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Autore: Isabella10Guerriero    06/11/2016    3 recensioni
Dal Prologo:
Osservò per l'ultima volta il suo amato. La persona con cui aveva passato gli anni più belli della sua breve vita, l'uomo che amava, il padre della loro bambina. Quel solare e docile ragazzo, ora era steso a terra, privo di vita; la pioggia lavava via il sangue dal suo volto; sua moglie le stringeva la mano, mentre singhiozzava. Ella piangeva per la tristezza di aver perso la famiglia appena creata, per la rabbia provata verso coloro che l'avevano rovinata e per il dolore dedicato alla morte di Deril, suo marito. La giovane posò le sue labbra su quelle del suo amato per un attimo, poi sussurrò un ''addio'' e si alzò. Doveva salvare la loro bambina,
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Osservò per l'ultima volta il suo amato. 
La persona con cui aveva passato gli anni più belli della sua breve vita, l'uomo che amava, il padre della loro bambina. Quel solare e docile ragazzo, ora era steso a terra, privo di vita; la pioggia lavava via il sangue dal suo volto; sua moglie singhiozzava. 
Ella piangeva per la tristezza di aver perso la famiglia appena creata, per la rabbia provata verso coloro che l'avevano rovinata e per il dolore dedicato alla morte di Deril, suo marito. La giovane posò le sue labbra su quelle del suo amato per un attimo, poi sussurrò un ''addio'' e si alzò. 
Doveva salvare la loro bambina, così da non rendere invano la morte del suo amato. 
S'avvicinò al cadavere di uno dei due cavalieri cui, seppur in quel momento morti, avevano gravemente ferito suo marito; quest'ultimo morì poco dopo lo scontro. 
Prese il mantello, rosso porpora, che possedeva il cadavere del nemico alla quale si era avvicinata, per poi avvolgere la piccola che stringeva tra le sue sottili braccia. 
Diede un ultimo sguardo alla salma del suo amato, quando un rumore di zoccoli cui battevano il terreno le ricordò che non era finita. 
Puntò lo sguardo verso gli uomini a cavallo; le sue pupille si dilatarono talmente tanto da coprire, quasi del tutto, le sue iridi azzurre. 
Si riprese subito dallo spavento, causato dal fatto di aver visto i suoi inseguitori, ed iniziò a correre. 
In una strada, cui permetteva di attraversare il bosco senza l'impiccio degli alberi la quale occupavano l'ampio terreno della boscaglia, dei cavalli procedevano velocemente; i loro cavalieri puntavano i loro occhi sul bersaglio; quest'ultimo correva a perdifiato, mentre teneva stretta a sé la sua neonata. 
La piccola piangeva; ma il suo vagito veniva percepito solamente da sua madre, dato che era coperto dal suono delle gocce di pioggia cui cadevano violente, per poi schiantarsi contro il terreno e dividersi in piccole gocciole, e dal suono prodotto dall'andatura dei cavalli; cui gli zoccoli calpestavano la ghiaia e lasciavano orme sulla superficie.
 Gli inseguitori, di questo passo, avrebbero raggiunto molto presto la donna la quale correva scalza, dato che non aveva avuto tempo di procurarsi una calzatura quando era scappata di casa; quest'ultima ardeva tra le fiamme dell'incendio, applicato dalle torce dei suoi nemici. 
Per l'ennesima volta, un fulmine sbucò fuori dalle nuvole e squarciò il cielo notturno, lasciando un lungo tuono cui annunciava la sua comparsa e attirando per un breve periodo l'attenzione dei cavalieri; quando quest'ultimi posarono lo sguardo sul tragitto, ove pensavano di ritrovare il bersaglio ormai vicino, non la videro. Arrestarono la corsa, si guardarono intorno e uno di loro avvistò la fuggiasca. -Per di qua!- gridò. 
I suoi compagni non attesero, scesero dai cavalli, per non correre il rischio che avrebbe potuto portare una radice sporgente facendo inciampare uno dei loro destrieri, e si avventurarono nella boscaglia. 
Il loro sguardo ritrovò subito la sagoma della donna, che procedeva velocemente, e la inseguirono.
 Passarono vicino ad un cespuglio, dalla quale proveniva un vagito, da loro non udito.
La donna correva senza voltarsi, teneva il mantello rosso porpora tra le braccia, in cui poco prima v'era sua figlia.
 Nonostante il pericolo fosse lontano dalla neonata, doveva continuare a correre, per il seguente motivo: più tardi avrebbero scoperto che non aveva la bambina, più speranza aveva quest'ultima di essere al sicuro. 
Magari tra le braccia di qualcun altro, ma non tra le sue. 
Non avrebbe mai visto sua figlia crescere, camminare, pronunciare la sua prima parola. Non avrebbe mai spazzolato i suoi cappelli o scelto i suoi vestiti. Non avrebbe mai più visto quella pallida creatura dagli occhi azzurri.

Un uomo in nero passeggiava per la via del bosco Fereh, in cui prima una donna scappava; lo sguardo fisso a terra, a studiare quelle fresche impronte sulla ghiaia. 
Il suo udito percepì un vagito. 
Arrestò la sua passeggiata, per poi cercare la fonte di quel pianto. Senza difficoltà, capì subito che, nascosto tra le foglie e i rametti che componevano quel cespuglio, v'era una neonata. 
Si chinò, allungo le sue braccia e raccolse la piccola; quest'ultima strillava senza sosta. 
L'uomo fu subito tentato di lasciare dov'era quella creatura, e infatti prese questa decisione. 
Si chinò di nuovo, fece per appoggiare la neonata sul terreno quando notò una collana la quale aveva una strana gemma per ciondolo. 
Sfiorò il gioiello; proprio in quel momento, la neonata, con le sue piccole dita, toccò il suo volto e smise di piangere. 
L'uomo in nero non riuscì a trattenere un risolino quando ella sorrise, quell'espressione di gioia che fanno i neonati. 
Osservò allungo la piccola, come se sperasse che ella le dicesse cosa fare. 
Lasciarla lì era meglio per lui, ma non per lei. Potarla con sé era impensabile. Un assassino come lui non può permettersi un simile dono. 
La neonata, con le sue sottili e piccole dita dal dolce tocco, gli stava ''accarezzando'' il volto pieno di cicatrici e, con i suoi grandi occhi, osservando. 
Una ventata di vento si presentò. 
Avvertì un tremito da parte della piccola, che iniziò a piangere per un'ulteriore volta a causa del freddo. 
Senza indugiare oltre, l'avvicinò al suo petto e l'avvolse con il mantello nero, tenendola in braccio. 
Si chiese cosa ci faceva lì, quella bambina, sola e abbandonata. 
Non poteva di certo lasciarla, era un gesto disumano. Dunque decise di portarla via da lì, e poi l'avrebbe lasciata in un orfanotrofio.

La piccola dormiva beata tra le sue braccia; l'uomo percepiva il suo 
lieve, a malapena percettibile, respiro. 
Il sicario, cui tra le braccia teneva una vita, procedeva spedito per la strada che portava a Soslen; quest'ultimo era un pacifico villaggio, non lontano da dove aveva trovato la neonata, in cui v'era un brefotrofio.
Le luci, che prima erano dei pallini rossi nel buio di quella notte senza stelle, si facevano più vicine. Le sagome delle case si presentarono agli occhi dell'uomo in nero. 
Presto avrebbe abbandonato quella neonata, cui stava proteggendo dal mondo, tenendola in braccio.
Oramai giunto a Soslen, iniziò a passeggiare per l'unica, larga ed, in quel momento, isolata via che quel villaggio possedeva. 
Il suo sguardo, che finora fissava le orme di cavalli e uomini, apparentemente fresche, sul terreno, alzò lo sguardo e vide un cartello; in quest'ultimo v'era scritto 'Casa degli Orfani di Soslen', cui era un brefotrofio molto conosciuto nella piccola e ospitale regione di Deremdel, chiamata anche 'il cuore di Femnel' per la sua posizione. 
Davanti alla porta della costruzione che cercava, diede due leggeri calci con il piede destro al legno che la componeva, per attirare l'attenzione di chi era all'interno. Nessuno aprì. Dunque decise di entrare.
Sulla soglia della porta, avvistò il cadavere di una donna. 
I suoi muscoli si irrigidirono all'improvviso; la sua vista si fece più aguzza; il suo udito più attento. Là dentro avrebbe trovato morte e pericolo. Poteva tornare indietro, ma sentiva il bisogno di andare oltre. 
Con passi vellutati entrò nel brefotrofio, guardandosi intorno alla ricerca di qualche cosa di sospettoso. 
Vide altri cadaveri; salme di bambini erano stese sul legno che componeva il pavimento di quella ampia sala, che sembrava uno spazio dedicato agli orfani quando volevano giocare.
Sorgeva la prima domanda: perché i bambini erano in quella sala, e non nei loro letti a dormire, nonostante mancasse qualche ora all'alba?
Esaminò qualche cadavere, sperando che quel nauseante odore di sangue non svegliasse la piccola, notando diverse cose; quest'ultime erano le seguenti: i bambini avevano tutti la gola tagliata, e alcune salme di neonati ardevano nel fuoco del camino. Uno spettacolo rivoltante.
L'uomo in nero stava impazzendo: perché quei poveri ed innocui bambini erano stati uccisi? Chi aveva compiuto un simile atto?
Decise di non indagare oltre, era meglio andarsene da lì, il prima possibile. 
Uscito fuori, chiuse le porta alle sue spalle e decise di cercare una persona cui, magari, sapeva cosa fosse successo lì.
Mentre passeggiava, sempre pronto a scattare in caso di pericolo, notò un particolare fondamentale: il villaggio era privo di vita.
Conosceva bene quella strana sensazione quando si è circondati da cadaveri. Per vedere se la sua terribile ipotesi fosse corretta, decise di fare irruzione in una casa. 
Svoltò a destra, ritrovandosi una porta davanti a sé, vide che era socchiusa. Entrò dentro la casa con cautela, come aveva fatto nell'orfanotrofio e, anche qui, vide dei cadaveri nella sala. Fece un gran sospiro, e si avvicinò ai corpi per analizzarli.
Quando si ritrovò al centro dalla sala, notò un disordine che non era da sottovalutare; gli armadi e cassetti erano aperti; abiti e oggetti sparsi ovunque; del sangue faceva bella mostra sui muri e pavimento. Poi posò lo sguardo sui cadaveri, e vide che erano messi terribilmente male; avevano graffi ovunque; arti o dita amputati; occhi cavati fuori dalle orbite; il cadavere di un bambino era stato gettato tra le fiamme.
Scappò da quella casa.
Percorse velocemente la via di Soslen, guardandosi a destra e a sinistra, notando porte spalancate o socchiuse.
Durante la corsa, la neonata, che per tutto il tempo aveva dormito, si svegliò e pianse. 
Oramai lontano da Soslen, l'uomo iniziò a cullare la piccola; ella si calmò subito. Guardare quegli occhi azzurri come il cielo lo tranquillizzava. Sorrise per amore, come poche volte faceva nella vita. 
Si sedette a terra, decidendo di dormire lì, per quella notte.
Mentre accarezzava la piccola testa della bambina, sommò tutte le informazioni ricavate a Soslen. La strada aveva delle impronte appartenenti a uomini ed a cavalli; tutti gli adulti erano stati torturati o uccisi direttamente; i bambini avevano la gola tagliata; i neonati erano stati gettati nelle fiamme che ardevano nel camino di ogni abitazione. Ma perché?
Vide un sole arancione sorgere a est, così bello e caldo, anche quella notte non aveva dormito, a forza di pensare a ciò che aveva visto poco fa.
Quando i raggi della stella di Heron, il dio della luce, iniziò ad illuminare la collina sulla quale era seduto, raggiunsero la piccola.
Il buon umore dell'uomo sparì all'improvviso: e se la bambina che stringeva tra le braccia, fosse ricercata da quegli assassini?
Tutto quadrava. La piccola abbandonata in un bosco; tracce di cavalli ed i loro cavalieri, cui probabilmente erano i responsabili, su tutto il tragitto da lui percorso; i neonati buttati nel fuoco, come se avessero qualche particolarità, dato che era quella la morte per la gente fuori dal comune; gli adulti torturati e uccisi, come se fossero stati interrogati; le gole dei bambini tagliate, neanche fossero degli ostaggi.
Ma, se la sua ipotesi fosse corretta, per quale motivo, sconosciuto persino dagli dei, volevano una neonata? 
Si alzò in piedi, e prese una decisione che gli avrebbe cambiato la vita. Quella bambina era sicuramente importante, e non poteva finire nelle mani di quegli assassini. Lui, d'ora in avanti, era il suo protettore. Il suo nuovo padre.
Abbassò lo sguardo sulla piccola, e notò la gemma della sua collana riflettere i raggi del sole, mostrando una scritta: Adewen. Quello era il suo nome.
   
 
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