi lineamenti femminili che non le erano mai appartenuti. I suoi capelli prima lunghi e corvini avevano lasciato il posto ad una chioma candida che si fermava poco sotto l’orecchio, solo una sottile ciocca si era salvata ed ora era raccolta in un’esile treccia che scendeva lungo la spalla destra, adagiata all’altezza del petto.
-Ciao- una voce conosciuta penetrò nei suoi timpani rimbombando a vuoto nella sua testa almeno una decina di volte prima di raggiungere il cervello e un’altra dozzina di secondi passarono prima che quell’unica, semplice parola fosse elaborata dai suoi neuroni totalmente in tilt.
-Christopher...?- disse al suo riflesso che le sorrideva beffardo, schiuse le labbra come per dire altro ma le parole le si strozzarono in gola incapace di continuare.                                                                                                                              Il ragazzo sorrise adrenalinico indicando il suo volto: -Ora siamo uguali, beh, per gli occhi non ho potuto far nulla..- sospirò roteando le iridi nivee. -Ma non è bellissimo?- chiese infine senza ricevere risposta, subito dopo portò l’indice e il pollice al mento mettendo su un’aria assorta.
-Manca un dettaglio però- concluse indicando una vistosa cicatrice che gli solcava il naso ricucita con del filo rosso.
In quell’istante la mano destra tirò fuori un pugnale e con lentezza fece fuoriuscire l’arto dalla lastra riflettente che li separava. Noha si sentì paralizzata, desiderava fuggire con tutto il cuore ma i piedi sembravano incollati al pavimento e i muscoli atrofizzati tanto da non poterli muovere. Quella lama affilata si conficcò alla radice della cavità nasale e il sangue scorse a fiotti giù per le gote raggiungendo le labbra facendole gustare il sapore della sua stessa linfa vitale.                                                                                                                         E lei rimaneva lì, ad osservarlo mentre armeggiava col suo volto senza riuscire a fare nulla nonostante il dolore, completamente paralizzata dalla paura.
Una volta che ebbe finito di incidere la mano sinistra provvide a ricucire la ferita con un ago a cui era stato legato un filo cremisi infierendo con punti dalla distorta forma ad “x”.
 
 
 
 
La ferita le bruciava all’inverosimile, le guance e le labbra erano completamente insanguinate mentre delle dita agili tagliavano il filo superfluo dalla cucitura servendosi di un taglierino….
Una fievole risatina, fu come destarsi da un incubo.
Bloccò le mani a mezz’aria, una ancora reggeva il coltello, attorno a lei solo un lavandino tinto di rosso e lunghe ciocche scure sparse per il pavimento, in un angolo un bidoncino di candeggina che sembrava essere vuoto.
 -Oi, Noha?- Chiese una voce divertita alle sue spalle, terrorizzata la ragazza si voltò con una lentezza inaudita sperando di non vedere ciò che credeva, e lui era ancora lì fiero nei suoi abiti nivei su cui ricadevano i lunghi capelli albini che circondavano un viso dalla pelle di porcellana. Eppure lei non era minimamente cambiata: il taglio era irregolare nonché completamente bianco, il volto dopo quell’emorragia aveva perso parecchio colorito e si era smunto quasi ad assumere una forma più ovale e femminile di quanto non lo fosse stato in tutta la sua esistenza e la radice del naso era attraversata da uno squarcio richiuso com'era possibile con del filo cremisi.
-Oh, Noha… ancora non hai capito?- Domandò con fare canzonatorio lui che per tutto il tempo l’aveva osservata a braccia conserte aspettando pazientemente una sua reazione di qualche sorta -Perché non guardi in cucina? Magari ti schiarisce le idee..-  le fece segno di seguirlo mentre la ragazza d’istinto mosse dei passi in direzione di Cristopher che la conduceva fuori dal bagno.
Attraversò il corridoio in completo silenzio osservando con gli occhi sgranati le pareti panna chiazzate da impronte rosse e i mobili ribaltati in quello che era chiaramente lo scenario di una disastrosa colluttazione, la porta della cucina era aperta e dall’interno proveniva una luce biancastra interrotta da alcune ombre informi che si stagliavano sul parquet chiaro.
Il ragazzo attraversò la soglia della stanza curvando fluidamente col corpo coperto unicamente da indumenti bianchi e, sporgendo una mano dallo stipite le disse tacitamente di entrare.
Lei non poté far altro che obbedire.
All’interno la puzza di sangue era insopportabile, il tavolo, le sedie, il piano cottura completamente imbrattati, diversi coltelli erano sparsi sul pavimento o infilzati nel legno della mobilia.
Noha portò entrambi le mani alla bocca nel tentativo di bloccare un conato di vomito a quella vista: due corpi totalmente smembrati erano gettati sulle assi del parquet, i ventri svuotati e il loro contenuto gettato in un angolo, la ragazza ormai albina riconobbe in quei due cadaveri gli amici James e Anne.
Scivolò in ginocchio con lo sguardo spento -Fino a questo punto?- chiese -Mi odi fino a questo punto?- Voltò il capo verso la figura fluttuante che aveva assunto un’aria confusa, quasi innocente, -Perché?!- alzò di poco la voce trovandola più incrinata di quanto si aspettasse mentre lui spostò all’indietro capelli liberando le iridi dal lungo ciuffo che solitamente le copriva quasi interamente. Le si avvicinò con un paio di passi dati nel nulla, infine decise di voltarsi ed uscire dalla stanza.
La “sorella”, se così la possiamo chiamare, si rialzò qualche secondo dopo ed uscì a sua volta -Noha…- si sentì chiamare dalla camera da letto e con passo lento e misurato lo raggiunse.
Odiò ammetterlo ma quasi non si stupì quando trovò la sua migliore amica, Lea, legata al letto e imbavagliata con la testa posata sulla spalla destra priva di sensi. Il volto pieno di lividi e graffi, lei si incupì -E questo?- chiese debolmente indicando la migliore amica tenuta in ostaggio e lo guardò negli occhi con tanta intensità da volerlo incenerire con lo sguardo -Perché mi fai questo, Chris?-.
Lui rise, rise a crepapelle prendendosi gioco di lei che continuava a parlare “da sola”, fece una capriola su se stesso finendo a pancia in su con i capelli che oscillavano lentamente al ritmo dei suoi respiri; si concesse un minuto per scrutarla facendo vagare gli occhi nivei su di lei e infine scosse energicamente la testa spostandosi al suo fianco mentre le rivolgeva un candido sorriso -Perché lo chiedi a me, Noha? Io non ho fatto niente-.
La ragazza non ci vide più dalla rabbia e con tutta la furia che le scorreva in corpo tentò di afferrarlo per il colletto della camicia lattea ma lui fu più veloce e si scansò quel tanto che bastava per rendere vano il suo attacco. -A chi lo dovrei chiedere allora?-  chiese lei digrignando i denti mentre una ruga marcata le si dipingeva all’altezza della fronte quando vide che Christopher nella maniera più naturale possibile le si stava avvicinando con un’andatura fluttuante. Rimase immobile con i sensi ben allerta aspettando una mossa dell’altro ma lui si limitò ad avvicinarsi ancora di più finché le sue labbra non furono ad un misero centimetro dall’orecchio della giovane -Non sono stato io, Noha- ripeté per la seconda volta, sbuffò una risata mentre il respiro del ragazzo le solleticava la pelle  facendola rabbrividire, -Hai fatto tutto da sola-.
Subito dopo aver udito quelle parole sentì qualcosa di freddo bloccarla, si rese conto di aver inconsciamente indietreggiato fino ad una delle pareti.  I suoi muscoli si irrigidirono ed ebbe la sensazione d’essere incollata al pavimento.                                                                                                                                                  Due occhi lattescenti le si pararono davanti con fare divertito e quasi innocente -Non ti dispiace se…- disse carezzandole una guancia -ti prendo in prestito ancora una volta, vero?-.
Noha, se possibile, sbarrò gli occhi in maniera ancora più evidente. Gli chiese cosa intendesse per “prendere in prestito” e nei pochi secondi che precedettero la risposta riuscì solamente ad aver paura.

Pertugio della pseudo-autrice
S: *Sbuca lentamente fuori da uno stanzino* Eeeeehm…. Salv- *schiva un pomodoro* Si, si lo so sono una persona a dir poco ignobile ma… c’erano gli esami e poi…. Lo studio…. Il corso di inglese….                                        
E: *Appare improvvisamente in una nuvola di fumo* Ma cosa stai dicendo babbana?! Smettila di dire idiozie e ammetti che hai passato tutto il tempo a leggere yaoi!
S: Erika… tu non eri nella sezione “Harry Potter”?!
E: Infatti… ma l’incredibile me ha deciso di presentarsi per svelare i tuoi inganni becera babbana. *Fa un mezzo inchino sfoggiando la bacchetta e la divisa dei Grifondoro*
S: *Indossa una tunica Serpeverde ed estrae la bacchetta* Babbana a chi?!
E: A te! Avada Kedavra!
S: *Schiva* Expecto patronum! *Compare un pikachu selvatico*
E: Il tuo patronum è un pokemon?!
S: Ma cosa ne so….
S & E: *Si guardano negli occhi*
S: Tea e biscotti?
E: Ovvio! *Si dirige in cucina*
S: Vi ringrazio di aver letto fino a qui *Fa un inchino* Prometto che farò del mio meglio per migliorare e rendere questa storia interessante. Ricevere qualche recensione mi renderebbe la bimba più felice del mondo, non siate timidi e ditemi cosa ne pensate di questo schifo.
E: *Chiama dalla cucina* Siaaah, il tea è pronto!
S: Devo andare, bacioni e nyan a tutti *raggiunge Erika in cucina*.
 
 
   
 
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