Violet e la sua luce
È sorprendente
come una piccola parte della vita sia costellata da momenti significativi;
spesso finiscono ancora prima che inizino, ma gettano uno spiraglio di luce sul
futuro e rendono indimenticabile la persona che ha dato vita a questi momenti.[1]
La stanza era piena di rumori, fruscii di
sete, mormorii, colpi di tosse soffocati, scarpe eleganti sul suolo di scuro
legno. Ma nelle mie orecchie vi era solo il rombo del mio cuore…
Il
pianoforte attendeva imponente, nero ed elegante, solo al centro del palco, in
attesa che lei gli desse vita. Per la prima volta però non lo vedeva, i suoi
occhi scattavano come molle verso il palco d’onore lì, impettito e severo, vi
era il Sommo Esecutore, l’uomo che con un solo gesto della mano avrebbe potuto condannarla.
Una donna che suonava era un’eresia. Un’arte così nobile, che permetteva agli
uomini di conversare con il Tutto, non poteva che appartenere al genere
maschile. Se il potente nobile avesse saputo chi si nascondeva sotto l’elegante
completo nero…
Una
mano pesante si appoggiò sulla sua spalla e lei sobbalzò, spaventata.
“Sei
teso.” Disse l’uomo e lei si voltò incontrando gli occhi severi del padre.
“La
sala è al completo.” La sua voce fuoriuscì acuta e lei tacque, conscia che
quella fosse una scusa ridicola, da quando si esibiva, l’età di sette anni,
aveva sempre riempito le sale.
“Questo
non ti ha mai turbato.” La redarguì, poi la sua voce si addolcì un poco. “La
musica del Tutto scorre in te come un fiume, là dove è già un miracolo
coglierne, in un essere umano, un rivolo. Non temere, nulla potrà impedire il
tuo successo.” La stretta sulla spalla si indurì. “Sei mio figlio e non mi deluderai.”
Il pianoforte era accostato al muro, suo
padre vi passava delle ore intere a suonare, era il suo lavoro in quanto Esecutore
del Tutto e lei rimaneva ad ascoltarlo, nascosta dietro alla grande credenza
per ore e ore.
Ora però era muto, lì, imponente eppure
invitante. Lo osservò per un lungo istante, la casa era silenziosa a quell’ora
della notte. Tutti dormivano, ma non lei. Lei era scivolata dal letto fino a terra,
percorrendo i corrodi bui per giungere fino a lì. Aveva cinque anni ed era
stanca di ascoltare e basta.
Salì sullo sgabello con difficoltà
osservando il nero coperchio, poi con dita timide lo sfiorò per la prima volta,
rabbrividì a quel gesto percependo il divieto, sentendo, anche alla sua tenera
età, l’eccitazione per quello che sarebbe stato aprirlo e suonare.
Sollevò il coperchio che nascondeva i
tasti guardandoli, poi si soffiò sulle dita, un gesto che aveva visto fare a
suo padre migliaia di volte e, con un sorriso, li sfiorò. Infine, senza
indugiare ancora, iniziò a premerli. Prima uno poi l’altro, chiuse gli occhi e
cercò di imitare i suoni che sentiva ascoltando il padre.
Suonò e suonò fino a quando non sentì una
stretta ferrea chiudersi sulla spalla.
“Perdonami, padre!” Disse, ma quando si
voltò pronta a leggere l’ira sul volto del genitore vi trovò lo sconcerto che
lottava con un altro sentimento: rapimento; come avrebbe appreso più tardi.
“Ti insegnerò.” Aveva mormorato l’uomo.
“Il tuo è un dono che oltrepassa ogni altro dono, ma… non sarai più mia
figlia.” Lei lo aveva guardato con occhi spaventati, senza capire, non subito
almeno.
C’era stato l’abbandono dei suoi amici,
il viaggio e la casa in campagna, il cambio d’abiti, l’insegnante di portamento
e tono, cose insopportabili se non ci fosse stata la musica.
Le
luci si spensero e suo padre la liberò dalla stretta. Lei strinse i pugni e
fissò solo il pianoforte. Con passo leggermente rigido entrò in scena e si
inchinò, prima al palco e poi alla folla di dame e gentiluomini accorsi per
vederla. Vedere lui, il giovane
diciottenne che aveva stregato le città del confine Nord e che finalmente era
giunto nella capitale. Nessuno sapeva che sotto quella maschera vi era una
giovane ragazza di vent’anni. Nessuno. Persino suo padre sembrava averlo
dimenticato dopo tutti quegli anni.
Si
voltò e si sedette al pianoforte. Sfiorò il coperchio nero come faceva sempre
prima di suonare e poi lo aprì, si soffiò sulle dita, un gesto che era suo
ormai, e avvicinò la mani alla tastiera nera e bianca.
Le
sue dita si agitarono impazienti e lei sentì la tensione sparire. Non vi era
più alcun suono nella stanza, ora il suo cuore era calmo.
Le
mani si mossero e iniziò la magia. Una nota dopo l’altra, un accordo accanto al
successivo, rapida, leggera e sicura. La musica sgorgò dallo strumento e da lei
riversandosi nella stanza affollata, stregando e legando tutti i cuori. Quella
era una preghiera al Tutto, in quella stanza ora tutti partecipavano alla
comunione che solo la morte avrebbe reso eterna e perfetta.
***
La
festa era chiassosa ed elegante, gli ospiti del concerto erano eccitati dallo
spettacolo a cui avevano assistito e parlavano tra di loro a voce alta, gli
occhi che brillavano e le mani occupate da vini pregiati. La figura
torreggiante di suo padre non la lasciava un istante mentre lei accettava i
complimenti con umili ringraziamenti.
“Vostro
figlio possiede capacità uniche, ditemi, duro lavoro o merito del Tutto?”
Chiese un cortigiano a suo padre, ma prima che lui rispondesse il Sommo Esecutore
intervenne.
“Domanda
sciocca, sarebbe sempre e comunque solo
merito del Tutto.” Il cortigiano piegò la testa umilmente e l’uomo appuntò il
suo sguardo su di lei. “Credo di poter dire che non avevo mai sentito così
forte la comunione con il Tutto come questa sera. Ve ne sono profondamente
grato.”
“Sono
solo un umile mezzo, come avete appena ricordato.” Rispose e sul volto del
Sommo apparve un sorriso soddisfatto.
“Vostro
padre vi ha insegnato bene. Sarete un ottimo Esecutore.”
“Vi
ringrazio, Vostra Grazia.”
“Permettetemi
di presentarvi mia figlia.” Fece un cenno e, da un gruppo di giovani dame,
avanzò una ragazza.
Il
suo cuore prese a battere, il viso fine, le labbra sottili, il naso dritto e le
guance appena colorate dall’emozione, sarebbero parse belli a tutti, ma i suoi
occhi, quegli occhi intelligenti e vivaci, pieni di allegria e vita la
colpirono profondamente, ancorandosi ai suoi senza permetterle di staccarsi.
Una mano forte si chiuse sulla sua spalla e lei ricordò dove si trovasse. Chinò
il capo arrossendo e nel rialzarlo vide che la giovane sorrideva divertita.
“Mi
ha implorato di presentarvi a lei, dunque eccoci qua: Violet
DeRocket; ti presento l’uomo che ha deliziato la
nostra anima questa sera: Damian Scott.” La ragazza
eseguì una delicata riverenza e lei si inchinò di nuovo.
“Non
ho mai visto qualcuno così abile con il piano.” Disse lei, prendendo la parola.
“Vi
ringrazio.” Mormorò in risposta. I loro occhi si incontrarono di nuovo e, di
nuovo, lei ne rimase profondamente ammaliata.
“La tua vita sarà solo la musica, nulla
ti distrarrà dal sublime compito che il Tutto ti ha dato.”
“Sì, padre.”
“Capisci a cosa stai dicendo di sì?” Le
chiese allora l’uomo, sollevandola da terra e posandola sulle sue gambe, con
una tenerezza che raramente mostrava.
“Non potrò più giocare con gli altri
bambini.” L’uomo annuì sospirando.
“Sì, ma c’è molto di più. Una donna non
può suonare la musica del Tutto: è blasfemo, eretico. Quindi tu sarai un uomo e
come tale ti comporterai per tutta la vita.”
“Va bene, padre.” L’uomo sembrò sul
punto di dire altro, ma poi scosse la testa, la bambina che aveva sulle
ginocchia era troppo piccola per capire cosa significava dover rinunciare ad un
futuro, una famiglia, degli amici veri. Troppo piccola eppure dal dono così
grande…
“Siete
qui. Scattò in piedi e chinò il capo davanti alla giovane che sorrise nel
vederla così tesa. “Vi stanno cercando tutti, persino vostro padre.”
“Allora
dovrei rientrare.” Si era nascosta un momento nel giardino della villa del
Sommo Esecutore, stanca del ricevimento, dei complimenti, delle parole vuote e
di quel mondo brillante eppure così vuoto. La Capitale non si era rivelata
diversa dalle città del Nord, forse era più grande e più ricca, ma niente di
più.
“Dovresti,
ma puoi anche non farlo.” Quell’affermazione la sorprese e la ragazza sorrise.
“Fai sempre quello che ti dicono? Quello che è corretto fare?”
“Io…
credo di sì.” La sua risposta la fece ridere e all’improvviso fu ancora più
bella. Sorrise a sua volta, incapace di resistere al fascino della ragazza.
“Questo
fa di te un ottimo figlio e un ottimo Esecutore, se deciderai di intraprendere
quella via come tutti sembrano pensare.” Affermò la giovane, ma non aveva
finito. “Eppure nella tua musica c’è disordine, vivacità e… disobbedienza, sì,
fresca e pura disobbedienza.” Inclinò la testa cercando qualcosa nei suoi
occhi. “Sono sicura che sono caratteristiche che nascondi bene in te, ma che
non riesci a trattenere quando suoni.”
“Accordi,
costruiti da note in intervalli di terza. Così facendo nasce l’armonia.[2]
Niente di più, le emozioni sono nel cuore di chi ascolta e non di chi suona.”
Riuscì a dire cercando di nascondere il turbamento che le provocavano le parole
che le erano state rivolte con tanta franchezza, unite al modo in cui gli occhi
della giovane sembravano cercare di leggerle l’anima.
“Potete
nascondervi dietro la scienza della musica, ma essa è molto, molto di più.”
“La
comunione con il Tutto.” Disse, più sicura, ricordando la liturgia della loro
fede.
“Uno
specchio per la vostra anima. Ciò che non si può dire e ciò che non si può
tacere, la musica lo esprime.[3]”
La corresse la giovane.
“Miss
Violet, credo che…”
“Volete
già scappare? Dov’è quel coraggio e quella fermezza che mostrate sul palco? Le
vostre note non tremano come trema ora la vostra voce.” La ragazza le si avvicinò.
“C’è qualcosa di speciale in voi Damian Scott,
qualcosa che vi rende unico e non parlo del vostro straordinario modo di
suonare…”
Il
suo cuore batteva veloce, i loro occhi erano intrecciati, la ragazza era
vicina, così vicina che poteva sentirne il leggero respiro sfiorarle le labbra.
Era la prima, la prima che vedeva lei e non la musica, non il suo genio, non il
suo legame con i Tutto, ma lei. Senza sapere dove avesse trovato il coraggio
eliminò la distanza tra loro due, catturando quelle labbra, appena inarcate in
un sorriso, e baciandole.
Arrossì
violentemente quando il suo cervello capì cosa il corpo aveva appena fatto.
“Perdonatemi,
io… perdonatemi…” Nel vedere la sorpresa alla sue parole si portò le mani alla
bocca, aveva parlato come una ragazza, completamente sopraffatta dalle emozioni
si era dimenticata il ruolo che interpretava da ormai quindici anni.
“Siete
una donna!” L’accusò lei.
“Vi
sbagliate.” Cercò di recuperare, scuotendo la testa, ma la ragazza sorrideva,
lasciandola senza parole.
“Una
donna! E, oh, come suonate! Finalmente capisco cosa trovavo strano in voi: la
vostra pelle è troppo liscia, le vostre mani troppo delicate e le vostre
labbra…” Arrossì un poco passandosi la mano sulla bocca e mordendosi appena il
labbro. “Le vostre labbra sono morbide e dolci.”
“Miss
Violet, vi sbagliate.” Ripeté lei, incapace di
opporsi con qualcosa di più convinto.
“Se
mio padre lo sapesse!”
“Morirei.”
Disse lei e la donna si fece improvvisamente seria, afferrando, per la prima
volta la gravità della situazione.
“Non
se vi rivelate nel modo giusto. Voi potete cambiare tutto! Il modo in cui
suonate è impossibile da ignorare. Il Tutto vi ha scelto e nemmeno mio padre
può negarlo.”
“Io
non voglio cambiare nulla…”
“Ma
dovete! Lo dovete ad ogni donna su questa terra. La vostra musica non è forse
comunione e bellezza tanto quanto quella di un uomo? Anzi, di più! Il Tutto non
parla attraverso le vostre dita fino alle nostre orecchie? E se lui non si
rifiuta di usarvi come mezzo perché, mio padre e tutti noi, dovremmo trovarlo
sbagliato?” Lei scosse la testa incapace di credere a quello che stava udendo,
incapace di accettare quello che la giovane voleva dirle. “Non capisci? Prova
ad immaginare un mondo in cui anche le donne possono accedere alla preghiera
più dolce, alla melodia più soave, non vedi quanta nuova poesia si riverserebbe
su di noi? Da quando il Tutto ci è stato svelato la liturgia è stata preclusa a
noi donne, ma tu puoi cambiare tutto ciò.”
“Non…”
“Coraggio,
forza, cambiamento. In te, nella tua musica, c’è già tutto questo.”
“Quello che
suggerisci è impossibile.”
“Io
trovo l'impossibile di gran lunga più interessante.[4]”
Gli occhi della giovane brillavano di una luce nuova, piena di speranza e
convinzione.
“Non
posso.”
“Eppure
mi avete baciata.” Lei arrossì mentre la ragazza le prendeva la mano e se la
portava alle labbra. “Mi avete baciata perché in voi vi è più coraggio e
passione di quello che credete.” Non distolse gli occhi da lei, mentre posava
delicatamente le labbra sul suo palmo. Un brivido le attraversò il corpo e la
ragazza sorrise. “Potete farlo, dovete farlo e io sarò al vostro fianco, perché
per nulla al mondo mi perderei lo spettacolo della vostra vera nascita.” Le
disse ancora la donna, poi la lasciò tornando al ricevimento e lasciandola sola
a riflettere.
Non
avrebbe potuto indugiare ancora a lungo, suo padre la cercava e di certo anche
numerosi invitati, desiderosi di parlare con il maestro del pianoforte che, con
le sue note, li aveva incantati quella notte.
Rivelarsi.
Quella parola risuonò nella sua mente, era pazzia, il Sommo l’avrebbe mandata
al rogo e con lei suo padre. Farlo nel modo giusto. Scosse la testa nel sentire
ancora le parole di Violet. Eppure, eppure vi era
qualcosa in lei che era stato smosso, qualcosa che reprimeva da sempre e che
solo suonando riusciva a esprimere. La libertà di essere ciò che era. La
libertà di vivere la vita che avrebbe dovuto vivere, senza timori, senza
nascondersi: essere se stessa.
“Eccoti,
infine!” Suo padre sbucò dalla siepe con aria contrariata. “Ti stanno
aspettando, tutti.”
“Padre
io…” Osservò il cielo e l’uomo sospirò.
“Doveva
succedere prima o poi.” Quelle parole la sorpresero, aprì la bocca, ma l’uomo
la fermò. “Ho visto i vostri sguardi incontrarsi, conosco la musica del cuore,
guardai tua madre allo stesso modo, molti anni fa.”
“No,
padre, io…”
“Non
mentite, l’ho vista che rientrava, con gli occhi brillanti di gioia e ora vi
trovo qui sognante e confuso.”
“Credete
nell’amore a prima vista?” Suo padre sospirò a quell’implicita ammissione,
forse aveva sperato che lei negasse ancora.
“Come
vi ho detto ho capito chi sarebbe stata al mio fianco per tutta la vita, nel
momento stesso in cui ho visto tua madre.”
“Sa
che sono…” Suo padre sobbalzò posandole la mano sulla bocca, fermando parole
che non dovevano essere pronunciate.
“Ci
tradirà?” Chiese soltanto.
“No.”
Rispose lei di getto, ma un brivido le corse lungo la schiena, Violet era stata così convinta che lei si sarebbe
smascherata da sola, ma se non lo avesse fatto? Avrebbe tradito il segreto?
“È la figlia del Sommo… potrebbe essere la nostra fine,
la tua fine, la fine della tua musica.”
“O
l’inizio di un mondo nuovo.” Pronunciò quelle parole timidamente, ma vide suo
padre sussultare, come se lo avesse punto.
“Ti
brucerebbero come eretica!”
“Potrebbe
aprire la musica alle donne. Immagini, padre? Metà della popolazione non crea,
non si esprime, se potessero farlo, il mondo non sarebbe più ricco? Il Tutto
non sarebbe onorato con più forza che mai?”
“Sono
idee di quella giovane? Della figlia del Sommo?”
“Sarei
libera, potrei avere quello che…” Si interruppe, ma l’uomo aveva capito.
“Quello
che vi ho tolto?”
“Non puoi fare una cosa simile!”
Nascosta dietro la credenza ascoltava sua madre e suo padre parlare.
“Devo, è stata toccata dal Tutto, l’hai
sentita ieri sera? La sua musica incanterà i cuori!”
“Ma abbiamo un obbligo verso di lei,
così la esporresti a pericoli mortali oltre che privarla completamente del suo
futuro.”
“Lei possiede un dono, un talento
naturale, non possiamo ignorarlo.”
“Se il Tutto avesse voluto che suonasse
l’avrebbe creata maschio.”
“Non possiamo dire cosa avrebbe dovuto
fare il Tutto, ma so cosa faremo noi. Abbiamo un dovere verso nostra figlia, ma
il dovere verso il Tutto e verso l’umanità è più importante.”
“La stai privando della vita stessa!”
“Vivrà una vita da uomo, non è così
terribile.” Il silenzio le aveva fatto credere che il discorso fosse finito, ma
poi sua madre aveva parlato di nuovo.
“Noi donne abbiamo molte debolezze,
proviamo molte emozioni, moriamo, ma certo abbiamo la possibilità di amare. [5] Tu le stai togliendo
questa possibilità.”
Il giorno dopo partirono per la
campagna.
“Abbiamo
fatto una scelta molti anni fa, tu ed io abbiamo fatto un patto, figlio. Ti ho
dato questa vita perché il tuo genio musicale non poteva essere ignorato.
Sapevo che un giorno avresti dubitato, che la scelta fatta ti avrebbe pesato,
che avresti desiderato inseguire la vita che ti ho tolto, ma non è possibile.
La strada che ti ho offerto e che hai deciso di prendere è a senso unico, non
si torna indietro.” Suo padre sospirò mentre le appoggiava una della sue grandi
mani sulla schiena. “Quando tua madre è morta la musica era il mio rifugio. Ho
potuto strisciare nello spazio tra le note e dare la schiena alla solitudine.[6]
La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori.[7]
Questo è il dono che ti ho fatto, questo è quello che perderai se infrangerai
il segreto. So che è una scelta difficile, ma confido che tu sappia decidere
seguendo la volontà del Tutto.”
Se
ne andò lasciandola sola, ancora una volta a riflettere su parole difficili da
accettare. Davanti a lei c’era un bivio, con un brivido capì cosa avrebbe
scelto.
***
Passarono
le settimane e poi i mesi, i suoi concerti riempivano i teatri eppure suonare
non gli dava più la stessa gioia, lo stesso senso di libertà. Ora non poteva
fare a meno di pensare a tutte le donne che ascoltavano rapite senza poter mai
assaporare il piacere di produrre quella magia da sole e al contempo pensava a Violet, sempre presente, eppure inavvicinabile.
Soffiò
sulle proprie dita poi le posò sulla tastiera, sfiorò i tasti e si fermò, poi
chiuse il coperchio sospirando.
“Non
porta sfortuna?” Sobbalzò nell’udire, proprio dietro di lei, la voce della
donna che stava occupando i suoi pensieri.
“Miss
Violet.” Disse alzandosi e chinando il capo. Erano in
una stanzetta appartata del teatro, lì dove un Esecutore poteva rilassare la
mente e prepararsi alla condivisione con il pubblico.
La
donna allungò un braccio e le prese la mano poi soffiò delicatamente sulle sue
dita facendola rabbrividire per quel contatto così intimo.
“Non
porta sfortuna eseguire il proprio gesto scaramantico e poi non suonare?” Chiese
di nuovo lasciando la sua mano, un sorriso sulle labbra.
“Non
è un gesto scaramantico.”
“No?”
Chiese lei e le brillarono gli occhi. Con eleganza si sedette sullo sgabello di
fronte al pianoforte e ne aprì lo sportello. Le sue mani sfiorarono i tasti, ma
non li premette, come se ci fosse una forza invisibile che le impedisse di
terminare il gesto. Si voltò verso di lei, ancora in piedi, bloccata nello
stupore. “Mostrami.” Chiese con un sorriso.
Lo
spazio sullo sgabello era poco, ma lei vi si sedette accanto, poi si soffiò
sulle dita, arrossendo nel vedere la ragazza sorridere a quel gesto innegabilmente
scaramantico, e posò le dita sullo strumento traendone una serie di note. Si
fermò e osservò le dita delicate di Violet, strette
in grembo. Un solo istante e le tese la mano in un muto invito. La ragazza
obbedì e lei accompagnò quelle mani alla tastiera. Con un sorriso soffiò sulle
loro punte poi con delicatezza le spinse sui tasti strappando dolci note allo
strumento. Le loro dita si muovevano, lentamente da un tasto all’altro,
riempiendo l’aria di una musica semplice e soave. Il suo cuore si sentì colmo
di gioia nel ritrovarsi a condividere la musica con l’unica la cui compagnia
anelava e che avrebbe desiderato tanto accontentare. Eppure, eppure… interruppe
bruscamente i movimenti e la musica nel suo cuore si spense così come quella
che risuonava nella stanza.
“Non
posso fare quello che mi avete chiesto.” Affermò, conscia di detestarsi per non
essere capace di quell’atto di coraggio che la donna le aveva suggerito,
spaventata di deluderla.
“Io
non vi ho chiesto nulla, è la vostra anima che urla per essere ascoltata, io ho
solo inteso e messo in parole il vostro desiderio.” Le loro dita erano ancora
allacciate sul pianoforte muto, la voce della donna era dolce. Non era sorpresa
né delusa.
“Io…”
La ragazza alzò la mano e bloccò le sue parole, sfiorandole le labbra.
“No,
non dovete farlo per me. Un giorno lo farete per voi stessa. Un giorno sarete
libera.” I loro occhi erano intrecciati, i loro respiri vicini, senza esitare
la donna catturò le sue labbra e la baciò, un bacio che sapeva d’amore e di
passione, un bacio che sapeva d’addio. “Domani mio padre mi donerà in sposa ad
un nobile del Sud, partirò e non indugerò più nei desideri del mio cuore.” La
ragazza sorrise triste, guardando le sue labbra chiaramente desiderosa di un
altro bacio, ma poi si alzò, lasciandola sola sullo sgabello, separando i loro
corpi e i loro destini.
“Suonerò
solo per voi stasera.” Disse, il cuore in tumulto per quell’affermazione blasfema.
La ragazza sorrise e nei suoi occhi brillò di nuovo il divertimento.
“Sapevo
che vi era uno spirito ribelle dentro di voi.” Si voltò per andarsene, ma poi
tornò a guardarla. “Posso… posso sapere il vostro vero nome?” La domanda giunse sottovoce, indecisa, quasi come se le
chiedesse qualcosa di così segreto da poter essere solo mormorato. Violet, che aveva sempre usato forza e convinzioni in tutto
ciò che diceva e faceva.
“Eliza.” Mormorò e fu strano pronunciare quel nome da tempo
dimenticato.
“Grazie.”
Le rispose Violet poi uscì lasciandola di nuovo sola
con il pianoforte. Sola con la sua musica.
Non la vidi mai più. Eppure ho suonato solo
per lei, per il resto della mia vita. Ancora mi chiedo se abbia sentito le mie
dita sfiorarla quando ha ascoltato le mie composizioni suonate da altri…
Queste
pagine sono il mio testamento, il mio atto di coraggio, tardivo, ma non vano.
Il mondo aspetta la mia ultima sinfonia, per tutta la vita ho mostrato la mia
anima celandola tra le note, ora la metto a nudo usando le parole.
Spero
che vi saranno uomini e donne coraggiosi capaci di superare barriere imposte
solo dalle sciocche tradizioni.
Violet mi aveva dato la sua luce[8]
e ora io la restituisco al mondo.
[1] “Anna and the King” film del 1999 liberamente ispirato alla vita di Anna Leonowens.
[2] “Anna and the King”.
[3] Victor Hugo
[4] “Elizabeth: The Golden Age” film del 2007 liberamente ispirato alla vita di Elisabetta I.
[5] “Elizabeth: The Golden Age”.
[6] Maya Angelou
[7] Johann Sebastian Bach
[8] “Anna and the King”